Reddito delle famiglie e crediti deteriorati pesano sul rilancio dell'immobiliare

I prezzi del mattone vanno verso la stabilità ma nel 2017 la crescita delle compravendite è più contenuta.


A pesare sono le limitate disponibilità delle famiglie italiane e l’arrivo sul mercato di nuovi immobili legati agli Npl (crediti deteriorati): è quanto emerge dall’ultimo Osservatorio sul mercato immobiliare di Nomisma.  

 

Gli eccessi del passato sono – per Nomisma – il principale ostacolo all’innesco di spinte inflattive. Tra i fattori contenitivi c’è una domanda che tradisce "una diffusa debolezza reddituale": quasi il 40% delle famiglie che intende chiedere un mutuo presenta un reddito familiare netto inferiore a 1.800 euro al mese. Ne viene, per Nomisma, "l’impossibilità di concretizzazione di una quota significativa del mercato potenziale". 


Nomisma ricorda inoltre come i crediti deteriorati rappresentino un elemento di criticità nella tenuta complessiva del Paese. Il processo di dismissione degli Npl non sarà privo di conseguenze rispetto alla percezione di ricchezza dei proprietari. Infatti l’arrivo sul mercato al dettaglio di un’ingente mole di cespiti rivenenti da contenzioso deprimerebbe le prospettive di risalita dei valori immobiliari.

Sul fronte del mercato della proprietà, nel 2016 si è registrata un’impennata delle transazioni del 18,8%, che va così a rafforzare la crescita dei due anni precedenti (+5,9% nel 2015 e +3,5% nel 2014); nel 2016 le compravendite sono state 516.294 per le abitazioni (escluse le pertinenze) e 51.919 per gli immobili destinati alle attività terziarie, commerciali e produttive.
Se si osservano le performance delle sole compravendite residenziali, i mercati urbani più dinamici, a consuntivo del 2016 e del successivo primo trimestre dell’anno in corso, sono Genova e Milano. Sul fronte commerciale si conferma la vivacità di Genova e Milano mentre Bologna manifesta una "lenta ripresa". 


A seguito di un’indagine condotta da Nomisma su un campione rappresentativo di famiglie italiane, si evidenzia un sostanziale livellamento delle intenzioni d’acquisto di abitazioni ai numeri dello scorso anno. L’Istituto bolognese stima per il 2017 un tasso di crescita delle compravendite del +6,2%.


Fonte articolo: LaStampa.it

Affitti brevi: da oggi obbligatorio versare la ritenuta del 21%

La ritenuta sugli affitti brevi da versare per la prima volta oggi lunedì 17 luglio continua a far discutere, anche perché molti intermediari non hanno trattenuto il 21% di imposta sui canoni riscossi e versati ai locatori nel mese di giugno, complice l’arrivo in extremis del provvedimento delle Entrate.


Premesso che i proprietari che si sono visti accreditare il canone senza ritenuta non rischiano sanzioni, vediamo chi paga e chi no.

 

La regola base

La ritenuta è pari al 21% e deve essere applicata sui contratti di locazione breve (durata non superiore a 30 giorni) stipulati da privati che affittano abitazioni al di fuori di attività d'impresa. A dover trattenere l’importo sono gli intermediari – comprese le agenzie immobiliari e i portali online – che mettono in contatto locatori e inquilini, quando riscuotono il canone o intervengono nel pagamento.

Affitti brevi stipulati prima del 1° giugno

Non sono soggetti all’obbligo di ritenuta, anche se i canoni vengono pagati dopo questa data. Ad esempio, un contratto firmato il 20 maggio per la locazione turistica di una casa al mare dal 1° al 20 luglio, non prevede l’applicazione della ritenuta. È un caso comune, soprattutto per le case vacanze, prenotate in genere con largo anticipo. Il contratto si perfeziona con la comune volontà delle parti, documentabile anche con uno scambio di email in cui si precisano i termini dell'accordo, se non ci sono atti registrati alle Entrate con “data certa”.

Contratti stipulati direttamente dal proprietario

Quando il locatore stipula direttamente il contratto e incassa il canone, anche se ha trovato l’inquilino tramite un portale online, non si pone neppure il problema della ritenuta. Se il contratto ha durata non superiore a 30 giorni, il locatore che incassa direttamente il canone opterà eventualmente per la cedolare secca nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2018.

Affitti in cui l’intermediario non incassa i corrispettivi

Anche quando il contratto viene stipulato tramite un intermediario (internet o tradizionale) questi deve effettuare la ritenuta solo se incassa il canone dall’inquilino e lo versano al locatore. Quando l’intermediario non riscuote il canone (che può essere versato direttamente dall’inquilino al proprietario), non c’è obbligo di trattenere nulla.

Contratti di sublocazione

Quando l’inquilino è autorizzato a subaffittare la casa, i corrispettivi dei contratti brevi di sublocazione sono soggetti alla ritenuta, sempre che siano stipulati dal 1° giugno in poi. Attenzione: la vera novità della Manovrina è che i proventi di questi contratti possono essere sottoposti alla cedolare secca sugli affitti (in precedenza generavano “redditi diversi” soggetti a Irpef con aliquote progressive). Lo stesso vale per i corrispettivi dei contratti con cui il comodatario concede la casa a terzi a titolo oneroso.

Contratti con prestazioni accessorie

Secondo la Manovrina, si considerano affitti brevi – e sono soggetti alla ritenuta se stipulati dal 1° giugno – anche i contratti in cui il locatore offre i servizi di pulizia dei locali e fornitura della biancheria. La legge non menziona la somministrazione di alimenti o altri servizi accessori: se vengono offerti, il corrispettivo non è soggetto a ritenuta e, al contempo, non può essere sottoposto a cedolare secca ma va tassato con l’Irpef tra i “redditi diversi” (sempre che il proprietario agisca come privato, altrimenti si configura un reddito d’impresa).

Canoni e commissioni 

La ritenuta deve essere effettuata, dicono le Entrate, sul "corrispettivo lordo derivante dal contratto", cioè sull’ammontare dovuto dal conduttore. Questo significa che l’eventuale commissione pagata all’intermediario non può essere dedotta. Ad esempio, su un canone di 1.000 euro con una commissione di 100 euro, la ritenuta del 21% è pari a 210 euro.

Canoni versati nel mese seguente

La ritenuta deve essere effettuata "all’atto del pagamento", affermano le Entrate. Quindi, nel momento in cui l’intermediario versa il canone al locatore. Dopodiché, va versata "entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata". Ad esempio, per un contratto stipulato il 10 giugno, in cui l’intermediario incassa il canone dall’inquilino il 29 giugno e lo versa al proprietario il 3 luglio, la ritenuta andrà versata all’Erario entro il 16 agosto.

Canoni incassati in parte al check-in

In alcuni casi l’intermediario incassa una certa quota del canone (ad esempio 200 euro su 500) mentre il resto viene riscosso direttamente dal locatore al momento del check-in. Il caso non è menzionato espressamente dal provvedimento delle Entrate, ma in questa ipotesi la ritenuta dovrebbe essere applicata solo su 200 euro, anche se il corrispettivo lordo del contratto è pari a 500 euro. Se così non fosse, potrebbero aversi addirittura casi di ritenute superiori all’importo incassato dall’intermediario. È bene comunque precisare la modalità di pagamento nel contratto.

Contratti di affitto lunghi

Può essere banale ricordarlo, ma la ritenuta si applica solo ai contratti di durata non superiore a 30 giorni. Oltre questa durata, si seguono le regole ordinarie: il contratto va registrato con il modello RLI e il proprietario può scegliere la cedolare secca al momento della registrazione o in una delle annualità successive.

Contratti brevi registrati

Per i contratti di locazione con durata non superiore a 30 giorni, la registrazione alle Entrate è facoltativa. Se però il contratto viene registrato, questo non esclude l’applicazione della ritenuta.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Case in Italia: aumenta il numero di villini e di immobili di medio livello

Uno stock di 74,3 milioni di immobili censiti su tutto il territorio nazionale al 31 dicembre 2016.


Un numero di immobili in crescita rispetto al 2015 di 352.000 unità.

 

Una crescita che non si arresta per tutte le tipologie catastali con l'unica eccezione degli uffici, diminuiti dello 0,1%. Questa la fotografia che emerge dalla statistiche annuali dell'Osservatorio immobiliare dell'Agenzia delle entrate pubblicate ieri.


La fotografia complessiva

Nel 2016, rispetto all’anno precedente, sono in aumentano le abitazioni (+0,2%), i negozi e le pertinenze (gruppo C, +0,7%), mentre diminuisce il numero degli uffici, in calo dello 0,1%. Ma risulta in crescita dell’1,7%  anche il numero degli immobili censiti nel gruppo F nel quale rientrano gli immobili in corso di costruzione. Sale anche lo stock degli immobili a destinazione speciale (+1,3%) e quelli ad uso collettivo (+1%).


Sempre più abitazioni di medio livello

Le abitazioni (unità del gruppo A, eccetto la categoria A/10 alla quale appartengono gli uffici) sono il gruppo di immobili più numeroso con 34,9 milioni di unità, circa 80mila in più del 2015. Tra queste, più del 72% è costituito da abitazioni economiche (categoria A/3) e civili (categoria A/2), quota che sfiora il 90% se si aggiungono le abitazioni popolari (A/4), mentre il restante 10% è frazionato tra le altre categorie del gruppo.


Crescono in particolare i villini (+0,9%), le abitazioni di tipo civile (+0,7%) e quelle di tipo economico (+0,4%). Calano, invece, gli immobili rurali (-3%) e le case ultrapopolari (- 2,4%). Diminuiscono però anche le case quelle signorili (-2,1%), le ville (-0,7%), le case popolari e i palazzi di pregio (- 0,6%). Ci si riposiziona, quindi, su abitazioni con caratteristiche standard, senza particolari pregi. E' in aumento, però, la rendita delle abitazioni che a fine 2016 risultava pari a 16,9 miliardi di euro, circa 83 milioni di euro in più rispetto al 2015, con una media di 484 euro per abitazione.

 
Il calo delle rendite per gli immobili industriali

La rendita complessiva del patrimonio immobiliare, che a fine 2016 supera i 37 miliardi di euro, risulta però in calo dell’1,1% rispetto all’anno precedente. La riduzione complessiva è determinata in gran parte dalla revisione delle rendite degli immobili a destinazione speciale, che fanno registrare un calo del 5,1%, in particolare nella categoria D/1, alla quale appartengono gli immobili industriali. Questo dato risente delle nuove norme introdotte dalla Legge di stabilità 2016, che hanno escluso dal calcolo della rendita le componenti impiantistiche destinate alla produzione, e ad alcune operazioni di rettifica di rendite catastali errate.


Fonte articolo: Repubblica.it

Delrio: obbligatorio il certificato di stabilità degli edifici



Il crollo della palazzina di Torre Annunziata è stata una tragedia di fronte alla quale non si è potuti rimanere in silenzio.


Il Ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, ha annunciato che per gli edifici sarà obbligatorio il certificato di stabilità

 

La novità dovrebbe essere introdotta nella prossima legge di Stabilità, che sarà in vigore dal 2018. In particolare, il Ministro delle Infrastrutture ha spiegato: "In Italia manca una classificazione ufficiale degli edifici. Abbiamo tuttavia introdotto l’obbligo della certificazione energetica e ora pensiamo di proseguire su questa strada anche per la sicurezza statica. L’idea è quella di inserire nei contratti d’affitto e di compravendita la clausola della certificazione statica obbligatoria, al pari della certificazione energetica".  


Parole che hanno incontrato il favore di architetti e ingegneri. Con una nota è stato fatto sapere che il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, Armando Zambrano, plaude all’annuncio del ministro Delrio, ma torna a chiedere con forza l’istituzione del fascicolo del fabbricato.
In un comunicato diffuso dal Consiglio nazionale degli ingegneri si legge: "A seguito del drammatico crollo della palazzina di Torre Annunziata avvenuto nei giorni scorsi, il Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha annunciato che per gli edifici sarà obbligatorio il certificato di stabilità, un po’ come avviane attualmente con la certificazione energetica degli immobili. Sul tema dei costi della certificazione Delrio ha sottolineato come tramite il Sisma Bonus essi saranno detraibili all’85%".


Armando Zambrano, presidente del Cni, ha così replicato alle dichiarazioni del Ministro: "L’annuncio dell’introduzione del certificato di stabilità è una cosa opportuna da parte del Governo. Il Sisma Bonus, in questo senso, è un bel passo in avanti, anche se sono necessarie delle modifiche normative per renderlo meglio attuabile. Va detto, però, che non possiamo aspettare che siano i condomini e i proprietari di immobili ad avviare determinate procedure. Bisogna far sì che si abbia una conoscenza più ampia dello stato degli immobili, in modo da poter stabilire se e come è necessario intervenire per garantirne la sicurezza".


"Da anni – prosegue Zambrano – come Consiglio Nazionale degli Ingegneri e come Rete Professioni Tecniche chiediamo l’istituzione del fascicolo del fabbricato. Riteniamo, infatti, che sia uno strumento determinante per conoscere le criticità di un edificio. Cominciano a rendersene conto anche gli organi di informazione che da un po’ di tempo lo indicano come una determinante fonte di conoscenza dello stato delle nostre case. Purtroppo, però, in questi anni determinate lobby, soprattutto quelle dei proprietari immobiliari, avanzando motivazioni a volte piuttosto fantasiose hanno lavorato per evitarne l’introduzione, facilitati dall’indifferenza colpevole della politica".
"In Italia – conclude Zambrano – abbiamo circa 20 milioni di edifici costruiti prima che venisse introdotta la normativa sul rischio sismico che ha imposto regole più stringenti nel settore delle costruzioni. In questo senso, dopo l’iniziativa di Delrio, ci aspettiamo un ulteriore sforzo dal mondo della politica, anche nella direzione dell’introduzione del fascicolo del fabbricato".


Favorevoli all’istituzione del certificato di stabilità per gli edifici anche gli architetti. Per il Consiglio nazionale degli architetti "si tratterebbe di una documentazione ‘minimale’ che consentirebbe di conoscere le condizioni di vulnerabilità degli edifici per avere un quadro realistico dello stato del patrimonio edilizio del nostro Paese, anticipando l’istituzione dell’auspicato fascicolo del fabbricato – una sorta di ‘cartella clinica’ – contro il quale, anche in queste ore, si levano interessate voci di dissenso”. E ancora: "Non c’è dubbio che lo sterminato patrimonio edilizio italiano vada messo in sicurezza considerando che fortunatamente si è arrestato il processo di espansione. Può essere l’occasione non solo per raggiungere dei necessari standard di stabilità per ogni immobile, ma anche per rimettere in moto in maniera virtuosa l’edilizia, colpita, più di tutte, dalla crisi economica".


Fonte articolo: Idealista.it

I Millennials preferiscono la casa di proprietà

La coppia Under 35 la casa preferisce comprarsela.


È questo il dato che emerge dalle statistiche presentate dal Consiglio nazionale del Notariato sugli atti di compravendita immobiliare nel 2016: sono stati venduti 746.300 e il 28% di questi (210.400) sono stati acquistati dai Millenials.

 

Il 50% delle compravendite del 2016 sono state accompagnate dalla richiesta di agevolazioni prima casa e a usufruirne maggiormente, il 37% dei casi, è stata la fascia di età 18‐35, giovani coppie alle prese con la loro prima abitazione di proprietà.

C’è voglia di crescita, invece, tra i 36 e i 45 anni e si cerca un nuovo nido; in questa fascia d’età si concentra il maggior numero di richieste, il 39% del totale, del credito di imposta per il riacquisto della prima casa.


In generale, le fasce d’età più giovani sono quelle che nel 2016 hanno ottenuto i finanziamenti maggiori, il 33,3% per i mutuatari tra i 18-35 anni e il 32,4% per gli acquirenti tra i 36-45 anni.

DOVE SI COPRA PIù CASA?

La ripartizione geografica predilige il Nord, dove è avvenuto il 56% degli acquisti in Italia, seguono il Sud e Isole con il 25,8% e, infine, il Centro con il 18,2%.
In Lombardia si è registrato il maggior numero di compravendite nel 2016, il 19,9% del totale; se si considera, però, la densità di vendite per 100 mila abitanti le regioni in cui si sono registrate più transazioni sono la Valle d’Aosta, la Liguria, il Friuli Venezia Giulia e il Piemonte.

DONAZIONI

Analizzando i dati relativi alle donazioni si evidenzia un divario regionale: al Nord i passaggi riguardano aziende e azioni, al Sud gli immobili. I beneficiari si trovano nella fascia d’età tra i 18 e i 45 anni (50% dei casi), i donatori hanno tra i 46 e i 65 anni. A dimostrazione di come la donazione venga usata, molto spesso, come anticipi sull’eredità.

Fonte articolo: Immobiliare.it

Casa al mare sempre più irrinunciabile: i prezzi e i tempi di vendita

Investire nella seconda casa al mare, un acquisto che molti avevano archiviato per la crisi immobiliare e, in alcuni casi, per un cambio di mentalità.


Ma la possibilità di affittare tramite la locazione breve l’appartamento è diventata una tendenza consolidata degli ultimi tre anni, trend che ha riportato l’interesse su un segmento immobiliare che nel periodo 2009-2013 aveva visto più che dimezzarsi le compravendite. 

La crisi della domanda e degli scambi degli anni passati ha influito sui prezzi finali di vendita. "Dalle località meno ricercate a quelle più in voga, la gelata sui prezzi aveva fatto registrare, a fine 2013, un calo medio di oltre il 25% rispetto ai valori scambiati cinque anni prima, risparmiando solo in parte (-15% la media) i prezzi delle abitazioni del segmento lusso" spiega un esperto di mercato. Negli ultimi tre anni le compravendite sono tornate a salire, ma per i prezzi parlare di inversione di tendenza è ancora presto. 


Nel momento in cui si sceglie di investire è importante tenere presente molte caratteristiche dell’immobile e della location prescelta. Luminosità, panorama, spazi esterni sono le priorità per chi cerca una seconda casa da vivere nei fine settimana e da affittare quando è vuota, ma anche la vivacità del mercato prescelto è importante. I tempi medi di vendita sono quindi di aiuto per capire se le compravendite si realizzano con facilità o se ci vogliono mesi e mesi per cedere l’immobile, che nel caso di un’improvvisa necessità diventa un problema.


Da un’analisi realizzata in esclusiva per Casa24 Plus dal team di Scenari Immobiliari emerge che i tempi di vendita sono più brevi in località di lusso come Porto Cervo (4 mesi), Capri e Porto Rotondo (4 mesi e mezzo), Portofino (5 mesi) e Forte dei Marmi (5 mesi e mezzo). Tutti luoghi dove è raro imbattersi in case in vendita sotto 5mila euro al metro quadro. Restano contenuti rispetto al passato i tempi di vendita a Gallipoli, Chiavari e Vieste.


"In realtà la seconda casa va meglio della prima, che migliora soprattutto nelle grandi città - dice Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari -, i miglioramenti riguardano invece tutte le località di mare. C’è più interesse ad avere una casa per le vacanze, ci sono soldi in giro per case piccole, da usare anche durante l’anno. Non solo. Calano gli acquisti all’estero da parte dei nostri connazionali nelle destinazioni tradizionali e aumenta il flusso di stranieri".


Non sono solo le località più care e più famose delle nostre coste a registrare cambiamenti di tendenza positivi, ma anche luoghi più popolari come Gabicce mare, Celle Ligure o Sirolo nelle Marche, dove la domanda in acquisto è vivace.
Nella fascia intermedia troviamo località in cui i prezzi delle seconde case variano da 1.500 a 3.500 euro al metro quadro e dove gli affitti settimanali non superano i 750 euro (per un bilocale con quattro posti letto). 


Fra le prime 15 località che per vivacità di scambi stanno registrando le migliori performance, due sono in Sardegna e due sono campane. In Costa Smeralda, Porto Cervo e Porto Rotondo hanno visto salire i prezzi da giugno 2016 a giugno 2017 rispettivamente dell’1,2% e del 2,5%. Le due località riescono a offrire al mercato non solo ville milionarie, che vengono messe in affitto per decine di migliaia di euro a settimana, ma anche mono e bilocali in vendita con prezzi compresi fra i 175mila e i 250mila euro che possono essere affittati nei mesi estivi a 800-1.400 euro a settimana. Anche se la Sardegna soffre ancora di una stagionalità contenuta, che potrebbe essere ampliata perché il clima qui di solito è bello fino a ottobre.


Le due località campane sono Capri e Amalfi. Anche qui si va dalle ville di lusso agli appartamenti. Si trovano e si affittano mono e bilocale che hanno prezzi variabili fra i 4mila e i 6mila euro al metro e che sono oggetto di una domanda molto vivace di locazione, grazie soprattutto al turismo straniero.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Cambio di destinazione d'uso più facile con la "Manovrina"

Cambi di destinazione d’uso più liberi nei centri storici.


Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Manovrina 2017 (Legge 96/2017) si ammorbidisce la normativa che sembrava vietare il mutamento della destinazione d’uso in molte città. 

 

L’allarme era scattato dopo una pronuncia con cui la Cassazione aveva di fatto paralizzato l’attività degli Uffici tecnici. Adesso le regole sembrano più chiare, anche se bisogna valutare il carico urbanistico degli interventi e ad avere l’ultima parola sono comunque le Regioni. Vediamo perché.

Cambio di destinazione d’uso e carico urbanistico

Il testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) individua cinque categorie funzionali degli immobili (residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale e rurale) e stabilisce che, salvo diversa previsione da parte delle leggi regionali, è "urbanisticamente rilevante" il passaggio da una categoria all’altra. Questo significa che ogni Regione può decidere se il passaggio da una determinata categoria comporta un carico urbanistico o no.


Il Decreto “Scia” (D.lgs. 222/2016), nell’attività di riordino e schematizzazione dei titoli abilitativi, ha classificato come "Restauro e risanamento conservativo leggero", realizzabile previa presentazione della CILA, gli interventi che consentono destinazioni d’uso compatibili con quella iniziale e come "Restauro e risanamento conservativo pesante" i lavori sulle parti strutturali, ma che consentono sempre destinazioni d’uso compatibili. In questo caso è richiesta la SCIA.

 
Il decreto, al punto 8 della tabella di sintesi, classifica come "Ristrutturazione pesante" gli interventi che, all’interno delle zone A, comportano mutamenti urbanisticamente rilevanti della destinazione d’uso. La norma prevede in questo caso il permesso di costruire, che può anche formarsi per silenzio-assenso ai sensi dell’articolo 20 del testo unico dell’edilizia.
 

Cassazione: il cambio d’uso è una ristrutturazione pesante

A maggio la Corte di Cassazione ha affermato che il cambio di destinazione d’uso si qualifica sempre come un intervento di ristrutturazione edilizia pesante per cui è necessario il permesso di costruire.


La pronuncia ha avuto un impatto molto forte dal momento che, in molti centri storici le ristrutturazioni sono vietate, ma sono consentiti solo gli interventi di restauro e risanamento conservativo. Nella vicenda si sono schierati anche gli Architetti di Firenze paventando il rischio di abbandono dei centri storici che invece, grazie alla trasformazione degli edifici storici in alberghi o residenze di lusso, possono rinascere a nuova vita.
 

Manovrina 2017, ok ai restauri con cambi d’uso

A cercare di mettere ordine è intervenuta la Manovrina 2017, che ha modificato la definizione di "restauro e risanamento conservativo" ammettendo in questa tipologia di interventi anche quelli implicanti il mutamento della destinazione d’uso "purché compatibile con gli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo edilizio e con le previsioni dello strumento urbanistico generale e dei relativi piani attuativi".


Questa nuova definizione apre al cambio di destinazione d’uso all’interno dei centri storici. Per chiudere definitivamente il cerchio bisognerebbe tenere conto di questa nuova chance anche nella tabella di sintesi del Decreto Scia.


Fonte articolo: Edilportale.com

Mutui: crescono le nuove stipule, bassi tassi e meno sofferenze

Frenano le surroghe, ma continuano a crescere, seppur a ritmi meno sostenuti del passato, i mutui destinati all’acquisto.


E soprattutto si riduce ancora il tasso di sofferenza legato alle rate non saldate.

 

Secondo la 42esima edizione dell’osservatorio Assofin - Crif - Prometia, infatti, nel 2016 i mutui "hanno beneficiato di condizioni di offerta favorevoli, di un miglioramento delle prospettive del mercato degli immobili residenziali, dell'aumento della fiducia dei consumatori e, soprattutto, dei bassi tassi di interesse applicati".


Trend ancora in crescita, surroghe in calo 

Più nel detteglio i finanziamenti destinati all’acquisto hanno chiuso lo scorso anno a +31,7%, per poi proseguire nel trend di crescita nel primo trimestre 2017, sebbene in leggero rallentamento (+25,8%). Per le surroghe, invece, dopo tre anni di grande vivacità, a fine 2016 si registra una frenata (-0,1%), che si accentua in modo netto nel primo trimestre 2017 (-27,5%), "a causa della riduzione del numero dei mutui in corso per i quali l’operazione potrebbe essere ancora conveniente".


Questo nonostante i tassi dei mutui siano ancora in diminuzione: secondo il rapporto mensile Abi pubblicato oggi 20 giugno, a maggio il tasso medio è del 2,79%, contro il 2,81% di aprile e il 6,18% prima della crisi, a fine 2007. Con i due terzi dei mutuatari che scelgono il tasso fisso.


Nel credito al consumo tiene l’arredo 

Nel 2016 le erogazioni di credito al consumo "si sono riportate su valori molto vicini a quelli raggiunti prima della crisi economica, con i flussi finanziati che hanno fatto segnare un +16,3% rispetto al 2015.
Nel primo trimestre del 2017, la crescita si mantiene su ritmi ancora elevati, sebbene ad un ritmo leggermente inferiore (+15,4%)".


Positivi soprattutto i dati provenienti dai finanziamenti di auto e moto preso i concessionari (+26% nel primo trimestre) e i prestiti personali (+22,8%). Frenata invece per i finanziamenti finalizzati all'acquisto di altri beni e servizi (-7,3% nel trimestre), soprattutto a causa della contrazione nel campo elettrodomestici ed elettronica. Tiene però l’arredamento, "grazie alla coda delle detrazioni fiscali per l'acquisto di mobili e impianti per la casa (condizionatori, fotovoltaico) destinati a immobili oggetto di ristrutturazione edilizia".


Insolvenze vicine ai livelli pre-crisi 

Il tasso di default – cioè "l’indice di rischio di credito di tipo dinamico che misura le nuove sofferenze e i ritardi di 6 o più rate nell’ultimo anno di rilevazione" – del credito al dettaglio considerato nel suo complesso (quindi mutui immobiliari e credito al consumo) si è attestato a marzo 2017 all'1,7%, rispetto all’1,9% del marzo 2016.


"Si tratta – si legge nell’Osservatorio – del valore più contenuto rilevato negli ultimi anni". Se si prendono in considerazione i soli mutui, continua "il lento ma progressivo calo del tasso di default a 180 giorni, che a marzo 2017 si colloca all'1,3%, livello ormai vicinissimo ai livelli pre-crisi". "Il consolidamento della ripresa economica, i bassi tassi di interesse e la maggiore cautela di domanda e offerta _ spiega la nota – hanno contribuito al miglioramento della qualità del credito e ad erogazioni di nuovi finanziamenti via via meno rischiose sia per il credito al consumo sia per i mutui".


Importi e durata in aumento 

Con la ripresa dell’incidenza dei mutui di acquisto, nel 2016 si interrompe il trend di contenimento degli importi e delle durate contrattuali dei nuovi mutui, che aveva caratterizzato gli ultimi anni, a seguito del boom delle surroghe. La ripartizione delle erogazioni per fasce di importo finanziato mostra infatti un lieve incremento della quota di mutui di valore superiore a 200 mila euro e di durata superiore a 25 anni.


Prospettive di consolidamento 

Gi analisti di Assofin-Crif-Prometeia indicano "un consolidamento della crescita dei prestiti alle famiglie per il triennio 2017-2019, anche in considerazione degli ultimi dati congiunturali sul credito che certificano solide basi per una fase positiva del comparto anche per i prossimi anni". 


Permangono però dei rischi legati "all’incertezza politica per l’esito delle elezioni, che potrebbe rallentare i ritmi della ripresa". Le strategie degli operatori saranno, inoltre, "ancora condizionate dalle pressioni regolamentari - che detteranno ancora cautela nelle decisioni di impiego dei fondi - e dalla difficile gestione dello stock di Npl accumulato negli anni di crisi, uno dei temi più urgenti da affrontare".


Fonte articolo: IlSole24Ore.com

Subscribe to this RSS feed

La invitiamo a lasciare il suo numero di telefono per essere ricontattato.

Cliccando invia dichiari di aver letto ed accettato l'informativa sulla privacy