Studenti e affitti: dove si paga di più

 


Posti letto leggermente più cari (+4%) rispetto al 2014 per gli studenti universitari, che quest’anno spenderanno una media di 243 euro al mese, con punte medie di 311 euro per le stanze singole, più costose del 25% e del 27% rispetto alle doppie (233 euro) e alle triple (226 euro).


A dirlo è una ricerca di Solo Affitti che ha incoronato Milano la città con i posti letto più cari d’Italia (397 euro al mese). 

 

 

Secondo la ricerca condotta nelle principali città universitarie, gli studenti sono disposti a sostenere questi maggiori costi pur di avere un appartamento arredato con mobili moderni. A questa richiesta, indicata come prioritaria nel 41% dei casi, si associa anche la preferenza per la stanza singola (37%).


Un requisito essenziale, indicato da quasi tutti gli studenti, è la vicinanza della casa ai mezzi pubblici (78%) o alla facoltà (67%) mentre non è un fattore importante che nell’appartamento vivano persone tutte dello stesso sesso: solo uno studente su cinque (19%) ha fatto questa richiesta.


Le città universitarie più care.
Milano è la città con i posti letto più cari d’Italia (397 euro al mese). Gli studenti degli atenei meneghini pagano tra i 400 euro e i 500 euro per una stanza singola e tra i 300 e i 400 euro per un poso letto in camera doppia. Più convenienti gli affitti per gli studenti universitari nella Capitale, con una media di 338 euro al mese e i prezzi delle stanze singole che variano dai 350 a 400 euro e quelli delle doppie da 225 a 300 euro. Il costo dei posti letto è più alto della media nazionale a Venezia (300 euro al mese), Firenze (283 euro), Napoli (275 euro) e Bologna (260 euro), mentre a Siena e Trento si pagano 7 euro in più della media.


E le più economiche.
Palermo è la città universitaria meno cara d’Italia (143 euro al mese a posto letto). Nel capoluogo siciliano il costo di una stanza singola si aggira attorno ai 200 euro mensili, mentre non supera i 150 euro l’esborso per una doppia. Prezzi competitivi sono stati rilevati anche in città del Centro-Nord come Genova (175 euro), Torino (176 euro) e Perugia (178 euro), mentre al Sud i prezzi sono più alti a Catanzaro (200 euro mensili), Bari (215 euro) e Pescara (230 euro).


Tipologia contrattuale più diffusa.
Nelle locazioni per studenti, è il contratto per studenti fuori sede a canone concordato (60%) il più diffuso, che grazie agli accordi territoriali tra le associazioni di inquilini e proprietari prevede canoni calmierati rispetto alle medie di mercato a favore dei locatari e vantaggi fiscali per i padroni di casa (per esempio l’aliquota della cedolare secca ridotta al 10%, contro il 21% previsto negli altri casi).


Questa tipologia di contratto è la più diffusa a Trieste (100%), Pescara (100%) e Genova (99%), così come sopra la media sono Firenze (80%), Roma (79%), Torino (76%) e Bologna (72%). Più bassa la diffusione del canone concordato a Bari (40%), Perugia (35%) e Palermo (10%), probabilmente perché gli accordi territoriali sono datati e i “canoni calmierati” troppo lontani dai prezzi di mercato.


Quasi nullo l’impiego del canone concordato a Milano e Napoli, anche perché in queste città gli accordi sono stati aggiornati, dopo quindici anni, soltanto lo scorso mese di luglio. Il contratto transitorio è applicato in un caso su cinque (21%), mentre in un caso su 10 si applica la formula tradizionale del “4+4”. Seppur residuale (9%) esiste anche la possibilità di utilizzare il contratto a posto letto, un contratto completamente libero che può essere stipulato per una porzione dell’immobile in cui il proprietario abita direttamente.


Fonte articolo: http://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2015/10/06/117858-vita-da-studenti-le-citta-dove-affittare-un-posto-letto-costa-caro-e-quelle-piu

Come sarà il nuovo APE in vigore dal 1 Ottobre

Il 1° ottobre entra in vigore il nuovo modello di attestato energetico APE, e sarà necessario farsi trovare preparati.
L’Attestato di Prestazione Energetica (APE) è la carta di identità riportante tutte le informazioni sulle prestazioni e sul consumo di energia di un edificio, di un’abitazione o di un appartamento, una certificazione che con la nuova norma sembra ritornare ad essere un prodotto decisamente professionale: prevede una maggiore responsabilizzazione del certificatore, un forte incremento delle informazioni da produrre e nuove metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche.


Lo scopo è quello di determinare meglio i consumi facendo capire al cittadino qual è il suo consumo totale di energia e la quota di energia rinnovabile utilizzata, la qualità dell'involucro e degli impianti.

Che cos'è l'APE e a chi occorre
L'APE è un certificato che attesta l'efficienza energetica di un immobile che viene rilasciato da un tecnico abilitato. Il documento prende in considerazione l'efficienza dei servizi presenti all'interno dell'edificio quali climatizzazione invernale, qualità dei serramenti, acqua calda, ecc. e dal 1° ottobre comprenderà anche climatizzazione estiva, ventilazione e illuminazione. Importante anche l'ubicazione dell'appartamento che a seconda del piano può avere una diversa dispersione di calore. Tutti questi dati vengono raccolti dal certificatore energetico che li inserisce in un programma e, con un apposito sistema di calcolo, ricava la classificazione dell'immobile assegnando una lettera che va da "A4" a "G".

La certificazione deve essere allegata a tutti gli atti di compravendita e di locazione e va rinnovata in caso di ristrutturazioni che modifichino le prestazioni energetiche. 


Stiamo cercando un nuovo affittuario o un potenziale acquirente del nostro appartamento? 

Prima di tutto ricordiamoci che è obbligatorio indicare nella pubblicità di vendita l'IPE indice di prestazione energetica (informazione contenuta nell'APE) poi, durante le trattative dovremo rendere disponibile agli interessati l'Attestato di Prestazione Energetica che in caso di perfezionamento del contratto andrà consegnato obbligatoriamente all'eventuale conduttore o acquirente.
Attenzione a questo passaggio perché, nonostante la sanzione di nullità del contratto sia stata cancellata c'è il rischio, in caso di mancata allegazione del documento, di essere puniti con sanzioni amministrative salatissime che possono arrivare fino a 18.000 euro.


APE unico nazionale
La principale novità è che l'APE, superando frammentazioni geografiche e locali, sarà un documento unico a livello nazionale, e rispetterà una metodologia di calcolo omogenea, anche in quelle regioni che hanno un proprio sistema di rilascio, ed in più sarà semplificata per edifici di dimensioni ridotte e prestazioni energetiche di entità modesta al fine di ridurre i costi a carico del cittadino.


Nuove classi di spreco energetico
Cambia la scala di classificazione della prestazione energetica degli immobili, formata da 10 classi, e non più da 7, che vanno da "A4" la migliore, a "G" la peggiore. Le classi energetiche, così come l'indice di prestazione energetica globale, dal 1° ottobre 2015 saranno determinate da tutti i servizi presenti nell'edificio.
Secondo la nuova legge l'attestato dovrà risultare uno strumento valido per valutare la convenienza economica dell'acquisto o della locazione di un'unità immobiliare in relazione ai consumi energetici, valido anche per consigliare degli efficaci interventi di riqualificazione energetica. Per questo nell'APE dovranno essere indicate anche delle proposte di miglioramento dell'efficienza energetica dell'edificio e dovranno essere fornite le informazioni sugli incentivi finanziari necessari per realizzarle.


Il catasto energetico: il SIAPE
Altra importante innovazione portata dal decreto è la realizzazione, da parte dell'ENEA, del SIAPE un sistema informativo comune per tutto il territorio nazionale, da istituire entro il 2015, che raccoglierà tutti i dati relativi agli attestati di prestazione energetica e che verrà aggiornato e incrementato ogni anno da Province e Regioni. Includerà i dati relativi agli APE, agli impianti termici e alle ispezioni e ai controlli, che potranno essere consultati telematicamente, sia dai cittadini, sia da Regioni, Province Autonome e Comuni in base alla loro area geografica di competenza.
Il SIAPE sarà raccordato ai catasti regionali degli impianti termici e successivamente verrà integrato anche con il catasto degli edifici.


Le sanzioni per chi non si atterrà al nuovo Ape
- Il certificatore dovrà pagare una multa da 700 euro a 4.200 euro per un Ape compilato nel modo sbagliato.
- Al costruttore o al proprietario spetta una sanzione da 3.000 euro a 18.000 euro se non presenta l’Ape per gli edifici nuovi, ristrutturati e se mette in vendita o in affitto l’immobile.
- Il direttore dei lavori dovrà pagare una multa da 1.000 euro a 6.000 euro se non presenterà l’Ape al Comune.


Fonti articolo: http://www.teleborsa.it/Speciali/2015/09/22/certificazione-energetica-cambiano-le-regole-1.html?p=3#.VgVaBNLtmko

http://www.idealista.it/news/finanza-personale/casa/2015/09/23/117740-certificazione-energetica-le-sanzioni-per-chi-non-si-atterra-al-nuovo-ape-in-vigore

Affitti, il potere degli inquilini referenziati

L'emergenza sfratti non è il solo motivo di preoccupazione del mercato degli affitti in Italia. A fronte di una fascia debole che viene estromessa dall'abitazione per una vasta serie di ragioni, emerge negli ultimi tempi un fenomeno altrettanto vasto: quello delle disdette unilaterali da parte degli inquilini. Fenomeno che il network Solo Affitti ha monitorato e misurato, con una serie di risultati interessanti. Primo fra tutti, la conferma di un nuovo grande potere degli inquilini referenziati, in grado di condurre il gioco degli affitti anziché limitarsi ad accettare le condizioni dei proprietari. Ma andiamo con ordine.


Il perché delle disdette
Solo Affitti, franchising immobiliare specializzato nella locazione, ha analizzato fra le sue 300 agenzie affiliate le motivazioni che stanno alla base della disdetta dei canoni di affitto. A livello nazionale, più di quattro volte su dieci (43,7%) le motivazioni sono di carattere strettamente abitativo: gli inquilini disdicono il contratto per la necessità di trovare una soluzione abitativa in affitto più economica, oppure per la ricerca di un immobile più spazioso o ancora – seppur meno frequentemente rispetto al passato – perché optano per l’acquisto di una casa. 


Il caro-canoni 
La principale motivazione di disdetta è comunque il caro-canone, che spinge l'inquilino a cercare soluzioni più economiche rese disponibili dalla contrazione del mercato oppure addirittura a passare alla convivenza con amici e familiari. Secondo Solo Affitti, sono Napoli, Venezia, Roma e Firenze le città in cui la difficoltà a sostenere i canoni di affitto troppo elevati risulta essere la prima causa di disdetta da parte dell'inquilino. Fra le grandi città italiane con i canoni più elevati, solo a Milano gli inquilini riescono meglio che altrove a far fronte ai canoni di locazione nonostante la crisi economica.


La qualità conta 
Il contratto viene talvolta interrotto anche per situazioni di degrado dell'immobile (6,2%). Muffa, umidità e cattivo stato di manutenzione hanno, ad esempio nella zona universitaria di Bologna, un peso non indifferente. Ed ecco che l'inquilino inizia a prendere il coltello dalla parte del manico e cerca soluzioni più decenti. Anche a Genova e nelle città del centro-sud in generale lo stato degli immobili lascia spesso a desiderare ed è causa di disdetta più che altrove. Nel 6,5% dei casi le disdette sono invece riconducibili a conflittualità tra l'inquilino e altri soggetti, dal proprietario al vicinato. La classifica delle città dove i litigi condominiali o con vicini portano più spesso alla chiusura dei contratti di affitto vede in testa Catanzaro, Cagliari e Genova. Il dato è abbastanza alto anche su Bologna: probabilmente, anche in questo caso il fenomeno va messo in correlazione alla diffusione dell'affitto a studenti universitari.


E dopo? 
Cosa succede dopo la disdetta del contratto d'affitto? Secondo Solo Affitti, nella maggior parte dei casi (69%) l'inquilino continua a rivolgersi al mercato delle locazioni, vista l’assenza di valide alternative. Sono pochi quelli che hanno lasciato l’affitto per acquistare una nuova casa: 18% a livello nazionale. Milano (24%) è la città in cui l'inquilino è riuscito più frequentemente a comprare casa nonostante le difficoltà ad ottenere un mutuo dalle banche. Non distanti da quelle di Milano le percentuali registrate a Firenze. Più bassi, invece, i dati di Roma, Bologna, Torino e Venezia, dove i prezzi delle case sono ancora alti e non permettono a un numero adeguato di inquilini di potersi “affrancare” dall'affitto per passare a un'immobile di proprietà. C'è infine chi lascia l'affitto per essere ospitato da amici o parenti oppure è andato ad abitare in una casa sfruttando un comodato (13%).


Fonte articolo: quotidianocondominio, ilsole24ore.com

Slitta il Decreto Mit sugli incentivi Sblocca Italia

 

  • L'incentivo fiscale dello Sblocca Italia per favorire l'acquisto di case invendute o ristrutturate da mettere in locazione a canone agevolato non decolla. In teoria le deduzioni fiscali (20% del costo di acquisto, al massimo 60mila euro da togliere dall'imponibile in otto rate annuali) sono già operative, «ma la mancanza del decreto attuativo Mit-Mef che doveva fissare le "modalità attuative" - denuncia l'Ance - rende lo strumento ancora incerto, dunque la spinta al mercato è ancora inesistente». 
    «Inoltre - aggiunge l'associazione costruttori - perché la misura abbia effetto va promossa con una campagna informativa e pubblicitaria, neanche il decreto attuativo, da solo, basterà».

Il ministero delle Infrastrutture, a cui il DL Sblocca Italia non assegnava un termine per emanare il decreto, insieme al ministero dell'Economia, fa d'altra parte sapere che «la bozza di decreto predisposta nei mesi scorsi e inviata al Mef è rientrata in questi giorni (8-10 giugno) e ora è all'esame di nuovo del Mit, il gabinetto del Ministro e l'ufficio legislativo. Dovrebbe essere licenziata a breve».
Poi servirà la registrazione della Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta.
A conti fatti si arriverà a fine luglio, e di fatto l'operazione potrà produrre i suoi effetti da settembre, un anno dopo l'emanazione del decreto legge Sblocca Italia. Ricordiamo che la misura si applica alle vendite fino al 31 dicembre 2017. Ma vediamo in dettaglio di che si tratta. 


TERMINI GENERALI 
L'incentivo fiscale (articolo 21 Dl 12 settembre 2014, n. 133, coordinato con la legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164) consiste nella deduzione dal reddito complessivo Irpef del 20% delle spese per l'acquisto di immobile residenziale (nuovo invenduto o ristrutturato) da cedere in locazione agevolata per almeno otto anni, fino a un massimo di 300mila euro di costo (e dunque 60mila euro deducibile). Le case devono essere in classe energetica A o B. 
Lo scopo è da una parte spingere le locazioni private a canone ridotto, dall'altra smaltire l'invenduto delle imprese di costruzione e/o la ristrutturazione di case in classe energetica elevata. Anche se poi la deduzione si applica anche per la nuova costruzione su aree edificabili possedute da persone fisiche.


REQUISITI SOGGETTIVI 
L'acquirente delle case nuove invendute o ristrutturate, o il privato che investe per costruire la nuova casa su area edificabile, devono essere «persone fisiche non esercenti attività commerciale».


TRE FATTISPECIE 
L'agevolazione è applicabile a tre casi:
1) l'acquisto di unità immobiliari a destinazione residenziale di nuova costruzione, invendute al 12 novembre 2014, cedute da imprese di costruzione e da cooperative edilizie (proprio cosa si debba intendere per "invenduto", che la legge non spiega, è uno dei punti principali di chiarimento che si attende dal decreto Mit-Mef: dopo quanto tempo, dopo la dichiarazione di agibilità o dopo la messa in vendita, l'immobile non venduto si intende «invenduto»? Dopo sei mesi, un anno, due anni?);
2) l'acquisto di unità immobiliari a destinazione residenziale oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia, o di restauro e di risanamento conservativo cedute da imprese di ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie; 
3) la costruzione di unità immobiliari a destinazione residenziale su aree edificabili già possedute dal contribuente prima dell'inizio dei lavori o sulle quali sono già riconosciuti diritti edificatori. 


LE CARATTERISTICHE DELL'UNITA' IMMOBILIARE 
1) L'unità immobiliare deve essere a destinazione residenziale, e non classificata o classificabile nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9;
2) l'unità immobiliare non deve essere ubicata nelle zone omogenee classificate E, ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;
3) l'unità immobiliare deve conseguire prestazioni energetiche certificate in classe A o B, ai sensi dell'allegato 4 delle Linee Guida nazionali per la classificazione energetica degli edifici di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.158 del 10 luglio 2009, ovvero ai sensi della normativa regionale, laddove vigente.


I TEMPI 
L'acquisto deve essere effettuato dal 1º gennaio 2014 (per poterne fruire già nella dichiarazione Irpef 2015) al 31 dicembre 2017. Sul punto 3) però la legge non chiarisce (si dovrà dunque aspettare il decreto attuativo) "cosa" deve accadere in questi tre anni: la dichiarazione di fine lavori? L'agibilità? Va chiarito. L'immobile va poi messo in locazione per almeno otto anni.


LA LOCAZIONE 
L'unità immobiliare acquistata deve essere destinata, entro sei mesi dall'acquisto o dal termine dei lavori di costruzione, alla locazione per almeno otto anni e purché tale periodo abbia carattere continuativo; il diritto alla deduzione, tuttavia, non viene meno se, per motivi non imputabili al locatore, il contratto di locazione si risolve prima del decorso del suddetto periodo e ne viene stipulato un altro entro un anno dalla data della suddetta risoluzione del precedente contratto.
Il canone di locazione non deve essere superiore a quello indicato nella convenzione di cui all'articolo 18 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (i canoni convenzionati tra lottizzante e comune), ovvero non superiore al minore importo tra il canone definito ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (canone concordato), e quello stabilito ai sensi dell'articolo 3, comma 114, della legge 24 dicembre 2003, n. 350; non devono sussistere rapporti di parentela entro il primo grado tra locatore e locatario.


LA DEDUZIONE 
È riconosciuta all'acquirente, persona fisica non esercente attività commerciale, una deduzione dal reddito complessivo pari al 20% del prezzo di acquisto dell'immobile risultante dall'atto di compravendita, nel limite massimo complessivo di spesa di 300.000 euro, nonché' degli interessi passivi dipendenti da mutui contratti per l'acquisto delle unità immobiliari medesime.
La deduzione spetta anche per le spese sostenute dal contribuente per prestazioni di servizi, dipendenti da contratti d'appalto, per la costruzione di una o più unità immobiliare a destinazione residenziale su aree edificabili già possedute dal contribuente stesso prima dell'inizio dei lavori o sulle quali sono già riconosciuti diritti edificatori. Ai fini della deduzione le predette spese di costruzione sono attestate dall'impresa che esegue i lavori.


L'ATTUAZIONE 
La possibilità di portare in deduzione le spese di cui sopra è già contemplata nella Guida dell'Agenzia delle Entrate al 730/2015 (redditi 2014) - si veda alle pagine 50 e 70 - ma senza i chiarimenti del decreto Mit-Mef è difficile che la misura possa "spingere" qualcuno a investire, a comprare casa per darla in affitto o a costruire su proprio terreno per dare in affitto, senza avere la certezza di farlo nelle condizioni e nei termini giusti. Se uno ha già comprato e messo in affitto userà gli sconti, ma chiaramente gli incentivi servono a stimolare una certa attività, non a regalare qualcosa a chi già aveva deciso di intraprenderla.


IL NODO CANONE CONCORDATO 
Resta poi il nodo del canone concordato, i cui livelli massimi per caratteristiche degli immobili sono fissati in base ad accordi provinciali tra le associazioni di proprietari e inquilini, promossi dalle Regioni, che nella maggior parte dei casi risalgono a oltre dieci anni fa. Se il governo non promuove una revisione di questi accordi si rischia che quasi dappertutto questi canoni concordati risultino troppo bassi rispetto al mercato per fare davvero da incentivo, anche se c'è lo sconto fiscale.


Fonte articolo: casaeterritorio,ilsole24ore 12/06/2015

Dichiarazione dei redditi: cosa detrarre per la casa

 

Ormai ci siamo; è tempo di presentare la dichiarazione dei redditi, ma questa volta alcune regole cambiano. Un interessante articolo apparso su Mutui.it chiarisce quali siano le detrazioni e deduzioni confermate e quali quelle non più applicabili per il 730 o il modello unico relativo ai redditi del 2014. Vediamoli assieme chiarendo fin da subito che è importante verificare che anche il trasferimento dei dati dalla vecchia alla nuova dichiarazione precompilata sia stata fatta in modo corretto e, se così non fosse, si proceda a compilarla in modo esatto.

Se continuano ad essere detraibili gli interessi passivi legati al mutuo acceso per l’acquisto di un immobile, sempre comunque nella misura del 19% fino ad un massimo di 4.000 euro e purché sia abitazione principale, non sono invece più detraibili né deducibili gli interessi legati ai mutui accesi dopo il 1997 se connessi ad un finanziamento acceso per comprare una seconda casa che però, se acquistata con un mutuo precedente a quella data, gode ancora nelle detrazioni fino ad una cifra massima pari a 2.065 euro. 


Un altro tipo di detrazione non possibile è quella legata alla cessione del quinto dello stipendo o all’apertura di altri generi di finanziamenti che siano legati ad un immobile non registrato come prima casa.
Anche le spese legate alle ristrutturazioni cambiano: non sono più detraibili gli interessi passivi legati a mutui per costruzione o ristrutturazione se accesi dopo il 1998, ma si può comunque beneficiare di altre agevolazioni fiscali stabilite dal Governo. 

Buone notizie invece per chi è in affitto o ha un figlio che studia fuori sede. I canoni di locazione sono scaricabili, così come, nella misura ormai nota del 19%, le spese di affitto per gli studenti che frequentano un istituto in una città diversa da quella in cui risiedono.

Fonte articolo: http://news.immobiliare.it/mutui-e-detrazioni-cosa-non-si-puo-piu-detrarre-22408

L'identikit di chi compra casa

 

 

Il 63,8% di chi compra un’abitazione ha tra 18 e 44 anni, lo rileva l’analisi delle compravendite dell’Agenzia del Gruppo Tecnocasa riferita al secondo semestre del 2014. Più nello specifico, il 30,4% di chi acquista la casa ha tra i 18 e i 34 anni, il 33,4% ha tra i 35 e i 44 anni, il 19,3% ha tra i 45 e i 54 anni, il 10,9% tra i 55 e i 64 anni e il 5,9% ha oltre 65 anni.

Dall’analisi emerge inoltre che nel periodo in esame oltre tre quarti degli acquirenti ha comprato l’abitazione principale, il 16,2% una casa come investimento e il 6,6% la casa per le vacanze; dati stabili rispetto allo stesso periodo del 2013. 
Si rileva inoltre che chi compra la casa principale diminuisce con il crescere dell’età, tranne che nella fascia oltre i 65 anni dove il dato torna a risalire leggermente.

 

 

 

Come nel 2013, ad avvalersi di un mutuo bancario per l’acquisto è stato il 54,4% del totale (era il 54,7% nello stesso periodo dell’anno precedente). Per quanto riguarda invece i dati relativi a chi ha scelto di vendere, la motivazione è stata nel 44,5% dei casi il miglioramento della qualità abitativa (55,1% nello stesso periodo del 2013), il 39,9% lo ha fatto per reperire liquidità (contro il 26,6% del secondo semestre dell’anno precedente) e il 15,6% per un trasferimento in altra zona o città. Aumenta con il crescere dell’età la percentuale di chi vende per reperire liquidità, mentre decresce con l’aumentare dell’età il numero di coloro che lo fanno per migliorare la qualità della vita. Passando infine ai contratti di locazione stipulati da Tecnocasa, il 58% utilizza l’affitto come scelta abitativa (in crescita del 3,1% sullo stesso periodo del 2013), il 35,5% per motivi di lavoro e il 6,5% per motivi di studio.

Fonte articolo: http://www.e-duesse.it/News/Cucine-Built-in/Mercato-immobiliare-il-63-8-di-chi-compra-ha-tra-18-e-44-anni-187664



Panoramica degli affitti nei primi mesi del 2015

Sono ormai diversi mesi che tutto il settore del mattone tenta di trovare segnali, seppur piccoli, di quella tanto attesa ripresa e per farlo studia ed elabora i dati relativi alle compravendite. Ma nel mondo degli affitti, di contro, cosa sta cambiando? Ad analizzare le tre variabili in campo per le locazioni, ossia domanda, offerta e prezzi, ci ha pensato l’Ufficio Studi di Immobiliare.it che ha messo sotto la sua lente la situazione degli immobili residenziali in affitto riscontrabile a febbraio 2015 e ha rilevato che i prezzi dei canoni mensili sono lieve calo, la richiesta sta crescendo ma, a questa, non coincide un aumento dell’offerta, anzi è proprio questa che sta subendo la contrazione maggiore.

 

Agli italiani non piace affittare. È cosa nota che in Italia l’idea di offrire in affitto le proprie case non è mai andata a genio ai proprietari di casa, che temono morosità e inquilini problematici; sembra che ora la situazione non sia migliorata affatto, anzi è proprio l’offerta che nel mercato degli affitti ha subito il calo più evidente. In un anno, ossia rispetto a febbraio 2014, il numero di annunci di case in affitto ha subito una contrazione del 7%. Ci sono altre spiegazioni a questo dato, che vanno oltre la paura di inquilini morosi, e le ha commentate proprio Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it: nonostante affittare il proprio immobile sia una garanzia di rendita fissa, soprattutto se lo si fa nelle grandi città, quello di dare in locazione la propria casa per periodi lunghi non ha più il fascino di un tempo. I proprietari hanno preso a preferire affitti stagionali, come quelli delle case vacanza o dei bed and breakfast, oppure quelli brevi, come avverrà tra poco a Milano in occasione di Expo.

Cresce il numero di chi cerca casa in affitto. La domanda, come anticipato, non segue il trend dell’offerta e continua a crescere l’interesse di chi cerca casa verso gli annunci di locazione. In un anno, sempre in confronto a febbraio 2014, c’è stato un aumento di ricerche verso questo tipo di contratti del 9,9%. È il Centro l’area italiana dove la crescita è stata maggiore, arrivando all’11,9%; al Nord l’aumento è stato del 9,1%, al Sud dell’8%. Con il Centro, portano verso l’alto questo dato anche le città più piccole (quelle che contano meno di 250.000 abitanti) che registrano un aumento del 12,3% rispetto alle grandi che si fermano a un +8,5%.

I costi di un affitto. Anche a causa della congiuntura con la diminuzione degli immobili disponibili in affitto, i canoni di locazione, rispetto allo scorso febbraio 2014, sono scesi di poco, ossia del 2,1%. Ma, come sempre, le diverse zone d’Italia si comportano in maniera differente. Abruzzo, Molise e Friuli Venezia Giulia sono le tre regioni che hanno registrato i cali più vistosi, rispettivamente del 13,4%, 8,9% e 5,8%. Ci sono, di contro, regioni in cui i prezzi sono addirittura aumentati: è il caso della Sardegna che registra un +8,9%, della Calabria con +3% e del Piemonte dove si registra un lievissimo aumento dell’1%. 

Nel nostro Paese, per affittare una casa da 80 metri quadrati, servono in media 670 euro al mese. Lo studio di Immobiliare.it ha stilato anche la classifica delle dieci città più care d’Italia per i canoni di locazione. Al contrario di quello che succede per le vendite, stando all’Osservatorio sulle compravendite del portale, non è Roma la prima per i prezzi più alti, ma Milano. Nel capoluogo meneghino un monolocale in affitto arriva a costare circa 600 euro al mese, mentre un trilocale ne richiede 1.200. Invece a Roma bastano 550 euro per prendere un monolocale in locazione e 1.050 euro per un trilocale.

Fonte articolo: http://news.immobiliare.it/il-mercato-degli-affitti-in-italia-21679

Le critiche del Notariato alle imposte sul rent to buy

La scelta di tassare il rent to buy come se fosse un contratto “bifronte”, e cioè come una locazione nella fase in cui il conduttore ha il godimento dell'immobile e come una compravendita nel momento in cui il conduttore esercita il diritto di acquisto, è oggetto di alcuni rilievi critici nella nota del Consiglio nazionale del Notariato elaborata al fine di commentare la circolare dell'agenzia delle Entrate n. 4 del 19 febbraio 2015 la quale, a sua volta, ha illustrato l'opinione del fisco sulla tassazione del rent to buy.

Preferibile sarebbe stato, secondo il Notariato, trattare il rent to buy come un tipo contrattuale a sé stante, valorizzandone le peculiarità, e non come una mera sommatoria (così ha opinato l'agenzia delle Entrate) di una locazione e di una compravendita.

Il principale punto di crisi che deriva dalla considerazione del rent to buy come un contratto “bifronte”, è rappresentato dall'opinione del fisco sulla sorte delle somme tassate come acconto, qualora questa tassazione (che si detrae da quella da versare al momento del passaggio di proprietà) si renda eccedente rispetto all'ammontare di imposta di registro dovuto in sede di stipula del contratto definitivo (questo capita facilmente ad esempio se gli acconti sono tassati al 3% per l'intero loro valore, mentre la tassazione del contratto definitivo si effettua con l'aliquota 2% applicata alla rendita catastale). 
Ebbene, l'Agenzia in questo caso ritiene che si debba far luogo al rimborso della somma versata in eccedenza, mentre il Notariato sostiene che si sarebbe potuto compiere uno sforzo interpretativo maggiore, e cioè ponendo un tetto massimo alla tassazione applicabile agli acconti (tetto rappresentato appunto dalla tassazione che si applicherebbe se, anziché il prelievo sugli acconti, si operasse il prelievo proprio del contratto definitivo).

Altro tema su cui il Notariato controverte è quello della sorte della tassazione applicata ai canoni pagati “in conto vendita”, qualora il conduttore decida di non esercitare il diritto di acquisto: per le Entrate si tratta di versamenti che diventano “a fondo perduto”, e cioè che non sono suscettibili di restituzione, mentre il Consiglio nazionale del Notariato obietta che questa soluzione estremamente rigorosa avrebbe potuto essere stemperata ritenendo invece soggette a restituzione le somme tassate come acconti.
Infine, il Notariato rileva che la ritenuta “doppia anima” del rent to buy ha come conseguenza l'applicazione di una doppia imposta fissa di registro nel caso in cui sia il rapporto di godimento che la cessione siano soggetti a Iva; quando invece la considerazione del rent to buy come fattispecie contrattuale unitaria (e cioè così come essa è sotto il profilo civilistico) avrebbe comportato l'applicazione di una sola imposta fissa di registro.

Per il resto la nota del Notariato contiene alcune interessanti osservazioni. Anzitutto, per il caso in cui il soggetto concedente (che sia un soggetto Iva) intenda esercitare l'opzione per l'imponibilità sia per il rapporto di godimento che per la cessione dell'immobile, si afferma che nell'ambito del contratto di godimento potrebbero essere manifestate due opzioni per l'imponibilità a Iva, in presenza delle rispettive condizioni: una relativa alla quota del canone tassata secondo la disciplina della locazione, una relativa alla quota del canone tassata secondo la disciplina degli acconti prezzo. Inoltre, si sostiene che al canone versato “in conto prezzo” possa essere applicata l'aliquota Iva del 4% se il conduttore dichiari di voler beneficiare dell'agevolazione “prima casa” (i cui presupposti dovranno sussistere alla data del contratto di trasferimento e non debbono già esistere quando si è nella fase del godimento).
Se questi acconti sono invece versati a un soggetto “privato”, essi (per il loro intero ammontare) devono essere tassati con l'aliquota dell'imposta di registro propria degli acconti, e cioè l'aliquota del 3%.

Fonte articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2015-03-17/rent-patto-doppio-132258.php?uuid=AbX1hDTL

Subscribe to this RSS feed

La invitiamo a lasciare il suo numero di telefono per essere ricontattato.

Cliccando invia dichiari di aver letto ed accettato l'informativa sulla privacy