News dal franchising

News dal franchising (890)

Richieste mutui +21,1%, domanda più alta nel 2016

Anche ottobre, come settembre, è stato un mese positivo per quanto riguarda la voglia di casa degli italiani: l’ultimo report di CRIF ha rilevato un incremento del 21,1% della domanda di nuovi mutui e surroghe rispetto allo stesso mese del 2015.


Percentuale, questa, che spinge all’ottimismo perché è la più alta registrata da gennaio ad oggi.

L’analisi, svolta monitorando oltre 78 milioni di posizioni creditizie, ha permesso di mettere in luce come prosegua il recupero verso i volumi precedenti alla crisi economica e del settore immobiliare. Se infatti confrontiamo il numero di richieste di mutui registrati tra gennaio e ottobre di quest’anno con lo stesso periodo dello scorso anno, la percentuale è positiva, arriva al +12,6%. Resta negativo, invece, il saldo rispetto al biennio 2009-2010, quello in cui iniziarono le sofferenze di tutto il comparto.


Ma quanto si chiede, in media? Secondo il report dell’istituto nel mese di ottobre l’importo medio si è attestato a 123.516 euro, più dei 120mila rilevati ad ottobre 2015 e più anche dei 122 rilevati nel mese precedente.
Il valore medio nell’aggregato dei primi 10 mesi dell’anno 2016 arriva a 122.895 euro, con un leggero incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Parliamo, tuttavia, di numeri nettamente più bassi rispetto a quelli che eravamo abituati a leggere nel 2009 (quando l’importo medio richiesto era sui 136mila euro): questo sia per una contrazione del costo medio degli immobili, sia per un maggiore impatto di surroghe e sostituzioni – che vanno ad abbassare gli importi medi – sul totale dei mutui.
Il 77,8% del totale delle domande presentano, ad ogni modo, un importo inferiore ai 150.000 Euro, per una durata che va dai 16 ai 20 anni.
. E’ interessante notare poi che nei primi 10 mesi del 2016 è aumentata la classe tra i 6 e 10 anni (+0,9%) a fronte di una diminuzione del -0,8% di quella tra i 26 e 30 anni.


In merito alla distribuzione per fascia di importo, non ci sono elementi di discontinuità rispetto ai mesi precedenti. La classe prevalente nei primi 10 mesi del 2016 si conferma essere quella compresa tra 100.001 e 150.000 euro, con una quota pari al 29,4% del totale. Nel complesso, quasi 4 domande su 5 (il 77,8% del totale) presentano un importo inferiore ai 150.000 euro.


In relazione alla distribuzione delle interrogazioni in relazione all’età del richiedente, la maggiore concentrazione risulta essere quella nella fascia compresa tra i 35 e i 44 anni, con una quota pari al 36,0% del totale, seppur in calo (-1,4%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Complessivamente circa 2/3 delle richieste sono state presentate da under 44. Cresce, seppur ancora marginale, la quota di mutui richiesti dai giovani al di sotto dei 24 anni.


I dati presentati sono stati così commentati da Simone Capecchi, executive director di Crif: "Il dato record di ottobre contribuisce ad irrobustire la performance positiva delle richieste di mutui immobiliari nei primi 10 mesi del 2016 e con queste prospettive è ragionevole aspettarsi una chiusura d’anno positiva".
Capecchi ha poi sottolineato: "Parallelamente, lato mercato immobiliare va sottolineata la crescita del +23% del numero di compravendite residenziali nel secondo trimestre 2016. Lato offerta, invece, si registra una leggera revisione al rialzo delle condizioni contrattuali dopo 3 anni di tagli al ribasso. Sarà però necessario monitorare l’evolversi delle dinamiche di domanda e offerta per apprezzare al meglio le prospettive di crescita del mercato dei mutui immobiliari nei prossimi mesi".


L’executive director di Crif ha quindi concluso affermando: "In questo scenario le aziende di credito devono prestare attenzione a comporre l’offerta giusta utilizzando al meglio le informazioni sui clienti e sul territorio di pertinenza, sfruttando le opportunità dei canali digitali e valorizzando la customer experience. Senza dimenticare, però, di mettere in campo da un lato adeguati processi di gestione del rischio e, dall’altro, sistemi compliant alle novità normative per recepire, ad esempio, la Direttiva Mutui".


Fonti articolo: 1. Immobiliare.it, 2. Idealista.it

Grande attesa per bonus edilizia e famiglia nella prossima Stabilità

Bonus casa al rialzo se i lavori porteranno consistenti miglioramenti per risparmio energetico e prevenzione antisismica. Se poi questi miglioramenti riguarderanno interi edifici condominiali, il credito d’imposta Irpef potrà raggiungere il 75-80 per cento.


È l’ultima ipotesi allo studio dei tecnici del Mef e di quelli della Ragioneria in termini di fattibilità economica per prorogare e rilanciare il bonus ristrutturazioni e l’Ecobonus. Un rilancio in grande stile che dovrebbe toccare anche la durata degli incentivi estesi per la prima volta oltre l’orizzonte annuale, per 2-3 anni. 

Questo darebbe modo di dare certezza del beneficio anche per lavori più complessi anche se non passa la proposta di associazione di categoria e imprese di stabilizzare definitivamente l’agevolazione.


Per i bonus casa del 2017 più che di proroga si può dunque parlare di un vero e proprio restyling con novità di rilievo soprattutto per l’Ecobonus e il sismabonus. Mentre per il credito del 50% per le ristrutturazioni semplici si pensa solo a una proroga secca di un anno, per questi due strumenti le novità sono molto più articolate. In primo luogo è prevista l’estensione dell’attuale incentivo ai lavori di prevenzione antisismica anche alle zone 3 (oggi è limitato alle zone 1 e 2 più esposte al rischio sismico). In secondo luogo, è prevista l’introduzione di un meccanismo “premiale” a crescere ispirato al nuovo credito d’imposta per gli interventi di ristrutturazione legati al sisma dell’agosto scorso. Il cosiddetto “sisma bonus” nelle intenzioni dell’Esecutivo dovrebbe riconoscere ai contribuenti un credito d’imposta Irpef “base” del 50% che potrà salire al 70% nel caso in cui i lavori di ristrutturazione facciano salire l’immobile di almeno un livello nella classificazione antisismica. Se poi i livelli “scalati” fossero due, il bonus Irpef salirebbe al 75% e potrebbe toccare l’80% nei casi in cui l’adeguamento antisismico riguardasse tutto l’edificio.


Con questa stessa progressione potrebbe essere riscritto il bonus per la riqualificazione energetica.
Il condizionale sulle percentuali al momento resta d’obbligo in quanto legato alle risorse disponibili che potranno essere recuperate con la legge di bilancio, ma il potenziamento e il sistema progressivo sono basi solide su cui Mit e Mef stanno lavorando. Se fosse tutto confermato, l’attuale agevolazione del 65% scenderebbe al 50% per i lavori con basso impatto e crescerebbe fino all’80%, invece, se i lavori di riqualificazione energetica fossero ad alto impatto e coinvolgessero l’intero condominio.


L’altra novità di rilievo e particolarmente attesa soprattutto per stimolare e far crescere ulteriormente l’appeal dei crediti d’imposta per la casa riguarda la durata di recupero dell’agevolazione da parte del contribuente. Gli attuali 10 anni in cui va spalmato il credito d’imposta e il suo recupero nella dichiarazione dei redditi verrebbe dimezzato e portato dunque a soli 5 anni. La tenuta economica della proposta in questo caso è certamente più a rischio visto l’ampio utilizzo di queste agevolazioni. Dagli ultimi dati contenuti nel Rapporto dedicato all’impatto degli incentivi fiscali da Servizio studi della Camera e Cresme emerge che i due sconti Irpef per chi effettua lavori in casa, quello del 50% per le ristrutturazioni e quello del 65% per il risparmio energetico, continuano a correre senza perdere appeal. Nei primi sette mesi dell’anno il Fisco ha effettuato ritenute per 1,060 miliardi che corrispondono a un investimento agevolato di oltre 16 miliardi che in termini percentuali rappresentano un più 23,8% del ricorso ai bonus casa nel 2015.

IN MANOVRA BONUS FAMIGLIA, RISORSE PER 400 MILIONI 

Un bonus per i nuclei familiari con almeno due figli che vivono in condizioni economiche difficili. Sarebbe questa l’ultima ipotesi allo studio del Governo per sostenere le famiglie. La misura sarebbe legata all’Isee, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, che già consente ai contribuenti a basso reddito di accedere a prestazioni sociali e servizi di pubblica utilità a condizioni agevolate, come per esempio il già sperimentato bonus bebè o la gratuità della mensa scolastica.


Per il primo anno, le risorse a disposizione ammonterebbero ad almeno 400 milioni e proprio in base all’ammontare delle coperture si deciderà la soglia di reddito, ancora in via di definizione, entro cui garantire il bonus. Al momento, l’idea è quella di distribuire un assegno per le famiglie non proprio sotto la soglia della povertà (per le quali esistono già specifici interventi di welfare) ma in condizioni di precarietà economica. Ad essere fautori di un intervento pro-famiglia è in particolare l’ala del governo di Area Popolare, capitanata da Beatrice Lorenzin e Enrico Costa. Non a caso anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi è tornato oggi a parlare a grandi linee di un “segnale” sul quoziente familiare. Un intervento più sistematico è rimandato al 2018, quando si affronterà il tema Irpef, ma già dall’anno prossimo il premier non ha escluso un primo assaggio che si potrebbe appunto concretizzare in una sorta di bonus.

Fonti articolo: 1. IlSole24Ore, 2. IlSole24Ore

Fondo prima casa: in 12 mesi moltiplicate le richieste

Cresce il ricorso al Fondo garanzia prima casa, lo strumento ricolto principalmente alle giovani coppie che opera a monte della concessione del mutuo offrendo alle banche una garanzia del 50% sul rimborso.


Tra febbraio 2015 e marzo 2016, secondo l’Abi, sono state infatti registrate richieste di accesso per 808 milioni di euro, di cui 531 milioni di nuovi mutui già erogati o in attesa di essere concessi.

 

 

Il numero delle domande è passato da 62 al mese (nel marzo del 2015) a circa 450 (nel marzo del 2016), in particolare con un maggior utilizzo registrato in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Sicilia e Lazio. Lo strumento ha interessato gli under 35 per il 58% del totale erogato.


Il Fondo, sottolinea l'Abi, rappresenta un fondamentale esempio di collaborazione tra banche e Istituzioni, a disposizione delle famiglie che aspirano ad acquistare l'abitazione principale. L'obiettivo è, infatti, continuare a favorire l'accesso ai mutui attraverso una dotazione da 550 milioni di euro che potrebbe garantire finanziamenti potenziali per 12-15 miliardi di euro. Le banche che utilizzano il Fondo non possono richiedere ulteriori garanzie ai mutuatari, oltre a quella ipotecaria.


Il “Fondo di garanzia per la casa” controgarantito dallo Stato prevede il rilascio di garanzie a copertura del 50% della quota capitale dei mutui ipotecari (fino a 250mila euro) erogati per l'acquisto, o la ristrutturazione per l'accrescimento dell'efficienza energetica, degli immobili adibiti a prima casa, con priorità di accesso per le giovani coppie o ai nuclei famigliari monogenitoriali con figli minori, nonché di giovani con contratti di lavoro atipico con età inferiore a 35 anni. 


La garanzia può essere richiesta da coloro che, alla data di presentazione della domanda di mutuo, non risultino proprietari di altri immobili ad uso abitativo, salvo quelli di cui abbiano acquistato la proprietà per successione e che siano in uso a titolo gratuito a genitori o fratelli.
Ad ora, comunica l’Abi, hanno aderito al Fondo 142 banche (rappresentando più del 70% in termini di sportelli bancari) che sono impegnate anche a promuovere una informazione sempre più adeguata sull'iniziativa. La lista è consultabile presso il sito del Gestore Consap www.consap.it, dove è possibile scaricare anche l’apposito modulo di domanda.


Fonte articolo: Casa24.ilsole24ore.com

 

I rami del vicino

A chi spetta tagliare i rami che fuoriescono dalla proprieta

Se le tue piante invadono il giardino del vicino o viceversa, a chi spetta la potatura?

Quando si parla di piante e di rapporti di vicinato, la questione delle distanze diventa fondamentale da chiarire. Ebbene, se vuoi sapere quale deve essere la distanza da rispettare nel piantare, ad esempio, un albero e rispetto al confine altrui, devi fare riferimento ai regolamenti comunali. Se dopo aver assunto informazioni presso il tuo Comune, non hai avuto risposta in tal senso, magari semplicemente perché non sono stati emanati dei regolamenti comunali in materia, devi giocoforza rifarti alla legge. Ebbene, quest’ultima (Art. 892 cod. civ.) prevede delle distanze minime da osservare a proposito delle piante e del confine altrui. In particolare dice la legge che: 

  • per gli alberi di alto fusto (quali le querce o i castagni), la distanza minima dal confine deve essere di tre metri;
  • per quelli non di alto fusto, la distanza minima dal confine deve essere di un metro e mezzo;
  • per arbusti, siepi, viti ed alberi da frutto di altezza non superiore ai due metri e mezzo, la distanza minima dal confine deve essere di mezzo metro;
  • per le di siepi di ontano, castagno o piante simili, la distanza minima dal confine deve essere di un metro;
  • per le siepi di robinie, la distanza minima dal confine deve essere di due metri.

 

La presenza di un muro divisorio potrebbe consentire di non rispettare le descritte distanze, ma solo a condizione che la pianta incriminata non superi il muro stesso.

Se il tuo vicino ha una pianta ad una distanza inferiore a quella prevista dalla legge, hai diritto alla sua rimozione (tecnicamente si dice estirpazione), anche facendo causa al proprietario indifferente ai suoi obblighi (Art 894 cod. civ.).

Quando dei rami appartenenti ad un albero sito e di proprietà nel fondo altrui, si protendono all’interno della tua proprietà, hai il diritto di pretendere che a tagliarlo sia proprio il tuo vicino.

Si tratta di un diritto esplicitamente previsto dalla legge (Art. 896 cod. civ.) e che trova riconoscimento nella giurisprudenza della Cassazione. Secondo la Suprema Corte (Cass. civ. sent. n. 14632/2012), infatti, il codice civile riconosce al proprietario invaso dai rami altrui, il potere di costringere il vicino al taglio. Si tratta di un diritto:

 

  • che non può essere oggetto di usucapione. In altri termini, il vicino, trascorso vent’anni dalla prima volta che i rami del suo albero hanno invaso la proprietà altrui, non può pretendere di aver acquistato il diritto di lasciarli così come sono. In termini tecnici, in questo caso si parla di diritto imprescrittibile;
  • che può e deve essere esercitato, indipendentemente dalla presenza o meno di un muro divisorio ed anche se è rispettata la distanza tra le piante e il confine, prevista dalla legge;
  • che può essere oggetto di una servitù. Ad esempio, i due vicini potrebbero concordare che i rami si possano protendere nella proprietà altrui senza alcun limite oppure entro una determinata lunghezza. In quest’ultimo caso, il proprietario del fondo invaso, potrebbe comunque pretendere il taglio dei rami che in eccedenza alla descritta misura si dovessero protendere nella proprietà interessata (Cass. civ. sent. n. 28348/2013.). 
 

Infine, ricordati che il tuo vicino ha altresì il diritto di tagliare le radici del tuo albero che si sono propagate nel suo giardino nonché ha il diritto di raccogliere e fare propri i frutti caduti dai rami protesi (fatta salva la regola contraria, eventualmente sancita dagli usi locali).

Come avrai sicuramente compreso, se ci sono dei rami di un albero, appartenente al tuo vicino, che invadono il tuo giardino:

  • hai il diritto di pretendere che al taglio provveda il vicino stesso ed a sue spese;
  • hai il diritto al risarcimento, ove mai dalla situazione appena descritta siano derivati dei danni alla tua proprietà (ad esempio, se i rami in questione hanno danneggiato la copertura di un manufatto presente nella tua proprietà).

Detto ciò, sarebbe consigliabile far precedere ogni tua iniziativa da una comunicazione formale al vicino interessato, con la quale gli ricorderesti i suoi doveri e lo inviteresti alla potatura in questione. Per questo non necessiteresti dell’assistenza di un legale, anche se l’invio della predetta lettera per mezzo di un avvocato, potrebbe rivelarsi più incisiva e di maggior effetto per il destinatario. In mancanza di ogni riscontro, purtroppo l’azione legale sarebbe inevitabile, per costringere il tuo vicino a procedere alla descritta potatura. Se ciò si dovesse rendere necessario, sarà compito del tuo legale di fiducia preventivarti i costi della causa (la cui competenza appartiene al Giudice di pace competente per territorio).

 

tratto da https://www.laleggepertutti.it/224890_il-vicino-puo-tagliare-i-rami-del-mio-albero

Caratteristiche della Bioarchitettura

download

http://energyrate.it/servizi/bioarchitettura.html

La bioarchitettura è una disciplina che si occupa di realizzare case che permettono di mantenere in equilibrio la salute dell’ambiente e delle persone che vanno a viverci. Risponde quindi all’esigenza sempre più intensa delle persone di vivere in un ambiente sano e non come accadeva prima (e spesso tutt’oggi) a contatto con elementi dannosi.

La bioarchitettura è nata verso la fine degli anni ’70. I primi studi e le prime realizzazioni sono state fatte in Germania, un po’ per rispondere alla crisi energetica del 1973 che coinvolte tutto il mondo, un po’ per rispondere positivamente ai principi ecologici.

Inizialmente si basava sulle fonti alternative al petrolio per portare nelle abitazioni l’energia necessaria. Diversi esperti infatti presero in considerazione di portare energia alternativa nelle abitazioni, utilizzandone una alla portata di tutti, l’energia solare.

Andando avanti gli architetti che decisero di adottare questa visione ecologica del loro mestiere iniziarono a studiare per proporre sistemi sempre più naturali, senza dimenticare l’aspetto esteriore. Ecco che con la bioarchitettura è possibile combinare tre fattori:

  • Impatto estetico elevato
  • Grande rispetto ecologico
  • Migliore vivibilità

Importanti nella bioarchitettura aspetti come la protezione dalle precipitazioni atmosferiche, l’isolamento termico, la ventilazione, l’ombreggiamento, la deumidificazione. Lo scopo degli architetti è quello di usare nel modo migliore le risorse naturale, senza sfruttarle ma rimanendo sempre in sintonia con la natura.

Importantissima la scelta dei materiali. Devono rispettare alcuni criteri come: impatto ambientale basso, elevato rendimento e costi contenuti. Elementi dannosi sono stati man a mano sostituiti. Vernici, smalti, colle e pitture chimiche hanno lasciato spazio a vernici con pigmenti naturali, cera d’api etc.

Importantissimo però l’habitat. Quando si parla di bioarchitettura non possiamo ignorare l’attenzione che viene impiegata nella scelta del luogo adatto per la costruzione. Queste abitazioni non vengono realizzate sopra i corsi d’acqua sotterranei, vicino a cavi dell’alta tensione o dove ci sono elementi radioattivi nel terreno. Il bioarchitetto sa come valutare tutto questo ed esamina tutto con la massima attenzione.

Ci sono poi i mobili da tenere in considerazione. Molti di questi hanno rivestimenti tossici oppure vengono incollati con colle che contengono Formaldeide, sostanza molto dannosa. E’ utilizzata anche per costruire pannelli di truciolato, moquette e carta da parati. La formaldeide quando si libera nell’aria irrita occhi e tratto respiratorio, può portare anche alla polmonite e la bronchite. Può causare anche irritazione, dermatite e necrosi da coagulazione.

Come ultimo aspetto valutiamo i pavimenti della casa. Sono molto importanti nella bioarchitettura e nell’abitazione. Questo perché con lui abbiamo sempre un contatto fisico. Spesso il pavimento viene rivestito con il legno, naturale e caldo. Inoltre ha proprietà isolanti. Altre volte viene rivestito in cotto, molto bello da vedere. Le piastrelle di ceramica sono anch’esse valide, proprio perché bio-compatibili e funzionali. Sempre per il pavimento spesso viene scelto il tetrapac riciclato, più che altro per le zone di servizio. Molto resistente è facile da pulire e garantisce anche un buon isolamento termico.

 

tratto da https://www.informazioneambiente.it/bioarchitettura/

Infissi: scegliere consapevolmente

Realizzazione e manutenzione infissi Milano

http://milano.speedcasa.com/servizi/serramenti-porte-e-blindati-milano/

 

Esistono molti tipi di materiali per gli infissi e non è facile scegliere quello più adatto alle nostre esigenze.

LEGNO

Il legno è un ottimo isolante termico e acustico ed è da sempre utilizzato per costruire e realizzare serramenti. La sua bellezza estetica dipende dalla qualità del legno utilizzato che può variare notevolmente e incidere in modo determinante sul prezzo di una finestra, da un’essenza all’altra e dalle varie finiture pur mantenendo una naturalezza difficilmente raggiungibile da altri prodotti.

Gli infissi in legno possono essere trattati con tecniche differenti determinando variazioni sostanziali: Laccature a poro aperto che lasciano intravedere la venatura sottostante, laccature colorate coprenti, oppure per mantenere l’aspetto naturale del legno vengono applicate generalmente vernici trasparenti.
Le finestre in legno sono di norma piuttosto resistenti e pregiate, tuttavia se non sottoposte a trattamenti e cicli di verniciatura speciali e di alta qualità hanno bisogno di cura e manutenzione a seconda dell’esposizione agli agenti atmosferici a cui sono sottoposte e devono essere quindi trattate e riverniciate ciclicamente.

ACCIAIO

La caratteristica principale dell’acciaio e naturalmente la sua grande resistenza meccanica, ciò lo rende particolarmente appetibile nella costruzione di serramenti blindati quali persiane, scuroni, combinati e grate.
L’accoppiamento dei profili avviene mediante saldatura a filo continuo e tig e la rifinitura delle superfici dopo la lavorazione viene eseguita solitamente a mano da operatori esperti.
La finitura avviene mediante pulitura, sgrassaggio, sabbiatura fine ( procedimento indispensabile per garantire una buona adesione delle vernici), verniciatura a polveri epossidiche con essiccazione a forno 180°.

ALLUMINIO

L’alluminio è un materiale leggero, robusto e resistente agli agenti atmosferici ed è molto utilizzato per realizzare serramenti e persiane. L’alluminio può essere anodizzato, ossidato o verniciato con tecniche di verniciature a polveri o verniciature a sublimazione.
I colori in cui può essere realizzato sono tutti i colori della scala RAL e tutte le varie finiture “effetto legno”, che tendono a ricreare una resa estetica simile a quella del legno.
L’alluminio è un conduttore naturale, e quest’ultima proprietà non rende però molto performanti gli infissi in alluminio nell’isolamento termoacustico.
Per ovviare a questo inconveniente e garantire buone prestazioni di isolamento gli infissi in alluminio vengono prodotti con la tecnica del “taglio termico” che differisce dal comune “taglio freddo” per l’inserimento all’interno delle camere d’aria dei profili, di listelli in materiali a bassa conducibilità termica, interrompendo la continuità del metallo e isolando quindi la finestra da dispersioni termiche. Gli infissi in alluminio sono stabili, robusti, molto semplici da pulire e non richiedono particolari accorgimenti o manutenzione.

PVC

Il PVC o polivinile di cloruro, è un polimero termoplastico che riscaldato a una temperatura di circa 200° diventa viscoso e viene estruso in differenti profili che una volta raffreddati saranno tagliati e saldati tra loro per produrre finestre e porte dalle elevatissime prestazioni isolanti e dalla grande resa estetica.
Il pvc generalmente viene estruso nel colore bianco e la sua superficie è liscia. Per ricreare l’estetica del legno vengono applicate durante il processo produttivo, subito dopo l’estrusione dei profili, pellicole con spessori di circa 200 micron che riproducono fedelmente la superficie e le venature del legno. L’unica azienda produttrice di infissi in pvc al mondo che grazie ad un esclusivo brevetto riesce a produrre profili goffrati, satinati e venati in 5 colorazioni diverse senza necessità di applicare alcuna pellicola.
Il pvc è un ottimo isolante termico e acustico, ed è resistente alle intemperie. La conducibilità termica molto bassa assicura un totale isolamento dal gelo, dalla neve, dall’acqua e dal vento. Il pvc è inoltre una vera e propria barriera agli attacchi della salsedine (che invece attacca e danneggia gli infissi in alluminio) e degli agenti atmosferici (piogge acide, inquinamento)
I serramenti in pvc non hanno bisogno di nessuna manutenzione nel tempo, hanno costi vantaggiosi e la pulizia può essere effettuata facilmente con detergenti neutri o soluzioni acquose.
Attenzione a dove si acquistano gli infissi in PVC! L’elevata diffusione delle finestre in pvc negli ultimi 10 anni ha fatto si che siano nate molte aziende che approfittando del boom di richieste si sono inserite in questo mercato. Il risultato è che talvolta vengono proposte finestre con caratteristiche e prestazioni diverse da quelle reali e quando ce ne accorgiamo ormai è troppo tardi.
La maggior parte dei produttori di pvc estrude, certifica e vende solamente i profili per realizzare le finestre che successivamente saranno assemblati, saldati, completati di ferramenta e vetrati da altre aziende. In questo processo produttivo le certificazioni e le prestazioni dichiarate dei serramenti sono generiche ed è difficile avere un controllo reale della qualità finale del prodotto che finirà nelle nostre abitazioni perché dipende da troppi fattori tra i quali anche la qualità e la tecnologia dei macchinari utilizzati nelle lavorazioni.
Se vogliamo installare nuovi infissi in pvc è necessario scegliere prodotti di marchi affermati (se tra qualche anno avremo bisogno di un pezzo di ricambio saremo sicuri di trovarlo), possibilmente “made in italy”e fabbricati da aziende che realizzano un “prodotto finito” (estrudono cioè i profili, lavorano i vetri e assemblano le finestre) certificato e con prestazioni reali corrispondenti a quelle dichiarate.

MATERIALI COMBINATI

I materiali analizzati singolarmente sono spesso combinati tra loro per ottenere risultati migliori sia esteticamente che a livello di isolamento.

Legno/alluminio (legno interno e alluminio esterno); Pvc/alluminio (rivestimento esterno dell’infisso con un guscio in alluminio che permette la realizzazione di colori non eseguibili con i profili in pvc); pvc/legno (legno interno e struttura e parte esterna in pvc); legno/pvc/alluminio (legno interno, struttura in pvc, alluminio esterno).

Le soluzioni combinate sono molto belle esteticamente e risultano estremamente utili quando esigenze particolari ci obbligano a mantenere una tipologia di materiale o un colore all’esterno ma non vogliamo rinunciare all’interno della nostra abitazione alla nostra finitura preferita.

In abbinamento ad un profilo altamente performante occupa un posto di assoluto rilievo il vetro che abbiniamo al nostro infisso, per assicurare le elevate prestazioni dei serramenti, indipendentemente dai materiali in cui sono realizzati, è necessario utilizzare vetri con proprietà determinanti per il risparmio energetico, l’isolamento termico e l’isolamento acustico.
Il vetrocamera è detto comunemente “doppio vetro” ed è costituito da 2 lastre di vetro distanziate tra loro per formare uno spazio (camera) e unite lungo il perimetro da una canalina riempita con sali minerali e sigillate con materiale plastico. All’interno della camera viene eliminata quasi totalmente l’aria e vengono inseriti gas quali l’argon, il kripton e lo xeno che hanno lo scopo di aumentare l’isolamento termico del vetro. I vetri basso emissivi riescono a trattenere gran parte del calore all’interno di un locale, evitando così la dispersione energetica, e allo stesso tempo riescono a proteggere l’interno di un abitazione dai raggi UV e dal calore del sole.
Oggi vengono proposte anche soluzioni con “triplo vetro” che assicurano prestazioni e isolamento maggiori.
Grazie ad alcuni accorgimenti produttivi, combinazioni con altri materiali e lavorazioni sofisticate i vetri possono assumere proprietà riflettenti al calore, isolanti termiche, fonoassorbenti o antieffrazione.

Come leggere le sigle dei vetri:

4-20-4 BE Vetro standard per finestre = Vetro 4 mm + Camera aria 20 mm + Vetro 4 mm Basso Emissivo
33.1-18-4 BE Vetro accoppiato = N.2 Vetri accoppiati da 3 mm cad con pellicola in pvb + Camera aria 18 mm + Vetro 4 mm Basso Emissivo

Passo fondamentale rimane il confronto con un serramentista di esperienza che potrà sicuramente indirizzarvi verso il prodotto più idoneo alla tipologia di casa che possedete, in base alle caratteristiche dell’infisso e alla zona climatica dell’immobile oltre naturalmente all’ultimo ma più importante passo da compiere: LA POSA IN OPERA.
Attenzione, anche il serramento più perfomante posato scorrettamente non porterà i benefici sperati.
Dal 2006 sono stati introdotti incentivi fiscali che agevolano l’acquisto di elementi che contribuiscano al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici limitando le emissioni di anidride carbonica come previsto dal protocollo di Kyoto sottoscritto da 180 Paesi nel 1997 e prolungato fino al 2020.

Esistono delle detrazioni fiscali per questo tipo di prodotto?

Le detrazioni fiscali inizialmente permettevano il recupero di una parte significante della spesa sostenuta al momento dell’acquisto dei serramenti in un periodo di 3 anni, oggi diventato 10 anni.
Le finestre acquistate devono essere certificate e devono essere conformi a valori minimi di trasmittanza termica in base alla fascia climatica in cui ci troviamo.
Per poter detrarre la spesa non sono necessarie comunicazioni preventive ad enti o comuni, ed è obbligatorio effettuare tutti i pagamenti con bonifici bancari. Entro 90 giorni dalla fine dei lavori vanno comunicati telematicamente all’Enea, tramite il sito internet, i dati del beneficiario della detrazione fiscale, i dati dell’immobile e i dati tecnici dei nuovi infissi.

Attenzione! Molti rivenditori non conoscono l’iter da seguire per ottenere le detrazioni rischiando di vanificare la possibilità di detrarre gli importi spesi e non consegnando al cliente tutti i documenti necessari per effettuare le richieste.

 

 

tratto da https://www.prontopro.it/blog/come-scegliere-gli-infissi-per-la-casa/

Cappotto termico in condominio

shutterstock 503820025 1024x878

Uno dei sistemi più utilizzati per risparmiare energia nelle case e per abbassare la bolletta del riscaldamento è avvolgere l’edificio in un cappotto termico.

A dire il vero, non in tutti gli immobili (soprattutto per questioni economiche) questo lavoro viene fatto su tutte le pareti. Si tende, infatti, a proteggere la parte più esposta al freddo, soprattutto quella che si affaccia a Nord, mentre quella a Sud resta con la vecchia struttura.

A questo punto è legittimo chiedersi nel condominio, chi paga il cappotto? Solo i vicini che beneficiano di questo intervento o tutti coloro che possiedono un appartamento all’interno dell’edificio? E se così fosse, perché?

Tutto nasce dal principio del godimento delle cose comuni, da quello che stabilisce in materia in Codice civile e da come è stato interpretato in qualche occasione dalla Corte di Cassazione.

Il principio è il seguente: una cosa che appartiene a tutti va sistemata o migliorata con i soldi di tutti. Immagina, infatti, che l’assemblea del condominio approvi i lavori di sistemazione del tetto: i vicini del piano terra devono pagarli? E devono anche tirar fuori i soldi se si decide di cambiare l’ascensore per metterne uno a norma, visto che non lo usano mai?

Come qualsiasi lavoro che interessi tutti i vicini di uno stabile, anche l’installazione di un cappotto per riparare l’edificio dal freddo e risparmiare sul riscaldamento deve essere deciso dall’assemblea del condomino. Sarà la maggioranza, calcolata in base ai millesimi in mano a ciascuno dei proprietari che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio, a dare il via alla realizzazione del lavoro (Art. 1136 cod. civ.).

La maggioranza, infatti, è chiamata a deliberare sulle opere di innovazione delle cose comuni, intese come quelle che comportano l’alterazione dell’entità sostanziale o il mutamento della destinazione originaria e che, di conseguenza, trasformano la consistenza materiale delle cose comuni e la loro finalità di uso (Cass. sent. n. 12654/2006 del 26.05.06).

In altre parole, la citata maggioranza può decidere di eseguire delle innovazioni che hanno come oggetto:

opere ed interventi mirati al miglioramento della sicurezza e della salubrità degli edificie degli impianti in essi installati;

  • opere ed interventi previsti per l’eliminazione delle barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico, per realizzare parcheggi ad uso dei condòmini o per realizzare impianti di produzione di energie rinnovabili.

Risulta evidente che l’installazione di un cappotto, cioè di pannelli isolanti nei muri perimetrali del condominio per il contenimento del consumo energetico, comporterà un cambiamento nella consistenza dei muri stessi e che, pertanto, rientra tra gli interventi la cui decisione spetta alla maggioranza dell’assemblea.

Detto questo, cioè stabilito chi decide di fare il lavoro, c’è da capire chi paga il cappotto in condominio. Cominciamo a prendere in mano il Codice civile, sul quale possiamo leggere che le spese necessarie per l’innovazione sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, cioè dei millesimi che ognuno ha in mano, salvo diversa convenzione, vale a dire a meno che si sia deciso diversamente (Art. 1123 cod. civ.).

Fino a qui, dunque, il Codice ci dice che pagano tutti in base alla quota di proprietà di ciascuno. Ma c’è subito dopo, nello stesso articolo, un altro passaggio molto interessante. È quello secondo cui «se si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno piò farne». Se l’edificio ha più opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità.

Da questi ultimi commi se ne potrebbe dedurre che se il cappotto in condominio beneficia soprattutto una parte dei vicini, cioè quella più esposta al freddo, mentre per gli altri le cose cambiano poco o nulla, dovrebbero essere i primi ad accollarsi i costi dell’installazione del cappotto.

Ma non è così. Almeno secondo la Cassazione che, con una sentenza (Cass. sent. n. 64/2013 del 03.01.2013), smonta questa teoria sostenendo che le opere effettuate nei muri e nei tetti degli edifici condominiali volte a preservare lo stabile dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni rientrano per la loro funzione tra le cose comuni e le spese sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive. In parole più semplici: pagano tutti in base ai millesimi di proprietà in mano a ciascuno. Anche perché, continua la Suprema Corte, queste opere non rientrano tra le parti suscettibili di destinazione al servizio dei condòmini in misura diversa ovvero al godimento di alcuni condòmini e non di altri.

 

Se ne deduce che il vicino che si affaccia sul lato Sud dell’edificio pagherà per l’installazione del cappotto in condominio come quello che si affaccia sul lato Nord, sempre in base alle quote di ciascuno, dato che si tratta di un contributo destinato alla conservazione nel tempo e al miglioramento dell’efficienza di un bene condominiale, cioè di un bene di tutti, indipendentemente dal vantaggio aggiuntivo di singoli piani o lati dell’edificio (Cass. sent. n. 21028/2015.).

 

tratto da https://www.laleggepertutti.it/224460_condominio-chi-paga-il-cappotto

Purificare l'aria naturalmente

come innaffiare correttamente le piate in vaso c72800303dcbee13cf886725e74a11f9

http://www.lizart.eu/irrigazione/

 

Ci sono diverse le specie floreali che riescono a purificare l’aria, non parliamo della capacità di produrre ossigeno che accomuna l’intero regno vegetale, parliamo di piante capaci di pulire l’aria agendo da filtro naturale. La capacità che hanno alcune piante di purificare l’aria è stata apprezzata anche dalla NASA, tanto che negli anni Ottanta, l’agenzia aerospaziale ha stilato la lista delle piante dalle proprietà purificanti. Vediamo insieme otto di queste varietà vegetali.

- L’Aloe Vera non è famosa solo per il suo succo, le sue capacità purificanti sono notevoli, tanto che la pianta è finita nell’elenco redatto dalla NASA.

- La Sanseveria, meglio conosciuta come “lingua di suocera”, oltre a portare un tocco di eleganza all’ambiente domestico, riesce a pulire l’aria di casa: le foglie della pianta riescono a catturare e neutralizzare sostanze come la formaldeide e altri agenti chimici comunemente sprigionati dai detergenti per la pulizia domestica. La Lingua di Suocera può essere sistemata in bagno, neutralizzerà la formaldeide liberata dalla carta igienica, in più, la Sanseveria non teme l’ambiente umido del bagno e non necessita di molta luce.

- Il Crisantemo è ottimo per pulire l’aria da composti a base di benzene, presenti in abbondanza nelle plastiche, detersivi, collanti e vernici. La pianta dovrebbe essere coltivata in prossimità di una finestra: necessita di molta luce.

- La Dracena cresce bene anche in condizioni di scarsa luce. Riesce a pulire l’aria rimuovendo diversi agenti inquinanti.

- Azalea, Rhododendron simisii è il simbolo della lotta contro il cancro riesce a purificare l’aria filtrando formaldeide e altri composti chimici. Predilige un ambiente molto illuminato.

- Lo Spatifillo è una bellissima pianta ornamentale non necessita di particolari cure eppure partecipa attivamente alla pulizia domestica: riesce a disattivare molti dei composti organici volatili, i cosiddetti VOC.

- Palma, chamaedorea sefritzii è una pianta che ama l’ombra. Purifica l’aria filtrando sostanze come benzene, formaldeide e tricloroetilene.

- Gerbera è la pianta dai grossi fiori colorati, vive bene in piena luce e purifica l’aria rimuovendo le tracce di trielina, sostanza scaricata sui capi d’abbigliamento dai comuni detersivi.


Tratto da https://www.ideegreen.it/piante-per-pulire-laria-27297.html#yM8H9McsU1QOF5of.99

Deodoranti per ambienti

DEODORANTI NATURALI PER AMBIENTI1

http://www.nonsprecare.it/deodoranti-per-ambienti-8-alternative-naturali-e-non-tossiche-che-funzionano-davvero

Molti dei deodoranti in commercio possono essere paragonati a un cocktail di sostanze tossiche che non sono sane per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Chi vuole proteggersi dall’inquinamento domestico dovrebbe, innanzitutto, evitare ogni tipo di profumo artificiale. Alcune delle sostanze che possono trovarsi nei deodoranti per ambiente domestico:

  • Formaldeide (cancerogeno)
  • Diversi fenoli (irritanti per la pelle)
  • Distillati di petrolio come butano e propano
  • Methylformaldeidie (cancerogeno, tossico per l’organismo e per l’apparato riproduttivo)
  • Acido n-butanoico (neurotossico, può alterare il sistema endocrino)
  • nitromuschi (sono stati correlati al cancro e squilibri ormonali)
  • muschi policiclici (possono provocare alterazioni endocrine)

In realtà la lista di sostanze chimiche che troviamo nei deodoranti domestici continua. L’industria dei deodoranti per l’ambiente usa fino a 3.000 ingredienti chimici sintetici diversi. Niente a che vedere con le fragranze naturali quali oli essenziali, estratti da fiori e piante. I problemi legati alla salute sono tanti, soprattutto in presenza di bambini piccoli, anziani e… tappeti! Sì, perché queste sostanze chimiche si accumulano nelle tappezzerie (rivestimento del divano, tappeti…) e nel corso del tempo vengono trasferiti sulla nostra pelle e sul nostro corpo.

Altro problema sta nelle quantità: il nostro olfatto sviluppa una sorta di resistenza all’odore (diciamo pure che “ci abituiamo”) e quindi a lungo andare abbiamo bisogno di aumentare l’impiego di questi prodotti. La soluzione a questo problema è semplice: basterà provare a ruotare diversi profumi.

Se i potenziali pericoli per la salute non ti hanno scosso, sappi che l’intero ciclo di vita di un deodorante sintetico è un incubo per la natura e per l’ambiente. Per fortuna esistono delle alternative naturali ai profumi per ambienti che troviamo in commercio. Molte di queste alternative possono essere preparate in casa con il fai da te.

L’Acqua di rose fai da te può essere una buona base per preparare profumi per il corpo e per deodorare gli ambienti domestici in modo naturale. L’acqua di rose può essere impiegata anche per preparare un deodorante per la casa da irrorare come spray o da aggiungere all’acqua dei termosifoni durante l’inverno.

Il procedimento è semplice: mescola 500ml di acqua calda (o acqua di rosa) con due cucchiai di bicarbonato di sodio e agita bene. Tieni presente che l’acqua deve essere calda ma non bollente. Quando il bicarbonato si sarà completamente disciolto, aggiungi qualche gocce di olio essenziale di limone, lavanda e/o altri agrumi, poi agita ancora. Se usi questa miscela come deodorante spray per la casa, ricordati di agitare benissimo prima dell’uso.

Gli oli essenziali sono ottimi alleati per deodorare l’ambiente in modo naturale, l’unica raccomandazione e di fare attenzione nell’impiego nei bruciatori di essenze. Gli oli essenziali possono avere anche ripercussioni positive sul benessere psicofisico di chi vive in casa.

Ricorda, poi, che per profumare la casa in modo naturale puoi utilizzare un gran numero di piante da appartamento capaci di purificare l’aria agendo da filtro, oppure elementi semplici come tè, caffè, camomilla…. basta un po’ di ingegno e un pizzico di conoscenza.


tratto da https://www.ideegreen.it/deodoranti-per-ambiente-domestico-60135.html#dK8S1ZZJKd1FRAgm.99

Condominio: odori di cucina del vicino

14939400 1215514248471493 8582861219687006741 o1

http://www.vitadamamma.com/154485/eliminare-l-odore-di-fumo-cibo.html

Nell’ipotesi in cui gli odori della cucina arrivino a casa del vicino condominiale, potrebbero configurarsi i contorni di un reato. 

A sostenerlo è la Cassazione con la recente sentenza n. 14467/2017, secondo cui sono colpevoli ex art. 674 c.p. i proprietari di un appartamento condominiale che hanno provocato continue immissioni di fumi, odori e rumori, molestando così i propri vicini.

L’art. 674 del codice penale, rubricato “Getto pericoloso di cose” recita:

chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a duecentosei euro.

La ratio della norma è evidentemente diretta a tutelare l’ordine pubblico, anche in ambito condominiale. Peraltro, per la sussistenza del reato è evidentemente indispensabile il requisito della potenzialità nociva, ovvero che la cosa gettata, versata o emessa sia diretta a molestare la persona.

Nella sentenza in esame, due coniugi erano stati chiamati a rispondere della contravvenzione di cui all’art. 674 c.p., che sopra abbiamo esaminato in brevità, poiché, nella qualità di proprietari dell’appartamento al piano terra del fabbricato, provocavano continue immissioni di fumi, odori e rumori nel sovrastante appartamento del terzo piano di proprietà di altri due coniugi, molestandoli ed imbrattando l’alloggio da loro occupato.

Gli imputati presentavano, come unico motivo di ricorso, l’interpretazione dell’art. 674 c.p., che non sarebbe estensibile analogicamente alle emissioni di odori e che, “secondo la dottrina maggioritaria, è necessario che le emissioni siano atte ad offendere, imbrattare o molestare le persone e che siano vietate dalla legge, mentre nella fattispecie si trattava di emissioni di odori di cucina che, per loro natura, non erano atte ad offendere, imbrattare o molestare le persone e che certamente non erano vietate dalla legge”. Con il ricorso, gli imputati hanno precisato che la giurisprudenza di legittimità che si era occupata dell’art. 674 c.p. con riguardo agli odori si era riferita alle “molestie olfattive” derivanti da attività industriali e solo agli odori che avevano superato il cosiddetto limite della stretta tollerabilità, che comunque avrebbe dovuto essere accertato a mezzo perizia. Con ciò, domandano l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e l’assoluzione dal reato di cui all’art. 674 c.p., perché il fatto non sussiste.

Dinanzi a tale fattispecie, la Corte d’Appello di Trieste ha tuttavia escluso la possibilità di pronunciare l’assoluzione per insussistenza del fatto ed ha dichiarato invece la prescrizione, perché, non solo ha ritenuto correttamente sussunta la fattispecie concreta sotto la previsione dell’art. 674 c.p. che comprende anche le emissioni olfattive moleste, bensì ha valutato anche in modo congruo la prova dei fatti “raggiunta in primo grado attraverso le testimonianze delle persone offese, definite come chiare, precise, logicamente strutturate, ribadite in sede dibattimentale senza alcuna contraddizione ed esposte senza inutili enfatizzazioni, marcature o sottolineature di qualche aspetto della vicenda oltre il necessario e l’essenziale”.

Peraltro, la Corte territoriale ha valorizzato come riscontro esterno alla denuncia, la deposizione di un teste che era stato chiamato ad ispezionare professionalmente, a spese delle persone offese, la canna fumaria, aveva accertato che presentava una fessurazione verticale, che, a suo dire, era “certamente” la causa della fuoriuscita di odori, vapori, e finanche dei rumori e residui di combustione.

Pertanto, come peraltro precisato anche da precedente e recente giurisprudenza

“la contravvenzione prevista dall’art. 674 c.p. è configurabile anche nel caso di “molestie olfattive” a prescindere dal soggetto emittente (…) con la specificazione che quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo, condizione nella specie sussistente, al criterio della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c., che comunque costituisce un referente normativo, per il cui accertamento non è necessario disporre perizia tecnica, potendo il giudice fondare il suo convincimento, come avvenuto nel caso di specie, su elementi probatori di diversa natura e dunque sulle dichiarazioni delle persone offese e del tecnico di loro fiducia”.

 

tratto da https://www.consulenzalegaleitalia.it/condominio-odori-cucina/

DEUMIDIFICARE? NO PROBLEM

Umidita

https://www.ambientebio.it/rimedi-naturali/fai-da-te/umidita-in-casa-ecco-alcuni-rimedi-naturali-per-liberarcene/

 

Come deumidificare un ambiente: consigli per eliminare l’umidità dagli ambienti domestici senza l’uso del deumidificatore elettrico.

L’eccesso di umidità in una casa può portare conseguenze negative sulla struttura dell’edificio e sulla salute di chi ci abita: problemi respiratori, congestione nasale, mal di gola e persino attacchi di asma.

E’ per questo che è importante deumidificare un ambiente. Di solito a determinare la quantità di umidità presente in casa è la collocazione geografica e la stagione, purtroppo in particolari condizioni strutturali, anche l’edilizia incide sulla quantità di umidità presente in casa.

L’umidità può causare muffe e può fornire l’habitat ideale per ospitare batteri e virus. Secondo alcuni studi pubblicati dal Kenneth Hellevarg dell’Università dello Stato del Nord Dakota, i livelli ottimali di umidità in un ambiente domestico, possono variare dal 30 a un massimo di 50 per cento. Capire come deumidificare un ambiente è semplice. Certo l’utilizzo di un deumidificatore potrebbe essere utile ma ci sono anche delle piccole strategie per deumidificare un ambiente senza condizionatori d’aria o strumenti ad hoc.

 
come deumididificare un ambiente senza deumidificatore elettrico?
  • Ventilare la casa aprendo porte e finestre quando la temperatura esterna è abbastanza adeguata da garantirvi il giusto comfort termico.
    Nota bene, per regolare la giusta quantità di umidità in casa e impattare al minimo sul condizionatore estivo o invernale, piuttosto che tenere socchiusa la finestra per diverse ore, è consigliato spalancarla per pochi minuti.
  • Utilizzato un ventilatore da soffitto, in commercio si trovano ventialori-lampadari anche a prezzi vantaggiosi. Le ventole, girando, attireranno l’aria secca all’interno della casa diminuendo il grado di umidità.
  • Diminuite la quantità di tempo che passate sotto la doccia o nella vasca da bagno. Quando asciugate i capelli, aprite leggermente la finestra. Se lavate gli abiti, asciugate la biancheria all’esterno della casa scegliendo luoghi come la terrazza o il balcone. Evitate di mettere lo stendino in casa: i panni asciugandosi sprigioneranno vapore che intensificherà il grado di umidità del vostro appartamento.
  • Azionate una ventola mentre state facendo il bagno o la doccia, in tal modo, le ventole porteranno l’umidità all’esterno della casa. Valutate l’allestimento di un impianto di ventilazione controllata, i sistemi più moderni consentono anche il recupero dell’energia termica investita per riscaldare o raffreddare la casa.
  • Fate in modo che quando piove, l’acqua non si accumula lungo il perimetro della casa. Tale operazione aiuterà a deumidificare un ambiente perché una grossa fonte di umidità è proprio il suolo. Potete evitare che l’acqua piovana si accumuli intorno alla casa facendo delle modifiche alla vostra grondaia o convogliando le acque piovane in una cisterna di raccolta, utile per l’irrigazione del giardino.
  • Fate attenzione quando annaffiate le piante della vostra abitazione. Il terreno bagnato potrà umidificare l’aria, pertanto annaffiate solo quando è realmente necessario.
  • Se utilizzate un’asciugatrice, per evitare l’accumulo di umidità, assicuratevi che l'asciugatrice sia poggiata ad una parete che affaccia all’esterno e non ad un’altra camera. Lo “sfiato” dell’asciugatrice libera molta aria calda che aumenta rapidamente il tasso di umidità. Al termine del ciclo di lavaggio della lavastoviglie, prima di aprire il portello, attendete che il vapore acqueo si sia completamente condensato altrimenti si sprigionerà in cucina andando a umidificare tale ambiente.
 
Deumidificare un ambiente: coibentazione e ponti termici

Se avete forti problemi di umidità in casa, oltre a valutare l’impiego di deumidificatori passivi o deumidificato elettrici e sistema di ventilazione controllata con recupero di calore, eseguite un’attenta valutazione della muratura del vostro edificio.

L’umidità ha un’origine! Le cause che rendono un ambiente umido sono molteplici e vanno dalle cattive abitudini (asciugare biancheria in casa, mancato attivamento della kappa aspira vapori in cucina, uso del phon senza eseguire ricambi d’aria…) a problemi strutturali.

In condizioni ideali, la casa dovrebbe essere ben coibentata (isolata termicamente), con un tetto freddo o tetto ventilato (per evitare il fenomeno della condensazione) e soprattutto dovrebbe essere priva di ponti termici. L’umidità di risalita e la condensa sono i principali alleati dell’umidità in casa. 

Deumidificatori elettrici e condizionatori

Per deumidificare un ambiente sono molto diffusi impianti ad hoc come l’aria condizionata con sistema di controllo dell’umidità e i deumidificatori elettrici. Questi dovrebbero essere installati con criterio nell’abitazione, tenendo conto del grado d’isolamento termico e della metratura dell’appartamento da deumidificare. Anche la manutenzione andrebbe fatta periodicamente soprattutto per quanto riguarda i deumidificatori dove il cosiddetto “sacco” va svuotato con una certa frequenza.

ISTRUZIONI PER UN DEUMIDIFICATORE FAI DA TE 

OCCORRENTE:

- Bottiglia di plastica
  • - Sale grosso da cucina
  • - Freezer
  • - Nastro adesivo

Indicazioni utili:

la quantità di sale giusta da mettere nel deumidificatore dipende dalla grandezza della stanza. In genere cento grammi di sale dovrebbero bastare a deumidificare una stanza di sedici metri quadrati (4mX4m).

PROCEDURA

  1. Prendete la bottiglia di plastica, munita di tappo e assicuratevi che sia perfettamente asciutta al’interno
  2. Praticate una serie di fori sul tappo
  3. Tagliate la bottiglia in due, con la parte del fondo che risulti più lunga dell’altra
  4. Posizionate il sale grosso nella parte di bottiglia a imbuto poi mettetela in freezer per 10 ore
  5. Trascorso il tempo,incastratela con l’altra parte della bottiglia, fissandola con del nastro adesivo

Ora potete posizionare il deumidificatore naturale dove ritenete più opportuno
Dopo qualche giorno, troverete dell’acqua in fondo alla bottiglia (dipende da quanta umidità c’è nella stanza) e noterete che man mano il sale diminuerà. Appena la quantità di sale si esaurisce, ripetete l’operazione
Se ci sono aloni di muffa sulle pareti, il deumidificatore va posizionato verso questa zona, oppure i corrispondenza delle finestre con condensa.

ATTENZIONE: non buttate l’acqua che si forma in fondo alla bottiglia, usatela per sturare le tubazioni della cucina.

Un deumidificatore naturale fai da te più efficace si può ottenere sfruttando altri sali come il cloruro di calcio o il gel di silicio. Questi deumidificatori fai da te, oltre a essere più efficaci, sono altrettanto semplici da preparare e anche economici: 1 kg di sale di calcio (cloruro di calcio) si compra con circa 7 euro e può arrivare a deumidificare un ambiente di 50 mq.

 

tratto da https://www.ideegreen.it/come-deumidificare-un-ambiente-1777.html#WAercbDAs2eULbWw.99  https://www.ideegreen.it/deumidificatore-naturale-fai-da-te-27044.html#otKRRwo3Zg4Zh8bA.99

Prestito vitalizio ipotecario

anziani felici 628x297

http://www.bergamopost.it/pensare-positivo/quando-le-coppie-durano-di-piu-consigli-detti-a-dritto-e-a-rovescio/

 
Cos'è il prestito vitalizio ipotecario?

È un finanziamento concesso da banche o intermediari finanziari (il “finanziatore”), a persone di età superiore a 60 anni compiuti (“soggetto finanziato”), garantito da ipoteca di primo grado iscritta su un immobile ad uso residenziale a garanzia della restituzione del prestito, degli interessi e delle spese. Se la persona che richiede il prestito è coniugata, costituente l’unione civile o convivente more uxorio da almeno 5 anni e l’immobile da ipotecare in garanzia del P.V.I. costituisce la residenza di entrambi i coniugi, i costituenti l’unione civile o i conviventi, il relativo contratto di finanziamento deve essere sottoscritto da entrambi, anche se l’immobile è di proprietà di uno solo, purché anche l’altro partner abbia compiuto 60 anni di età.

Dunque il prestito vitalizio ipotecario è una sorta di finanziamento che consente, a chi ha compiuto 60 anni ed ha un immobile di proprietà, di ottenere una certa liquidità garantendola con un’ipoteca posta sull’immobile, senza bisogno di vendere la propria casa o di ricorrere alla nuda proprietà.

Il vitalizio ipotecario serve, quindi, ad ottenere un credito dalla banca in cambio di un finanziamento garantito dall’ipoteca sull’immobile e dura per tutta la vita del beneficiario, ossia dal momento della stipula del contratto fino al suo decesso.

La legge che ha introdotto questa nuova forma di prestito, entrato in vigore da marzo 2016, è il dm 226/2015.

Tuttavia, è necessario essere consapevoli della scelta fatta e degli eventuali rischi che si corrono; per questo il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato un vademecum in collaborazione con 14 Associazioni dei Consumatori.

L’obiettivo è di orientare i cittadini verso una scelta consapevole in merito al prestito vitalizio ipotecario, illustrando in maniera semplice e sotto forma di domande le opportunità e i rischi che questo strumento finanziario offre.

Si può stabilire a priori la durata del Prestito Vitalizio Ipotecario?

No, perché dipende dalla durata della vita del soggetto finanziato; se il finanziamento è cointestato al coniuge, al costituente l’unione civile o al convivente, si fa riferimento alla durata della vita del più longevo.

Quando il finanziatore può chiedere il rimborso integrale in un’unica soluzione del finanziamento?

Lo può fare alla morte del soggetto finanziato o se vengano trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento (es. diritto di usufrutto o di abitazione) sull’immobile dato in garanzia o si compiano atti che ne riducano significativamente il valore, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull’immobile. 

Il rimborso integrale del Prestito Vitalizio Ipotecario come avviene?

Ci sono due possibilità di rimborso:

  • senza capitalizzazione: il soggetto finanziato rimborsa gradualmente gli interessi e le spese prima del verificarsi degli eventi su indicati; quindi al momento del rimborso dovrà essere restituito solo il capitale;
  • con capitalizzazione: alla scadenza del finanziamento dovranno essere rimborsati in unica soluzione sia il capitale che gli interessi e le spese capitalizzati annualmente. Il finanziamento dovrà essere integralmente rimborsato entro dodici mesi dal verificarsi degli eventi su indicati. In caso di morte del soggetto finanziato, se il finanziamento è cointestato, il rimborso avverrà al momento della morte del più longevo
Cosa significa capitalizzazione degli interessi?

Significa che sugli interessi si producono altri interessi (anatocismo).

Cosa succede alla morte del soggetto finanziato?

Entro 12 mesi dalla morte del soggetto finanziato i suoi eredi devono rimborsare integralmente il finanziamento o, d’accordo con il finanziatore, provvedere in proprio alla vendita della casa. Se entro altri 12 mesi la vendita non si sarà perfezionata, il prezzo si ridurrà ogni anno del 15%, fino a quando la casa non sia venduta.

Il ritardato rimborso degli interessi e delle spese può essere causa di risoluzione del contratto di Prestito Vitalizio Ipotecario?

Sì, se si è scelto il rimborso senza capitalizzazione, il finanziatore potrà chiedere la risoluzione del contratto nel caso di ritardato pagamento (quello effettuato tra il trentesimo e il centottantesimo giorno dalla scadenza) della rata di rimborso degli interessi e delle spese qualora tale ritardo si sia verificato almeno 7 volte, anche non consecutive.

Dove viene iscritta l’ipoteca?

L’ipoteca viene iscritta nei pubblici registri immobiliari con atto ricevuto o autenticato dal notaio, che è un pubblico ufficiale imparziale.

 

 

tratto da http://biblus.acca.it/guida-notariato-prestito-vitalizio-ipotecario/

 

Subscribe to this RSS feed

La invitiamo a lasciare il suo numero di telefono per essere ricontattato.

Cliccando invia dichiari di aver letto ed accettato l'informativa sulla privacy