Comodato e concordato e le agevolazioni dei Comuni

L’obbligo di registrare il contratto di comodato per ottenere il dimezzamento di imposte previsto dall’ultima manovra, che naturalmente riguarda tutti i proprietari che hanno dato una casa ai figli o ai genitori senza finora passare dall’agenzia delle Entrate, aumenta le variabili in gioco nei calcoli sulla convenienza della nuova misura.


Tra questi fattori, un altro elemento di complessità è dato dall’incrocio fra i parametri nazionali e quelli che finora hanno fissato i Comuni nel riconoscere ai comodati un’aliquota più bassa rispetto alle altre “seconde case”.

La manovra riserva l’imponibile dimezzato, e quindi il conseguente sconto su Imu e Tasi, ai proprietari che oltre all’abitazione principale e alla casa data in uso gratuito non abbiano alcun altro immobile in Italia. Molti Comuni, invece, hanno in questi anni riconosciuto aliquote agevolate ai comodati a prescindere dal fatto che il proprietario avesse o meno altri immobili, in base a regole che ora i sindaci non possono cambiare per lo stop agli aumenti tributari imposto per il 2016 dalla stessa manovra.


In questo quadro, prendiamo il caso di un Comune che abbia previsto l’Imu al 10,6 per mille per le seconde case, e al 7,6 per mille per i comodati. In questo caso, l’aliquota di riferimento per la casa in comodato è sempre quella agevolata dal Comune, dunque il 7,6 per mille, ma il pagamento finale dipende dalla condizione del proprietario: se rientra nei rigidi parametri fissati dalla Legge di Stabilità, e quindi non possiede alcun altro immobile oltre all’abitazione principale e a quella concessa a figli o genitori, l’aliquota agevolata si applica sull’imponibile ridotto del 50%, e quindi produce un pagamento dimezzato rispetto al 2015, altrimenti continua a riguardare tutta la base imponibile: in questo caso, quindi, il conto sarà uguale a quello dell’anno scorso, perché lo sconto previsto in manovra non si applica.


Vale la pena di sottolineare, al riguardo, che un’intepretazione letterale della manovra porta a far cadere il beneficio nel caso di qualsiasi altro possesso di immobili al di fuori dell’abitazione principale e di quella data in comodato. In altri termini, basterebbe anche lo 0,1% di un terreno agricolo per far cadere il beneficio. Sul punto, sarebbe utile qualche chiarimento da parte dell’amministrazione finanziaria, anche per evitare il verificarsi di situazioni al limite del paradosso.


Diverso è il caso dei Comuni che fino a ieri avevano previsto l’assimilazione delle case in comodato all’abitazione principale. La manovra ha abolito questa possibilità, per cui le abitazioni concesse in uso gratuito rientrano fra le seconde case, a meno che il Comune decida per il 2016 un’aliquota agevolata.
Anche in questo caso, il dimezzamento della base imponibile dipende dai parametri nazionali sul possesso della sola abitazione principale e di quella data in comodato. Al riguardo, visti i molti dubbi che continuano a serpeggiare fra i contribuenti, è utile ricordare che il possesso di più abitazioni date in comodato non soddisfa i requisiti chiesti dalla manovra, per cui un proprietario che per esempio conceda in uso gratuito una casa a un figlio e un’altra al secondo figlio non ottiene lo sconto su nessuno dei due immobili.


Un meccanismo simile riguarda le case concesse a canone concordato, per le quali la manovra prevede uno sconto del 25% sull’imposta: se il Comune ha previsto per questi immobili un’aliquota agevolata, lo sconto si applica all’imposta calcolata su questo parametro.


Fonte articolo: Quotidiano Condominio, IlSole24Ore, vetrina web.



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