Affitto in condominio: chi comunica il contratto all'amministratore?

Se un'unità immobiliare ubicata in condominio viene concessa in locazione, è necessario comunicare il contratto di locazione all'amministratore.


Entro quanto tempo e da parte di chi va posto in essere questo adempimento?

 

L'esecuzione di questo compito è sufficiente per considerare realizzato anche l'obbligo di collaborazione che la legge pone in relazione all'anagrafe condominiale?


Partiamo subito dalla norma di riferimento: essa è contenuta nella legge n. 431 del 1998 recante "Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo".
La norma cui guardare per trovare risposta a tutti i quesiti posti in apertura di questo breve approfondimento è il primo comma dell'art. 13 che recita:

"[...] E' fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all' articolo 1130, numero 6), del codice civile".

La norma prevede un insieme di adempimenti chiaro e preciso. Innanzitutto un obbligo di natura tributaria, ossia la registrazione del contratto di locazione da parte del locatore, ossia della persona che concede in locazione l'unità immobiliare.
La registrazione, ossia il deposito del contratto presso l'Agenzia delle Entrate ai fini dell'applicazione delle imposte in ragione del regime prescelto (es. cedolare secca) deve avvenire entro trenta giorni dalla conclusione del contratto stesso. Dal momento della registrazione inizia a decorrere un nuovo termine, che rileva nei rapporti condominiali.


Si tratta di sessanta giorni entro i quali il medesimo locatore deve comunicare all'amministratore condominiale, in modo documentato, l'avvenuta registrazione del contratto di locazione. Che cosa vuol dire ciò? Il locatore deve trasmettere all'amministratore il contratto di locazione registrato?


Ad avviso di chi scrive, no. La legge impone a questo soggetto di dare documentata comunicazione della registrazione del contratto, non di comunicare il contratto registrato.
Ed allora? Allora è sufficiente comunicare all'amministratore la ricevuta di registrazione rilasciata dall'Agenzia delle entrate, esplicitando chiaramente i nomi delle parti (sovente le ricevute di registrazione riportano il solo codice fiscale delle medesime).


Tale adempimento, specifica il primo comma dell'art. 13 della legge n. 431/1998 vale anche in relazione agli obblighi posti in capo ai condòmini in relazione alla tenuta del registro di anagrafe condominiale.
Al riguardo è utile specificare un aspetto concernente la tempistica. L'art. 1130 n. 6 c.c. pone in capo ai condòmini un obbligo di comunicazione di una serie di dati (ivi comprese le generalità dei titolari di diritti personali di godimento) entro sessanta giorni dall'avvenuta variazione.


Esempio: Tizio è proprietario di un appartamento e lo concede il locazione a Caio. I dati identificativi di Caio devono essere comunicati all'amministratore entro sessanta giorni dalla stipula del contratto (data di riferimento ai fini della suddetta variazione).
Come s'è detto, però, l'art. 13 della legge n. 431 del 1998 impone l'obbligo di comunicazione della registrazione del contratto di locazione - anche ai fini della tenuta del registro di anagrafe condominiale - entro sessanta giorni dalla registrazione (e non della firma del contratto).


Quindi? Quale termine considerare? Ad avviso dello scrivente va tenuto in considerazione quello indicato dalla legge n. 431, in quanto l'adempimento ivi previsto è stato inserito nella legge dopo l'entrata in vigore dell'art. 1130 n. 6 c.c.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Mettere a reddito una casa comprata dà un netto del 2%

Sempre meglio di un bond. Con un po’ di fortuna. Mettere a reddito una casa comprata ora è una scelta che non promette scenari lusinghieri, ma che a conti fatti, e se non si incappa in gravi problemi, consente di avere una redditività netta intorno al 2% (a meno, certo, di imprevisti di ogni sorta). 


Discorso ben diverso, invece, quando la casa è stata comprata all’epoca d’oro dei valori immobiliari: la redditività attuale è infatti molto più bassa.

 

  • E stiamo parlando di canoni di mercato: chi sceglie il contratto concordato, pur contando sulla cedolare del 10% anziché del 21%, può eguagliare la redditività dell’accordo “libero” solo se la differenza tra i canoni non supera il 20-22 per cento. Per questo Il Sole 24 Ore del Lunedì – nel calcolare sette esempi concreti di affitti di mercato (quattro in grandi città e tre in centri minori), con l’aiuto di Confedilizia e del Centro studi Fiaip – è andato a verificare anche questi dati, che si aggiungono all’Imu, alla Tasi e alla pur generosa cedolare secca. Ebbene, in base a questo "affittometro", il 2% netto risulta un obiettivo quasi sempre raggiungibile.


  • Ma ciò che incide in modo diverso non è tanto l’affitto lordo quanto le tasse, i periodi di sfittanza e la morosità potenziale (talmente frequente da dover essere sempre messa in conto). In casi di ottima redditività lorda, come per esempio alla periferia di Roma, dove sfiora il 5%, il netto si riduce al 2,4 per cento. E nella periferia di Milano lo scarto è anche peggiore: da 5,7% a 2,6%, morosità media compresa. Mentre a Bergamo il reddito lordo è del 4,4% e quello netto del 2,6 per cento.

Le differenze possono anche avere una loro ragione di mercato; e tuttavia la penalizzazione dell’Imu non appare giustificabile. Ancor meno comprensibile è il peso della morosità: se in alcune città è minore e in altre maggiore, ciò è dovuto a un problema sociale e all’oggettiva impossibilità di riavere il canone “scontato” dall’inquilino. 


Proprio qualche giorno fa, Confedilizia ha reso nota la sentenza del Tribunale di Roma 21347/2017, che afferma un importante principio: il Ministero dell’Interno è stato dichiarato responsabile del mancato sgombero per occupazione abusiva di un ampio immobile, e condannato a pagare svariati milioni per i mancati affitti. Il principio va a tutela dei proprietari e sarebbe estensibile alle situazioni di sfratto, che si protraggono per mesi e anni.


"Sulla tassazione – spiega Gian Battista Baccarini, presidente Fiaip – resta il peso eccessivo a livello territoriale rappresentato dall’Imu sulle seconde case. Quanto al nodo della morosità, vorremmo che il contratto di locazione stesso diventasse titolo esecutivo, per accelerare il ritorno al possesso dell’immobile". Dall’altro lato, il segretario generale del Sunia, Daniele Barbieri, punta il dito contro il sistema degli aiuti: "Il Fondo per la morosità incolpevole dovrebbe intervenire in casi straordinari, e la “normalità” dovrebbe essere la leva del Fondo a sostegno dell’affitto. Purtroppo il primo vede tempi di erogazione troppo lunghi, e il secondo manca delle risorse necessarie, perché non viene rifinanziato".


Tornando al discorso della redditività, tra l’altro, non tutti gli oneri a carico del proprietario sono stati considerati: chi non riesce a destreggiarsi con la registrazione del contratto e il pagamento della cedolare, per esempio, dovrà rivolgersi a un professionista.


C’è poi un altro fattore, imponderabile ma ben presente: il costo dell’immobile. I calcoli sono stati infatti svolti sulla base dei valori attuali, che però, rispetto a otto-nove anni fa, risultano crollati del 30 per cento. E chi affitta ora una casa comprata all’epoca del picco massimo dei prezzi si troverà, inevitabilmente, una redditività ribassata anche fino allo “zero virgola”. Restando agli esempi, la casa nel semicentro milanese nove anni fa valeva 450mila euro e ora renderebbe meno del 2 per cento.


A parere di Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, "la media di redditività del 2% deriva da calcoli in parte ottimistici (i periodi di sfitto sono spesso di molti mesi, quando non di anni) e comunque presuppone un investimento fatto ora, dopo che il risparmio immobiliare è stato distrutto da un’imposizione fiscale scellerata". Per far ripartire il mercato "è necessario ridurre la tassazione sul settore e fornire maggiori garanzie ai proprietari, per rientrare in possesso del bene al termine della locazione".


Fonte articolo: IlSole24ore

Da domani in vigore la norma "Airbnb" sugli affitti brevi

Dal primo giugno entrerà in vigore l'imposta speciale introdotta con la manovra di primavera (la cosiddetta manovrina, articolo 4 del Dl 50/2017), che prevede il pagamento della cedolare secca del 21% per tutti gli affitti brevi, inferiori ai 30 giorni, stipulati da persone fisiche direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online come Booking e Airbnb, ad esempio.


Da qui il soprannome "tassa Aibnb". 

 

 

La nuova imposta andrà a sostituire quella dell'Irpef e quella di registro che chi affitta è chiamato a pagare a fine anno con la dichiarazione dei redditi.

Trasmissione dati, ritenuta e sanzioni

Nell'audizione del 4 maggio 2017, è stato ribadito cheai sensi del comma 4 della norma in esame, gli adempimenti devono essere posti in essere non solo dagli Agenti immobiliari ma da tutti coloro che, in senso lato, effettuano intermediazione mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare.


Si prevede per tali soggetti l'obbligo di trasmissione dei dati relativi ai contratti stipulati per il loro tramite e, laddove incassino i canoni o i corrispettivi, l'obbligo di applicare, in qualità di sostituti di imposta, la ritenuta del 21% all'atto dell'accredito e di provvedere al relativo versamento.
La ritenuta, nel caso in cui non sia stata esercitata l'opzione per il regime della cedolare secca, si considera operata a titolo di acconto.


La omessa, incompleta o infedele trasmissione dei dati richiesti è punita con la sanzione da euro 250 a 2.000 euro applicabile in caso di omissione di ogni comunicazione prescritta da leggi tributarie, ridotta alla metà se l'adempimento è effettuato correttamente entro i quindici giorni successivi alla scadenza.

Audizione del direttore dell'agenzia dell'Entrate

Il 4 maggio 2017, in Commissioni Riunite Bilancio Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, durante l'audizione del direttore dell'agenzia dell'Entrate, è stato precisato che per i redditi rivenienti dai contratti di locazione breve previsti dall'art. 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, stipulati a partire dal 1° giugno 2017, è previsto l'assoggettamento, su opzione, alle disposizioni relative alla cedolare secca di cui all'articolo 3 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, con l'aliquota del 21 per cento. 
Il regime della cedolare secca, con applicazione della aliquota del 21% è già applicabile ai contratti di locazione di durata inferiore a 30 giorni.


Il contenuto innovativo della norma è dato dalla previsione che ne estende l'applicazione ai contratti menzionati, in cui la locazione è integrata dai servizi di pulizia locali e cambio biancheria, nonché ai contratti di sub-locazione a quelli conclusi dal comodatario.
Il tratto di novità è dato, inoltre dalla previsione di obblighi posti a carico degli intermediari: la norma introduce, per finalità di controllo nonché di contrasto all'evasione fiscale, specifici obblighi, a carico dei soggetti esercenti attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on-line.


Salvo modifiche in sede di conversione, il regime previsto si applica ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati a decorrere dal 1 giugno 2017; tale termine, correlato alla previsione di gettito, dovrebbe (secondo l'Agenzia dell'Entrate) comunque escludere un ulteriore rinvio degli adempimenti, oltre la data di emanazione del Provvedimento, in quanto la norma stessa già contiene sufficienti indicazioni per l'effettuazione delle ritenute (la stessa norma prevede che il prelievo deve essere effettuato all'atto dell'accredito dei canoni e dei corrispettivi relativi ai contratti stipulati a partire dal 1 giugno).

I primi dati statistici 

Secondo i primi rilevamenti(ricerca condotta dal Monitor Allianz Global Assistance in collaborazione con l'istituto di ricerca Nexplora) 1 italiano su 2 ha dichiarato di aver già utilizzato o di voler utilizzare in futuro i servizi di home sharing, 1 su 4 lo preferisce ad alberghi e pensioni per le proprie vacanze, mentre il 30% ancora non conosce questa tipologia di soggiorno.
Sicché, secondo tale indagine, trenta milioni di italiani sarebbero colpiti dalla cedolare secca che sta per entrare in vigore con la manovrina del governo Gentiloni.
Di questi, hanno già usufruito del servizio o contano di farlo in futuro il 52% dei giovani compresi fra i 25 e i 34 anni, contro il 34% degli over 65.


L'aspetto più apprezzato di questo tipo di alloggio (con formula home sharing) resta il fattore economico, indicato dal 75% degli intervistati, la formula più economica rispetto alle tradizionali strutture ricettive.
Dal punto di vista territoriale, è emerso che il 57% sceglierebbe questo tipo di strutture per una meta europea, contro il 36% che le utilizzerebbe per un viaggio in Italia e solo il 7% per viaggiare fuori dall`Europa. Tra questi spicca il dato dei Baresi (49 %) e dei Bolognesi (83 %).


Gli aspetti controversi

Secondo Matteo Stifanelli (Country manager di Airbnb Italia):

Se la legge rimane questa siamo pronti a fare ricorso e ad aprire un contenzioso con lo Stato per tutelare i diritti dei nostri host. 


In pratica, a parere del Manager di Airbnb Italia, la nuova imposta così come è stata pensata viola in diversi punti la normativa europea, soprattutto in termini di privacy e di territorialità; ciò, in quanto, il servizio Airbnb fattura i suoi servizi dall'Irlanda, sicché il ruolo di sostituto d'imposta comporterebbe l'obbligo di avere la residenza fiscale in Italia. 


Ed ancora, secondo Stifanelli, il vero nodo sono questi emendamenti intesi come "tentativi di introdurre oneri ingiusti che nulla hanno a che fare con un miglioramento del rapporto tra cittadino e fiscalità ma puntano, chiaramente, a limitare il diritto di condividere la propria casa”.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Si può lasciare la casa in affitto prima della scadenza del contratto?

L'inquilino che lascia un appartamento prima della fine del contratto è tenuto a pagare i canoni fino alla scadenza dello stesso.


E questo anche se nei fatti ha già fatto le valigie e lasciato le chiavi al padrone di casa. A chiarirlo è stata una recente sentenza della Cassazione.

Secondo la normativa vigente l'inquilino puo' lasciare in qualsiasi momento l'appartamento in affitto solo in casi eccezionali in cui esiste una "giusta causa". Questa consiste in un impedimento oggettivo, non dipendente dalla volontà dell'inquilino e non esistente al momento della stipula del contratto che gli impedisca di continuare a vivere nella stessa casa. E' il caso per esempio di un improvviso trasferimento per ragioni di lavoro.


In tutti gli altri casi, l'affittuario deve rispettare la naturale scadenza del contratto dando disdetta con anticipo di sei mesi.
Anche nel caso in cui decida di lasciare prima l'appartamento, consegnando anche le chiavi al padrone di casa - come chiarito dalla Cassazione nella ordinanza n 1177/17 - deve continuare a pagare il canone di locazione fino alla scadenza, ovvero per tutti i sei mesi previsti. A meno che non sia lo stesso conduttore che decida di dispensarlo dal pagamento.


Secondo la sentenza della Suprema Corte, infatti, i "canoni sono dovuti a prescindere dalla circostanza che l’immobile sia stato restituito anticipatamente, ove non risulti che il locatore abbia accettato la restituzione anticipata con rinuncia al preavviso minimo e ai relativi canoni".


Fonte articolo: Idealista.it

Quali sono le spese d'affitto detraibili nel 730?



La  stagione della dichiarazione dei redditi è ufficialmente iniziata anche per l'anno di imposta 2016. 


Che si utilizzi il modello precompilato (che è disponibile dal 18 aprile) o si scelga quello tradizionale è importante conoscere le spese che è possibile portare in detrazione e/o in deduzione. 

 

Tra le prime vi sono quelle sostenute per l'affitto di una casa adibita ad abitazione principale. I requisiti e le soglie cambiano a seconda dei casi.

I contribuenti possono indicare le spese da portare in detrazione nel rigo E71-E72 del Modello 730/2016, dove, in primis, sarà necessario inserire i dati della locazione, degli inquilini e la tipologia contrattuale.
Per quanto riguarda l'importo delle spese detraibili:

  • Inquilini a basso redditto 
  1. Detrazione Irpef di 300 euro per redditi non superiori a 15.493, 71 euro;
  2. Detrazione Irpef di 150 euro per redditi superiori a 15.493, 71 euro, ma inferiori a 30.987,41 euro.
  • Lavoratore dipendente che trasferisce la sua residenza per motivi di lavoro
  1. Detrazione di 991,60 per redditi inferiori a 15.493, 71 euro;
  2. Detrazione di 495, 80 euro per redditi superiori a 15.493, 71 euro, ma inferiori a 30.987,41 euro.

Se nel corso del periodo di spettanza della detrazione il contribuente cessa di essere lavoratore dipendente, la detrazione non spetta a partire dal periodo d’imposta successivo a quello nel quale non sussiste più tale qualifica. Il lavoratore, inoltre, deve essere titolare di un contratto di locazione che può essere di qualunque tipo, di unità immobiliare adibita ad abitazione principale.

  • Giovani tra 20 e 30 anni
  1. Detrazione di 961,60 euro per redditi complessivi fino a 14,493, 70 euro.

Il requisito dell’età è soddisfatto se ricorre anche per una parte del periodo d’imposta. Così ad esempio se il giovane ha compiuto 30 anni nel corso del 2016, ha diritto a fruire della detrazione, nel rispetto degli altri requisiti, solo per tale periodo d’imposta;

  • Inquilini di alloggi sociali (per il periodo d'imposta dal 2014 al 2016)
  1. Detrazione pari a 900 euro per redditi complessivi non superiori a 15.493, 71 euro;
  2. Detrazione pari a 450 euro per redditi superiori a 15.493, 71 euro, ma non a 30.987,47 euro.
  • Studenti universitari fuori sede
  1. Detrazione Irpef del 19% su un importo non superiore a 2.633 euro.
  • Contratti a canone convenzionato
  1. Detrazione di 495,80 euro per redditi non superiori a 15.493,71 euro;
  2. Detrazione di 247,90 euro per redditi superiori a 15.493, 71 euro, ma non a 30.987, 41 euro.


In nessun caso la detrazione spetta per i contratti di locazione intervenuti tra enti pubblici e contraenti privati.


Fonte articolo: Idealista.it

La "Manovrina" per il settore immobiliare non convince

Forte "preoccupazione" per il mantenimento, seppur in misura parziale, delle clausole di salvaguardia, ma "soddisfazione" per l'abbandono della riforma del catasto.


È il giudizio espresso sulla manovrina dall'Ance, l'associazione dei costruttori edili, che nel corso di un'audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, fa notare che l'aumento dell'Iva "produce solo effetti negativi sul mercato, con una forte contrazione dei consumi".

 

 

Confedilizia: "Ignorato settore immobiliare" 

La manovra-bis dimostra "la mancanza assoluta di volontà di intervenire sul settore immobiliare" ancora profondamente in crisi, e che necessiterebbe invece di una "cura shock" da punto di vista fiscale. Lo ha detto il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, nel corso dell'audizione sul decreto davanti alle Commissioni Bilancio. 


In particolare, Spaziani Testa è intervenuto sulla questione dei nuovi obblighi per gli intermediari previsti nel Dl 50/2017 per la ritenuta sui canoni delle locazioni brevi, la cosiddetta "tassa Airbnb", il presidente ha spiegato: "Non ci spaventa la ritenuta, ma non posso non rilevare come turbi molto, e in questo caso effettivamente spaventi, il fatto che si parta da un pregiudizio per giustificare la normativa".


Parlando dell'evasione fiscale nel settore, la relazione tecnica al decreto, ha precisato Spaziani Testa, cita infatti "i dati di un'indagine della Guardia di Finanza di Venezia, presumibilmente quindi riferita alla stessa città, che avrebbe dimostrato che solo un affitto su quattro è dichiarato. Ci preoccupa la dimensione territoriale del presupposto" per fare una legge nazionale.


Inoltre, ha aggiunto il presidente di Confedilizia "Siamo preoccupati che possano esserci eccessivi adempimenti, e dunque eventuali sanzioni, in capo agli Agenti immobiliari, oltre ai portali attraverso i quali qualche volta viene reperito l'immobile".
Gli agenti, infatti, se incassano il canone di locazione, diventano sostituto d'imposta. "La Fiaip ha già espresso le proprie preoccupazioni per un ruolo particolarmente significativo e pesante che viene attribuito agli Agenti immobiliari", ha aggiunto. Serve dunque una "modifica per evitare eccessive incombenze per il settore" ha proseguito Spaziani Testa.


Secondo Raffaele Dedemo, Vicepresidente Fiaip con delega al Turismo - questo provvedimento rappresenta un'ulteriore incombenza sull'attività degli Agenti immobiliari, che inciderà notevolmente su chi lavora nel settore delle locazioni turistiche, a fronte di guadagni, a volte, molto limitati".


E continua: "Non crediamo che il problema del mondo delle locazioni turistiche sia il sommerso o l'evasione ipoteticamente generata per gli affitti brevi, in quanto oggi la percentuale di pagamenti in contanti è bassissima e quindi altamente tracciabile. Il problema, semmai, sono le differenti normative locali -conseguenza della mancata riforma del Titolo V della Costituzione - differenti tra Regione e Regione che creano confusione agli stessi proprietari che decidono di acquistare un immobile e di gestirlo in proprio per la locazione turistica.


Fonte articolo: 1. IlSole24Ore, 2. IlSole24Ore, 3. Condominioweb.com

Dal 1° Giugno tassato l'affitto breve, la locazione più redditizia

Giacomo che affittava grazie a portali come Booking e Airbnb, in nero, la casa ereditata dalla nonna; Silvia che ha comperato un monolocale da mettere a reddito a Milano prima di Expo, e che con quello vive; Giovanni che pensava di trasferirsi al mare e ora quel bilocale rappresenta il suo unico reddito, sempre esentasse.


Dal 1° giugno tutti i proprietari che affittano casa con l'affitto breve tramite Airbnb e portali simili pagheranno il 21% di cedolare secca (opzionale) che verrà direttamente trattenuta dall'intermediario. 

 

Questa è la novità per una tassa che esisteva anche prima dell'ultimo provvedimento governativo dovuto alla Manovrina dell'11 aprile scorso, ma che pochi versavano.
La scelta di rendere Airbnb e i suoi cugini sostituti di imposta significa continuare nella lotta alle locazioni in nero iniziata proprio con l'introduzione della cedolare secca, ma che nel primo periodo aveva dato pochi riscontri positivi, o almeno non sufficienti in termini di emersione del nero.


Il settore degli affitti brevi, sul quale in moltissimi si sono buttati attirati da ricchi guadagni - ma non dimentichiamo che le spese di manutenzione e pulizia non sono esigue e la gestione dell'immobile è un lavoro vero e proprio - potrebbe diventare meno redditizio. Ma in questo modo si è in regola. O meglio lo Stato impone che giustamente la regola venga rispettata.


Oggi dalla cifra ricavata a notte - in genere i prezzi partono da 40-50 euro a posto letto per arrivare a cifre ben più alte a seconda del lusso della casa - bisognerà togliere la commissione dei portali (tra il 16 e il 20%) e il 21% di cedolare secca. In tasca al proprietario arriverà quindi poco più del 60% del prezzo a notte, dal quale dovrà togliere le spese di condominio, i servizi (luce gas etc) e le spese di pulizia, se non sceglie di farle in proprio.


"Lo scorso anno sono state circa 200mila le case affittate per brevi locazioni turistiche usando i canali informatici. Airnbn ha circa il 55% del mercato – dice Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari –. Il guadagno medio annuo per proprietario (al netto dei costi di vendita del servizio e della gestione) è stimato in 2.300 euro. Significa un totale di poco inferiore a mezzo miliardo di euro. La tassazione inciderà per circa cento milioni di euro l'anno".


L'affitto breve resta comunque più redditizio di un contratto classico 4+4 anni che in Italia rende intorno al 2% netto, se non si tratta di case per studenti nelle città universitarie che affittate a stanza rendono anche il 5-6%. 
Ecco che diventa quindi ancora più determinante la location, centrale in città e ben servita, ma è essenziale anche capire la stagionalità della meta dove si trova l'immobile. E questo vale soprattutto quando si sceglie di acquistare per mettere a reddito. A Roma la stagione dura 12 mesi, a Venezia dieci, a Milano solo otto, fa notare ancora Mario Breglia.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

I Millennials preferiscono l'affitto


I Millennials e l’abitazione, un rapporto difficile che raramente diventa definitivo.


Le nuove generazioni devono oggi fare i conti con una vita itinerante, spesso alla ricerca di un lavoro fisso, che li porta anche lontano dalla città d’origine. Non solo. 

Secondo un report elaborato da Doxa, i Millennials (o Generazione Y, coloro che sono nati tra il 1980 ed il 2000) si emancipano più tardi rispetto alle precedenti generazioni.

Meno della metà ha lasciato il tetto famigliare

Solo il 44% degli under 35 sono usciti di casa nel 2016. E appena il 26% di chi vive ancora con mamma e papà prevede di farlo nel 2017. Le ragazze sembrano più determinate a conquistare il proprio spazio rispetto ai ragazzi: il 51% di esse dichiara di essere uscita di casa rispetto a un 38% della popolazione maschile.
Il matrimonio costituisce sempre meno motivo di uscita dal tetto familiare, perchè aumentano le convivenze, lo studio e il lavoro.


Sotto il profilo immobiliare la differenza dalle generazioni precedente si riassume tutta nell’aumento dell’affitto rispetto all’acquisto. E’ questa la tendenza più rilevante, che ha spinto anche molti investitori immobiliari ad analizzare il fenomeno e a cercare di cavalcarlo. In Italia ancora senza effetti concreti. La stessa divisione immobiliare di Cassa depositivi e prestiti sta analizzando l’opportunità di convertire in appartamenti da affittare a studenti e giovani in generale alcuni degli immobili di proprietà.

I 2/3 degli intervistati che sono usciti di casa vanno ad abitare in case in affitto

Più della metà del campione (54%) che mette in cima ai criteri di scelta il prezzo di acquisto o il canone di affitto. Viaggiando con maggiore frequenza ed essendo più abituati a condividere (come il car sharing), i Millennials sono disponibili a vivere in affitto e a condividere l’appartamento, pronti a spostarsi in un’altra città se trovano un lavoro migliore.


Ma a decretare la preferenza per la locazione rispetto alla proprietà sono anche le condizioni economiche. “Nella scelta dell’abitazione prevale l’aspetto economico, perchè le condizioni delle famiglie sono peggiorate nell’ultimo decennio di crisi - dicono da Idealista -. I giovani italiani sembrano consapevoli dell’importanza di emanciparisi presto, ma la società non li agevola, dal momento che instabilità lavorativa da un lato e alti canoni di locazione dall’altro rendono quello della casa tutta per se un vero e proprio sogno”. E spesso per motivi economici non riescono ad approfittare dei tassi di interesse sui mutui, oggi ai minimi storici. Non avendo uno stipendio fisso su cui contare, pagare la rata ogni mesi sul mutuo diventa un’utopia.


Da qui nasce quindi l’esigenza di un’offerta di abitazioni in locazione a canone calmierato che permetta ai giovani di entrare con meno difficoltà nel mondo immobiliare. Di solito tra la decisione di andare via di casa e concretizzare la scelta trascorrono in media sei mesi. Solo il 6% dei giovani si sposta di poco e resta nello stesso stabile dove vivono i genitori.

La difficoltà della separazione

Nel 60% dei casi la stanza del figlio nella casa della famiglia d’origine resta cristallizzata anche quando questi se ne va. Per il resto viene destinanta a svariati utilizzi como stanza degli ospiti (10%), viene occupata da un’altra persona di famiglia (8%), viene utilizzata come studio/biblioteca/sala tv (6%), stanza degli hobby (5%) o cabina armadio (3%). 


Fonte articolo: IlSole24ore.com

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