Immobiliare italiano: il ruolo delle banche e del governo

Verso i primi deboli segnali positivi del mercato immobiliare italiano sta incidendo, certamente, il diverso atteggiamento delle banche che, nel 2014, sembrano aver ridotto la diffidenza verso il settore immobiliare residenziale. La correlazione tra allentamento della restrizione del credito verso le famiglie e aumento delle compravendite sembra robusta e diffusa a livello geografico: sulle otto province delle maggiori città analizzate, sei città (Milano, Roma, Torino, Firenze, Napoli, Genova) presentano un significativo aumento delle compravendite associato ad un deciso aumento dei mutui erogati. Uniche eccezioni: Napoli, interessata da un vasto programma di dismissione del patrimonio pubblico, e Palermo, in cui si assiste ad una diminuzione delle compravendite associata, però, ad un aumento dei mutui.

La possibilità che questi segnali possano consolidarsi dipende, quindi, dal proseguimento della rinnovata attenzione del sistema bancario verso il comparto immobiliare, dopo il fortissimo razionamento avvenuto a partire dal 2007. I mutui per l’acquisto delle abitazioni da parte delle famiglie sono diminuiti, tra il 2007 e il 2013, di oltre il 65%, tornando a crescere solo nel 2014 (+13,4% rispetto al 2013). Anche nel primo trimestre del 2015 si è registrato un dato positivo nelle erogazioni di mutui per l’acquisto di case, +35% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.


Nonostante questi primi segnali di “disgelo” da parte delle banche, il mercato immobiliare sembra essersi segmentato. La quota di famiglie che acquistano l’abitazione in contanti oscilla tra il 40%, secondo le stime di Banca d’Italia-Tecnoborsa, e il 60%, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate. Un’altra parte degli acquirenti, quelli più vulnerabili, dallo scorso mese di marzo 2015, può usufruire del Fondo di Garanzia per la prima Casa, il nuovo strumento gestito dal MEF attraverso la Consap, la cui dotazione di 600 milioni di euro potrebbe attivare mutui per 20 miliardi di euro, secondo le stime del MEF.
I primi dati relativi alle erogazioni effettuate evidenziano l’efficacia del Fondo: in tre mesi di attività (da marzo a maggio 2015) sono state garantite 273 operazioni per un importo finanziato di oltre 30,2 milioni di euro. La restante parte di popolazione più agiata si sta rivolgendo alle banche con minore difficoltà rispetto al passato e contrarre finanziamenti a condizioni decisamente favorevoli: grazie anche al Quantitative Easing introdotto dalla BCE, un livello così basso dei tassi d’interesse, in Italia, non si è mai raggiunto.


Sulla crisi del mercato immobiliare residenziale un ruolo non secondario è stato giocato dalla tassazione sugli immobili, che ha determinato un fortissimo inasprimento del prelievo fiscale legato all’abitazione e un’estrema incertezza derivante da un regime fiscale non chiaro e soggetto a continue modifiche. Secondo gli ultimi dati del Dipartimento delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, il gettito fiscale sugli immobili (per uso abitativo e produttivo) derivante dalle principali imposte sul possesso, sulla locazione e sulle compravendite è stimato, nel 2014, in circa 42,1 miliardi di euro in aumento del 9,8% rispetto al 2013, ovvero 3,8 miliardi di euro in più. Tale incremento è da attribuirsi principalmente al maggior gettito derivante dall’introduzione della nuova imposta sui servizi “TASI” che va ad aggiungersi all’IMU già prevista nel biennio precedente 2012- 2013. In particolare, si passa da 20,4 miliardi di euro del 2013 (IMU) ai 23,9 miliardi del 2014 (IMU +TASI), pari ad un incremento del 17,1%. Il confronto con il 2011, ultimo anno dell’ICI, vede un aumento della tassazione sul possesso degli immobili che passa da 9,8 miliardi di euro del 2011 (ICI) a 23,89 miliardi di euro del 2014 (IMU+TASI), determinando un incremento della pressione fiscale sul possesso del 143,5% in soli tre anni. In questa situazione, l’“emergenza fisco” non è quindi più trascurabile. 

 

Da una politica fiscale impostata unicamente sull’obiettivo del massimo prelievo, occorre pervenire ad una vera e propria strategia fiscale che incentivi il mercato, indirizzando la domanda verso l’acquisto di abitazioni ad elevato standard energetico, anche in un’ottica di riqualificazione di ampie parti di città. In quest’ottica, le priorità d’intervento riguardano:

 

  • - l’introduzione di incentivi al mercato residenziale che consentano la ripresa delle attività ed il ritorno degli investitori nel comparto, attraverso forme di parziale detassazione degli acquisti di nuove abitazioni ad elevato standard energetico ed un sistema di misure che agevolino, sia le imprese che i privati, nella permuta tra abitazioni vecchie e abitazioni riqualificate dal punto di vista energetico e strutturale,
  • - la razionalizzazione degli incentivi BONUS fiscali per recupero e riqualificazione energetica degli immobili), da portare a termine entro il 2015, che non può tradursi in un taglio lineare delle agevolazioni oggi esistenti, ma deve fondarsi su una selezione accurata dei regimi agevolativi, tutelando quelli connessi a “beni a valenza sociale”, quali indiscutibilmente la casa. In questo senso, basterebbe stabilizzare il potenziamento delle agevolazioni per il recupero delle abitazioni e confermare a regime quelle per la riqualificazione energetica degli edifici, eventualmente “rimodulandone” gli effetti, così da premiare soprattutto quelle forme d’intervento incisivo,
  • - la futura “local tax” che, a parere dell’Ance, dovrebbe essere strutturata come un’imposta unica sugli immobili, stabile per almeno 3 anni ed integralmente destinata ai Comuni per il FINANZIAMENTO dei servizi, con l’ovvia esclusione dell’ “invenduto” delle imprese edili (aree e fabbricati costruiti, o ristrutturati, per la successiva vendita).

  • Fonte articolo: http://www.infobuild.it/2015/07/il-diverso-atteggiamento-delle-banche-verso-limmobiliare/

Perchè è saltata la Riforma del Catasto?


Tanto tuonò che non piovve. La Riforma del Catasto rischia di saltare, o come minimo di ritardare ancora. In teoria previsto per oggi, il secondo e determinante decreto attuativo della delega fiscale in tema di immobili non arriverà invece in Cdm.

bloccarlo, a pochi giorni dalla scadenza della delega (il 27 giugno), il putiferio creato dalle simulazioni approntate dall’Agenzia delle Entrate. Pare che le rendite si impennino arrivando a cifre folli, con conseguenti tasse supplettive e maggiorative.

 

In realtà, se le rendite aumentano, le aliquote di Imu e Tasi dovrebbero scendere: come tradurre il tutto nella nuova Local Tax non è dato sapersi, ma nel frattempo meglio temporeggiare.


I calcoli delle Entrate che hanno fatto saltare il banco. Secondo i primi calcoli – elaborati dalla Uil-Servizio politiche territoriali in base proprio al possibile algoritmo messo a punto dall’Agenzia delle entrate – i valori degli immobili ottenuti applicando la nuova formula decollano ovunque, sia in centro che in periferia, nonostante lo sconto del 30%, inserito nel decreto per attutire i rialzi.
Le più tartassate – guarda un po’ – sarebbero proprio le abitazioni oggi classificate come economiche e popolari (A3 e A4), soprattutto se ubicate nei centri storici. Esempi: a Napoli il valore di una casa popolare in centro sale di sei volte. A Roma di quattro. A Venezia di cinque.


La Riforma del Catasto sulla carta. Il dlgs sulla riforma del catasto fabbricati, attuativo dalla legge n. 23/2014 e all’esame del consiglio dei ministri di oggi, prevede che il valore patrimoniale degli immobili sarà determinato dall’Agenzia delle entrate (divisione ex Territorio) mediante stima diretta, con processi uniformi a livello nazionale e con parametri specifici per ciascuna categoria catastale, elaborati da Sose.
Le funzioni statistiche (cioè il rapporto tra valori di mercato e le caratteristiche dei fabbricati) e i relativi ambiti di applicazione, validati dalle commissioni censuarie, saranno adottati con decreti del Mef. Alla procedura collaboreranno i comuni.


Fonte articolo: http://www.comuni.it/2015/06/fisco-choc-salta-riforma-catasto-oggi-cdm-chiarificatore/



Fiaip: Italia al primo posto per tassazione immobiliare

Ieri si è riunito il Consiglio Nazionale della Fiaip nel quale sono state rinnovate le cariche e si è parlato delle criticità del settore immobiliare. Il Consiglio, presieduto dal Presidente Nazionale della Fiaip, Paolo Righi, e alla presenza da Giorgio Spaziani Testa, Presidente di Confedilizia, Valerio Angeletti, Presidente Nazionale Fimaa-Confcommercio e il Senatore di Forza Italia Andrea Mandelli.


Al centro del dibattito tra i consiglieri nazionali la lotta all'abusivismo, la  modifica della legge 39/89, gli effetti sul mercato immobiliare del Ddl concorrenza, l’ingresso delle banche nel mondo dell'intermediazione,  le previsioni sull’andamento del mercato immobiliare e lo sviluppo di strumenti informatici e varie iniziative promosse dalla Federazione Italiana Agenti Immobiliare Professionali a sostegno dell’attività degli Associati. 

 

 

Si è parlato anche del futuro professionale e del dovere di garantire la libera professione e la terzietà dell’agente immobiliare in un mercato che sta cambiando. Gli agenti immobiliari Fiaip avvertono la crisi occupazionale e nel corso dei lavori sono stati parecchi gli interventi che hanno fotografato le difficoltà vissute quotidianamente dai professionisti e gli effetti provocati dal 2006 ad oggi da una politica fiscale ritenuta miope nei confronti del comparto immobiliare, che rappresenta oggi oltre il 20% del PIL.


Uno dei punti sul quale si è più dibattuto riguarda l’eccesso di tasse: “La pressione fiscale sugli immobili sfiora quasi i 50 miliardi di Euro e l’Italia è al primo posto per la tassazione sul patrimonio immobiliare in Europa – ha dichiarato Righi - Dal 2011 ad oggi la casa è stata tassata in forma patrimoniale, con un aumento delle imposte del 230%. E la filiera dell'immobiliare ha perso 800 mila posti di lavoro, che sembrano non interessare a nessuno. In soli quattro anni, a causa del carico fiscale sulla casa e della diminuzione dei prezzi delle abitazioni, si sono bruciati più di 2.300 miliardi di Euro, degli oltre 9.600 miliardi di euro del patrimonio immobiliare degli italiani. 


In Italia è stata colpita la proprietà immobiliare diffusa, che finora aveva prodotto solo ricchezza per la maggioranza dei cittadini. Una ricchezza diffusa per le famiglie che nel corso degli anni è stata distrutta e che era invece rimasta immune nel corso del tempo alle crisi e all'eccessiva finanziarizzazione dei mercati e aveva garantito, con la propria patrimonializzazione, il debito pubblico italiano, impedendo al nostro Paese di diventare come la Grecia.  Oggi, il Governo Renzi deve cambiare passo, tagliare le tasse sulla casa e comprendere che il settore immobiliare è la sola leva per la crescita economica del Paese”.


Fonte articolo: http://www.ilghirlandaio.com/top-news/130517/fiaip-italia-primo-posto-per-la-tassazione-sugli-immobili/

Quando dedurre la Tasi sugli immobili produttivi

La Tasi versata sugli immobili strumentali si può dedurre dalla base imponibile Irap. La riduzione del corrispettivo originariamente pattuito conseguente a una lite sulla fornitura rileva ai fini dell’imposta regionale e quindi consente di abbattere l’imponibile perché non costituisce una perdita su crediti. 
Sono solo due aspetti a cui i contribuenti interessati dalla proroga dei versamenti d’imposta al 6 luglio devono fare attenzione nel liquidare l’Irap dovuta (naturalmente qualora siano soggetti passivi d’imposta). 

Procediamo con ordine. Si ritiene che sia deducibile la Tasi relativa al 2014 imputata per competenza a conto economico. Nel caso della Tasi non opera, infatti, una preclusione allo sgravio considerato che l’articolo 14, comma 1, del Dlgs 23/2011 sancisce espressamente soltanto l’indeducibilità dell’Imu relativa agli immobili strumentali. 


Andando avanti, la circolare 26/E/2013 (paragrafo 3.1) ha chiarito che non costituisce una perdita su crediti la riduzione del corrispettivo originariamente pattuito conseguente a una lite sulla fornitura. La riduzione infatti non origina, in tale richiamato caso, da un’inadempienza del debitore, bensì da una modifica bilaterale del rapporto commerciale, con conseguente rilevanza ai fini Irap: della rettifica del ricavo per il cedente, e del costo per l’acquirente, qualora la transazione venga definita entro lo stesso esercizio in cui è stata registrata l’operazione; ovvero della sopravvenienza passiva per il cedente e attiva per l’acquirente, nell’anno in cui la transazione si perfezioni, qualora la rettifica avvenga in un esercizio successivo a quello dell’operazione.


Altro aspetto riguarda le remunerazioni corrisposte nel consolidato fiscale, secondo le regole statuite nel contratto di consolidamento, a fronte dell’utilizzo delle perdite fiscali o delle eccedenze Ace. Si ritiene che siano escluse dalla base imponibile Irap, in quanto vengono di regola imputate alla voce 22 del conto economico, che non è rilevante nella determinazione della base imponibile di tale imposta.
A maggiore ragione si ritiene esclusa da tassazione Irap la contabilizzazione del credito d’imposta Irap derivante dalla conversione dell’eccedenza Ace, contabilizzato in contropartita di un componente di conto economico (per esempio, come minore imposta Irap).


Per quanto riguarda le spese per il personale dipendente classificate in voci diverse dalla B.9 la circolare 148/E/2000 aveva affermato la deducibilità Irap delle somme erogate a terzi per procurare fringe benefits ai dipendenti. Tale deducibilità sembra confermata dalla circolare 27/E/2009 (risposta 1.4). In quella occasione è stato chiarito che l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 11 del Dlgs 446/1997 risponde solo alla volontà legislativa di attuare una semplificazione del testo normativo, eliminando una regola già desumibile sulla base di una ricostruzione sistematica della disciplina, e che l’impianto normativo dell’Irap è strutturato in modo da rendere indeducibili solo quei costi che non costituiscono, ai fini del tributo, componenti positive imponibili per il soggetto percettore.


Un’ulteriore situazione a cui fare attenzione è stata affrontata dalla circolare 27/2010 di Assonime, che ha affermato la rilevanza Irap dei differenziali contabilizzati in bilancio in seguito alla stipula di derivati di copertura su commodities, in quanto essi costituiscono componenti integrative (con segno positivo o negativo) del costo di acquisto delle materie prime, e hanno dunque la stessa natura dell’elemento reddituale che concorrono a fissare nell’importo.


Infine c’è il trattamento Irap delle svalutazioni del magazzino operate con riferimento alle voci obsolete o a lenta movimentazione, che in base al principio Oic 13 possono essere effettuate voce per voce o creando fondi di deprezzamento. Nel primo caso, stante lo sganciamento dell’Irap dall’Ires, si ritiene di attribuire rilevanza al valore di bilancio, mentre nel secondo caso l’affermazione contenuta nelle istruzioni al modello di dichiarazione sull’irrilevanza degli accantonamenti ai fondi rischi lascia un margine di dubbio. 


Fonte articolo: ilsole24ore.com, edicola24web

Tax day sulla casa: cosa è cambiato in questi anni

 


Imu e Tasi da pagare entro martedì. Entro il 16 giugno, infatti, proprietari e inquilini dovranno versare la prima rata di Tasi e Imu, portando nelle casse dei Comuni entrate che la Cgia di Mestre calcola in 2,3 miliardi di euro.

CGIA: "TASSE RADOPPIATE PER NEGOZI E UFFICI" 
A seguito dell'introduzione dell'Imu e successivamente della Tasi, rileva la Cgia, «tra il 2011 e il 2014 la tassazione sugli immobili strumentali ha subito una vera e propria impennata. Se nell'ultimo anno in cui abbiamo pagato l'Ici il gettito complessivo sulle attività produttive ha portato nelle casse dei Comuni quasi 5 miliardi, l'anno scorso il prelievo ha superato i 10 miliardi di euro».

Nella valutazione della Cgia (Associazioni Artigiani e Piccole Imprese), nello specifico gli aumenti sono stati pari a + 142 % per uffici e studi privati; + 137 % per negozi e botteghe; + 107 % per laboratori di arti e mestieri; + 101 % per gli istituti di credito; + 94 % per gli immobili a uso produttivo. I calcoli, eseguiti dall'Ufficio studi della Cgia, hanno preso come riferimento iniziale il 2011, ultimo anno in cui abbiamo pagato l'Ici. In questa analisi, spiega l'associazione, «non si è tenuto conto del risparmio fiscale concesso dalla legge. Così come avvenuto nel 2014, anche per quest'anno la Tasi per le aziende è completamente deducibile dal reddito di impresa, mentre l'Imu lo è solo per una quota pari al 20 per cento».


"Tendenzialmente -segnala il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi- i Sindaci hanno mantenuto relativamente basso il livello di tassazione sulle prime case, innalzando, invece, quello sugli immobili ad uso produttivo e sulle abitazioni diverse dalla principale. Insomma, hanno fatto cassa sulle spalle degli imprenditori, sfruttando le situazioni più surreali che la legge ha dato origine, come, ad esempio, l'applicazione dell'Imu su alcune tipologie di macchinari. Una vera e propria follia".


In termini assoluti sono stati i capannoni (categoria D) a 'produrrè il gettito più importante: se nel 2011 il prelievo era stato di 3,17 miliardi, nel 2014 è salito a 6,15 miliardi di euro (variazione + 94%). Sui negozi e sulle botteghe artigiane si è passati da un prelievo di 809 milioni a 1,9 miliardi di euro (+ 137%). Per gli uffici e gli studi professionali, con l'Ici il carico fiscale era di 545 milioni che con l'avvento dell'Imu e della Tasi è aumentato fino a toccare 1,32 miliardi di euro (+142%).


Sui laboratori, infine, dai 228 milioni versati nel 2011 si è passati ai 473 milioni di euro pagati l'anno scorso (+ 107%). Da un punto di vista metodologico, segnala la Cgia, "per ciascuna tipologia di imposta è stata utilizzata l'aliquota media risultante dall'analisi delle delibere dei Comuni capoluogo di provincia. Per ogni tipologia immobiliare, invece, la rendita catastale media è stata ricavata dalla banca dati dell'Agenzia delle Entrate".


Fonte articolo: http://www.ilmattino.it/ECONOMIA/imu-tasi-casa-tax-day-tasse-raddoppiate-uffici-negozi-tabella/notizie/1410583.shtml

La proposta "shock" per la ripresa del residenziale

 

Secondo l'Ance (Associazione nazionale costruttori) ci sono tutte le condizioni per agganciare una solida e duratura ripresa delle compravendite di case, dopo il dimezzamento degli scambi tra il 2006 e il 2013: tassi di interesse al minimo storico (2,86%), compravendite in lieve ripresa già nel 2014 (+3,6%), ripresa confermata anche nel primo trimestre 2015 (+0,8% tendenziale) al netto dell'"effetto fiscale" di inizio 2014 (abbassamento delle imposte di registro per le case usate), ripresa anche nei nuovi mutui erogati dalle banche (+13,4% dopo il crollo a un terzo del valore ante-crisi), propensione all'acquisto di singoli e famiglie più che raddoppiata, la domanda di mutui cresciuta del 72%.

Ma la ripartenza degli scambi immobiliari - che secondo i costruttori potrebbe essere una delle spinte per la ripresa economica, come in altri paesi europei - per ora non è ancora "vera", per renderla solida e consistente bisogna abbassare le tasse sulla casa, cresciute del 27% dal 2011 al 2014 e in particolare del 144% nella tassa sul possesso (Imu, Tasi, ecc..).


L'Ance propone allora un pacchetto "shock" (così è stato definito) di sconti fiscali per rilanciare l'immobiliare e l'edilizia residenziale: 
1) parziale detassazione – fino al 2018 - degli acquisti di abitazioni nuove in classe energetica A e B (riduzione dal 4 al 2% dell'Iva, esenzione triennale da Imu, Tasi o futura Local Tax;
2) incentivi che favoriscano la permuta tra abitazioni usate e quelle nuove ad alta prestazione energetica (per favorire gli scambi e anche la riqualificazione dei vecchi immobili da parte dei costruttori che acquistano;
3) stabilizzazione all'attuale livello massimo (invece della scadenza al 31/12/2015) delle detrazioni fiscali al recupero (50%) e alla riqualificazione energetica degli edifici (65%);
4) stabilizzazione per almeno tre anni, senza modifiche, della Local Tax che dovrebbe debuttare dal 2016 al posto di Imu e Tasi, esentando l'invenduto delle imprese edili.


"Anche nei più giovani – sostiene il presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti – è tornata la voglia di casa, lo dicono i dati sulla propensione all'acquisto. E ci sono sul mercato fattori incredibilmente positivi: tassi di interesse ai minimi, mutui tornati da parte delle banche, propensione all'acquisto più che raddoppiata. Ma c'è ancora incertezza sulla ripresa e una tassazione che spaventa. Per questo proponiamo al governo misure di incentivo da mettere in campo subito. Le stesse che hanno da tempo messo in campo Francia, Regno Unito, Spagna".


Fonte articolo: http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com//art/real-estate/2015-06-09/ance-ripresa-lenta-residenziale-130728.php?uuid=AbqVEdDM

L'Ance sugli immobili: occorre abbassare le tasse

Resta alto il peso del fisco sugli immobili: nel 2014 il totale del prelievo (Imu, Tasi, Irpef, Ires, Iva e altre imposte su trasferimenti e locazioni) ha fruttato alle casse dello stato 42,1 miliardi di euro di gettito, in aumento del 9,8% rispetto al 2013. In particolare, il gettito della tassa sul possesso e' passato dai 9,8 miliardi di Ici del 2011 a circa 24 miliardi nel 2014 (Imu+Tasi), determinando un aumento della pressione fiscale del 143,5% in soli tre anni.

 Le tasse sugli immobili hanno quindi contribuito a finanziare il risanamento dei conti pubblici: se nel 2011 le entrate derivanti dall'Ici rappresentavano l'1,3% delle entrate della Pubblica amministazione, dopo tre anni l'incidenza di Imu e Tasi sul totale delle entrate della P.A. e' salita al 3%. 


Per agganciare la ripresa, sottolinea l'Ance, e' necessario favorire l'acquisto delle case nuove ad alta efficienza energetica, introdurre incentivi per favorire la permuta tra abitazioni usate e quelle piu' efficienti, stabilizzare nel tempo gli incentivi fiscali per il recupero delle abitazioni e per la riqualificazione energetica degli edifici.


Infine, secondo l'Ance occorre configurare la futura local tax come un'imposta unica, stabile quanto meno per tre anni e integralmente destinata ai omun per il finanziamento dei servizi, con l'esclusione dell'"invenduto" delle imprese edili". 


Fonte articolo: http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Economia/Casa-Ance-pesa-fisco-143-tasse-possesso-anni/09-06-2015/1-A_017798950.shtml

Dichiarazione dei redditi e mutui: cosa detrarre

 

Anche quest’anno coloro che stanno pagando un mutuo possono detrarre nella dichiarazione dei redditi (Modello 730 oppure Unico 2015) alcune spese legate alla casa.


Per quanto riguarda i mutui per l’acquisto dell’abitazione principale, cioè l’abitazione nella quale il contribuente vive abitualmente e dove ha fissato la sua residenza entro 12 mesi dall’acquisto, la percentuale scaricabile sugli interessi passivi pagati (tetto massimo 4mila euro) è confermata al 19%. Fatti due conti, significa che la riduzione d’imposta può essere al massimo di 760 euro.

 

Agli interessi passivi possono essere aggiunti altri oneri accessori come, ad esempio, le spese di perizia, quelle notarili o le imposte pagate per l’iscrizione e la cancellazione dell’ipoteca. La detrazione spetta esclusivamente a chi ha sottoscritto il finanziamento ipotecario ed è il proprietario dell’immobile. Il beneficio fiscale non si perde se l’immobile è adibito ad abitazione principale di un familiare entro il terzo grado (o un affine entro il secondo) e in caso di trasferimento per motivi di lavoro.


Se l’immobile oggetto del mutuo è una seconda casa, cioè un’abitazione diversa da quella dove si risiede abitualmente, si ha diritto alla detrazione solo se il finanziamento è stato stipulato prima del 1993. In tal caso, si può scaricare il 19% sugli interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione per mutui ipotecari (cioè l’aggiornamento del valore del capitale con il coefficiente del parametro scelto a riferimento). Non sono invece previste detrazioni per mutui sottoscritti dopo il 1° gennaio 1993.


A partire dal 1998 si possono portare in detrazione anche gli interessi passivi, gli oneri accessori e le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione relativi ai mutui contratti per la costruzione o la ristrutturazione dell’abitazione principale. L’importo massimo sul quale calcolare il 19% è in questo caso pari a 2.582,28 euro. Si ha diritto al beneficio fiscale a patto che il mutuo venga stipulato nei sei mesi precedenti o entro i 18 mesi successivi all’inizio dei lavori, mentre l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale entro sei mesi dal termine dei lavori di costruzione.

Fonte articolo: http://www.facile.it/mutui/news/mutui-e-dichiarazione-dei-redditi-2015.html

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