Contratto d’affitto transitorio per universitari: vantaggi per locatore e studenti

Il mercato delle stanze in affitto è in forte espansione e i prezzi, nelle 14 città più ricercate dai fuori sede, sono in aumento anche quest’anno.

Per limitare il fenomeno degli affitti in nero è stato introdotto il contratto d’affitto transitorio per studenti universitari, che prevede benefici per locatore e conduttore.

 

Chi può richiedere questo tipo di contratto?

La richiesta può essere presentata se il locatario è iscritto a un corso di laurea, di perfezionamento o di specializzazione (master e dottorati), in una città diversa da quella di residenza. Il contratto può essere intestato allo studente stesso, a un gruppo di universitari o a un’azienda per il diritto allo studio.


Per poter stipulare questo tipo di locazione si dovrà utilizzare il modello previsto da eventuali accordi locali tra le associazioni di categoria dei proprietari e i sindacati degli inquilini, in assenza di tali linee guida si potrà fare riferimento al “modello base” contenuto nell’allegato E del Decreto Ministeriale del 30 dicembre 2002, reperibile sul sito del Ministero delle Infrastrutture.
All’interno del contratto, che dovrà essere registrato dal locatore, andranno indicati il corso di studi e l’università a cui è iscritto lo studente. Allo stesso modo devono essere presenti le informazioni sul canone mensile e sulle modalità di pagamento (bonifico, assegno, contanti…).


Uno dei vantaggi del contratto transitorio per studenti fuori sede è il poter accedere ad affitti calmierati. L’importo andrà individuato all’interno dei valori dei canoni convenzionati definiti dagli accordi locali tra Sindacati inquilini e Associazioni della proprietà. Il locatore può chiedere, anche se non è obbligatorio, un deposito cauzionale, da restituire al termine del contratto, potendone trattenere una parte, o l’intera somma, per danneggiamenti all’immobile.


La durata è un aspetto fondamentale di questa tipologia di contratti e si adatta alle esigenze tipiche degli studenti. Si va da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni, con un rinnovo automatico, per un secondo periodo di pari durata. Se alla prima scadenza lo studente non intende rimanere dovrà comunicarlo al padrone di casa, con un preavviso di almeno tre mesi. Una prerogativa, quella della disdetta al primo rinnovo, che non è prevista per il locatore.
Per lo studente è prevista anche la possibilità di recesso anticipato, con lo stesso margine di preavviso previsto per la disdetta, solo per “gravi motivi” (ad esempio una malattia o il decesso di un parente, che lo costringa a lasciare l’Università).


Se il contratto è intestato a un gruppo di studenti e uno di loro lascia l’abitazione l’importo del canone complessivo non cambia, quindi gli inquilini che restano pagheranno un affitto maggiorato finché non troveranno un sostituto.


A meno che non sia espressamente previsto da un patto tra le parti, agli inquilini è vietata la sublocazione o la concessione in comodato (gratuita) della stanza o dell’appartamento. È invece consentita la breve e occasionale ospitalità a titolo gratuito (ad esempio per quando i genitori vanno a trovare i figli). Il conduttore deve osservare il regolamento condominiale e farsi carico delle spese per la manutenzione ordinaria.

Detrazioni fiscali

A rendere interessanti queste tipologie di contratti c’è anche la possibilità di agevolazioni fiscali. Gli studenti, o i loro genitori, possono richiedere una detrazione Irpef del 19% su una spesa massima di 2.633 euro. Il requisito è che l’università disti almeno 100 chilometri dalla città di residenza dello studente e che l’immobile in affitto si trovi nella città sede dell’ateneo o in un comune limitrofo.

I proprietari, invece, potranno chiedere:

  • - una deduzione extra del 30% per chi resta alla tassazione ordinaria o cedolare secca al 10%;
  • - uno sconto del 25% su Imu e Tasi.

  • Fonte articolo: Immobiliare.it

Scenari Immobiliari: la crisi è finita. L'Italia cresce del 6%

La recessione è ormai alle nostre spalle, ma da Paese a Paese cambia l'intensità della crescita.


Questi alcuni dei dati che emergono dall’European Outlook 2018, presentato a Milano da Scenari Immobiliari, in seguito al quale si terrà il 25° Forum Scenari a S. Margherita Ligure il 15 e 16 settembre.

In tutti i comparti aumentano gli scambi e anche le quotazioni salgono più dell’inflazione. "Anche in Italia – ha detto Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, illustrando i dati dell’European Outlook 2018 – la crisi è finita, ma la ripresa appare più delicata, a causa delle debolezze strutturali del nostro Paese".

Il fatturato delle cinque principali nazioni europee in rialzo del 6% nel 2017

A livello delle cinque principali nazioni europee il fatturato dei mercati nel 2017 crescerà del 6% per arrivare quasi al 9% il prossimo anno. Spagna e Francia nel 2018 si troveranno in vero boom con fatturati in crescita superiore al 10 per cento. Anche l’Inghilterra dovrebbe recuperare dopo un cattivo biennio. La Germania crescerà in linea con l’Italia, poco più del 6 per cento.


La Germania, però, a differenza del nostro Paese e delle altre nazioni UE, ha superato indenne la crisi immobiliare. Il fatturato europeo è sceso (in termini monetari) del 7,3%, ma di oltre il 10% in quattro Paesi. I prezzi medi delle case sono scesi di quasi il 9% in Eu5, ma del 35,6% in Spagna e del 15,6% in Italia.
Milano e Roma hanno resistito alla crisi e ora si trovano con quotazioni medie leggermente superiori a dieci anni fa. Solo le città del nord Europa hanno registrato incrementi elevati.

Prezzi in ripresa in quasi tutti i settori

Dall’European Outlook 2018 di Scenari Immobiliari emerge che i prezzi sono in ripresa in quasi tutti i settori (salvo l’industriale) con punte superiori al 4% in Germania e Spagna. Anche in Italia il dato medio nazionale è di un incremento dello 0,3 % nel residenziale a fine anno e un più netto 1,1 % di previsione per il 2018. 


"È una media tra dati ancora molto diversi da città a città – commenta Breglia. Mentre a Milano, Venezia e in altre città le quotazioni sono in netto rialzo, nella maggior parte dei capoluoghi i prezzi sono ancora fermi o in lieve calo".

Dal 2000 il mercato italiano è cresciuto del 50%

Tra il 2000 e oggi il mercato immobiliare italiano è cresciuto di quasi il 50%, crescendo più della media europea (quasi il 30 per cento). La ripresa imboccata si consoliderà nel corso del prossimo anno, con un più 6,5% nel residenziale (attese 630mila compravendite) e in settori in pieno boom come l’alberghiero.

Breglia: Gli spazi di crescita del nostro mercato sono notevoli, nella locazione residenziale, nel terziario innovativo (come il co-working) e nell’area dei servizi

E aggiunge: "Sono necessari investimenti per la messa in sicurezza delle case. Non va dimenticato che c’è quasi un milione di case in corso di costruzione, bloccate dai fallimenti o dai concordati delle imprese edili. La tassazione allontana investitori istituzionali e privati. Ci troviamo così marginali in un contesto dove l’immobiliare è uno strumento di cambiamento urbano e di allocazione di grandi risorse".

Fonte articolo: Corriere.it

Smart working: l'ufficio più richiesto è open space

Trend in crescita per lo smart working, modalità di lavoro innovativa e flessibile, che incentiva l’autonomia del lavoratore e gli permette di interagire e comunicare al meglio con i propri colleghi.


Requisito fondamentale, la scelta di spazi a uso ufficio moderni, nuovi e corredati da impianti tecnologici avanzati e da layout sempre più aperti e confortevoli. 

 

Dopo l’entrata in vigore della legge 81 del 22 maggio 2017, che ne regolamenta le diverse forme, lo smart working è diventata una delle tipologie più richieste dalle aziende.


Marco Clerici, managing director di World Capital: "Dalle richieste, che la divisone office di World Capital tratta ogni giorno, si evidenzia come l’85% dei richiedenti si orienta su soluzioni con layout open space. Tale tipologia di ufficio, infatti, favorisce al meglio l’interazione e la comunicazione, capisaldi dello smart working. Le richieste, inoltre, vertono su uffici, dagli ambienti confortevoli, capaci di favorire un lavoro più fluido e veloce, situati in location di grande business come Milano".


Dall’ultima analisi del dipartimento interno di ricerca di World Capital, emerge che è Milano la meta italiana più attrattiva nel comparto office, con un’ampia disponibilità di spazi moderni e all’avanguardia, rendimenti lordi che nel Centro si aggirano intorno al 5,5 % e tagli che, sempre nel Centro, oscillano da un minimo di circa 300 mq a un massimo di circa 6.000 mq, sposando così qualsivoglia esigenza.


Facendo un confronto con lo scenario europeo, anche in questo caso la città di Milano si conferma come destinazione vincente, classificandosi al 5° posto in Europa per canoni di locazione (500 euro/mq/anno).


Fonte articolo: Monitorimmobiliare.it

Osservatorio immobiliare 2017: stimata crescita compravendite dell'8,6%

La ripresa del mercato immobiliare, iniziata alla fine del 2014, è una tendenza che sta caratterizzando anche il 2017, pur se con un aumento dei volumi ridimensionato rispetto al 2016.


Il settore ha infatti registrato durante gli scorsi 12 mesi un incremento record del 18,4%, un rialzo a doppia cifra che ha permesso alle vendite di superare ampiamente quota 500 mila. 

 

Il trend non si replica nei numeri stimati per quest’anno dall’Osservatorio di Nomisma, che prevede un tasso di crescita delle transazioni dell’8,6% e che secondo l’Istituto, non è segno di un rilancio definitivo del comparto.
A favorire la ripresa del mercato ci sarebbe il ridimensionamento dei prezzi; tuttavia solo questa variabile non è stata sufficiente a impartire al comparto la spinta necessaria.


Dunque l’immobiliare deve fare i conti con una fase di stagnazione dei prezzi causata anche dalla bassa capacità di acquisto delle famiglie. Uno dei fattori che frena ancora la domanda è proprio il basso reddito di buona parte degli italiani, con quasi il 40% di chi sottoscrive un mutuo che guadagna meno di 1800 euro al mese.
Il prestito per la casa è una variabile fondamentale dell'acquistointeressa circa l'80% delle compravendite, con una rata media mensile di quasi 570 euro.


Guardando il mercato delle 13 maggiori province analizzate, si riscontra che i mercati residenziali più attivi – a consuntivo del 2016 e del successivo primo trimestre dell’anno in corso – sono Genova e Milano, mentre Torino e Bologna fanno segnare un leggero rallentamento.


Per quanto riguarda i tempi di vendita delle abitazioni, il dato è in continuo miglioramento rispetto al 2014 e si consolida in misura più marcata a Bologna, Milano e Venezia. Si riduce anche lo sconto praticato in fase di trattativa.


Infine un accenno sul versante delle locazioni, con il totale dei contratti che hanno interessato 1,7 milioni di immobili. Di questi, 1,3 milioni hanno riguardato l’affitto di abitazioni, con Bologna che si conferma la città con la maggiore vivacità locativa – a seguire Firenze, Milano e Torino.


Ricordiamo che le compravendite a uso investimento sono cresciute del 2% rispetto al 2013. Rispetto al passato, quando i proprietari preferivano locare il bene a studenti fuori sede, si è sviluppato anche l’acquisto immobiliare legato all’interesse turistico della città. 


Fonte articolo: Mutuionline.it

Crescono i rendimenti in tutto il comparto immobiliare

Secondo uno studio realizzato da Idealista, l’investimento immobiliare in Italia è sempre più redditizio, doppiando – nel peggiore dei casi – il rendimento dei Titoli di Stato a 10 anni.


A parte i box, il cui rendimento annuo lordo è rimasto invariato al 4,9% rispetto a un anno fa, tutti gli altri segmenti property hanno segnato incrementi negli ultimi 12 mesi.

 

L’analisi, che mette in relazione i prezzi di vendita e affitto delle diverse tipologie immobiliari per calcolare il loro rendimento lordo, evidenzia il balzo maggiore nel residenziale, che passa da una redditività del 5% al 5,7%, determinata dal calo tendenziale del prezzo delle abitazioni e dal positivo andamento del mercato degli affitti. Il commerciale (negozi) resta l’investimento immobiliare più redditizio. Acquistare un locale commerciale per affittarlo offre una redditività pari all’8,1%, contro il 7,8% dell’anno scorso. In crescita anche gli uffici, dal 6,9% al 7,4%.

 
Rendimenti nel residenziale

Con un tasso pari al 7,9%, Biella e Belluno sono al top dei rendimenti delle abitazioni, seguite da Brindisi e Siracusa, entrambe al 7,1%. All’opposto, Siena (3,3%) è il fanalino di coda, precedendo Caserta e Pesaro con il 3,6%.
Tra i grandi mercati, Milano (5,7%) primeggia davanti a Torino (5,6%) e Bologna (5,4%). Roma si ferma al 4,8%, mentre Napoli chiude la graduatoria con un 3,8%.

 
Rendimenti dei locali commerciali (no capannoni)

Milano (16,3%) sale al primo posto del ranking dei rendimenti nel settore retail, che resta il prodotto con i maggiori tassi di rendimento. Alle spalle del capoluogo meneghino troviamo Genova (15,7%) e Bologna (12,9%). A Roma la redditività ammonta al 9,9%, mentre a Napoli scende al 9,3%. 

Dal lato opposto, i rendimenti meno attrattivi per gli investitori si registrano a Padova (5,5%), Bergamo (5,2%) e Piacenza (4,8%).

Rendimenti degli uffici

Registra un incremento il settore degli uffici, che vede Modena (8,3%) e Reggio Emilia (7,6%) in testa ai rendimenti. Con ritorni superiori al sette per cento si segnalano anche Catania (7,4%), Bergamo (7,2%), Milano (7,1%) e Prato (7,1%).

Genova (4,1%), Brescia (5,1%) e Piacenza (5,3%) presentano i rendimenti più bassi tra i centri rilevati. Il mercato non è così uniforme come gli altri prodotti immobiliari, per cui è impossibile rilevare i dati statistici di oltre la metà dei capoluoghi italiani.

Rendimento dei box

I box auto sono il prodotto meno profittevole per gli investitori in quasi tutti i mercati monitorati, con rendimenti lordi comunque nettamente superiori ai buoni a 10 anni, anche nel “caso limite” di Genova (3%), la città dove i box rendono meno. Delle 12 città monitorate è Monza (5,1%) la più profittevole, seguita da Bari (4,7%) e Bologna (4,6%). Stabili i valori rispetto a un anno fa a Milano (4,4%) e a Roma (4,3%), alle loro spalle sale Napoli al 3,9%.


Fonte articolo: Idealista.it

Fondo Garanzia mutui prima casa: come funziona

Il mercato del lavoro è cambiato e molte giovani coppie, con contratti atipici, potrebbero non avere accesso alle richieste di mutuo per acquistare la prima casa.


Per questo dal 2014 il Governo ha istituito un Fondo di Garanzia rivolto soprattutto a questi soggetti.

 

Con il Fondo garanzia Mutuo Prima Casa (precedentemente noto come Fondo giovani coppie) è lo Stato a fare da garante, con le banche che hanno aderito al progetto, per l’accensione del mutuo sull’acquisto della prima casa. La garanzia statale è pari al 50% della quota capitale (non sono inclusi gli interessi) del mutuo, purché il valore dell’immobile non superi i 250mila euro e non rientri nelle categorie delle abitazioni di lusso.

Il fondo di garanzia prevede, inoltre, un tasso calmierato del finanziamento per alcune categorie:

  • - giovani coppie (dove almeno uno dei due componenti non abbia superato i 35 anni). Non è necessario essere sposati: basta che si conviva da almeno due anni;
  • - nuclei familiari monogenitoriali con figli minori;
  • - giovani di età inferiore ai 35 anni titolari di un rapporto di lavoro atipico;
  • - conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari.

 

Quali sono i requisiti per accedere al fondo?
  • - Non essere proprietari, al momento della presentazione della richiesta di mutuo, di altri immobili destinati all’uso abitativo (ad eccezione di quelli ereditati e che siano in uso a titolo gratuito a genitori e fratelli);
  • - l’immobile deve trovarsi nel territorio nazionale;
  • - l’importo del mutuo non deve superare i 250 mila euro e l’immobile, che dovrà essere indicato come abitazione principale del mutuatario, non deve rientrare nelle categorie catastali A1, A8 e A9 né avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici del 2 agosto 1969, n. 1072.

Per l’accesso alla garanzia del Fondo non sono previsti limiti di reddito dei mutuatari.

 

Come fare domanda?

La richiesta di accesso al Fondo va presentata direttamente alla Banca o intermediario finanziario a cui si richiede il mutuo, purché aderisca all’iniziativa, utilizzando la modulistica presente sul sito del Tesoro.

Le richieste potranno essere presentate solo dopo che la banca abbia assicurato l’operatività a favore della propria clientela (termine previsto in 30 giorni lavorativi dall’adesione della banca al Fondo).
L’elenco delle banche ad oggi aderenti, in continuo aggiornamento, è disponibile sul sito di Abi e su quello di Consap.


Fonte articolo: Immobiliare.it

Il mercato delle donazioni è florido: i consigli del notaio

Le donazioni rappresentano una fetta significativa (ma spesso trascurata) degli scambi immobiliari.


A fare luce sul fenomeno sono i dati statistici diffusi per la prima volta dal Notariato. 

Infatti, alle 630mila compravendite di fabbricati registrate nel 2016 – comprese pertinenze e immobili strumentali e di cui il 3% trasferiti in nuda proprietà e l’1,4% per il solo usufrutto – vanno infatti aggiunte 72.403 donazioni, 24.501 donazioni di nuda proprietà e 10.621 donazioni di usufrutto (sempre di soli fabbricati, quindi esclusi i terreni, le servitù, i diritti di superficie eccetera). Per un totale di 107.525 atti: vale a dire che ogni 100 transazioni 15 sono donazioni.

 
Per la legge (e il Fisco) è già successione 

"Si tratta di una quota pressoché costante nel tempo – commenta Giampaolo Marcoz, consigliere nazionale del Notariato – soggetta a picchi ogni volta che ci sono ipotesi o semplici rumors su eventuali modifiche alla tassazione su donazioni o successioni".
Le due fattispecie sono infatti soggette alla stessa imposizione fiscale, che in questo momento si può considerare abbastanza vantaggiosa, dato che è più bassa di quella applicata alle compravendite: limitandosi alla cerchia dei parenti più prossimi, entro la franchigia di un milione di euro per ciascun beneficiario si applicano solo le imposte di trascrizione e catastale pari rispettivamente al 2% e all’1% del valore (o 400 euro in tutto in misura fissa se si opta per i benefici prima casa).


Il timore che spinge a donare è in sostanza che in futuro possa diventare più costoso il passaggio dei beni in termini di tasse di successione. Inoltre, la scelta è fatta anche per pagare meno Imu: tipicamente ci si libera infatti di una seconda casa per intestarla come abitazione principale (su cui non grava l’imposta) a un figlio o a un nipote.


Testamento, questo sconosciuto 

In genere la donazione della casa è quindi un anticipo di eredità: le analisi comparative del Notariato confermano del resto come «dove si dona meno si utilizza maggiormente lo strumento del testamento per le pianificazioni familiari e viceversa». Bisogna però anche tener conto che la divisione che può sembrare equa in un certo momento della vita, può non esserlo al momento della successione per i più vari motivi: dal cambiamento della composizione e della ricchezza familiare alla variazione del valore dei beni. E mentre un testamento si può sempre cambiare, è più difficile “correggere” strategie basate sulla donazione. «La preferenza accordata alla donazione – aggiunge Marcoz – dipende però anche da una motivazione psicologica: i genitori hanno il desiderio di vedere gli eredi “sistemati” quando sono ancora in vita. Gli stessi obiettivi di assegnazione di “che cosa a chi” si potrebbero raggiungere con un testamento, ma è uno strumento poco utilizzato in Italia».

 

Beneficiari giovani, anzi no 

Se si guarda alla distribuzione per classe anagrafica  si trova conferma del fatto che l’età del donante di fabbricati è sempre elevata (il 78% ha più di 56 anni). L’età di chi riceve il bene, invece (donatario) è meno sbilanciata verso il basso di quanto ci si possa attendere (il 55,5% ha meno di 45 anni).
"Questo con ogni probabilità è dovuto al fatto che le nuove generazioni si stabilizzano più tardi a livello familiare e professionale e quindi c’è un differimento nel tempo del passaggio, che avviene solo nel momento in cui c’è una ragionevole sicurezza sulla stabilità della situazione familiare e lavorativa del donatario. Il consiglio che in genere dà il notaio – continua Marcoz – a chi è intenzionato a un atto di liberalità verso i parenti più affini, è di valutare se il bene è destinato a rimanere a lungo nella disponibilità del patrimonio del beneficiario, per evitare i problemi che potrebbero derivare alla futura circolazione dell’immobile".


RivendibiLItà a rischio 

Occorre tenere conto cioè che una casa donata è difficilmente rivendibile. Questo perché – in caso di morte del donatore e dell’apertura di una successione – gli eredi potrebbero agire in giudizio per vedersi riconosciuta la parte di eredità cosiddetta legittima – la quota di cui non si può disporre liberamente nel definire la destinazione dei propri beni – erosa dalla donazione. La massa ereditaria oggetto di successione, infatti, non è solo quella “censita” al momento del decesso, ma comprende anche le donazioni fatte in vita (a valori aggiornati). Quindi acquistare una casa che è stata in precedenza donata espone al rischio di rivendicazione da parte degli eredi dell’originario proprietario, fatto che ovviamente ne limita la commerciabilità.


"In realtà – chiosa il notaio – in giurisprudenza non si trovano casi concreti al riguardo. Anche perché prima di poter pretendere di aggredire la casa donata, l’erede che ritiene di essere stato svantaggiato dalla donazione in sede successoria, deve prima rivalersi sul donatario che ha poi rivenduto il bene e solo in caso di insufficiente capienza di quest’ultimo, arrivare a chiedere al giudice la restituzione del bene o di parte del suo valore".

 
Mutuo "impossibile" e verifiche patrimoniali 

Sono però soprattutto le banche a non voler correre rischi, seppur remoti, e quindi a bloccare i mutui legati agli acquisti di immobili donati: il diritto dell’erede ha infatti precedenza rispetto a quello stabilito dell’ipoteca. Se l’acquisto si fa “in contanti” non è però sempre sconsigliabile: l’importante è verificare bene la situazione patrimoniale del venditore e, nel caso, del donante originario. Tenendo presente che la possibilità di agire in giudizio si estingue in 20 anni per la donazione e in 10 per la successione.

Liberatorie e finte compravendite 

Mettendosi invece nei panni di chi il bene lo ha ricevuto in donazione, è bene ricordare che per “liberarlo” da vincoli è sufficiente che gli altri eredi dichiarino di rinunciare all’azione di riduzione. Per evitare la limitata circolazione del bene, in passato si ricorreva anche a finte compravendite. Oltre al falso che si metterebbe in atto, compromettendo anche la trasparenza della successione, oggi questa operazione non viene più praticata a causa delle norme antiriciclaggio più severe sulla trasparenza dei passaggi di denaro.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

 

Prezzi in rialzo per gli affitti: +2,6% nei primi sei mesi dell'anno

A fronte dei prezzi delle case sostanzialmente fermi, sembra consolidarsi la crescita dei canoni di affitto: dopo un aumento del 2,1% nei primi tre mesi dell’anno, idealista – sulla base degli oltre 69mila annunci in 153 comuni analizzati dal portale immobiliare – registra un ulteriore rincaro del 2,6%.


"È un dato da prendere con cautela visto che la crisi non si può dire certo conclusa", dicono dall’ufficio studi. 

 

In valore assoluto del resto non si tratta di nulla di eclatante, dato che il livello dei canoni torna a "8,8 euro mensili, lo stesso valore dell’anno scorso". Tuttavia il trend negativo potrebbe essere alle spalle.


Per l’affitto del bilocale tipo preso in considerazione (65 metri quadrati) si stima quindi un esborso medio di 572 euro al mese a famiglia, importo che sale a 741 euro nel Lazio, la regione più cara, e arriva a superare il tetto dei mille euro mensili a Milano (1.096 euro al mese).


"A fronte di un'offerta aumentata del 10,5% nella prima metà dell’anno – si legge in una nota – gli appartamenti che “reggono meglio” sono quelli tenuti bene, di dimensioni medio-piccole, in zone strategiche delle città, vicino a università e ospedali. A seconda di come andrà l'economia e la creazione di nuovi posti di lavoro, i prezzi potranno continuare a crescere, ma bisognerà prestare attenzione a ciò che accade con gli affitti a Milano e a Roma, le punte dell'iceberg degli affitti in Italia, la cui crescita ha registrato una battuta d’arresto nell’ultimo trimestre".


Le Regioni con il segno positivo salgono nel secondo trimestre da 13 a 16. E solo tre segnano variazioni negative: Basilicata (-3,7%), Friuli Venezia Giulia (-2,4%) e Veneto (-0,1%). Gli incrementi maggiori si rilevano in Liguria (5%), seguita dal Trentino Alto Adige (4,6%) e Toscana (3,1%), significativo anche il rimbalzo della Campania (3%). I canoni più alti restano quelli del Lazio, seguiti da Lombardia e Toscana. I valori più bassi della Penisola si trovano in Sicilia, Molise e Calabria.


Anche analizzando le province la tendenza positiva continua a espandersi con 52 aree su 77 con il segno più. Da una parte all'altra del ranking troviamo i balzi a due cifre di Savona (13,6%) e Latina (11%), seguite dalla provincia di Bologna (8,4%), anch'essa in forte recupero.
Sul versante delle variazioni negative Agrigento (-11,6%) è la peggiore; la seguono Terni (8%) e L'Aquila (-4,9%). La provincia di Milano (14,8 euro/mq) mantiene inalterati i propri elevati valori, davanti a Roma (12,1 euro/mq) e Firenze (11,6 euro/mq).
Dalla parte opposta, chiudono la graduatoria Reggio Calabria e Caserta con 4,5 euro al metro quadro mensili. Gli affitti turistici sono esclusi dalla misurazione.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

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