News dal franchising

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Via la Tasi per inquilini e proprietari

L'annuncio del Ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan durante il question time alla Camera dei Deputati farà contenti milioni di affittuari. Già, perché a non dover pagare quella che il premier Matteo Renzi ha definito la "tassa più odiata dagli italiani", non sarà soltanto l'80% delle famiglie proprietarie di case ma anche gli affittuari che puntualmente si trovano nella seconda parte dell'anno il canone maggiorato dell'odiata Tasi che puntualmente il proprietario di casa gli gira. Dopo aver versato il tributo al Comune.


"Appare corretto che l'intervento sia finalizzato all'eliminazione della Tasi sia per i possessori sia per i detentori degli immobili, anche per evitare disparità trattamento tra i contribuenti", ha detto infatti Padoan rispondendo sulle misure per eliminare la Tasi sulla prima casa. L’anno scorso la Tasi ha bussato alla porta degli occupanti (cioè gli inquilini, ma anche i comodatari) in circa 4.200 Comuni, cioè quelli che non si sono limitati a colpire l’abitazione principale, ma il gettito complessivo si è fermato sotto ai 100 milioni di euro.

 

Problemi applicativi e scarsi risultati derivano dalla genesi del meccanismo, pensato per collegare in qualche modo ai servizi locali un tributo che funziona in realtà come una patrimoniale. I "servizi indivisibili" (illuminazione, verde pubblico, sicurezza e così via) sono utilizzati da chi abita in un territorio, proprietario o inquilino che sia, per cui deve pagarne una parte. Da questo presupposto è nata la regola che ha imposto ai Comuni di chiedere agli occupanti una quota compresa fra il 10 e il 30% del tributo complessivo sull’immobile.


Fuori dall’abitazione principale, però, lo spazio fiscale era già stato occupato quasi interamente dall’Imu, con il risultato che la Tasi si è di conseguenza concentrata sulla prima casa. Poco più di un Comune su due ha applicato il tributo anche sugli altri immobili, con un’aliquota media che si è aggirata intorno allo 0,7 per mille: questo significa che per un appartamento da 100mila euro di valore fiscale la Tasi media è di 70 euro (ma ci possono essere fino a 1.060 euro di Imu), e la quota a carico dell’inquilino oscilla fra i 7 e i 21 euro. In media, quindi, più degli importi hanno pesato i calcoli, che spesso hanno imposto agli inquilini di pagare un Caf per scoprire di dover versare poco o nulla (sotto i 12 euro, a meno di diverse scelte comunali, l’obbligo di pagamento cade). Il discorso cambia ovviamente per gli inquilini di case di lusso: in questo caso i valori in gioco crescono, e aumentano quindi le somme che rischiano di spostarsi sul proprietario con la cancellazione della quota a carico dell’occupante.


La misura annunciata da Padoan, logica conseguenza dell’abolizione delle tasse sull’abitazione principale, rompe però il tabù che considerava “intoccabile” tutto il resto del fisco immobiliare nel nome della semplicità dell’intervento.
In questa chiave, resta da vedere se sopravviveranno le altre regole, che nell’accoppiata con l’Imu per ogni immobile impongono ai proprietari doppi calcoli e doppi moduli per pagare quella che di fatto è un’unica imposta con due nomi diversi. La soluzione finale arriverà il 15 ottobre mentre domani il Consiglio dei ministri esaminerà la Nota di aggiornamento al Def che sarà poi trasmessa alle Camere. 


Fonti articolo: http://www.affaritaliani.it/economia/casa-meno-tasi-per-tutti-via-la-tassa-anche-per-chi-e-in-affitto-383703.html

Qual è l'entità della ripresa immobiliare?

Dopo 7 anni di crisi economica il mercato immobiliare ha iniziato a far registrare i primi valori a segno più. Le compravendite incrementano. Il fatturato del settore cresce. Mentre i prezzi restano stabili. Cosa accadrà da qui alla fine dell’anno? E, soprattutto, cosa aspettarsi dal 2016? Of-Osservatorio finanziario lo ha chiesto a 4 esperti del settore, i numeri uno di due società di agenzie immobiliari in franchising e di due uffici di studi e ricerche indipendenti.


Che il peggio sia ormai alle spalle ne sono convinti tutti. Addetti ai lavori, esperti del settore, responsabili degli uffici di studi e ricerche condividono lo stesso pensiero: il mercato immobiliare si sta riprendendo. Soprattutto rispetto agli anni più cupi della crisi. Lo confermano i dati. I numeri in crescita delle compravendite concluse. E il fatturato dell’intero settore che sembra finalmente orientato a chiudere l’anno con segno positivo. 

Quello che resta da capire, semmai, è quale sia l’entità di questa ripresa. Sempre che di ripartenza in effetti si tratti. Perché se c’è una cosa che la crisi ha insegnato è che ormai il mercato, così come tutto il settore, è cambiato. Ed è stata una trasformazione talmente radicale che gli interrogativi circa il futuro andamento del comparto sorgono più che spontanei. Cosa accadrà dunque da qui alla fine dell’anno? E cosa aspettarsi per il 2016? Il mercato immobiliare tornerà a crescere? E, ancora, come cambieranno i prezzi delle case? E che influenze avranno tutte queste trasformazioni più in generale sul settore dell’edilizia? 


Of-Osservatorio finanziario ha fatto il punto della situazione. E ha intervistato in esclusiva i numeri uno delle due principali agenzie immobiliariin franchising in Italia, Gabetti e Tecnocasa, e i vertici delle due più note società indipendenti italiane di ricerca nel settore immobiliare, Scenari Immobiliari e Nomisma. Ecco le loro previsioni a medio termine per i prossimi 18 mesi. 


È soprattutto tra gli addetti ai lavori che si respira un clima di maggiore ottimismo. Secondo Marco Speretta, AD di Tree Real Estate e COO di Gabetti Property Solutions (leggi qui l’intervista) , il 2015 rappresenta un anno di miglioramento. E anche se il primo semestre ha fatto registrare valori positivi, seppur contenuti, relativi all’incremento del numero delle compravendite portate a termine, la previsione è quella di un miglioramento molto più significativo da qui alla fine dell’anno. Il 2015, fanno sapere da Gabetti, si chiuderà con un aumento delle transazioni d’acquisto di circa il 5%. Mentre per il 2016 si prevedono incrementi nell’ordine del 7, 8%. 


Ipotizza, invece, un aumento più sostanzioso nell’ordine dell’8-10% annuo Mario Breglia, fondatore e presidente di Scenari Immobiliari (leggi qui l’intervista), istituto indipendente di studi e ricerche con sede a Milano e Roma. Che prevede, per fine 2016, il raggiungimento della soglia di circa 500.000 compravendite, contro le 417.000 del 2014. 


Anche per Luigi Sada, Amministratore Delegato Tecnocasa Franchising Spa (leggi qui l’intervista) il secondo semestre del 2015 sarà caratterizzato da un trend rialzista che si dovrebbe protrarre fino al 2017. Mentre i prezzi, dal canto loro, hanno già iniziato a rallentare la loro corsa al ribasso, e per il medio periodo si prevede che resteranno sostanzialmente stabili. Con buona pace di chi ha una casa da vendere. 


Eppure, è decisamente troppo presto per parlare di ripartenza. Il boom del 2007 appare ancora molto lontano. E anche se presumibilmente il mercato continuerà ad irrobustirsi, tuttavia si tratterà di un processo lento e graduale. Lo conferma anche Luca Dondi, Consigliere Delegato di Nomisma (leggi qui l’intervista). Che chiarisce: il mercato ormai è cambiato dalle fondamenta, e con esso anche tutto il comparto edilizio in generale.
In altre parole serve una trasformazione radicale: non bisogna più costruire, ma ristrutturare l’esistente. 


Fonte articolo: http://www.osservatoriofinanziario.com/of/newslarge.asp?id=2241

 

 

Euribor ai minimi storici avvantaggia chi stipula mutui


Una discesa ininterrotta da ormai 238 giorni. Con qualche piccola pausa qua e là, il movimento al ribasso degli indici Euribor prosegue ormai a tamburo battente dal 20 gennaio, tanto che ieri l’indice a 3 mesi ha toccato il nuovo minimo storico a -0,038%. Ancor più giù il “fratello” a 1 mese che che questa mattina ha aggiornato il minimo personale a -0,105%.


Gli Euribor sono tanto cari a coloro che stanno rimborsando un mutuo a tasso variabile o pensano di stipularne uno nuovo, perché è sulla base di questi indici che viene calcolato il tasso finale su cui poi calcolare la rata mensile (il tasso finale si ottiene sommando l’Euribor allo spread fisso concordato con la banca). 

La discesa degli indici Euribor non pare destinata ad esaurirsi. Potenzialmente, in base alle condizioni attuali, l’indice a 1 mese e quello a 3 mesi hanno spazio di discesa fino a -0,2%, con un incrementale vantaggio per il calcolo della rata dato che in condizioni normali l’Euribor negativo dovrebbe essere sottratto (in quanto sommato algebricamente) allo spread nel calcolo della rata.
Quindi se lo spread è dell’1,5% e l’Euribor a 1 mese è a -0,105, il tasso su cui calcolare la rata diventa dell’1,395%. Pertanto è opportuno controllare che effettivamente la propria banca stia sottraendo l’Euribor negativo. Per un mutuo di 150mila euro da rimborsare in 20 anni si tratta di un risparmio netto di quasi 10 euro al mese, 120 euro l’anno. 


Nei mutui stipulati prima di febbraio 2015 questo dovrebbe essere scontato. Perché prima di allora nessuna banca aveva inserito nei contratti delle clausole per tutelarsi da un’eventuale scorribanda in territorio negativo del tasso Euribor. Questo perché l’Euribor sottozero ha difatti sorpreso anche le banche. Da febbraio invece alcuni istituti hanno iniziato ad inserire nei nuovi contratti delle clausole che difatti impediscono di calcolare la rata sottraendo l’Euribor negativo indicando che «il tasso non può in ogni caso essere inferiore allo spread». 
Al momento questo “ombrello” a favore delle banche non sta suscitando molte polemiche soprattutto perché finora l’Euribor è stato negativo, ma solo per pochi centesimi, con scarso impatto sulle rate. Ma adesso che entriamo nel campo dei decimi e che il ribasso potrebbe continuare qualcuno potrebbe alzare la voce, seguendo gli spunti già segnalati in articoli precedenti.


Detto ciò, cerchiamo di capire perché l’Euribor ha ancora spazio per scendere. Per capirlo bisogna analizzare cosa è effettivamente l’Euribor. Rappresenta il tasso a cui un panel di banche prevalentemente europee dichiara di prestarsi denaro fra loro su scadenze da 1 settimana a 12 mesi (è questo il motivo per cui ci sono più Euribor). 
L’Euribor è quindi uno dei tassi che sintetizza il costo del denaro all’ingrosso (prima che venga cioè maggiorato con uno spread dalle banche e rivenduto al dettaglio a famiglie e imprese sotto forma di prestiti). L’altro tasso più importante è quello di riferimento stabilito dalla Bce, fermo ormai da un anno allo 0,05%. Gli indici Euribor sono solitamente collegati e molto vicini al tasso Bce ma in questa fase volano più basso (sono negativi mentre il Bce resta leggermente positivo) perché la Banca centrale europea ha deciso anche di portare sottozero (a quota -0,2%) un altro tasso all’ingrosso, quello pagato dalla Bce alle banche che vi parcheggiano la liquidità. Una mossa pensata per incentivare le banche ad utilizzare la liquidità in modo più profittevole, per spingerle a oliare l’economia reale.


Il tasso sui depositi presso la Bce fissato a -0,2% è una soglia chiave e rappresenta in effetti il pavimento tecnico massimo al momento fino a cui l’Euribor può spingersi al ribasso. 
"La discesa ulteriore dell’Euribor riflette diversi fattori - spiega Andrea Terzi, docente di Economia monetaria all’Università Cattolica di Milano. L’aspettativa di un "Qe" a più lunga durata e l’aumento delle riserve liquide delle banche, che è l’effetto fisiologico degli acquisti della Bce via “quantitative easing”. Le riserve bancarie sono passate da circa 200 miliardi a fine 2014 a oltre 600 milardi. Le banche che le hanno in pancia possono disfarsene solo prestandole a un’altra banca, e l’abbondanza di riserve ne fa precipitare il prezzo, verso il pavimento dello 0,20% negativo, che è la tassa che la Bce impone sulle riserve in eccesso dal giugno 2014". 


Le probabilità nel brevissimo di assistere a nuovi mini-cali degli indici Euribor c’è tutta ed è quindi anche alimentata dalle dichiarazioni dei giorni scorsi della Bce, governatore Mario Draghi compreso, che ha difatti aperto ad estendere "se fosse necessario" la durata del “Qe” anche oltre la scadenza fissata a settembre 2016. Il “Qe” - attraverso cui un istituto centrale acquista titoli sul mercato aperto - si attua quando lo stesso istituto ha già spinto al massimo (cioè a 0) la leva dei tassi. Per continuare a espandere e a sostenere l’economia non resta che immettere nuova moneta. 


Questo spiega perché l’Euribor pare destinare a volare basso ancora per molto tempo, nonostante le prospettive di miglioramento dell’economia dell’Eurozona. I future sull’Euribor a 3 mesi - per quanto vadano presi con le pinze perché variano in base alle stime di andamento dell’inflazione futura - indicano che dovrebbe restare sottozero anche per tutto il 2016 per poi tornare in area 1% solo intorno al 2020. 


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-09-15/mutui-ecco-perche-l-euribor-puo-scendere-fino-02percento-e-perche-tornera-all-1percento-solo-2020-115348.shtml?uuid=AC6H60x

Che fine ha fatto la Riforma del Catasto?

Il 12 marzo 2014 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge dello Stato numero 23: "Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita". Il governo aveva un anno di tempo per approvare i decreti attuativi della delega fiscale per la tanto attesa riforma del catasto. Invocata per anni, promessa dal governo e acclamata dalle folle la riforma del catasto sembrava davvero in dirittura d’arrivo.


Ma lo scorso giugno, la battuta d’arresto: la riforma del catasto comporta un’impennata della tassazione sulla casa tanto che il governo ha deciso di congelarla. Intanto i termini della delega fiscale sono scaduti e addio riforma del catasto. Ma mentre si discute di abolizione di IMU e TASI e di equità della tassazione sulla casa il tema torna, oggi più forte che mai, di attualità. E in tanti di chiedono: che fine ha fatto la riforma del catasto? Dopo essere uscita dalla porta, potrebbe rientrare dalla finestra della legge di stabilità?

 

Tutto è iniziato nel 2014 quando il governo Renzi, in nome dell’equità, ha rilanciato la riforma del catasto. Vecchio ormai di 70 anni, il sistema catastale non rispecchia più la realtà del mercato immobiliare italiano incidendo negativamente sul calcolo delle tasse sugli immobili che dipendono dalla loro rendita catastale. Così il Premier ha annunciato una rivoluzione del catasto e della tassazione sulla casa. L’obiettivo era di introdurre un sistema di calcolo della rendita catastale degli immobili più equo, più aderente alla realtà. Non più i vani, ma i metri quadrati delle abitazioni e le loro caratteristiche per determinare il valore degli immobili.


La Riforma del Catasto doveva servire per definire il valore patrimoniale degli immobili sulla base dei valori di mercato al metro quadrato, per tipologia immobiliare e tenendo conto delle sue caratteristiche edilizie: la presenza di scale, l’anno di costruzione, il piano, l’esposizione, la localizzazione. Il risultato doveva essere un algoritmo che, moltiplicato per i metri quadri dava il valore patrimoniale dell’immobile e di conseguenza determinava il valore delle tasse come IMU, TASI e TARI.


L’idea di riformare il Catasto è stata accolta positivamente anche dalla Commissione Europea che il 13 maggio 2015 lamentava la lentezza con cui il governo stava portando avanti la riforma. Nel documento con le raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2015 dell'Italia si legge: “Quanto alla tassazione dei beni immobili, ci sono stati soltanto lenti progressi della riforma del catasto, nell'ambito della quale si rende particolarmente necessaria una revisione dei valori catastali obsoleti.”


Dai “lenti progressi” rilevati da Bruxelles, siamo arrivati nel giro di un mese allo stop completo. A fine giugno infatti, quando il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto licenziare i decreti attuativi della delega fiscale il Governo invece ha annunciato il congelamento della riforma. Il rischio emerso nel corso delle prime simulazioni con il nuovo sistema catastale era di un forte rincaro delle tasse sulla casa. L’allarme stangata ha fatto saltare la riforma del catasto anche perchè il principio basilare della delega fiscale è l’invarianza di gettito.


Il CdM quindi ha disposto una proroga a data da destinarsi. In un primo momento si è pensato che la riforma del catasto potesse arrivare insieme all’introduzione della local tax in sede di legge di stabilità.Modificando insieme al sistema di calcolo della rendita catastale anche le aliquote delle tasse sulla casa, sarebbe stato più facile mantenere l’invarianza di gettito. La local tax è l’imposta unica che, dal 2016, avrebbe dovuto sostituire le tasse sulla casa IMU e TASI e forse anche TARI. Ma dall’agenda del Governo la local tax sembra essere scomparsa insieme alla riforma del catasto, sostituite entrambe da una soluzione molto più semplice e di forte impatto dal punto di vista elettorale:l’abolizione di IMU e TASI.


Sul cambio strada di Renzi, la Commissione europea ha già dimostrato di non essere entusiasta, spingendo il Governo verso il taglio del cuneo fiscale o della tassazione delle imprese piuttosto che l’abolizione di IMU e TASI su tutti gli immobili. Aliquote diverse, detrazioni e sconti infatti, hanno lo scopo di rendere la tassazione della casa il più equa possibile, alleggerendone il peso sulle famiglie con redditi bassi e figli minori. L’abolizione totale di IMU (che ricordiamo è valida sulle prime case soltanto per “castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici” o “palazzi signorili”) e TASI è certamente una di quelle promesse che porta tanti voti al partito, ma non introduce maggior equità nel sistema fiscale.


Per cercare equità serve la Riforma del Catasto e magari un local tax ad essa collegata che faccia pagare di più a chi può permettersi più spese e meno (o anche niente) a chi ha problemi economici. Ma un’operazione del genere, complessa dal punto di vista tecnico, dispendiosa sul piano politico e meno interessante per la comunicazione non entusiasma affatto il premier intento a cercare gli applausi a scena aperta.


E così, meglio annunciare la rivoluzione copernicana delle tasse, con l’abolizione per tutti di IMU e TASI, poi se i comuni dovranno alzare altre tasse o tagliare altri servizi, sarà un problema dei sindaci. E dei cittadini.


Fonte articolo: http://it.ibtimes.com/imu-tasi-local-tax-lunica-riforma-che-conta-e-quella-del-catasto-ma-che-fine-ha-fatto-1416172

ABI e Ance insieme per valorizzare l'immobiliare italiano

ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, e ANCE, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili, ritengono opportuna l’introduzione di specifici incentivi all’acquisto di immobili ad elevata efficienza energetica (classe A e B) volti alla qualificazione del patrimonio abitativo del Paese, e sostengono l’azione annunciata del Governo per la riduzione della tassazione immobiliare.


Lo hanno reso noto i rispettivi Presidenti, Antonio Patuelli e Claudio De Albertis, al termine di un incontro nel corso del quale “si è registrata piena condivisione sulla visione del settore edilizio quale fattore fondamentale della ripresa economica e sociale del Paese e sul ruolo fondamentale che il mondo bancario svolge anche in questo ambito”.

 

ABI e ANCE, al fine di creare ulteriori condizioni per agevolare il superamento delle criticità che ancora interessano questo importante settore economico italiano e sostenere i primi segnali di inversione di tendenza del mercato immobiliare, hanno concordato sull’esigenza di individuare nuove forme di operatività tra banche e imprese edilizie. 
Le due associazioni hanno quindi deciso di sottoscrivere un accordo, ad integrazione del Protocollo d’intesa sul credito 2015, per favorire le imprese di costruzioni che oggi, causa il dilatarsi dei tempi di vendita dei loro prodotti, non riescono talvolta ad adempiere puntualmente al rimborso dei finanziamenti concessi loro dalle banche. 


I recenti positivi dati sull’andamento dei finanziamenti per l’acquisto delle abitazioni da parte delle famiglie italiane (+82% l’aumento delle nuove erogazioni nei primi sette mesi del 2015) sono un importante segnale dell’impegno di tutti gli operatori a sostenere la ripresa dell’economia italiana.


Fonte articolo: http://www.edilportale.com/news/2015/09/normativa/ance-e-abi-si-incentivi-l-acquisto-di-immobili-in-classe-a-e-b_47648_15.html

"Mercato più sano": l'obiettivo ora è valorizzare gli immobili

"È inutile aspettarsi la ripresa, non si può dire quando arriverà. Questo è il mercato dell'immobiliare a cui dobbiamo fare riferimento": parola di Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari. L'istituto di studi e ricerche ha presentato a Milano il suo Outlook per il 2016 valutando un settore che per il prossimo anno dovrebbe presentare circa 500mila compravendite di case nel nostro Paese e che non si può confrontare con quanto succedeva nei primi anni 2000 al cui cospetto "tutti i Paesi vanno maluccio. Mentre in realtà tutti i mercati si muovono in modo omogeneo e non è che l'Italia va peggio". 


La crisi è finita? La crisi immobiliare pare definitivamente terminata e il mercato immobiliare italiano dovrebbe aver smesso di contrarsi ancora. "Si apre adesso – ha spiegato Breglia – un mercato con quotazioni stabili, una forte domanda di innovazione, una richiesta di qualità dei prodotti". 

La variazione dei prezzi tra questo anno e il prossimo dovrebbe essere sotto un punto percentuale mostrando una sostanzialmente stabilità secondo Scenari dopo che tra il 2010 e il 2015 ha perso il 9% quasi. In generale i prezzi delle abitazioni sono più o meno stagnanti, con l'eccezione di Londra, per tutta l'Europa. In Italia come nel resto del continente si assiste ad un mercato differenziato tra grandi città che fanno corsa a sé e le top location che dettano il prezzo. Il fatturato italiano del settore è in fase di ripresa, con una crescita prevista intorno al 3,7% nel 2015, mentre il 2016 dovrebbe segnare un altro incremento sino al 5,4%, non lontano dalla media (6,2%) dei paesi europei più importanti. Più faticosa la ripresa dei prezzi e dell'attività edilizia, per i quali non ci sarà un'inversione di tendenza prima del secondo semestre 2016. 


Un mercato più sano "Al netto delle turbolenze che sono arrivate prima dalla Grecia e ora dalla Cina – commenta il presidente di Scenari – il mercato immobiliare cresce nel numero di scambi, è un mercato attivo e i mercati vanno meglio dove si costruisce di più. Soprattutto ci sono indicatori più sani rispetto al passato perché si cresce dove ci sono più scambi e calcoliamo che ci sarà un miglioramento dal 2016. C'è poca finanza e siamo tornati ai fondamentali perché si costruisce non come investimento ma per l'uso diretto". 


Inoltre il settore si sta evolvendo con servizi sempre più ampi: l'obiettivo oramai è diventato la valorizzazione degli immobili, tanto che Scenari riporta un dato che mostra l'evoluzione del settore. Mentre il comparto ha fatto registrare il crollo degli impieghi nelle costruzioni, invece negli ultimi dieci anni sono aumentati del 50% in Europa e del 70% in Italia gli addetti ai servizi. Segno che si lavora in maniera più professionale. Soprattutto è tornata l'attrattività del settore immobiliare, in aumento anche perché in un'ottica di lungo periodo i rendimenti immobiliari, nonostante la tendenza verso il basso registrata negli ultimi anni, sono competitivi rispetto ai mercati finanziari. 


Una recente analisi realizzata da Oxford Economics per il periodo 2000-2015, indica che lo spread dei rendimenti immobiliari nelle zone di pregio delle principali città europee rispetto ai titoli di Stato è di circa duecento punti base a Londra, mentre oscilla da trecento a quattrocento punti base nelle altre città. "Gli investitori internazionali – spiega Breglia – stanno guardando all'Italia visto che il quadro internazionale è più complicato. E penso che continueranno a farlo per i prossimi anni. Ci sono segmenti di questo settore che stanno migliorando più del Pil ma certo dobbiamo guardare a un mercato ridimensionato, dove gli scambi sono per circa 450mila abitazioni".
Nel dettaglio il comparto residenziale ha mostrato segnali di ripresa nella maggior parte dei mercati europei. Le previsioni per il 2015-2016 sono di una crescita graduale e costante delle compravendite. In Italia il mercato residenziale sta avendo un leggero miglioramento in termini di compravendite. Per la fine del 2015 si potrebbe arrivare a circa 448mila e l'obiettivo di mezzo milione nel 2016 è considerato realistico, dato il progressivo incremento dei mutui concessi dalle banche. 


"Il mercato europeo si è ridimensionato, i prezzi non salgono e non saliranno – conclude Breglia – in realtà in Italia abbiamo bisogno di ristrutturare più che costruire. E la fiscalità di cui si parla tanto non è un vero problema perché anche negli altri Paesi europei è molto alta, ma dove si costruisce bene si vende bene. Le previsioni sono di un cambiamento disegno verso il positivo con la fine di questo anno, ma non possiamo aspettarci un intervento a sostegno della politica visto che si è concentrati su altri fronti e per le costruzioni sono più urgenti le infrastrutture o le scuole".


Dal turismo al commerciale il mercato si evolve. Per quando riguarda gli altri settori oltre al residenziale, il commerciale ha in corso una profonda rivoluzione con i negozi che stanno trovando nuove e rinnovate soluzioni. Mentre la grande distribuzione, dopo un paio di anni di grande crescita e molte nuove aperture, si sta riposizionando nelle grandi città. Sul fronte degli uffici il mercato è sempre più polarizzato nelle due principali città, Roma e Milano, dove si concentrano anche gli investimenti esteri.
Uno sguardo invece del settore turistico arriva dalla presentazione sempre a Milano del Tourism Investment di Bergamo (25 settembre) l'evento dedicato agli investimenti immobiliari nel comparto. Dove non mancheranno le buone notizie tanto che il periodo 2014-2016 può essere definito l'anno degli alberghi visto che si stima verranno realizzati nel complesso 2500 nuove stanze. Una situazione ampiamente sostenuta dagli istituti di credito. Paola Garibotti Head of Country Development Plans di UniCredit spiega "Ci siamo concentrati nel turismo. Abbiamo deciso di focalizzarci su quello di qualità cercando di finanziare operatori con un modello di business sostenibile e di qualità stanziando da qui al 2018 due miliardi di euro per il settore".


Fonte articolo: ilSole24Ore Edilizia e Territorio, vetrina web.

Il mattone europeo cresce più del Pil




Un mattone che surclassa la crescita economica.
È quanto emerge dal consueto Outlook sul mercato immobiliare europeo di Scenari Immobiliari, presentato oggi. 


I mercati immobiliari stanno crescendo, infatti, a un ritmo superiore al Pil, in tutta Europa: mentre la crescita economica nei 28 Paesi dell’Unione dovrebbe essere dell'1,6% nel 2015, il fatturato immobiliare sta crescendo del 4,5 per cento. E le previsioni per il 2016 sono di ulteriore aumento.


E anche in Italia il fatturato è in fase di ripresa, con una crescita prevista intorno al 3,7% nel 2015 (la previsione è di un fatturato di 112 miliardi di euro a fine anno), mentre il 2016 dovrebbe segnare un altro incremento sino al 5,4% (con un fatturato a quota 118 miliardi), non lontano dalla media dei cinque maggiori Paesi europei (6,2 per cento). Il fatturato immobiliare di Francia, Spagna, Germania, Italia e Inghilterra (Scozia e Galles sono esclusi) sarà a fine 2015 pari a 659 miliardi di euro.


Secondo l'Outlook 2016 di Scenari Immobiliari, “la crisi immobiliare pare definitivamente terminata. Si apre un mercato con quotazioni stabili e una forte domanda di innovazione e qualità di prodotti”. Un punto, questo, dolente per l’Italia, dove la massa di liquidità in arrivo dall’estero fatica proprio a trovare prodotto nuovo di qualità a causa della crisi immobiliare che negli ultimi anni ha fermato i cantieri. 

Intanto il mercato residenziale italiano ha smesso di ridursi e per il prossimo anno si prevedono circa 500mila case scambiate, grazie alla maggiore facilità di accesso ai mutui e all'attesa ripresa dell’economia e dell’occupazione.


“Nello scorso decennio – ha detto Mario Breglia, presidente dell'Istituto di studi e ricerche – i lavoratori stranieri hanno comprato oltre un milione di case in Italia. Una corretta politica dell’accoglienza e del lavoro può aiutare l’inserimento sociale e questo rimette in moto anche il sistema immobiliare”. 


La ripresa economica globale è comunque discontinua. Il Fondo monetario e la Bce hanno abbassato le previsioni di crescita per il 2015 e 2016 a causa delle condizioni critiche di Brasile e Russia e per le turbolenze create dalla Cina. Lo scoppio della bolla finanziaria cinese sta comportando una brusca frenata della crescita economica globale. 


L’incertezza dello scenario economico globale dovrebbe avere comunque un impatto limitato sui mercati immobiliari, la cui ripresa ha preso forza nella maggior parte delle aree geografiche. “Il forte aumento della liquidità, accompagnato dai bassi tassi di interesse e dalla presenza di un ampio numero di opportunità di investimento a prezzi ribassati rispetto al passato, hanno garantito un'inversione di tendenza in molti mercati, con un'evoluzione positiva dei principali parametri. I segnali di ripresa dovrebbero rafforzarsi negli ultimi mesi del 2015 e, in misura ancora più decisa, nel 2016.


Anche se permane sempre "un'alea di incertezza data dal contesto politico-economico” recita il report. Nell'area euro il fatturato immobiliare ha chiuso il 2014 con un incremento inferiore all'1%, in linea con lo sviluppo economico, ma il ritmo di crescita è in aumento nel 2015, sostenuto dall'incremento degli scambi e delle quotazioni.


Fonti articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mondo-immobiliare/2015-09-09/il-mattone-europeo-surclassa-debole-crescita-pil-113402.php?uuid=ACUDkgu&refresh_ce=1

Confedilizia: all'Italia serve shock fiscale


Togliere le tasse col bilancino del farmacista (un po’ sì e un po’ no, un po’ qua e un po’ là) non serve a niente, come la storia del fiscalismo anche nostro, e dei nostri giorni, dimostra" inizia così il commento del Presidente del Centro studi di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani sulle manovre di revisione di carico fiscale annunciate e ribadite più volte dal Governo.   

 

"Sull’immobiliare nel suo complesso, e per gli affitti in particolare deve balzare evidente l’inversione di tendenza. L’Italia ha bisogno di uno shock fiscale e Renzi l’ha capito. L’immobiliare è fatto dalle sensazioni di milioni di uomini e donne che lavorano e risparmiano (in Italia, l’80 per cento della popolazione), che non hanno tempo o possibilità di studiare diagrammi, ma solo di cogliere messaggi chiari. La rinascita è, come nel secondo dopoguerra, una questione di fiducia, fiducia sì o fiducia no”.

 

 

Per il Presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti: "Insieme all'eliminazione dell'Imu sulla prima casa, bisognerebbe ridurre anche le tasse sugli immobili produttivi che hanno raggiunto un livello molto alto, 9,8 miliardi". Merletti ha inoltre aggiunto che un punto importante sarà anche la rivisitazione della local tax: "Eliminare Imu e Tasi è una cosa, ma servirebbe una riorganizzazione delle tasse locali che sono state la valvola di sfogo dei tagli agli enti locali negli ultimi anni". 


E' poi essenziale che i tagli alla spesa pubblica non ricadano sul sistema produttivo: "come l'intervento da 400 milioni sulle accise che non deve però ricadere sugli incentivi all'autotrasporto".


Fonti articolo: http://www.monitorimmobiliare.it/confedilizia-italia-ha-bisogno-di-choc-fiscale-e-renzi-l-ha-capito_201509081132

http://www.monitorimmobiliare.it/confartigianato-giu-tasse-anche-sugli-immobili-produttivi_201509071859

Gli investitori stranieri puntano sull'immobiliare italiano

Dopo la maxi-operazione del Qatar nel quartiere di Porta Nuova a Milano, con un investimento di circa 900 milioni per acquisire una quota dei nuovi grattacieli, i deal internazionali sul mattone italiano si sono succeduti arrivando a toccare quota 2,7 miliardi nei primi sei mesi del 2015. Tanto quanto, circa, investito in tutto il 2008, prima della crisi. 


I fondi di private equity americani, come Blackstone e Cerberus, hanno fatto incetta di immobili "in chiave opportunistica", sottolinea Daniela Percoco, research & development manager di Reag. Hanno rilevato asset vuoti, da riposizionare o valorizzare con un certo profilo di rischio, ma con la promessa di rendimenti elevati. 

Subito dopo sono arrivati anche gli investitori istituzionali e i REITs (come NorthStar Reality) in cerca di soluzioni più centrali e, magari, che offrono profitti sicuri. È il caso dei tedeschi Ivg e Ubs che puntano su uffici in classe A e immobili retail con tenant di lungo periodo. Infine c’è chi si è portato a casa interi pacchetti, ad esempio Prologis o Tristan Capital Partners, dimostrando interesse per la logistica. 


"Un numero crescente di investitori, che aveva abbandonato l’Italia dopo la crisi del 2009, sta tornando perché scommette sulla ripresa economica", afferma Raffaella Pinto, head of research and marketing di Cbre. Dietro questo risultato c’è un cocktail di ingredienti che hanno reso “appetibile” il mattone italiano: prezzi più competitivi, rendimenti maggiori, la svalutazione dell’euro, tassi d’interesse ai minimi storici e una maggiore liquidità, in circolazione grazie alle politiche espansive delle banche. Secondo Cbre, a parità di rendimento immobiliare sugli uffici tra il 2006 e il secondo trimestre 2015 (circa 4,75%), lo spread con il Btp decennale è passato da 103 punti a 245. "Oggi l’immobiliare - aggiunge Raffaella Pinto di Cbre - paga un premio maggiore".


A contribuire alla svolta sono state pure le scelte del legislatore per rendere il mercato più flessibile e competitivo: la “liberalizzazione” dei contratti di locazione per immobili commerciali con canoni superiori ai 250mila euro; la riforma delle SIIQ (in Spagna le Socimi nel 2014 hanno investito circa 3 miliardi); la riduzione a un anno del periodo per la deducibilità dei crediti svalutati dalle banche; e così via.
A fare la differenza, poi, oggi sono i numeri: a fronte di una scarsa attività degli investimenti domestici (scesa dal 70 al 30% rispetto al 2006), negli ultimi due anni sono cresciuti i capitali asiatici immessi sul mercato globale, spinti a diversificare i portafogli per evitare l’incertezza e il “rischio di bolle” nei loro Paesi. Ad esempio, in Italia si sono affacciati i cinesi con il loro primo investimento, completato a luglio da parte di Fosun, su un immobile iconico come Palazzo Broggi a Milano.


Il contesto europeo, infine, oggi favorisce il mattone italiano: rispetto alla Spagna, la ripresa è iniziata più tardi e il settore quindi è meno surriscaldato in termini di prezzi, meno “affollato” (c’è meno competizione); rispetto alla Francia, che continua a essere un target per gli investitori core, l’Italia offre rendimenti più appetibili. Restano lontani, invece, Regno Unito e Gran Bretagna i cui mercati immobiliari sono molto più maturi, sia da un punto di vista di regole e trasparenza sia in relazione all’offerta. "I prodotti appetibili per gli investitori internazionali sono scarsi - aggiunge Daniela Percoco di Reag - e concentrati su tipologie tradizionali, su Roma e Milano. Manca un’offerta alternativa e sono assenti i mercati secondari o regionali".  


Fonte articolo: quotidiano ilSole24Ore, vetrina web

Sacconi sull'immobiliare: occorre responsabilizzare i Comuni



La crescita può essere solo il risultato di una diffusa mobilitazione di tutta la nazione, di tutte le sue attività produttive di beni come di servizi, di tutti i suoi lavori dipendenti o indipendenti. Ma la nazione appare ancora bloccata dall’eccessivo prelievo fiscale nella sua propensione a consumare, investire ed assumere. In particolare essa si è sviluppata più di altre, a torto o a ragione, intorno al mattone come testimonia il suo straordinario tasso mediano di patrimonializzazione attraverso la proprietà immobiliare. 


La propensione a radicare la famiglia, le richieste di garanzie reali del sistema creditizio, i ritardi del mercato mobiliare hanno concorso all’acquisto popolare di case, negozi, capannoni, terreni. Siamo una owners community! (ndr siamo una comunità di proprietari). Piaccia o non piaccia.

 

 

Possiamo ragionare a lungo se tutto ciò abbia limitato la nostra efficienza complessiva ma ora dobbiamo prendere atto che il repentino spostamento del pendolo da una tassazione di favore ad una di sfavore ha trasformato il bene-rifugio in un bene-prigione, la fonte di sicurezza in una ragione di insicurezza. E, soprattutto, la ricchezza della nazione si è in conseguenza rivelata congelata, illiquida, con tutte le conseguenze che conosciamo. Non si tratta quindi solo di detassare la prima casa, ma più in generale di ricondurre a responsabilità la propensione delle amministrazioni comunali a scaricare sulla proprietà immobiliare le loro incapacità ed inefficienze. 


Applichiamo quindi i fabbisogni standard già disponibili per tutte le funzioni di ciascun Comune nel senso di combinarli con una capacità fiscale idonea a finanziarli e di ricavarne l’algoritmo di equilibrio, superato il quale il comune viene immediatamente sottoposto a commissariamento - con tanto di fallimento politico e ineleggibilità degli amministratori - in funzione di un rigoroso piano di rientro. È ragionevole supporre che esso funzioni da deterrente per una gestione oculata, e magari associata, delle funzioni municipali prevenendo l’abuso della tassazione ed un dissesto dell’ente tale da richiedere ingenti risorse di risanamento come oggi accade. 


La Local Tax deve rappresentare l’occasione per una compiuta attuazione del federalismo municipale e non lo strumento di un circolo vizioso senza limite nel nome di una autonomia irresponsabile.
A ciò dovrebbe aggiungersi una diversa distribuzione del carico fiscale tra proprietari ed inquilini in modo che questi ultimi avvertano tutto il necessario sinallagma tra dimensione del prelievo e qualità del servizio pubblico locale. Un simile percorso determina insomma una tassazione ben più moderata senza bisogno di copertura perché l’amministrazione locale può garantire le funzioni che le competono razionalizzando i costi fissi di produzione anche attraverso la gestione associata con gli altri comuni corrispondenti ad un idoneo bacino di utenza. 


Evitiamo poi di contrapporre scioccamente la detassazione degli immobili a quella del lavoro nondimeno necessaria. Quest’ultima si rivela utile ad incoraggiare la propensione ad assumere se è strutturale e ragionevole. Temo che l’azzeramento dei contributi sui contratti permanenti si rivelerà essere stato fonte più di comportamenti distorsivi che di nuova occupazione e comunque non è ragionevole caricare a lungo sul bilancio dello Stato la sostenibilità del sistema previdenziale. Gli operatori potrebbero invece apprezzare una riduzione strutturale di quella parte dei contributi che oggi è sproporzionata rispetto alle prestazioni. Penso all’assicurazione contro gli infortuni, agli ammortizzatori sociali, all’indennità di malattia in alcuni settori come il commercio. 


Il costo indiretto del lavoro deve quindi essere ridotto ove ve ne sono le ragioni di equilibrio con i benefici e non sulla base di un inverosimile premio a carico della fiscalità generale.
Non dimentichiamo poi la esigenza di riportare ad una dimensione sensibile la tassazione “secca” e agevolata del salario variabile definito dalla contrattazione di prossimità in modo da sospingere contemporaneamente i redditi e la produttività. Si tratta di ampliare la platea dei beneficiari in modo da ricomprendere tutto il lavoro operaio ed impiegatizio e di innalzare la misura del salario detassato al livello degli accordi migliori come quello definito nel gruppo FCA.


In conclusione, la Legge di Stabilità può essere lo strumento idoneo per contenere contemporaneamente il prelievo fiscale sulla proprietà e sul lavoro rispettando i parametri dell’Unione.


Presidente commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi.


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-09-04/ridurre-tasse-mattone-responsabilizzare-sindaci-063700.shtml?uuid=AC19ypr&refresh_ce=1

Tagli Tasi e Imu: quanto risparmierebbero gli italiani?

Secondo la Cgia, con l'addio alla Tasi, annunciato dal premier Renzi e inserito nella prossima legge di Stabilità, le famiglie italiane risparmieranno mediamente 204 euro. Per i ricchi, semprechè il Governo decida di abolire anche l'Imu su ville, castelli e abitazioni signorili, le cose andranno molto meglio: il risparmio si aggirerà attorno ai 2.000 euro.


Mentre l'Europa guarda con sospetto ai proclami in tema di taglio delle tasse (da 48 mld in tre anni) da parte del Premier Matteo Renzi, gli italiani pensano già al gruzzoletto che riusciranno a sottrarre dal Fisco nel 2016; che sommato al forte peso del cuneo fiscale per la maggior parte dei lavoratori (dipendenti) è una piccola boccata di ossigeno per la Tasi che, per quanto riguarda la prima rata, il contribuente deve sborsare prima di partire per le vacanze.

Secondo un calcolo della Cgia di Mestre, con l'addio alla tassa sui servizi indivisibili (come l'illuminazione pubblica), le famiglie italiane potrebbero mediamente risparmiare 204 euro e per i ricchi, semprechè il governo Renzi decida di abolire anche l'Imu su ville, castelli e abitazioni signorili, le cose andranno molto meglio: il risparmio si aggirerà attorno ai 2.000 euro. 


Ma quali sono i contribuenti che saranno interessati da questa sforbiciata che nel 2017, nelle intenzioni di Palazzo Chigi, si trasferirà alle aziende con un taglio del prelievo sui redditi d'impresa e nel 2018 di nuovo a tutti i contribuenti con una rimodulazione delle aliquote Irpef?
La Tasi grava sui proprietari di prime e di seconde case e l'idea di Palazzo Chigi è quella di eliminarle solo per le prime abitazioni. Per mettersi al riparo dai rischi di incostituzionalità, però, la Tasi sulla prima casapotrebbe portare a cancellare l'imposta anche per le seconde case.


Il Presidente del Consiglio dice di voler eliminare per tutti anche l’Imu, l’imposta sul possesso degli immobili, che adesso non si paga sulla prima casa ma (quasi) solo sulle seconde. L’Imu dovrebbe essere cancellata anche per altre due categorie: la prima è quella dei terreni agricoli, la seconda categoria è quella degli "imbullonati",  i macchinari industriali fissi: può sembrare strano, ma anche questi pagano l’Imu con un gettito intorno ai 500 milioni di euro.


Secondo la Cgia, le famiglie che potrebbero essere beneficiate dall'abolizione della tassazione sulla prima casa sono quasi 19 milioni. Per i possessori delle abitazioni di lusso, appartenenti alla categoria catastale A2 il "taglio" sarà di circa 227 euro all'anno, per quelle A3 di 120 euro, mentre i possessori di una abitazione di tipo signorile o di una villa beneficeranno di un "regalo" attorno ai 1.830 euro. I proprietari di castelli, infine, potranno godere di un risparmio che dovrebbe sfiorare i 2.280 euro.


Ma quanti soldi servono al Ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan per far quadrare le strategie di Renzi? "In termini complessivi", segnala Paolo Zabeo della Cgia, "l'azzeramento della Tasi sulla prima casa ammonterà 3,4 miliardi di euro. Se a questo importo - prosegue l'esperto - aggiungiamo l'abolizione dell'Imu sulle abitazioni di lusso (91,2 milioni di euro), l'Imu sui fabbricati rurali (3,2 milioni di euro), quella sui terreni agricoli (897 milioni circa) e quella sugli imbullonati (250 milioni), verranno a mancare 4,6 miliardi di euro di gettito che, per il momento, non sappiamo ancora come saranno reperiti".


Fonte articolo: http://www.affaritaliani.it/economia/casa-via-la-tasi-risparmio-per-204-euro-senza-l-imu-in-tasca-ai-ricchi-altri-1-800-381392_pg_1.html

Detrazioni per ristrutturazione in piccolo condominio col Codice Fiscale

Anche i piccoli condomìni, per usufruire del bonus ristrutturazioni sulle parti comuni, hanno bisogno del codice fiscale.
Quindi se i pagamenti fatti dai singoli proprietari, per ristrutturazioni su parti comuni dell’edificio, vengono effettuati tramite bonifici bancari, con ritenuta d'acconto dell’8%, allora le detrazioni per le spese sostenute nel 2014 si possono “recuperare” se il piccolo condominio richiede il codice fiscale, versando una sanzione di 103,29 euro e inviando apposita comunicazione all'Agenzia.


Questo quanto stabilito dalla Risoluzione 74/E in cui l’Agenzia delle Entrate risponde ad un'istanza di interpello inviata da tre fratelli.

Detrazioni piccoli condomini: il caso.
In un edificio con tre appartamenti, ognuno di proprietà esclusiva di tre fratelli, vengono effettuati nel 2014 interventi di recupero su parti comuni, pagati dai proprietari pro-quota con bonifico bancario.

Secondo la Legge 449/1997 la fruizione dell’agevolazione è subordinata alla circostanza che sia il condominio l’intestatario delle fatture e l’esecutore, tramite l’amministratore o uno dei condòmini, degli adempimenti richiesti dalla normativa.


Nella Risoluzione 74/E però l’Agenzia osserva che, avendo i contribuenti in questione eseguito i pagamenti con la procedura giusta per la fruizione del bonus ristrutturazioni, cioè con apposito bonifico “parlante”, è stato regolarmente rispettato l’obbligo, in capo all’istituto bancario o a Poste, di operare la prescritta ritenuta dell’8% sulle somme accreditate (articolo 25 del Dl 78/2010).


Quindi si può usufruire delle detrazione per il 2014, a patto che si chieda l’attribuzione del codice fiscale. Infatti le Entrate, in una precedente circolare (11/2014) avevano ribadito che, per fruire della detrazione relativa a spese su parti comuni, anche i condomini minimi (quelli con non più di otto condòmini e che non hanno l’obbligo di nominare un amministratore), devono richiedere l’attribuzione del codice fiscale. 


Bonus ristrutturazioni parti comuni: quale procedura seguire.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che entro il termine della presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2014, in cui sono state sostenute le spese, è necessario:


- presentare a un ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate la domanda di attribuzione del codice fiscale al condominio, tramite modello AA5/6;
- versare mediante F24 (codice tributo 8912), a nome del condominio, con indicazione del cf attribuito, la sanzione minima di 103,29 euro, per omessa richiesta del codice fiscale;
- inviare una comunicazione in carta libera all’ufficio delle Entrate competente in relazione all’ubicazione del condominio.


Nella comunicazione, unica per tutti i condòmini, devono essere specificati, distintamente per ciascuno di essi, le generalità e il codice fiscale; i dati catastali delle rispettive unità immobiliari; i dati dei bonifici dei pagamenti effettuati per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio; la richiesta di considerare il condominio quale soggetto che ha effettuato gli interventi; le fatture emesse dalle ditte nei confronti dei singoli condòmini, da intendersi riferite al condominio.


Ogni condomino potrà inserire le spese sostenute nel periodo d’imposta 2014 nel modello Unico Pf 2015 da presentare entro il prossimo 30 settembre o, se ha utilizzato il 730, nel modello 730 integrativo da presentare entro il 26 ottobre 2015.
Infine la risoluzione ricorda che, non essendo necessario nel caso in esame nominare un amministratore, i contribuenti non sono tenuti a compilare l’apposito quadro AC del modello Unico Pf, in cui è prevista l’indicazione, tra l’altro, dei dati catastali degli immobili condominiali: andranno specificati nella comunicazione unica per tutti i condòmini.


Fonte articolo: http://www.edilportale.com/news/2015/08/normativa/ristrutturazioni-piccoli-condomini-sgravi-solo-con-codice-fiscale_47436_15.html

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