Super ammortamento del 140% per beni su immobili terzi


Le manutenzioni straordinarie su beni di terzi, in locazione, in leasing, in comodato o a noleggio, possono essere considerate "beni materiali strumentali" agevolabili con la maggiorazione degli ammortamenti del 40% ai fini Ires e Irpef (non Irap), se hanno una funzionalità autonoma e sono staccabili dai beni sui quali sono installate, se sono nuovi e se non rientrano tra quelli esclusi dall'incentivo introdotto dalla legge di stabilità 2016 per gli investimenti effettuati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016.

 

Via libera, quindi, all’ammortamento maggiorato, ad esempio, per le caldaie, i condizionatori, gli impianti di video sorveglianza, gli impianti fotovoltaici (se considerati beni mobili), installati su fabbricati di terzi ovvero per le attrezzature o gli impianti che, pur essendo installati su beni di terzi già in uso, possono essere separati dagli stessi senza perdere la loro autonoma funzionalità (ad esempio, una pompa nuova installata su un silos noleggiato).


La conferma arriva anche dalla sentenza della Cassazione 7 agosto 2015, n. 16596, secondo la quale spettava l’agevolazione della Tremonti-bis anche alle spese incrementative di un immobile, non di proprietà del contribuente, se contabilizzate in bilancio tra le immobilizzazioni materiali, perché qualificate "come opere aventi una loro autonoma funzionalità ed individualità". È necessario dimostrare che tali beni, al termine del contratto, possono "essere rimossi e utilizzati separatamente dall’investitore", a differenza delle spese incrementative da classificarsi tra le "altre immobilizzazioni immateriali", le quali non costituiscono beni autonomi.


Principi contabili. 
Civilisticamente, i costi sostenuti per migliorie su beni di terzi sono capitalizzabili, se hanno utilità pluriennale. Questi sono iscrivibili tra le "altre immobilizzazioni immateriali" (voce B.I.7), se non sono separabili dai beni stessi, cioè quando non possono avere una loro autonoma funzionalità. In caso contrario, sono iscrivibili tra le "immobilizzazioni materiali", nella specifica voce di appartenenza (ad esempio, impianti generici o specifici, attrezzatura varia e macchinari).


L’ammortamento delle "immobilizzazioni immateriali" per migliorie dei beni di terzi si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione (Oic 24, paragrafi 77 e 95). Quelle classificate tra le materiali, invece, vanno ammortizzate secondo i criteri della specifica voce di appartenenza, quindi, anche in questo caso l’ammortamento dipende dalla "loro residua possibilità di utilizzazione", la quale è influenzata dalla loro utilità futura e comunque dalla durata del contratto di locazione. Quest’ultimo parametro, però, è irrilevante nei casi in cui si decida di tenere questa “miglioria” anche dopo la fine dell’affitto, del leasing o del noleggio, perché si tratta di un bene staccabile da quello di terzi e con autonoma funzionalità.


Tuir. 
Fiscalmente, le spese su beni di terzi iscrivibili tra le “altre immobilizzazioni immateriali” sono oneri pluriennali, quindi, il relativo ammortamento dipende dalle scelte civilistiche in bilancio (articolo 108, Tuir). Invece, se le opere, realizzate su beni altrui, sono contabilizzate civilisticamente tra le immobilizzazioni materiali, l’ammortamento fiscale va calcolato con le aliquote previste dal Dm 31 dicembre 1988 (risoluzione 179/E/2005 e circolari 27/E/2005 e 36/E/2013).


Super-ammortamento. 
Solo le migliorie di beni di terzi iscritte tra le immobilizzazioni materiali, possono essere considerate "beni materiali strumentali" agevolati con il super-ammortamento del 140%. È necessario, però, rispettare anche le altre condizioni, cioè la novità del bene e la sua tipologia. Non sono agevolati, infatti, i “beni materiali strumentali” con coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5% , i fabbricati, le costruzioni e i beni di cui all’allegato n. 3 della legge 208/2015.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Sanatoria per gli inquilini sugli affitti in nero



Con una norma pensata per contrastare gli affitti in nero, la Legge di Stabilità pone diversi problemi applicativi anche a chi si trova a dover registrare locazioni regolari. Vediamo allora le questioni aperte. 


La Stabilità interviene nuovamente sui canoni pagati dagli inquilini che avevano eseguito la cosiddetta “autoregistrazione” del contratto, dopo che la Corte costituzionale, con un duplice intervento (sentenze n. 150/14 e n. 169/15), aveva escluso che il conduttore potesse continuare sino alla fine del 2015 a versare il canone nella misura minima quantificata dal Dlgs n. 23/2011, pari al triplo della rendita catastale dell’immobile locato (più l’aggiornamento Istat).

 

 

Dopo le pronunce della Consulta, la tardiva registrazione eseguita dal conduttore non poteva più spiegare effetti sananti, con conseguenze estremamente pregiudizievoli per il conduttore.
Di fatto, gli inquilini che a partire dal 2011 e fino al 16 luglio 2015 avevano agito seguendo le norme di legge poi bocciate dalla Consulta, si erano trovati privi di tutela, e quindi soggetti alle richieste di pagamento delle differenze tra il versato (in applicazione dell’articolo 3, commi 8 e 9, del citato decreto legislativo) e quello che invece avrebbero dovuto corrispondere secondo i contratti stipulati con il proprietario e poi non registrati (o registrati per un importo inferiore a quello reale o, ancora, registrati sotto forma di comodati fittizi). Altri inquilini, addirittura, si erano visti intimare lo sfratto per morosità.


L’articolo 13 della legge 431/98, così come riformato dalla Legge di Stabilità (la n. 218/2015), interviene nuovamente a protezione della posizione dell’inquilino. Il nuovo comma 5 conferma infatti che il canone annuo dovuto sino al 16 luglio 2015 (data di pubblicazione della sentenza n. 169/2015) da coloro che se l’erano “autoridotto” è effettivamente quello previsto dal Dlgs n. 23/2011 (articolo 3, commi 8 e 9). Il che significa che sino a tale data l’inquilino non è tenuto a riconoscere alcuna maggior somma al locatore rispetto a quanto versato nella misura pari a tre volte la rendita catastale dell’immobile, aggiornata secondo gli indici Istat. Dato che il legislatore ha previsto la sanatoria solo per "il periodo considerato", cioè dal 7 aprile 2011 sino al 16 luglio 2015, per il prosieguo il conduttore dovrà versare il canone nella misura originariamente pattuita, altrimenti sarà soggetto a possibili azioni da parte del suo locatore. 


Quanto alla durata del rapporto di locazione, si è di fronte ad un contratto comunque registrato, sulla cui decorrenza sussistono però incertezze. Assume primario rilievo l’accertamento della data in cui è avvenuta la registrazione. Se entro i 60 giorni dall’entrata in vigore del Dlgs 23 oppure dopo: nel primo caso, il contratto resterà valido con efficacia dalla sua stipula perché sanato dalla pur tardiva registrazione, mentre dovrà considerarsi nullo nel secondo perché la sanatoria non può avere effetti.


Peraltro, va osservato che anche il nuovo comma 5 dell’articolo 13 potrebbe essere portato all’attenzione della Corte Costituzionale, dal momento che secondo chi lo critica ripropone una soluzione già cassata due volte dal “giudice delle leggi”. Ma questo è un tema che si porrà solo se e quando la norma sarà bocciata.


Fonte articolo: Ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/

Risparmi fiscali con affitti concordati e cedolare secca

Per i proprietari di 2,8 milioni di case affittate è arrivato il momento di aggiornare il tax rate sui redditi da locazione, verificando le opportunità di risparmio fiscale riservate a chi stipula con l’inquilino un contratto a canone concordato. 


Lo sconto del 25% sull’Imu e la Tasi introdotto dalla legge di Stabilità 2016 è l’ultimo tassello di un mosaico che tende a incentivare gli affitti a prezzi moderati, e che comprende anche la cedolare secca al 10% e le tradizionali deduzioni extra del 30% per chi resta alla tassazione ordinaria.

Le norme, però, si sono stratificate in modo disordinato, e la convenienza dipende da diversi fattori: il tipo di contratto, il tipo di Comune in cui si trova l’immobile, la rendita catastale dell’abitazione e l’aliquota locale di Imu e Tasi.


Lo sgravio Imu e Tasi. 
"Le situazioni sono diverse nelle varie città, ma ci stanno arrivando indicazioni ottimistiche: c’è maggior interesse per i contratti agevolati", commenta il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. "Certo è difficile prendere delle decisioni - aggiunge - perché i proprietari finora non hanno mai avuto la certezza delle norme fiscali per gli anni successivi".
La novità 2016 è la riduzione del 25% dell’aliquota Imu (ed eventualmente Tasi) per le case affittate a canone concordato. In pratica, lo sconto vale per i diversi contratti “calmierati” previsti dalla legge 431/1998:
- i contratti agevolati (3+2);
- i contratti per studenti universitari (da sei mesi a tre anni); 
- i contratti transitori (da uno a 18 mesi) stipulati nei grandi centri in cui il canone va fissato nel range stabilito negli accordi territoriali.

Come chiarito dal Dipartimento Finanze a Telefisco, in tutti questi casi a essere ridotta è l’aliquota applicata dal Comune. Quindi, se c’è un’aliquota ridotta, è questa a dover essere scontata. Ad esempio, a Milano gli affitti calmierati – se la casa è usata dall’inquilino come abitazione principale – nel 2015 pagavano il 6,5 per mille di Imu (contro il 9,6 per mille degli altri affitti) e lo 0,8 per mille di Tasi.


Lo stop agli aumenti dei tributi locali – dettato dalla legge di Stabilità – fa sì che le delibere 2015 possano essere prese come riferimento per calcolare lo sconto minimo quest’anno. Per intenderci, una casa affittata come abitazione principale con una rendita catastale di 459 euro – il valore medio delle abitazioni locate in Italia – a Torino pagherebbe il 5,75 per mille di Imu, che ridotto del 25% porta l’imposta annua da 443 a 332 euro.
Tra l’altro, questo sconto può essere applicato in tutti i Comuni. Anche se, naturalmente, bisogna stipulare un contratto agevolato in base agli accordi territoriali tra associazioni della proprietà edilizia e sindacati inquilini, applicando il canone ridotto.


La cedolare al 10 per cento. 
Gli altri incentivi riguardano i redditi di locazione. Qui il pezzo forte è la cedolare al 10% (prevista per il periodo 2014-17) che risulta praticamente imbattibile se confrontata con le deduzioni Irpef maggiorate per quasi tutti contribuenti.
Proprio la tassa piatta - diversamente dalle altre agevolazioni reddituali - può essere applicata anche nei Comuni colpiti da calamità, oltre che in quelli ad alta tensione abitativa, e a Telefisco le Entrate hanno chiarito come procedere nei centri in cui manca l’intesa locale.


Come ottenere gli sconti.
Per chi ha già un contratto a canone concordato, lo sconto Imu e Tasi è automatico (basta solo ricordarsi di presentare la dichiarazione Imu nel 2017), mentre la scelta per la cedolare secca - se non ancora effettuata - può essere fatta valere dalla prima nuova annualità contrattuale. La situazione è abbastanza semplice anche per chi non ha ancora stipulato il contratto: si tratta solo di valutare se le nuove agevolazioni fanno pendere la bilancia dalla parte del canone concordato.


Nel primo semestre del 2015 il 18% dei contratti è stato stipulato a canone calmierato, contro il 13,9% dell’anno precedente. Ed è ragionevole attendersi un altro aumento. Anche il numero dei contribuenti che applicano la cedolare secca sui canoni concordati è quasi triplicato in tre anni, secondo le statistiche sui redditi dichiarati nel 2014: un trend superiore a quello registrato tra le locazioni di mercato.


Un po’ più delicata, invece, la posizione di chi ha in corso una locazione a prezzi di mercato, perché in questo caso il proprietario potrebbe valutare la risoluzione del contratto e la stipula di un nuovo affitto concordato, offrendo all’inquilino un canone ridotto. "C’è anche chi valuta l’ipotesi di trasformare i contratti in essere, da libero ad agevolato - conferma Spaziani Testa-. È una scelta che potrebbe essere interessante, tra gli altri, per i locatori che avevano scelto il canone libero prima che, nel 2014, fosse introdotta la cedolare al 10%".


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Guerra agli affitti "in nero": rischi nullità

Dal 1 gennaio 2016 stop ai canoni “in nero”: se il locatore non registra il contratto entro trenta giorni dalla stipulazione corre il rischio di sentir dichiarare il contratto nullo e di dover restituire al conduttore le somme ricevute in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto.


La legge di fine anno, c.d. Legge di Stabilità, contiene alcune sostanziali novità in materia di locazioni ad uso abitativo con lo scopo di far emergere i c.d. “canoni in nero”. 

Il comma 59 dell’art. 1 della Legge 28 dicembre 2015, pubblicata sulla G.U. n. 302 del 30 dicembre 2015, in vigore dall’1 gennaio 2016, ha riscritto l’art. 13 delle legge 9 dicembre 1998, n. 431, attuale disciplina delle locazioni ad uso abitativo. La norma, intitolata “Patti contrari alla leggedeclina le ipotesi di nullità in riferimento alle clausole del contratto che abbiano l’effetto di attribuire al locatore benefici economici in contrasto con i limiti legali. Si tratta di una disposizione che è stata definita come “norma di protezionea favore del contraente ritenuto la “parte debole” del rapporto: il conduttore. Con l’intervento di fine anno è stata introdotta un’importante disposizione di natura sostanziale.


Nel dettaglio:
il primo comma dell’art. 13, che originariamente si limitava a sancire la nullità di ogni pattuizione “volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”, dal 1 gennaio di quest’anno individua modalità operative cui deve attenersi il locatore. Proprio a parte locatrice è fatto carico di attivarsi per la registrazione del contratto e tale adempimento deve avvenire nel termine perentorio di trenta giorni, decorrenti, si reputa, dalla data di sottoscrizione del contratto stesso. Ma c’è di più’. Il locatore deve altresì dare “documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni” dell’avvenuta registrazione sia al conduttore, sia all’amministratore del condominio.


La registrazione del contratto dunque non è più solo un adempimento che esaurisce i propri effetti tra le parti, ma riverbera nei confronti dei terzi: l’obbligo di fornire documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni dovrà essere ottemperato con l’invio di una comunicazione in cui sono indicati gli estremi del versamento effettuato e il numero di registrazione. Tale documentazione va fornita non solo al conduttore, come è ovvio trattandosi della parte contraente, ma anche all’amministratore del condominio in cui è ubicata l’unità immobiliare oggetto del contratto. Ciò in quanto l’amministratore a far tempo dal 18 giugno 2013 ( data di entrata in vigore della legge n. 220/2012) è tenuto a redigere ed aggiornare il registro dell’anagrafe condominiale nel quale vanno annotate, tra l’altro, le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento, e dunque anche dei conduttori, comprensive del codice fiscale: l’art. 1130, n. 6 c.c., stabilisce che ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni, termine del tutto analogo a quello ora previsto dal novellato art. 13.


La novità introdotta è significativa e non priva di rilievo pratico. Il termine per effettuare la registrazione è definito perentorio: così si definisce il termine che impone il compimento di un atto entro un determinato momento, a pena di decadenza, con esclusione della possibilità di essere abbreviato o prorogato, nemmeno con l'accordo delle parti. Ad esempio, hanno natura perentoria alcuni termini processuali - quelli relativi all’impugnazione della sentenza di primo grado - e la natura perentoria di un termine deve risultare espressamente dalla legge (art. 152 del c.p.c.).


La mancata registrazione determina la nullità del contratto anche quando è stipulato per iscritto, al pari di un contratto stipulato solo verbalmente. E tale sanzione si applica sia aicontratti a canone “libero”, sia per quelli con canone “concordato” di cui all’art. 2, comma 3 della legge 431/1998. In sostanza in mancanza di registrazione il contratto per legge non esiste.


Il secondo comma dell’art. 13 legge 431/1998 non ha subito modifiche: nei casi di pattuizione nulla perché diretta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato, il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato , può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.


Anche il terzo comma non ha subito modifiche: la nullità colpisce anche le pattuizioni dirette a limitare la durata dei contratti prevista dalla legge, ossia, secondo il disposto della legge 431/1998: 4+4 anni per le locazioni a canone libero e 3+2 per le locazioni a canone c.d. concordato.


Un piccolo restyling è stato apportato al quarto comma: la nullità del contratto, posta a tutela del conduttore, sembra essere limitata alla pattuizione relativa all’ammontare del canone superiore a quello contrattualmente previsto; non vi è più la previsione di nullità per “qualsiasi obbligo del conduttore”, si può dunque ritenere che vi sia una maggior autonomia negoziale, purchè non abbia l’effetto di attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito, e, nel caso di contratti c.d. a canone concordato, non superiore a quello definito dagli accordi territoriali.


La novità rilevante è contenuta nel nuovo comma cinque, disciplina resa indispensabile per porre fine alle incertezze e alle incongruenze conseguenti alla pronuncia di incostituzionalità della disposizione concernete la c.d. “cedolare secca” (art. 3, commi 8 e 9 del D.Lgs. 23/2011) e ai successivi interventi normativi.
Con la “cedolare secca” il conduttore poteva prendere l’iniziativa di registrare il contratto e con ciò il canone annuo dovuto era pari al triplo della rendita catastale (importo di gran lunga inferiore al canone pattuito e persino al canone di mercato): scopo della norma era l’emersione dei canone “in nero”, ma una disciplina fiscale non poteva determinare la nullità di un contratto perciò è calata la scure di incostituzionalità. Il tutto accadeva con sentenza n. 50/2014 , perciò con il c.d. “Piano Casa”(D.L. 47/2014) fu stabilito fossero tenuti fermi sino al 31.12.2015 gli effetti dei contratti caducati dalla pronuncia della Coste Costituzionale. Ma anche quest’ultimo intervento legislativo è stato ritenuto contrastare con i principi costituzionali e ne è stata dichiarata l’incostituzionalità con sentenza del 16.7.2015 n. 169. In questo ambito si inserisce il quarto comma del novellato art. 13 stabilendo che i conduttori che registrando il contratto hanno versato il canone pari al triplo della rendita catastale, non sono tenuti ad un diverso e maggior canone per il periodo intercorrente dalla data di entrata in vigore del D. Lgs 23/2011 al 16.7.2015 (data della pronuncia di incostituzionalità). E’ prevedibile che anche per questa disciplina interverrà la Corte Costituzionale.


Il regime processuale è ora definito dai commi sei e sette: l’azione del conduttore nei casi di nullità del contratto in conseguenza di “qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito” va proposta nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato: si tratta di un’azione diretta ad accertare l’esistenza del contratto che rimette al giudice la determinazione del canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’art. 2 ovvero quello definito ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati (si tratta dei contratti per gli studenti universitari). Lo stesso giudice può stabilire la restituzione delle somme eventualmente eccedenti. Va osservato che trattandosi di controversia in materia di locazione dovrà preventivamente essere esperito obbligatoriamente la proceduta di mediazione, condizione di procedibilità dell’azione.
L’azione di accertamento dell’esistenza del contratto è altresì riservata al conduttore nei casi in cui il locatore non abbia adempiuto all’obbligo di registrazione del contratto nel termine di trenta giorni.


Fonte articolo: Quotidianogiuridico.it

Comodato e affitti in concordato: il Fisco risponde

Immobili in comodato: ci sono ancora tre giorni di tempo per registrare senza sanzioni un contratto di comodato, cioè fino a giovedì 4 febbraio, e far scattare fin dal 1° gennaio 2016 l’agevolazione Imu e Tasi sulle case concesse in uso gratuito ai parenti. 
In occasione di Telefisco 2016, le Finanze hanno chiarito che il possesso degli immobili diversi dalle case non blocca la riduzione del 50% dell’imponibile.


Affitti a canone concordato:
la riduzione del 25% per gli immobili locati a canone concordato si applica sull’aliquota deliberata dal Comune e non sull’aliquota ordinaria. Questo significa che lo sconto del 25% dovrà essere calcolato, per gli immobili utilizzati come abitazione principale, sull’aliquota ridotta. 
Ma procediamo per gradi, e vediamo prima in cosa consiste l’allargamento del perimetro e poi come ottenere l’agevolazione.

Immobiili in coMODato.

Salvi terreni e negozi. 
Può ottenere lo sconto Imu e Tasi anche chi possiede altri immobili non abitativi oltre la casa data in comodato e quella in cui abita. In pratica, fermi restando gli altri requisiti fissati dalla legge, il possesso di una quota di un terreno o di un negozio - per esempio - non bloccano più l’agevolazione.
Sono salvi anche i proprietari di abitazioni con due o più pertinenze dello stesso tipo, per esempio due garage. Per le regole Imu-Tasi, infatti, uno solo è classificato come pertinenza, mentre il secondo è comunque un altro immobile. Non essendo però ad uso abitativo non va a intaccare il tetto dei due immobili, valido per lo sconto. 


La registrazione. 
Il contratto di comodato, secondo il Codice civile, è valido anche se non è messo per iscritto. Ma la Legge di Stabilità impone di registrarlo alle Entrate per avere lo sconto Imu e Tasi. Registrazione che deve avvenire entro 20 giorni dalla stipula, quindi normalmente entro il 20 gennaio.
Chi si fosse accorto in ritardo della nuova opportunità, però, può arrivare alla data del 4 febbraio senza perdere nulla né pagare sanzioni. I tributi locali si versano per dodicesimi e un periodo di almeno 15 giorni vale come un mese. Perciò, per poter “contare” anche gennaio, il comodato deve riportare come giorno di stipula – al più tardi – il 15 gennaio, il che porta a una data-limite per la registrazione di giovedì prossimo, per l’appunto.
Se sfora questo termine, il proprietario avrà due strade: considerare il contratto solo dal momento della registrazione, pagando le imposte in misura piena sul periodo non coperto, oppure pagare le sanzioni per la registrazione tardiva e gli interessi sfruttando il ravvedimento operoso, che è stato reso più conveniente dalla legge di Stabilità 2016, e beneficiando della limatura degli interessi legali (allo 0,2% dal 1° gennaio).


La convenienza. 
Per registrare il contratto, ai 200 euro di imposta di registro bisogna aggiungere l’imposta di bollo su ogni copia del contratto da registrare (16 euro ogni quattro pagine o 100 righe).
L’entità dello sconto dipende dalla rendita catastale e dall’aliquota comunale applicabile nel 2016 (il Comune non potrà aumentare quella deliberata nel 2015, ma potrebbe prevedere uno sconto). 
Nel conto finale entra in gioco anche l’eliminazione della Tasi a carico dell’utilizzatore, in questo caso il comodatario che usa la casa come abitazione principale: uno sconto che vale dal 10 al 30% della Tasi, in quei Comuni - uno su due - in cui erano stati chiamati alla cassa anche l’inquilino e l’occupante.


AFFITTI IN CONCORDATO.

Aliquote dei Comuni.
In forza dell’articolo 1, commi 53 e 54, della legge 208/2015, ai contribuenti proprietari degli immobili in esame è riconosciuto l’abbattimento del 25% dell'imposta, sia ai fini Imu che ai fini Tasi. È stato pertanto chiesto su quale aliquota debba essere calcolata questa riduzione, se su quella ordinaria o su quella deliberata dal Comune. in molti Comuni è stata infatti adottata un’aliquota agevolata in caso di immobili a canone concordato, che costituiscono l’abitazione principale dell’inquilino. 
La risposta delle Finanze, del tutto condivisibile, è che l’abbattimento si conteggia sull’aliquota deliberata dal Comune, anche se inferiore a quella ordinaria. 


Imu e Tasi.
La seconda questione riguarda l’obbligo della presentazione della denuncia Imu/Tasi. Va subito evidenziato che la questione si porrà nel giugno 2017. Al riguardo, le Finanze confermano che, poiché i Comuni non sono in grado di reperire l’informazione sulle singole unità affittate a canone concordato, la denuncia Imu è obbligatoria. Va tuttavia precisato che l’adempimento non è posto a pena di decadenza della riduzione. Questo significa in concreto che la mancata presentazione della denuncia non determinerà il venir meno della stessa ma comporterà l’irrogazione della sola sanzione fissa.


Locazione di fabbricati di interesse storico-artistico.
In questo caso, ci si può basare su quanto affermato dalle Finanze nella risposta che cita le abitazioni in comodato e si può ritenere che sia possibile cumulare l’agevolazione del 25% sull’imposta con la riduzione a metà dell’imponibile, prevista per tali tipologie immobiliari. Nella norma, infatti, non c’è alcuna preclusione in tal senso.


Alloggi sociali.
Chiarimenti relativi agli alloggi sociali, che sono esenti da Imu e, a partire dal 2016, anche dalla Tasi: si chiedeva di definire esattamente il perimetro di tale fattispecie. Sul punto il fisco si è tuttavia dimostrato abbastanza evasivo: la risposta si limita a richiamare il contenuto del Dm infrastrutture del 22 aprile 2008, citato nell’articolo 13, Dl 201/2011, senza offrire precisazioni particolari. Vale peraltro evidenziare che le Finanze confermano l’obbligo dichiarativo nel caso in esame, questa volta posto a pena di decadenza dell’agevolazione. 
Nel quesito si era rappresentata anche la fattispecie degli alloggi «"trutturalmente" sociali ma temporaneamente inutilizzati: non è chiaro in tal caso se l’esenzione competa comunque. La risposta più rigorosa dovrebbe essere negativa, ma vi sono spazi per letture diverse.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Comodato e concordato e le agevolazioni dei Comuni

L’obbligo di registrare il contratto di comodato per ottenere il dimezzamento di imposte previsto dall’ultima manovra, che naturalmente riguarda tutti i proprietari che hanno dato una casa ai figli o ai genitori senza finora passare dall’agenzia delle Entrate, aumenta le variabili in gioco nei calcoli sulla convenienza della nuova misura.


Tra questi fattori, un altro elemento di complessità è dato dall’incrocio fra i parametri nazionali e quelli che finora hanno fissato i Comuni nel riconoscere ai comodati un’aliquota più bassa rispetto alle altre “seconde case”.

La manovra riserva l’imponibile dimezzato, e quindi il conseguente sconto su Imu e Tasi, ai proprietari che oltre all’abitazione principale e alla casa data in uso gratuito non abbiano alcun altro immobile in Italia. Molti Comuni, invece, hanno in questi anni riconosciuto aliquote agevolate ai comodati a prescindere dal fatto che il proprietario avesse o meno altri immobili, in base a regole che ora i sindaci non possono cambiare per lo stop agli aumenti tributari imposto per il 2016 dalla stessa manovra.


In questo quadro, prendiamo il caso di un Comune che abbia previsto l’Imu al 10,6 per mille per le seconde case, e al 7,6 per mille per i comodati. In questo caso, l’aliquota di riferimento per la casa in comodato è sempre quella agevolata dal Comune, dunque il 7,6 per mille, ma il pagamento finale dipende dalla condizione del proprietario: se rientra nei rigidi parametri fissati dalla Legge di Stabilità, e quindi non possiede alcun altro immobile oltre all’abitazione principale e a quella concessa a figli o genitori, l’aliquota agevolata si applica sull’imponibile ridotto del 50%, e quindi produce un pagamento dimezzato rispetto al 2015, altrimenti continua a riguardare tutta la base imponibile: in questo caso, quindi, il conto sarà uguale a quello dell’anno scorso, perché lo sconto previsto in manovra non si applica.


Vale la pena di sottolineare, al riguardo, che un’intepretazione letterale della manovra porta a far cadere il beneficio nel caso di qualsiasi altro possesso di immobili al di fuori dell’abitazione principale e di quella data in comodato. In altri termini, basterebbe anche lo 0,1% di un terreno agricolo per far cadere il beneficio. Sul punto, sarebbe utile qualche chiarimento da parte dell’amministrazione finanziaria, anche per evitare il verificarsi di situazioni al limite del paradosso.


Diverso è il caso dei Comuni che fino a ieri avevano previsto l’assimilazione delle case in comodato all’abitazione principale. La manovra ha abolito questa possibilità, per cui le abitazioni concesse in uso gratuito rientrano fra le seconde case, a meno che il Comune decida per il 2016 un’aliquota agevolata.
Anche in questo caso, il dimezzamento della base imponibile dipende dai parametri nazionali sul possesso della sola abitazione principale e di quella data in comodato. Al riguardo, visti i molti dubbi che continuano a serpeggiare fra i contribuenti, è utile ricordare che il possesso di più abitazioni date in comodato non soddisfa i requisiti chiesti dalla manovra, per cui un proprietario che per esempio conceda in uso gratuito una casa a un figlio e un’altra al secondo figlio non ottiene lo sconto su nessuno dei due immobili.


Un meccanismo simile riguarda le case concesse a canone concordato, per le quali la manovra prevede uno sconto del 25% sull’imposta: se il Comune ha previsto per questi immobili un’aliquota agevolata, lo sconto si applica all’imposta calcolata su questo parametro.


Fonte articolo: Quotidiano Condominio, IlSole24Ore, vetrina web.

Leasing immobiliare: cos'è, vantaggi e svantaggi

Il leasing diventa un contratto tipico e anche per le persone fisiche sarà pienamente possibile acquistare la prima casa con un contratto di locazione finanziaria invece che con un mutuo fondiario/edilizio.


I giovani con età inferiore ai 35 anni, dal 1° gennaio 2016, con reddito non superiore a Euro 55.000, potranno acquistare l’abitazione principale, di categoria catastale diversa da A1, A8 e A9, in leasing godendo di specifiche agevolazioni fiscali ai fini Irpef, della sospensione delle rate.

La nuova normativa è sperimentale: il termine è fissato al 31 dicembre 2020. La procedura contrattuale prevede che l’intermediario si obblighi all’acquisto o far costruire l’immobile secondo la scelta del soggetto utilizzatore che ne assume tutti i rischi, compresa la perdita del bene. L’abitazione sarà messa a disposizione dell’utilizzatore per un periodo predeterminato contrattualmente e dietro versamento di un ammontare, congruo rispetto al prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore potrà acquistare la proprietà del bene a un prezzo prestabilito, ma potrà anche chiedere di rinnovare il leasing o rinunciare all’acquisto.


In caso d’inadempimento, l’utilizzatore dovrà restituire alla società di leasing l’immobile, questa lo venderà ai valori di mercato, restituendo (al netto dei canoni scaduti e non pagati, di quelli a scadere attualizzati e dell’esercizio dell’opzione finale di acquisto e di altre eventuali spese legate alla vendita dell’immobile), all’utilizzatore quanto di sua competenza. In caso d’incapienza dell’ammontare della vendita dovrà essere l’utilizzatore a restituire le somme mancanti alla società di leasing.
Introdotta per le prima volta per legge la possibilità contrattuale di sospensione delle rate può essere richiesta in caso di:

– cessazione del rapporto di lavoro subordinato
– cessazione del rapporto di agenzia
– rappresentanza commerciale
– rapporto di collaborazione coordinata e continuativa

ma non in caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato non dipendente, di risoluzione consensuale, di pensionamento, di dimissioni o licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
La sospensione, da richiedere all’intermediario, non prevede alcun costo per il contraente né altre garanzie; può essere concessa per una sola volta per tutta la durata del contratto e per massimo dodici mesi. Al momento della ripresa le rate saranno quelle previste contrattualmente, con la periodicità originaria; sarà comunque possibile che le parti contraenti rinegozino le condizioni contrattuali.
L’abitazione non è soggetta all’azione revocatoria fallimentare (ex art. 67.3.a, legge fallimentare), ma per l’eventuale rilascio dell’immobile è possibile utilizzare il procedimento per convalida di sfratto.


I vantaggi per coloro con meno di 35 anni e con un reddito fino a Euro 55.000.
Le agevolazioni fiscali per i giovani di età non superiore a 35 anni, con un reddito complessivo fino a Euro 55.000 che al momento della stipula non siano proprietari diritti di proprietà su immobili a destinazione abitativa riguardano la detraibilità IRPEF del 19% dei costi contrattuali, dei canoni e dei relativi oneri accessori fino a Euro 8.000, l’opzione finale di acquisto per un importo massimo di Euro 20.000. Per godere delle misure agevolative l’abitazione deve essere destinata, entro dodici mesi, a essere quella principale del contraente.


I vantaggi per coloro che hanno più di 35 anni o un reddito superiore a Euro 55.000.
Le detrazioni sono ridotte della metà. L’imposta di registro è fissata all’1,50% sia per gli atti di trasferimento in favore delle banche, nel caso l’abitazione rispetti le condizioni per essere considerata prima casa. Le imposte di registro, ipotecarie e catastali sono applicate in misura fissa in caso di acquisto da parte di un intermediario è effettuato da una impresa costruttrice e quindi soggetto a IVA. Medesima agevolazione, per l’utilizzatore all’atto del riscatto.
Nei casi di acquisto di immobile senza le caratteristiche di “prima casa” l’imposta di registro è del 9%. I canoni di locazione sono soggetti all’ordinaria imposta di registro, pari al 2%.


Fino al 31 dicembre 2016 è stata prevista una detrazione IRPEF del 50% dell’imposta dovuta per l’acquisto di unità immobiliari a destinazione residenziale, di classe energetica A o B, in caso di cessione da parte delle imprese che le hanno costruite. La detrazione va divisa in quote costanti nell’anno di sostenimento della spesa e nei nove periodi d’imposta successivi. L’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali per gli atti di trasferimento delle aree che rientrano negli interventi di edilizia convenzionata, si applica a prescindere dal titolo di acquisizione della proprietà. Introdotte per gli intermediari norme per la trasparenza e la pubblicità nelle procedure di vendita e ricollocazione del bene.

La nuova possibilità di acquisto presenta vantaggi e svantaggi. I 9 vantaggi:

1. possibilità di finanziamento del 100% del valore dell’immobile (le banche hanno il limite dell’80% e, attualmente la percentuale di erogazione è intorno al 65% del valore dell’immobile).

2. totale detraibilità dell’intera rata (per i mutui bancari solo degli interessi).

3. mancanza di spese di istruttoria.

4. non iscrizione di ipoteca in quanto l’immobile è di proprietà dell’intermediario.

5. assenza di spese notarili fino al momento del riscatto dell’immobile (riscatto che avverrà al valore dell’immobile fissato contrattualmente).

6. possibilità contrattuale di sospensione delle rate senza dover attendere leggi o accordi tra le associazioni rappresentative dell’impresa e dei consumatori.

7. in termini di reddito imponibile il vantaggio è innegabile considerato che la rendita dell’abitazione non concorre a formarlo considerato che l’immobile è di proprietà dell’intermediario.

8. IVA è detratta dall’intermediario sull’acquisto quindi l’imposta non aumenta il valore dell’immobile come per i mutui.

9. detrazioni fiscali per gli utilizzatori di età inferiore a 35 anni con reddito fino a Euro 55.000.


3 principali possibili svantaggi:

1. pagamento di un canone iniziale di importo anche elevato, non inferiore al 15% del valore dell’immobile e la maxirata finale.

2. durata può inserirsi tra gli svantaggi visto che la locazione non supera venti anni con una durata media inferiore a quindici anni e una minima, di legge di otto anni.

3. probabilmente, ma bisognerà attendere l’operatività della norma, il tasso di interesse dovrebbe essere più alto di quello dei mutui.


Alla luce dei vantaggi e degli svantaggi non è prevedibile che si possa avere un travaso dai mutui al leasing. E’ però innegabile che si tratti di una possibilità interessante e da prendere in considerazione per i circa 200.000 giovani che possono accedere alle agevolazioni e per gli 800.000 altri potenziali acquirenti della prima casa.


Fonte articolo: Notiziariofinanziario.com

Cosa manca al canone concordato per decollare

Lo sconto del 25% su Imu e Tasi per le case affittate a canone concordato è un segnale importante, ma sul fronte degli affitti - per proprietari e inquilini - si poteva fare di più.


Da un lato, arrivando a fissare un generale tetto alle imposte municipali che gravano sugli immobili locati a canone calmierato. Dall'altro, continuando ad alimentare e rinsaldando il Fondo di sostegno alla locazione, a favore delle famiglie in difficoltà.

 

1. Lo sconto sulle imposte locali. 
Con la riduzione del 25% di Imu e Tasi per gli alloggi concessi con contratto concordato e il divieto per i Comuni di alzare quest'anno le relative aliquote fissate nel 2015, la Legge di Stabilità porta un certo sollievo al mercato degli affitti a prezzi sostenibili. Nel complesso, si tratta di una misura "che rappresenta quell'inversione di tendenza nella tassazione degli immobili locati che Confedilizia chiedeva da tempo", dichiara il presidente dell'organizzazione, Giorgio Spaziani Testa. "La consideriamo, insieme alle altre misure di riduzione delle imposte sulla casa, un ottimo punto di partenza per un cammino, che dovrà proseguire, di graduale ma continua correzione degli errori compiuti sull'immobiliare a partire dalla manovra Monti".


Proprio Imu e Tasi hanno d'altra parte aggravato il peso della tassazione sulle case locate. "Ma stabilire un'aliquota agevolata fissa del 4 per mille, come avevamo proposto ed era stato prospettato in fase di discussione del Ddl, sarebbe stato più chiaro e conveniente per tutti. Molto - prosegue il presidente di Confedilizia - dipende infatti dalle scelte iniziali fatte dai Comuni: se il livello è troppo alto, non basta questo sconto a rendere appetibili i “concordati”.


2. Le scarse agevolazioni Imu-Tasi offerte dai Comuni. 
Al successo della formula del concordato partecipano diversi elementi, a partire dalla revisione e l'aggiornamento degli accordi territoriali, cui spetta delineare le fasce di oscillazione dei canoni agevolati. E nel corso dell'ultimo anno diversi accordi sono stati svecchiati, se non addirittura “risvegliati” da un letargo che aveva estinto i contratti concordati dal panorama delle locazioni: come nel caso di Milano, dove a giugno 2015 si è firmato un nuovo testo (a 16 anni dal primo, inservibile), e dove agli affitti calmierati si applica un'aliquota Imu-Tasi al 7,3 per mille, al posto del 10,4 di quelli liberi.


Qui sta un nodo centrale, perché la tassazione concorre a pieno a determinare il successo della formula concordata. Ma spesso le riduzioni offerte dai Comuni si rivelano inadeguate, e le imposte locali finiscono con l'annullare ogni possibile vantaggio possa ad esempio derivare dall'incrocio tra canoni “equilibrati” e cedolare secca al 10 per cento. "Siamo giunti al punto di considerare agevolate anche aliquote tra l'8 e il 9 per mille, che superano il massimo previsto qualche anno fa (con l'Ici, ndr) e si applicano oltretutto a una base imponibile più alta", commenta Spaziani Testa.


Basta leggere le delibere sul sito delle Finanze: se nel 2015 le città capoluogo di provincia hanno deciso per gli “immobili diversi” un'aliquota media Imu-Tasi del 10,4 per mille, quella sugli affitti concordati si è attestata all'8,6, dimostrandosi ancora troppo alta.
In sintesi, la Legge di Stabilità porta “dall'alto” una riduzione che i Comuni - se avessero voluto spingere in tal senso - avrebbero potuto compiere autonomamente. E a riprova si possono prendere i casi estremi di Roma (dove l'aliquota è al massimo, all'11,4) e Bari (dove invece è stata fissata al 4 per mille).


3. Il mancato rifinanziamento del Fondo di sostegno alla locazione.
Il tentativo del Governo di regolare la dinamica degli affitti, introducendo questo sconto dopo aver già ridotto la cedolare secca dal 15 al 10%, è apprezzabile anche a parere del segretario del Sunia, Daniele Barbieri. Che però lamenta l’assenza di interventi diretti per gli inquilini nella Legge di Stabilità, e in particolare il mancato rifinanziamento del Fondo nazionale di sostegno alla locazione, istituito dalla legge 431/98 e dedicato alle famiglie meno abbienti, in difficoltà nel pagamento dei canoni.


"Dall'azzeramento del 2013 si è passati ai 200 milioni stanziati per il 2014 e 2015, e si è tornati al completo azzeramento per il 2016", sottolinea Barbieri. "Nonostante lo stesso Governo qualche mese fa, rispondendo a un'interrogazione parlamentare tramite il viceministro Del Basso De Caro, avesse affermato la piena necessità del Fondo. La cui dote, inoltre, non andrebbe affidata a provvedimenti una tantum come per il biennio 2014-2015: perché gli interventi spot creano incertezza - prosegue Barbieri - e lo stesso si può dire della cedolare secca al 10% che tornerà al 15% nel 2018, mentre insistiamo per renderla strutturale".


Anche la presenza del Fondo si lega al buon esito e allo sviluppo dei contratti concordati. A Bologna, ad esempio, il bando del contributo per l'affitto è scaduto il 28 novembre scorso e delle circa 3.500 domande presentate - raccontano dal Sunia – circa tre quarti si riferiscono proprio a locazioni calmierate.


4. I numeri imponenti del disagio abitativo.
Ma è la generale emergenza abitativa a non dover essere sottovalutata, come evidenzia uno studio Nomisma condotto per Federcasa. Sono infatti "quasi 1,8 milioni le famiglie in locazione che, versando oggi in una condizione di disagio abitativo (incidenza del canone sul reddito familiare superiore al 30%), corrono un concreto rischio di scivolamento verso forme di morosità e di possibile marginalizzazione sociale", ha spiegato il direttore generale, Luca Dondi. Si tratta perlopiù di cittadini italiani (circa il 65%), distribuiti sul territorio nazionale in maniera abbastanza omogenea.


"Se non vi sono dubbi che il fenomeno risulti più accentuato nei grandi centri, dall'analisi non sembrano emergere zone franche, con una diffusione che interessa anche capoluoghi di medie dimensioni e centri minori. In tale quadro - continua Dondi - la dotazione di edilizia residenziale pubblica si conferma del tutto insufficiente, consentendo di salvaguardare appena 700 mila nuclei familiari, vale a dire poco più di un terzo di quelli che attualmente versano in una situazione problematica".


A fronte della vastità del problema abitativo, le risposte pubbliche - afferma lo studio di Nomisma - sono state fino qui complessivamente inadeguate: sia i piani di recupero e ristrutturazione degli immobili Erp inutilizzati, sia la continua invocazione al concorso privato attraverso il sistema dei fondi immobiliari e all'intervento dalla Cassa Depositi e Prestiti. Ma è insufficiente anche l'alleggerimento fiscale (sul reddito e sulla proprietà) "riconosciuto ai proprietari di abitazioni concesse in locazione a canone “concordato”, soprattutto laddove gli accordi territoriali che disciplinano tale opzione sono talmente obsoleti da renderla di fatto inutilizzabile".


Fonte articolo: Casa24-IlSole24Ore

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