Rinnovati Bonus ed Ecobonus, anche per le case popolari

Dodici mesi in più per ristrutturare casa e renderla meno energivora con l’aiuto del Fisco. Dal Consiglio dei Ministri che ieri ha varato la manovra 2016 arriva la conferma per un altro anno degli sgravi fiscali sulle ristrutturazioni (bonus del 50%) e degli interventi per il miglioramento energetico degli edifici (bonus del 65%).


Arriva anche la notizia dell’estensione degli incentivi agli enti di gestione delle case di edilizia residenziale pubblica, che potranno così usufruire degli sgravi fiscali per rimettere mano a un patrimonio immobiliare in gran parte obsoleto.

Agli ex Iacp arriverà anche una dote di 170 milioni da usare per le manutenzioni. Un "intervento straordinario sulla case popolari", annunciato dallo stesso premier Matteo Renzi nella conferenza stampa seguita al varo della manovra, che potrà beneficiare anche degli sconti fiscali, ampliando così la mole degli investimenti possibili.


Confermato anche il bonus mobili, una misura che non era entrata nelle prime bozze della manovra, ma che è stata sostenuta in corso di riunione dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. 
La proroga decisa ieri scongiura la riduzione secca degli incentivi all’aliquota base del 36%, ormai stabilizzata. E mette benzina in un motore delle costruzioni inceppato da anni e che senza la conferma gli incentivi fiscali rischiava di perdere una stampella preziosa nel percorso di avvicinamento alla ripresa. 


Gli incentivi vengono confermati nella stessa formula usata l’anno scorso.
1. Per le ristrutturazioni senza miglioramento energetico viene riconosciuta una detrazione Irpef del 50% della spesa in dieci rate annuali, entro un tetto massimo di 96mila euro (che senza proroga sarebbe stato dimezzato a 48mila euro dal primo gennaio).

2. Per gli interventi mirati a migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni (inclusi sostituzione degli infissi e delle caldaie ad alta efficienza) il bonus è riconosciuto nella misura del 65%. Anche qui si tratta di una conferma piena delle misure in vigore l’anno scorso, che include dunque gli interventi antisismici (che altrimenti potrebbero usufruire al massimo del bonus 50% previsto per le ristrutturazioni), le schermature solari e i lavori di bonifica dell’amianto. 

3. Il bonus del 65% dovrebbe essere anche l’unica formula applicabile agli interventi di ristrutturazione promossi dagli ex Iacp sulle case popolari, per la prima volta ammessi a beneficiare degli incentivi. L’obiettivo è dunque ristrutturare, ma ottenendo un significativo miglioramento dell’efficienza energetica di questi edifici, che in molti casi non è difficile immaginare come veri colabrodi energetici. 

4. Confermato per un altro anno anche il bonus mobili, la cui applicazione potrebbe peraltro anche essere allargata. L’intenzione del Governo, ieri a dire il vero ancora in bilico, sarebbe quella di estendere la misura anche agli under 35 che decidono di metter su famiglia. In questo modo le giovani coppie potrebbero beneficiare degli incentivi fiscali anche senza l’obbligo di ristrutturare casa. Indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione, l’incentivo consente di detrarre il 50% delle spese sostenute per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici (in classe A+, A solo per i forni) da calcolare su un importo massimo di diecimila euro. Anche in questo caso la spesa viene recuperata con detrazioni riconosciute in dieci rate annuali. 


Secondo le stime del Governo la conferma dei bonus edilizi ad aliquota massima per un altro anno vale una posta di circa 150 milioni nel bilancio dello Stato, al netto dell’estensione delle agevolazioni agli ex Iacp. Valori che in base agli studi sull’impatto dei bonus vengono comunque controbilanciati dalle maggiori entrate fiscali legate alla realizzazione degli interventi. 


In base ai dati del Cresme e del Servizio studi della Camera, nei primi otto mesi del 2015 gli interventi mossi dagli incentivi hanno sfiorato i 16 miliardi di euro, e si prevede che alla fine dell’anno l’investimento complessivo sarà di 23,5 miliardi. Quanto al numero degli interventi effettuati in quasi venti anni di applicazione dei bonus edilizia (dieci per l’ecobonus) i dati più aggiornati parlano di circa 12,5 milioni di domande presentate. 


Fonte articolo: Il Sole24Ore, vetrina, web.

La detrazione Irpef sull'acquisto di immobili in ristrutturazione

Oltre alla classica detrazione fiscale per interventi di recupero edilizio vi è un’altra tipologia di agevolazione che riguarda immobili soggetti a interventi di restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione. 


È la detrazione Irpef al 50% a cui ha diritto chi acquista o colui a cui viene assegnato un’unità immobiliare che fa parte di un edificio interamente sottoposto ad interventi di restauro, risanamento o ristrutturazione da parte di ditte di costruzione o cooperative edilizie.

 

 

L’unica condizione è che tali ditte procedano alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile entro 18 mesi (prima erano 6) dalla data di fine dei lavori. La detrazione fiscale fruibile dall’acquirente (o dall’assegnatario) è al 50% e ha come limite massimo di spesa 96mila euro per unità immobiliare. 


Il termine di tempo entro cui si può fruire di tale detrazione al 50% è il 31 dicembre 2015, anche se è stata annunciata una proroga al 2016 da inserire nella prossima Legge di Stabilità. Vediamo da vicino le caratteristiche e le condizioni per fruire dell’agevolazione fiscale. In primo luogo gli interventi a cui deve essere sottoposto l’immobile oggetto dell’acquisto o assegnazione devono essere di:


- restauro e risanamento conservativo: si intendono per tali gli interventi che vengono eseguiti per conservare l’edificio e assicurarne la funzionalità come ad esempio il consolidamento, ripristino e rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, inserimento di elementi accessori e di impianti necessari;


- ristrutturazione edilizia: si intendono gli interventi volti a trasformare un edificio mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.


Per quanto riguarda l’ammontare della detrazione questa ha misura pari al 50% per le spese sostenute per l’acquisto dell’immobile dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2015 (probabilmente prorogabile nel 2016). L’acquirente o colui al quale viene assegnato l’immobile deve calcolare la detrazione a prescindere dal valore degli interventi realizzati su un importo forfettario pari al 25% del prezzo di vendita, comprensivo di IVA, o di assegnazione dell’abitazione.


Per fare un esempio si pensi al contribuente che acquista da una ditta di costruzioni un immobile ristrutturato per 150mila euro. In tal caso il costo forfettario della ristrutturazione è di 37500 euro (25% di 150.000) e la detrazione fruibile è pari a 18750 euro (50% di 37.500).


La detrazione deve essere ripartita in 10 rate annuale di pari importo e il limite massimo di spesa ammesso, ossia 96mila euro, deve essere riferito alla singola unità immobiliare e non al numero delle persone partecipanti alla spesa.


Si può fruire della detrazione anche in riferimento agli importi versati in acconto a patto che sia stipulato un preliminare di vendita e sia stato registrato presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente. Per quanto concerne infine la documentazione necessaria per godere dell’agevolazione occorre conservare ed esibire a richiesta del Fisco l’atto di acquisto o di assegnazione (o anche il preliminare di vendita registrato). Non è necessario invece che il pagamento sia effettuato con bonifico.


Fonte articolo: http://www.cosedicasa.com/detrazione-fiscale-per-lacquisto-di-immobili-ristrutturati-97089/

Risparmio del 20% con la caldaia a condensazione

È arrivato di nuovo il momento di fare i conti con il riscaldamento invernale, i suoi costi e la sua efficienza. Tra un paio di settimane in buona parte d’Italia si accenderanno infatti le caldaie nei condomini con impianto centralizzato. Ma anche chi vive in case dotate di impianti autonomi si prepara a riscaldare gli ambienti e forse, ripensando alla bolletta del gas e ai risparmi che possono derivare in prospettiva dall’investimento, immagina di cambiare la caldaia tradizionale con una più efficiente.


Un intervento di sostituzione che può anche considerarsi “last minute”, e per il quale entro fine anno si può esser certi di usufruire dei bonus fiscali su ristrutturazioni o risparmio energetico alle percentuali odierne (rispettivamente del 50 e 65%). 


Passando ad una caldaia a condensazione, che consente di recuperare il calore dei gas di scarico e rimetterlo in circolazione, si può sfruttare al meglio il potenziale energetico del combustibile e ottenere rendimenti più elevati. Una soluzione efficiente sostenuta anche dalle norme europee: il 26 settembre in tutti i Paesi Ue è infatti entrato in vigore l’obbligo di non produrre caldaie che non siano a condensazione. Se i generatori convenzionali a tiraggio forzato ancora in magazzino continueranno ad essere commercializzati, la loro fine è dunque segnata.


Allo stesso tempo, sono operative le nuove regole sull’etichettatura energetica per i sistemi di riscaldamento e acqua calda sanitaria (Acs) di taglia “domestica”, che impongono la dichiarazione dei consumi della singola tecnologia (a cura del produttore) e dell'intero impianto (etichetta di sistema, a cura dell'installatore). I consumatori potranno così scegliere e confrontare gli apparecchi come già da tempo avviene per gli elettrodomestici (secondo una scala discendente che va da A++ a G per il riscaldamento, e da A a G per l’Acs).


"La caldaia a condensazione rappresenta una soluzione affidabile e poco invasiva dal punto di vista dei lavori necessari. E i risparmi medi conseguibili, in confronto al generatore tradizionale sostituito, viaggiano intorno al 20%" – spiega Marco Chiesa, dell’Energy strategy group del Politecnico di Milano - "Per una famiglia che vive in una casa di 100 metri quadri, in zona climatica non calda, e spende 1.500 euro di gas (per riscaldamento e acqua calda sanitaria, ndr), l’investimento che in condizioni normali è pari a circa 2.500 euro, tutto compreso, fruendo della detrazione al 50%, può rientrare in 4-5 anni". I calcoli possono naturalmente risentire di altre variabili, tra cui le condizioni dell’apparecchio sostituito, a fine vita o ancora funzionante. "Ma l’installazione di una caldaia a condensazione, che ha una durata di 15-20 anni come quella convenzionale, per l’abitazione e i consumi ipotizzati risulta in ogni caso vantaggioso, anche senza incentivi", aggiunge Chiesa . Invece, se pensiamo a un alloggio condominiale di 50-60 mq, con impianto autonomo ma una sola parete esterna, magari esposta a sud, e che consuma 700 euro di gas all’anno, conviene tenere la “vecchia” caldaia finché dura. 


Tornando all’esempio, il pay-back time è simile anche se al posto della detrazione al 50% consideriamo il maxi-sconto del 65% offerto dall’eco-bonus. La spesa di partenza è infatti più alta (almeno 3mila euro), perché il rendimento deve rientrare in determinati valori tabellati, garantiti dal produttore, e l’intervento include l’installazione delle valvole termostatiche e la verifica e messa a punto del sistema di distribuzione. Aumenta però di conseguenza anche il taglio alla bolletta (verso il 25% e più) e dunque il risparmio sul medio-lungo periodo. "A quel punto – sottolinea Tiziano Dones, del Consorzio Seyes – si può anche pensare di spendere qualche centinaia di euro in più per implementare un sistema di centralina climatica, che permette di variare la temperatura di mandata dell’acqua in funzione di quella esterna e migliorare i rendimenti. Uno step che può spingere i risparmi al 30% e oltre".


Ma in quanto tempo è possibile realizzare l’intervento di sostituzione completo? "In condizioni ottimali – continua Dones – sfruttando la canna fumaria esistente, se il lavoro è programmato come si deve, dopo il sopralluogo e la preparazione dei materiali, può completarsi in 1 giorno. Se c’è invece bisogno di rifare la canna e modificare la centrale termica con qualche opera di muratura, possono volerci 2-3 giorni". 


A proposito di convenienza e ritorni dell’investimento, resta poi da considerare il fatto che, sì, ci sono gli incentivi, ma la nostra “famiglia tipo” può non essere in grado di sostenere la spesa a monte. E allora possono far comodo le offerte di finanziamento proposte dagli operatori dell’efficienza energetica. Un campo in cui sono attive anche le utilities. In questo caso il maggior costo del servizio si accompagna però al fatto di pagare direttamente in bolletta, con i risparmi sui consumi che compensano il prezzo del finanziamento. Il pay-back time non è esaltante, ma la scelta si rivela comunque conveniente.


Le valvole termostatiche.
Una valida alternativa, per chi vuole gestire in autonomia il proprio riscaldamento, senza però affrontare le difficoltà che comporta il distacco dall'impianto centralizzato, è quella di fare ricorso alle valvole termostatiche e alla contabilizzazione del calore, cioè a quei dispositivi che consentono di determinare la temperatura degli ambienti (abbassando o alzando i radiatori grazie all'uso di “valvole”) e di misurare i consumi di energia appartamento per appartamento, consentendo a ciascuno di pagare in proporzione all'utilizzo.
Si tratta, ovviamente, di una decisione da affrontare in condominio, ma anche di una strada che – volente o nolente – tutti coloro che abitano in una casa con più unità abitative dovranno percorrere per legge. Il Dlgs 102/2014 fissa infatti al 1° gennaio 2017 il termine entro il quale tutti i condomini d’Italia dovranno dotare gli impianti di "valvole".
Come funziona. 
A seconda che l'edificio sia di vecchia o nuova realizzazione (con impianto di riscaldamento distribuito a colonne montanti, cioè con tubi che salgono di piano in piano senza tenere conto della suddivisione delle unità, o a distribuzione orizzontale, con un tubo che entra e si ramifica nella singola unità) installare un sistema di termoregolazione risulta più o meno semplice (e dispendioso). Nel primo caso, infatti, occorre procedere con l'installazione su tutti i caloriferi di una valvola che regola (in genere tarata su 5 posizioni) il prelievo di calore e di un ripartitore elettronico per misurare il consumo. Al contrario, nei fabbricati nuovi, basta un solo contacalorie a monte di tutti i caloriferi.


La ripartizione delle spese.
Il principio di base è pagare quanto si consuma, anche se nella pratica una quota di spesa (in genere fra 20 e 40%) continua a essere ripartita fra tutti in base ai cosiddetti millesimi di calore. Si tratta della cifra corrispondente al calore disperso dalla rete di distribuzione e a quello necessario per conservare in buono stato la caldaia. La metodologia di ripartizione è stabilità nella norma Uni 10200, appena aggiornata dal Comitato termotecnico italiano.
Le eccezioni. 
La termoregolazione può risultare “non obbligatoria” laddove si presentino “impedimenti” di natura tecnica. Cioè laddove il costo di strutturazione dell'impianto risulti di molto superiore ai benefici che si possono ottenere. Un esempio, a questo proposito, può essere l'applicazione di valvole e contabilizzatori a un riscaldamento a pannelli radianti, specie se datato nel tempo. Così anche rientrano fra gli esonerati gli alloggi riscaldati con ventilconvettori.
Gli incentivi. 
L'installazione della termoregolazione e contabilizzazione del calore, se associata alla sostituzione di una vecchia caldaia con un impianto a condensazione, beneficia della detrazione fiscale prevista al 65% fino al 31 dicembre 2015.


Fonte articolo: Il Sole 24 Ore, vetrina web.

Ecobonus confermato dal Governo: per crescere punta sull'edilizia

Il governo punta alla ripresa dell'edilizia come pilastro della politica economica per la crescita. Lo ha ribadito ieri il premier Matteo Renzi alla direzione del Pd e lo ribadisce la Nota di aggiornamento al Def che punta a portare la crescita dello 0,9% "tendenziale" per gli investimenti in costruzioni nel 2016 all'1,4% "programmatico", vale a dire per effetto delle politiche che si metteranno in campo anche con la Legge di Stabilità.


Dall'intervento di Renzi di ieri, dalla stessa Nota di aggiornamento e dalle riunioni che si stanno svolgendo in queste ore fra i Ministeri dell'Economia e delle Infrastrutture emerge una prima certezza: sarà confermato in pieno il credito di imposta del 65% per gli interventi di risparmio energetico. 

 

Non è chiaro se la conferma piena riguardi anche il bonus fiscale del 50% per le ristrutturazioni abitative semplici, ma il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, lavora per questo e per un ampliamento ulteriore dei due strumenti fiscali: da una parte il bonus mobili esteso anche alle giovani coppie in affitto, dall'altra l'estensione dello stesso ecobonus ai condomini e alle imprese con l'aggiunta di una strumentazione di certificazione energetica che consentirebbe alle imprese di anticipare risorse e progetti per gli interventi di riqualificazione e ai condomini di pagare gli investimenti in bolletta energetica, “incamerando” senza esborso finanziario i benefici del minor consumo energetico.


Sul fronte delle infrastrutture, mentre si conferma la priorità delle 25 opere che già furono inserite nell'allegato infrastrutture al Def ad aprile, con un investimento di 3,5 miliardi finanziabile anche con cofinanziamenti ai piani europei, qualcosa in più potrebbe esserci in legge di stabilità per completare opere dei comuni bloccate dal patto di stabilità e riaprire il "piano città" lanciato dal governo Monti. 


Intanto oggi è una giornata decisiva per la riforma degli appalti alla Camera. Sono attesi infatti gli emendamenti del Governo e dei relatori al testo della delega approvato dal Senato. Dal Governo dovrebbe arrivare una sola correzione. Riguarda la cancellazione del regolamento appalti (l'attuale è composto da 359 articoli oltre a svariati allegati) e la sua sostituzione con linee guida che saranno messe a punto dall'Anac.  


Una drastica semplificazione annunciata dallo stesso ministro Graziano Delrio la settimana scorsa in Parlamento. Confermati gli emendamenti già annunciati da parte della relatrice Raffaella Mariani. Modifiche in arrivo per il bonus 2% concesso ai progettisti della Pa. L'incentivo rimarrà. Però non riguarderà più la progettazione, ma le attività di controllo e vigilanza delle amministrazioni. Altre misure sono annunciate per favorire l'accesso al mercato da parte delle Pmi, per sospendere da subito l'operatività del performance bond che sta bloccando diverse gare di appalto da centinaia di milioni e per dare l'addio alla Legge Obiettivo.


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-09-22/ecobonus-65percento-la-riconferma-incentivi-anche-condomini-e-imprese-110226.shtml?uuid=ACGijI2

Detrazioni per ristrutturazione in piccolo condominio col Codice Fiscale

Anche i piccoli condomìni, per usufruire del bonus ristrutturazioni sulle parti comuni, hanno bisogno del codice fiscale.
Quindi se i pagamenti fatti dai singoli proprietari, per ristrutturazioni su parti comuni dell’edificio, vengono effettuati tramite bonifici bancari, con ritenuta d'acconto dell’8%, allora le detrazioni per le spese sostenute nel 2014 si possono “recuperare” se il piccolo condominio richiede il codice fiscale, versando una sanzione di 103,29 euro e inviando apposita comunicazione all'Agenzia.


Questo quanto stabilito dalla Risoluzione 74/E in cui l’Agenzia delle Entrate risponde ad un'istanza di interpello inviata da tre fratelli.

Detrazioni piccoli condomini: il caso.
In un edificio con tre appartamenti, ognuno di proprietà esclusiva di tre fratelli, vengono effettuati nel 2014 interventi di recupero su parti comuni, pagati dai proprietari pro-quota con bonifico bancario.

Secondo la Legge 449/1997 la fruizione dell’agevolazione è subordinata alla circostanza che sia il condominio l’intestatario delle fatture e l’esecutore, tramite l’amministratore o uno dei condòmini, degli adempimenti richiesti dalla normativa.


Nella Risoluzione 74/E però l’Agenzia osserva che, avendo i contribuenti in questione eseguito i pagamenti con la procedura giusta per la fruizione del bonus ristrutturazioni, cioè con apposito bonifico “parlante”, è stato regolarmente rispettato l’obbligo, in capo all’istituto bancario o a Poste, di operare la prescritta ritenuta dell’8% sulle somme accreditate (articolo 25 del Dl 78/2010).


Quindi si può usufruire delle detrazione per il 2014, a patto che si chieda l’attribuzione del codice fiscale. Infatti le Entrate, in una precedente circolare (11/2014) avevano ribadito che, per fruire della detrazione relativa a spese su parti comuni, anche i condomini minimi (quelli con non più di otto condòmini e che non hanno l’obbligo di nominare un amministratore), devono richiedere l’attribuzione del codice fiscale. 


Bonus ristrutturazioni parti comuni: quale procedura seguire.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che entro il termine della presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2014, in cui sono state sostenute le spese, è necessario:


- presentare a un ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate la domanda di attribuzione del codice fiscale al condominio, tramite modello AA5/6;
- versare mediante F24 (codice tributo 8912), a nome del condominio, con indicazione del cf attribuito, la sanzione minima di 103,29 euro, per omessa richiesta del codice fiscale;
- inviare una comunicazione in carta libera all’ufficio delle Entrate competente in relazione all’ubicazione del condominio.


Nella comunicazione, unica per tutti i condòmini, devono essere specificati, distintamente per ciascuno di essi, le generalità e il codice fiscale; i dati catastali delle rispettive unità immobiliari; i dati dei bonifici dei pagamenti effettuati per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio; la richiesta di considerare il condominio quale soggetto che ha effettuato gli interventi; le fatture emesse dalle ditte nei confronti dei singoli condòmini, da intendersi riferite al condominio.


Ogni condomino potrà inserire le spese sostenute nel periodo d’imposta 2014 nel modello Unico Pf 2015 da presentare entro il prossimo 30 settembre o, se ha utilizzato il 730, nel modello 730 integrativo da presentare entro il 26 ottobre 2015.
Infine la risoluzione ricorda che, non essendo necessario nel caso in esame nominare un amministratore, i contribuenti non sono tenuti a compilare l’apposito quadro AC del modello Unico Pf, in cui è prevista l’indicazione, tra l’altro, dei dati catastali degli immobili condominiali: andranno specificati nella comunicazione unica per tutti i condòmini.


Fonte articolo: http://www.edilportale.com/news/2015/08/normativa/ristrutturazioni-piccoli-condomini-sgravi-solo-con-codice-fiscale_47436_15.html

Incentivi fiscali su ristrutturazione e mobili, si attende il sì del Governo

Per ora non sono arrivate dentro il governo obiezioni alla riconferma nel 2016 degli sgravi Irpef del 50% e del 65% per chi effettua lavori di ristrutturazione in casa o di efficientamento energetico e per chi acquista i mobili per la propria abitazione: nessuna obiezione dalla task force sulla spending review guidata da Yoram Gutgeld, che pure vuole recuperare 1,1-1,3 miliardi dalle tax expenditure ma non "punta" gli incentivi all'edilizia, nessuna obiezione neanche dal Ministero dell'Economia che dovrà tener conto degli effetti di cassa per alcune centinaia di milioni ma condivide una valutazione positiva sullo strumento. 


Certo è che chi si è intestato nel governo la battaglia sui bonus fiscali per l'edilizia è il Ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, che ha già posto la doppia questione della proroga degli strumenti nel 2016 e dell'allargamento della platea dei beneficiari.

"Se lo strumento ha funzionato e ha portato buoni risultati in termini di politica economica per la crescita e anche per le casse dello Stato, sarebbe sbagliato non utilizzarlo al meglio", ha detto il Ministro delle Infrastrutture nell'intervista al Sole 24 Ore del 20 agosto.


Due, in particolare, sono le ipotesi di rafforzamento dei bonus e di allargamento della platea dei beneficiari che Delrio è pronto a presentare formalmente quando si stringerà con gli incontri sulla legge di stabilità ai massimi livelli di governo: da una parte, l'estensione dei crediti di imposta (e in particolare di quello sul risparmio energetico) anche agli alloggi popolari pubblici finora esclusi dai benefici; dall'altra l'ammissione al bonus fiscale per l'acquisto di mobili anche a chi va in affitto.
"Se la vediamo dalla parte del cittadino e in particolare di una giovane coppia che vuole mettere su casa e famiglia - dice il Ministro - suona quasi come una beffa che possa utilizzare lo sconto solo chi è proprietario di un'abitazione perché nella gran parte dei casi un giovane che ha più bisogno di essere sostenuto comincerà il suo percorso andando in affitto". 


Si apre insomma una partita che riguarda il tema dell'utilizzo degli sgravi Irpef sempre più in termini di strumenti utili a rafforzare la crescita. Delrio è ottimista, convinto di essere in sintonia anche con il premier Matteo Renzi. 
Il Presidente della Commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci, che da tempo difende lo strumento ed è sulla stessa lunghezza d'onda del ministro delle Infrastrutture, va anche oltre e immagina che il 65% per il risparmio energetico possa essere la prima pietra di una politica nazionale di efficientamento energetico degli edifici pubblici, con effetti di spending review che sarebbero rilevanti anche sulla bolletta energetica.


La conferma e l'ampliamento dei bonus è una posizione sostenuta anche dalle imprese. Se i costruttori dell'Ance vedono con favore l'estensione degli strumenti fiscali dalla scala micro a quella macro (e in particolare alle operazioni di riqualificazione urbana), venerdì il presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero, ha chiesto di alzare il tetto di 10mila euro per la spesa agevolabile nell'acquisto di mobili.


Fonte articolo: http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-fisco-immobiliare/2015-08-24/bonus-ristrutturazioni-ipotesi-ampliamento-studio-governo-105141.php?uuid=ACPBOsl&refresh_ce=1

 

Permessi di costruzione: quando basta la Scia?

Quali interventi edilizi, sulla propria abitazione o nell'edificio condominiale, possono essere realizzati con semplice autocertificazione? Ormai quasi tutti (salvo le nuove costruzioni), dopo le novità legislative introdotte tra il 2011 e la fine del 2014.


Infatti, per decenni tutte le attività edilizie sono state soggette a "provvedimento espresso” (bisognava cioè chiedere al Comune la concessione o l'autorizzazione edilizia e aspettare - a volte mesi - che arrivasse l’ok).


A partire dal 1996, con l’introduzione della Dia (Denuncia di inizio attività) e poi via via in modo sempre più ampio, le attività edilizie sono diventate possibili con "autocertificazione". Tra gli ultimi importanti interventi inseriti in questo regime "fai da te" le demolizioni e ricostruzioni anche con modifiche di sagoma (Dl 69/2013) e i frazionamenti o accorpamenti di unità immobiliari (Dl 133/2014, si veda il box).

Novità positive anche dalla legge sulla pubblica amministrazione approvata il 4 agosto: limiti ai poteri della Pa di intervenire una volta presentata la Scia o scattato il silenzio-assenso sul permesso edilizio, e silenzio-assenso in caso di mancato parere di Soprintendenze o altri enti di tutela.


Certo, l’autocertificazione in edilizia non è semplice come per i dati anagrafici: serve infatti - oltre al progetto nei casi più complessi - una "asseverazione" da parte di un tecnico abilitato, un documento cioè in cui l’architetto, l’ingegnere o il geometra, una volta verificate le normative statali, regionali e comunali e le previsioni urbanistiche comunali, dichiara che l’intervento previsto è ad esse conformi.
Serve naturalmente un po’ di tempo per preparare queste carte, e bisogna pagare l’attività del progettista, ma una volta presentate al Comune la Cila o la Scia i lavori possono cominciare subito, senza restare appesi alle lentezze degli uffici.


Cosa resta invece ancora soggetto al "permesso edilizio"? Innanzitutto le "nuove costruzioni", singoli edifici in zone dove il piano regolatore ammette l’intervento diretto (senza piano urbanistico), e anche gli "ampliamenti di volume" di edifici esistenti. Ma ci sono a questo secondo caso alcune importanti e positive eccezioni (si veda il box sui permessi).
Sono inoltre soggette all’ok del Comune le ristrutturazioni edilizie "pesanti", cioè le trasformazioni radicali degli edifici esistenti che comportino modifiche dei volumi e dei prospetti, e nel caso dei centri storici anche quando c’è modifica di destinazione d’uso.


In tutti gli altri casi basta la Scia, anche per le ristrutturazioni edilizie rilevanti con cambio d’uso (sempreché ammesso dai Prg) o le demolizioni e ricostruzioni senza aumento di volume e anche con modifiche alla sagoma.


GUIDA


Indice interventi liberi
Opere con comunicazione semplice (Cil) “asseverata” (Cila), interventi con Scia: ecco la mappa.
Interventi liberi. Si possono fare in totale libertà, senza comunicare nulla a nessuno, gli interventi di manutenzione ordinaria. Cioè le tinteggiature interne, le sostituzioni (senza innovazioni) di pavimenti, sanitari o impianti, le tinteggiature delle facciate (sempre senza modifiche, anche di colore) se le impalcature non servono o non occupano suolo pubblico. Liberi anche gli interventi di eliminazione di barriere architettoniche (purché non si alteri la sagoma dell’edificio).

Cil (comunicazione di inizio lavori). Serve invece una Cil, secondo moduli predefiniti dai Comuni e cioè una comunicazione senza assistenza del progettista abilitato, per opere destinate a soddisfare esigenze contingenti o temporanee, per la pavimentazione di spazi esterni (anche aree di sosta scoperte), per l’installazione di pannelli solari (termici e fotovoltaici), per la realizzazione di aree ludiche senza fini di lucro e per gli elementi di arredo delle aree pertinenziali.

Cila (comunicazione asseverata). Come nel caso precedente, una volta presentata la comunicazione al Comune si possono avviare i lavori. In questo caso serve però una asseverazione tecnica da parte di geometra, architetto, ingegnere. Serve la Cila per le manutenzioni straordinarie, cioè le trasformazioni di parti anche importanti degli edifici, purché però non cambi la volumetria complessiva degli edifici, non cambi la destinazione d’uso e non vengano interessate parti strutturali dell’edificio. Sono possibili anche frazionamenti o accorpamenti di immobili (si veda qui sotto). Il progettista, oltre a dover attestare la conformità delle opere previste alle prescrizioni edilizio-urbanistiche di leggi e norme comunali, deve appunto attestare che non vengono toccate parti strutturali.

Scia (Segnalazione certificata di inizio attività). Con poche modifiche nominalistiche e di moduli, la Scia equivale di fatto alla Cila: serve l’asseverazione del tecnico abilitato, non si paga nulla al Comune, si deve indicare il nome dell’impresa edilizia che realizza i lavori, si parte subito (salva la facoltà dell’amministrazione, entro 30 giorni, di bloccare i lavori per mancanza dei presupposti tecnico-giuridici). Con la Scia si possono fare le manutenzioni straordinarie con interessamento delle parti strutturali, i restauri e risanamenti conservativi, le ristrutturazioni edilizie “leggere”, comprese anche le demolizioni e ricostruzioni senza rispetto della precedente sagoma dell’edificio, purchè non si modifichino le volumetrie originarie o i prospetti.


Ampliamenti con Scia. Gli ampliamenti sono in pratica le sopraelevazioni di edifici, le coperture di terrazzi, gli allargamenti in orizzontale (ad esempio di villette) o comunque le ristrutturazioni che aumentano le cubature totali. La regola generale è che serve il “permesso”. Ma ci sono importanti (e positive) eccezioni.
Basta infatti la Scia per gli ampliamenti fino al 20% dei volumi pertinenziali (ad esempio edifici per gli attrezzi o simili) e soprattutto per i box auto pertinenziali, fuori terra o interrati. Inoltre, nel quadro delle misure speciali dei "Piani casi", gli aumenti premiali di volume degli edifici in deroga ai Prg introdotti dal 2009 e in vigore ancora in quasi tutte le Regioni (non però in Lombardia ed Emilia Romagna), la maggior parte delle leggi regionali hanno previsto che questi ampliamenti si possano fare con semplice Scia.

Varianti con Scia. Grazie al decreto Sblocca Italia (Dl 133/2014), in caso di modifiche al progetto “in corso d’opera” non serve più fermarsi e richiedere un permesso di costruire-bis, ma basta la Scia asseverata dal tecnico. Questo purché si tratti di varianti non “essenziali”, che cioè non modifano volumi, destinazioni d’uso e localizzazioni rispetto al progetto iniziale. 

Cosa si paga. Gli oneri di urbanizzazione e il contributo per il costo di costruzione si devono pagare al Comune solo per gli interventi soggetti a permesso. Il “quantum” dipende dal valore dell’intervento, ma anche da complesse regole regionali e comunali. Molti Comuni tendono a premiare, con sconti sugli oneri, gli interventi che migliorano le prestazioni energetiche degli edifici, e le ristrutturazioni (anche radicali) rispetto alle nuove costruzioni.

Tempi e silenzio-assenso. Lo Sblocca Italia ha ridotto da 150 a 90 giorni, anche per le città con oltre 100mila abitanti, il termine entro il quale il Comune deve rilasciare (o respingere con motivazione) il permesso edilizio. Se non lo fa scatta il silenzio-assenso. In alternativa l’interessato può chiedere la nomina di un commissario ad acta.


Fonte articolo: ilSole24Ore, vetrina web

Slitta il Decreto Mit sugli incentivi Sblocca Italia

 

  • L'incentivo fiscale dello Sblocca Italia per favorire l'acquisto di case invendute o ristrutturate da mettere in locazione a canone agevolato non decolla. In teoria le deduzioni fiscali (20% del costo di acquisto, al massimo 60mila euro da togliere dall'imponibile in otto rate annuali) sono già operative, «ma la mancanza del decreto attuativo Mit-Mef che doveva fissare le "modalità attuative" - denuncia l'Ance - rende lo strumento ancora incerto, dunque la spinta al mercato è ancora inesistente». 
    «Inoltre - aggiunge l'associazione costruttori - perché la misura abbia effetto va promossa con una campagna informativa e pubblicitaria, neanche il decreto attuativo, da solo, basterà».

Il ministero delle Infrastrutture, a cui il DL Sblocca Italia non assegnava un termine per emanare il decreto, insieme al ministero dell'Economia, fa d'altra parte sapere che «la bozza di decreto predisposta nei mesi scorsi e inviata al Mef è rientrata in questi giorni (8-10 giugno) e ora è all'esame di nuovo del Mit, il gabinetto del Ministro e l'ufficio legislativo. Dovrebbe essere licenziata a breve».
Poi servirà la registrazione della Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta.
A conti fatti si arriverà a fine luglio, e di fatto l'operazione potrà produrre i suoi effetti da settembre, un anno dopo l'emanazione del decreto legge Sblocca Italia. Ricordiamo che la misura si applica alle vendite fino al 31 dicembre 2017. Ma vediamo in dettaglio di che si tratta. 


TERMINI GENERALI 
L'incentivo fiscale (articolo 21 Dl 12 settembre 2014, n. 133, coordinato con la legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164) consiste nella deduzione dal reddito complessivo Irpef del 20% delle spese per l'acquisto di immobile residenziale (nuovo invenduto o ristrutturato) da cedere in locazione agevolata per almeno otto anni, fino a un massimo di 300mila euro di costo (e dunque 60mila euro deducibile). Le case devono essere in classe energetica A o B. 
Lo scopo è da una parte spingere le locazioni private a canone ridotto, dall'altra smaltire l'invenduto delle imprese di costruzione e/o la ristrutturazione di case in classe energetica elevata. Anche se poi la deduzione si applica anche per la nuova costruzione su aree edificabili possedute da persone fisiche.


REQUISITI SOGGETTIVI 
L'acquirente delle case nuove invendute o ristrutturate, o il privato che investe per costruire la nuova casa su area edificabile, devono essere «persone fisiche non esercenti attività commerciale».


TRE FATTISPECIE 
L'agevolazione è applicabile a tre casi:
1) l'acquisto di unità immobiliari a destinazione residenziale di nuova costruzione, invendute al 12 novembre 2014, cedute da imprese di costruzione e da cooperative edilizie (proprio cosa si debba intendere per "invenduto", che la legge non spiega, è uno dei punti principali di chiarimento che si attende dal decreto Mit-Mef: dopo quanto tempo, dopo la dichiarazione di agibilità o dopo la messa in vendita, l'immobile non venduto si intende «invenduto»? Dopo sei mesi, un anno, due anni?);
2) l'acquisto di unità immobiliari a destinazione residenziale oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia, o di restauro e di risanamento conservativo cedute da imprese di ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie; 
3) la costruzione di unità immobiliari a destinazione residenziale su aree edificabili già possedute dal contribuente prima dell'inizio dei lavori o sulle quali sono già riconosciuti diritti edificatori. 


LE CARATTERISTICHE DELL'UNITA' IMMOBILIARE 
1) L'unità immobiliare deve essere a destinazione residenziale, e non classificata o classificabile nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9;
2) l'unità immobiliare non deve essere ubicata nelle zone omogenee classificate E, ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;
3) l'unità immobiliare deve conseguire prestazioni energetiche certificate in classe A o B, ai sensi dell'allegato 4 delle Linee Guida nazionali per la classificazione energetica degli edifici di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.158 del 10 luglio 2009, ovvero ai sensi della normativa regionale, laddove vigente.


I TEMPI 
L'acquisto deve essere effettuato dal 1º gennaio 2014 (per poterne fruire già nella dichiarazione Irpef 2015) al 31 dicembre 2017. Sul punto 3) però la legge non chiarisce (si dovrà dunque aspettare il decreto attuativo) "cosa" deve accadere in questi tre anni: la dichiarazione di fine lavori? L'agibilità? Va chiarito. L'immobile va poi messo in locazione per almeno otto anni.


LA LOCAZIONE 
L'unità immobiliare acquistata deve essere destinata, entro sei mesi dall'acquisto o dal termine dei lavori di costruzione, alla locazione per almeno otto anni e purché tale periodo abbia carattere continuativo; il diritto alla deduzione, tuttavia, non viene meno se, per motivi non imputabili al locatore, il contratto di locazione si risolve prima del decorso del suddetto periodo e ne viene stipulato un altro entro un anno dalla data della suddetta risoluzione del precedente contratto.
Il canone di locazione non deve essere superiore a quello indicato nella convenzione di cui all'articolo 18 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (i canoni convenzionati tra lottizzante e comune), ovvero non superiore al minore importo tra il canone definito ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (canone concordato), e quello stabilito ai sensi dell'articolo 3, comma 114, della legge 24 dicembre 2003, n. 350; non devono sussistere rapporti di parentela entro il primo grado tra locatore e locatario.


LA DEDUZIONE 
È riconosciuta all'acquirente, persona fisica non esercente attività commerciale, una deduzione dal reddito complessivo pari al 20% del prezzo di acquisto dell'immobile risultante dall'atto di compravendita, nel limite massimo complessivo di spesa di 300.000 euro, nonché' degli interessi passivi dipendenti da mutui contratti per l'acquisto delle unità immobiliari medesime.
La deduzione spetta anche per le spese sostenute dal contribuente per prestazioni di servizi, dipendenti da contratti d'appalto, per la costruzione di una o più unità immobiliare a destinazione residenziale su aree edificabili già possedute dal contribuente stesso prima dell'inizio dei lavori o sulle quali sono già riconosciuti diritti edificatori. Ai fini della deduzione le predette spese di costruzione sono attestate dall'impresa che esegue i lavori.


L'ATTUAZIONE 
La possibilità di portare in deduzione le spese di cui sopra è già contemplata nella Guida dell'Agenzia delle Entrate al 730/2015 (redditi 2014) - si veda alle pagine 50 e 70 - ma senza i chiarimenti del decreto Mit-Mef è difficile che la misura possa "spingere" qualcuno a investire, a comprare casa per darla in affitto o a costruire su proprio terreno per dare in affitto, senza avere la certezza di farlo nelle condizioni e nei termini giusti. Se uno ha già comprato e messo in affitto userà gli sconti, ma chiaramente gli incentivi servono a stimolare una certa attività, non a regalare qualcosa a chi già aveva deciso di intraprenderla.


IL NODO CANONE CONCORDATO 
Resta poi il nodo del canone concordato, i cui livelli massimi per caratteristiche degli immobili sono fissati in base ad accordi provinciali tra le associazioni di proprietari e inquilini, promossi dalle Regioni, che nella maggior parte dei casi risalgono a oltre dieci anni fa. Se il governo non promuove una revisione di questi accordi si rischia che quasi dappertutto questi canoni concordati risultino troppo bassi rispetto al mercato per fare davvero da incentivo, anche se c'è lo sconto fiscale.


Fonte articolo: casaeterritorio,ilsole24ore 12/06/2015

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