Il notaio risponde su compravendita, mutui, tasse


A margine dell’iniziativa "Comprar casa senza rischi", organizzata a Milano dal Consiglio Nazionale del Notariato - e che ha visto erogare oltre 1000 consulenze nel giro di poche ore -, si è cercato di capire quali sono i temi di maggior interesse per i potenziali acquirenti.


Ecco le risposte del notaio Piercarlo Mattea alle domande più calde su rent to buy, compravendita, aste, imposte sulla casa e mutui.

1) Rent to buy – Qual è la problematica maggiore dei contratti introdotti dallo Sblocca Italia?
La problematica del rent to buy è la non particolare vantaggiosità fiscale. Si paga infatti l’imposta sia sulla componente affitto che sulla componente di compravendita, quindi viene pagata una doppia imposta.

In quali casi il rent to buy può essere una reale opportunità?
Quando ho un’esigenza abitativa da soddisfare, ma non sono certo che comprerò la casa. In questo caso il rent to buy funziona, perché ho la possibilità di imputare parte dei canoni a conto prezzo. Se invece uno è già sicuro di volere un particolare immobile, o più che all’acquisto è interessato alla locazione, mettendosi nell’ottica del rent to buy rischia di spendere di più. 

Sappiamo che il rent to buy viene visto un po’ come una via d’uscita per le persone che ritengono di non avere un reddito sufficiente per l’acquisto, cosa ne pensa?
Se queste persone non hanno un reddito sufficiente, ma prevedono che lo incrementeranno, questa può essere una soluzione. Se invece il loro reddito non è sufficiente per comprare casa, però potrebbe essere sufficiente per giustificare il rimborso di un mutuo, è molto meglio che la casa la comprino con i soldi della banca. ll rent to buy non è uno strumento per risparmiare, anzi in questo caso diventerebbe solo più oneroso.


2) Compravendita – Quali sono i rischi e le garanzie offerte al compratore per chi acquista sulla carta?
Il DL n. 122 del 2005 prevede una tutela su due fronti per gli acquirenti degli immobili in costruzione (TAIC):

- Economico: perché copre la fase dal preliminare al momento del rogito. Occorre che il preliminare sia un atto registrato, anche non notarile, e non una scrittura privata tra le parti. In questo modo il costruttore è obbligato a fornire al futuro acquirente una fideiussione che copre tutte le somme  versate a titolo di caparra e di acconto. Se il costruttore fallisce o non può portare a termine la costruzione per altri motivi, l’acquirente può avere indietro i propri soldi rivolgendosi alla banca o all’assicurazione che l’ha rilasciata (escute la fideiussione).
È importante che sia stato per lo meno già chiesto dal costruttore il permesso di costruire. In caso contrario, non vi è tutela da parte della legge. 

- Assicurazione decennale postuma: contro i vizi dell’immobile o rovina dello stesso. Per 10 anni c’è un’assicurazione che copre l’acquirente dopo il rogito, perché altrimenti l’acquirente rischia di trovarsi senza un interlocutore. Il notaio quando fa un atto d’acquisto di una casa nuova ha il compito di richiamare le parti e darne atto nel rogito così l’acquirente è tutelato.


3) Mutui – Fino a che punto è legale contrarre un mutuo oltre l’80% del valore della casa?
Perfettamente legale. L’80% è una clausola all’interno della legge sul credito fondiario, che dice “erogabile in presenza di altre garanzie”. Altre garanzie potrebbero essere un’assicurazione o un altro immobile che per esempio offre un genitore. La banca valuta la capacità di reddito più della garanzia. Se c’è la garanzia accessoria data da un’assicurazione o ulteriore garanzia data da un terzo concede anche il 100%.


4) Tasi e Imu – Quali sono i pericoli della maggiorazione Tasi che viene di fatto scaricata sulle seconde case?
Avrà un effetto scoraggiante sui piccoli investitori. Renderà l’investimento immobiliare sempre meno appetibile. Una cosa che poi il Governo vuol fare perché vuole spostare la ricchezza dall’aspetto immobiliare all’aspetto produttivo.


5) Asta – Qual è la differenza tra asta pubblica e privata?

- Asta pubblica: viene fatta su delega dei tribunali e riguarda le posizioni già in sofferenza. Ad esempio un immobile che proviene da un fallimento o è proprietà di un soggetto che aveva concesso ipoteca su quel bene a garanzia di un mutuo e poi non ha rimborsato il mutuo. La banca ha agito esecutivamente su quell’immobile e lo manda all’asta. Sono pubbliche  perché partono dai tribunali. I notai ricevono la delega insieme ad altri professionisti e curano tutta la fase.

- Asta privata (difficile che si tratti di un solo immobile): è una cosa molto nuova che sta appena superando la fase sperimentale. Può ricorrere a un notaio sia un privato (costruttore) che un’azienda o un Ente che ha un patrimonio immobiliare da dismettere (INPS, INAIL, un sindacato). Danno al notaio l’incarico di “banditore”, il quale comunicherà pubblicamente che in tale data si svolgerà l’asta di tali particolari lotti inseriti in questo gruppo d’immobili. Qualunque notaio che è inserito nella rete aste notarili può fare da soggetto ricevente delle offerte. Queste aste avvengono per via telematica attraverso il portale del notariato: www.notariato.it


Fonte articolo: http://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2015/11/10/118198-cinque-domande-ai-notai-su-rent-to-buy-compravendite-aste-imposte-sulla-casa-e

Quanto conta l'inflazione sul costo reale dei mutui



I tassi mutui sono ai minimi storici. È questo che dice lo sportellista bancario quando ci si va a informare per chiedere un nuovo mutuo, per provare a rinegoziare il vecchio o (in alternativa) tentare la strada della surroga.


Ma è proprio vero? Se osserviamo l’ultimo dato Abi relativo al tasso medio applicato a Settembre sui prestiti per la casa non è che si possa dare torto a chi sostiene che i mutui sono ai minimi: il tasso medio è sceso al 2,66% (è una media tra le erogazioni a tasso variabile che viaggiano intorno all’1,5%-2% e il fisso tra il 2,2% e il 3,2%). Nel 2012 il tasso medio era del 3,98%, nel 2013 del 3,67%. Anche andando un po’ più indietro (nel 2011) eravamo in media oltre il 3%.

 

 

 

Le banche stanno riducendo gli spread (che oscillano tra l’1,2% e il 2,2% a seconda del loan to value, ovvero in base a quanto capitale si chiede in prestito in relazione al valore dell’immobile) e questo si riflette sul costo medio.
Un altro elemento che ha abbassato il costo medio dei mutui è rappresentato dalla caduta dell’altro elemento che concorre a formare il tasso finale: l’indice interbancario Euribor (per i mutui a tasso variabile) che viaggia addirittura sottozero e l’indice interbancario Eurirs (per i mutui a tasso fisso) che vola basso, complice la caduta dei rendimenti del Bund tedesco a cui è in un certo qual modo collegato.


Il discorso fila a pennello se ci si ferma qui, ovvero all’analisi dei tassi nominali applicati dalle banche sui mutui e a quel 2,66% medio calcolato dall’Abi. Tuttavia fermarsi semplicemente ai tassi nominali sarebbe un po’ grossolano. Sia quando si tratta di un debito (mutuo o prestito) che di un investimento attivo cartaceo (BoT, BTp, azioni, fondi, ecc.) è doveroso calcolare il tasso reale, quello che conta davvero. Il tasso reale si ottiene sottraendo al tasso nominale il livello di inflazione del periodo.


L’inflazione abbatte il costo reale del debito e riduce il guadagno in un investimento attivo. Quindi piace più ai debitori che ai creditori. Essendo i mutuatari dei debitori dovrebbero tenerne conto.


Bene, depurando il tasso medio applicato oggi dalle banche sui mutui (2,66%) per il tasso di inflazione (a ottobre in Italia i prezzi sono cresciuti dello 0,2% come indicato prorio questa mattina dall’Istat) otteniamo un tasso reale del 2,46%. È questo il costo effettivo, in termini di potere di acquisto finale del mutuatario. Confrontando il tasso reale di oggi con il tasso reale dei mutui stipulati durante la crisi del 2011-2012 (quando i tassi nominali erano molto più alti e vicino al 4%) c’è una sopresa. Il costo reale del mutuo negli anni della crisi era molto più basso perché in quegli anni l’inflazione ha abbattuto in modo più consistente il debito (nel 2011 era al 2,7% e nel 2012 al 3,3%). A conti fatti - come sintetizza questa tabella - nel 2011 un mutuo costava in termini reali per le tasche del mutuatario in media lo 0,52% annuo a fronte del 2,46% del 2015.


Questo ci dice, quindi, che non è vero che oggi i mutui sono ai minimi storici. Nel computo annuo costano 5-6 volte in più rispetto al periodo di crisi 2011-2012.


Va però detto che il mutuo è un prodotto di lungo periodo (la durata media è di 20-25 anni). Quindi non è detto che il tasso reale più caro di oggi resti così caro anche in futuro. Tutto dipende da come si muoverà nei prossimi anni il tasso di inflazione. Se questa dovesse salire e riportarsi intorno al 2% auspicato dalla Banca centrale europea il costo reale tornerebbe simile a quello del 2011 (ovvero lo 0,5%). Se invece questa dovesse restare bassa il costo reale è destinato a restare più caro. Pur di fronte a tassi nominali ai minimi.


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-10-30/mutui-tassi-minimi-storici-non-e-vero-ecco-perche-oggi-costano-5-6-volte-piu-rispetto-passato-104254.shtml?uuid=ACsaeIQB

Mutui: le banche riducono lo spread



Ci sono due modi per far ripartire il mercato dei mutui.
La domanda (famiglie) deve avere più fiducia sul futuro e quindi tornare a giocare un ruolo pro-attivo (acquistare abitazioni). L’offerta (banche), valutati costi e benefici, deve avere le ragioni economiche per tornare ad erogare.


Nei primi 8 mesi del 2015 le erogazioni di mutui sono aumentate dell’86,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo è accaduto sia perché la domanda e l’offerta ci hanno messo lo zampino.



Le famiglie hanno un po’ più fiducia sul futuro (non si tratta di una fiducia piena però come dimostrano i dati sull’inflazione che non esiste) e le banche sono tornate a riconsiderare il prodotto mutui dopo che la caduta dei tassi sui titoli di Stato (i titoli italiani fino a 2 anni hanno un rendimento negativo e il BTp a 10 anni è sotto l’1,5%) rende meno appetibile utilizzare la liquidità a buon mercato della Bce per fare trading sui titoli di Stato.


Le banche, a loro volta, una volta che sono più propense ad erogare più mutui, hanno due modi per aumentare i volumi: 1) ridurre gli spread, ovvero i margini lordi che guadagnano sul prestare il denaro; 2) aumentare la disponibilità a strappare clienti alla concorrenza attraverso il meccanismo della surroga (con il “mutuo di surroga” un mutuatario lascia la vecchia banca per portare il debito ad un altro istituto che gli applica condizioni migliori).
Nel 2015 gli istituti di credito stanno spingendo su entrambe queste leve e i risultati si vedono. Spread meno cari rispetto allo scorso anno e boom di surroghe (circa un terzo del totale del mercato secondo l’Abi, l’Associazione bancaria italiana).


Non finisce qui. Da oggi alcuni istituti hanno deciso di ridurre ulteriormente gli spread, come dimostra la tabella che sintetizza le nuove offerte a questo link http://bit.ly/1OQVXkM. Una rapida occhiata ci dice che oggi si può stipulare un mutuo a tasso fisso di media durata (quindi 20 anni) e di medio importo (quindi 140mila euro) pagando un Tan fisso (Tasso annuo finale) del 2,2%. Essendo il tasso fisso dalla somma tra lo spread e il tasso interbancario Eurirs di periodo (che per 20 anni è all’1,4%) vuol dire che le banche oggi applicano uno spread sul fisso nella migliore delle ipotesi dello 0,8% (ma in media è dell’1,3%).
Il miglior spread a tasso variabile è dell’1,3% ma in media siamo all’1,5%. Anche in questo caso si tratta di un bel passo in avanti rispetto all’anno scorso quando gli spread medi erano di poco superiori al 2%. Quindi le banche stanno riducendo i margini perché vogliono erogare di più, facendo un passo in avanti nei confronti della domanda.


Il passo in avanti non è però sprovveduto. È un mezzo passo in avanti. La tabella delle nuove offerte elaborata da MutuiSupermarket.it ci dice anche che le banche sono molto più attente e selettive rispetto al passato. Quasi tutte (tranne Banca Carige) applicano il criterio del “pricing differenziato”. In cosa consiste? Applicano cioè spread diversi in relazione alla rischiosità del prestito. Questo vuol dire che su mutui non superiori al 50% del valore dell’immobile gli spread sono più bassi rispetto a quelli applicati su mutui che si spingono fino all’80% del valore dell’immobile o, ma questo vale solo per poche banche, vanno oltre l’80%.


Il costo del mutuo nella nuova era delle banche più disposte ad erogare ma in modo molto più selettivo lo decide in sostanza il loan to value, ovvero la percentuale del capitale chiesto in prestito in relazione al valore dell’immobile. Questo vuol dire che una stessa banca non applica più lo stesso spread per tutti i mutui, ma applica prezzi diversi in base alla tipologia di mutuo e di rischio annesso. 
Le banche italiane hanno in pancia un ammontare di crediti deteriorati (i cosiddetti non performing loans) di 200 miliardi di euro (ma nel conteggio ci sono anche i prestiti concessi alle imprese). Gli anni della crisi (dal 2008 l’Italia ha perso nove punti di Pil reale) si sono fatti sentire anche sui bilanci delle banche che quindi oggi, pur tornando a spingere sui prestiti, lo fanno in modo più selettivo.


Domanda e offerta sono più vicine che in passato, ma ancora lontane da una condizione di sana ripartenza. La prova del nove ce la da l’inflazione. Quando un’economia cresce in modo sano ed equilibrato, con la ricchezza equamente distribuita tra gli attori economici, l’inflazione dovrebbe attestarsi intorno al 2% (almeno questo dicono i manuali economici). Adesso siamo in deflazione (-0,1% i prezzi a settembre su base annua). E dato che l’inflazione la crea in particolare la fascia della popolazione con redditi medio-bassi (la coda lunga dei consumatori) se siamo in deflazione vuol dire che nell’ingranaggio qualcosa resta inceppata. Ma per ora guardiamo il bicchiere mezzo pieno: e cioè che gli spread sui mutui (e di conseguenza i tassi nominali, non quelli reali) da oggi sono un po’ più bassi.


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-10-25/mutui-banche-tagliano-tassi--offerte--ecco-perche-il-qe2-draghi-tasso-fisso-e-variabile-potranno-scendere-ancora-173407.shtml?uuid=AC2ow8MB

Istat: compravendite casa +6,2% e boom mutui

Mercato immobiliare in salute nel II trimestre: i dati diffusi dall'Istat segnalano un ritorno alla crescita delle compravendite e un boom dei mutui, che salgono di oltre il 23%. Nel dettaglio, le convenzioni notarili di compravendita per unità immobiliari complessivamente considerate (161.357) riprendono ad aumentare, segnando un +6,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, dopo il calo del 3,6% registrato nel I trimestre.


La ripresa delle compravendite immobiliari, spiega l'istituto di statistica, appare di carattere generale, interessando tutti i comparti immobiliari, le diverse ripartizioni territoriali e tipologie di centri urbani del Paese.

L'incremento rispetto all'anno precedente è pari a +6,6% per i trasferimenti di immobili ad uso abitazione ed accessori e +1,9% per i trasferimenti di proprietà immobiliari ad uso economico.
A livello territoriale la crescita coinvolge tutte le ripartizioni, sia per il complesso delle compravendite delle unità immobiliari che per i trasferimenti ad uso abitativo ed accessori. Per entrambe le tipologie si osservano valori sopra la media nazionale nel Nord-Est (rispettivamente +10,8% e +11,8%) e nelle Isole (+8,0% e +10,0%). Nel settore economico, le variazioni positive si riscontrano solo al Centro (+16,4%) e al Sud (+2,1%); ancora in affanno il Nord-est (-0,9%), Nord-ovest (-1,3%) e soprattutto le Isole (-11,8%).


Un vero e proprio boom segnano le convenzioni notarili per mutui, finanziamenti ed altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare stipulati con banche o soggetti diversi dalle banche: nel II trimestre sono 88.173, con un balzo del +23,1%. In recupero tutte le ripartizioni geografiche, con variazioni sopra la media al Sud (+27,7%), nelle Isole (+27,4%) e nel Nord-Est (+23,3%).


Il I semestre 2015 si conclude, dunque, in positivo per le compravendite, i mutui, i finanziamenti ed altre obbligazioni. Le compravendite crescono per il settore immobiliare (+1,5%), grazie alla performance del settore abitativo (+1,8%) e nonostante la variazione negativa del comparto ad uso economico (-1,8%). I mutui registrano una variazione positiva del 16%, per un totale di 156.334 convenzioni.


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-10-19/casa-compravendite-crescita-6percento-e-boom-mutui-23percento-101603.shtml?uuid=ACEjQwIB&refresh_ce=1

Crescita mutui, +15% nel 2015

E' Lodi la provincia italiana dove si concentra il maggior numero di erogazioni di mutui ogni 100mila abitanti, seguita da altre città del Nord come Milano, Pavia, Pisa e Bologna.


Si contano con il contagocce, invece, le nuove pratiche di finanziamento per l'acquisto di un immobile residenziale concesse al Sud: Crotone, Enna e Vibo Valentia si posizionano sul fondo della classifica con meno di 100 mutui ottenuti ogni 100mila abitanti. 

Complessivamente, nei primi 9 mesi del 2015 il numero dei mutuatari in Italia è cresciuto del 15% circa, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A dirlo sono i dati sulle nuove erogazioni estratti dalla mappa dei mutui presente sul sito internet di Casa24 Plus, realizzata in collaborazione esclusiva con CRIF Real Estate Services.


Il tool online è in grado di fornire ogni giorno una contabilità aggiornata dei nuovi titolari ai quali è stato concesso un credito ipotecario, con un dettaglio disponibile anche a livello regionale e provinciale. La rilevazione elabora i dati aggregati dell'Agenzia delle Entrate sulle Conservatorie italiane, con la sola eccezione del Trentino-Alto Adige e di alcune province che utilizzano il sistema Tavolare o che hanno conservatorie accorpate tra loro.


A segnare l'incremento-record di nuovi finanziamenti ipotecari concessi, rispetto ai primi nove mesi dell'anno scorso, è la provincia di Avellino (+36,4%), seguita da Siena (+35,6%) e da Enna (+34,9%). Solo 12 province, invece, hanno registrato una contrazione nel numero di mutuatari, con la flessione più marcata nella provincia di Asti (-21,4%), seguita a distanza daCaltanissetta e Crotone (rispettivamente -10,4% e -9,3%).


Esaminando il profilo dei nuovi mutuatari, inoltre, emergono altri dettagli interessanti. La classe di età maggiormente rappresentata è quella compresa tra i 25 e i 34 anni (dove si concentrano il 34,2% delle erogazioni), anche se in molte province del Sud i finanziamenti ipotecari sono più accentuati tra gli over. Ad esempio in Calabria gli over 74 rappresentano il 2,6% dei nuovi mutuatari (rispetto all'1,2% della media nazionale).
Tra le province con la maggiore incidenza di erogazioni concesse a cittadini stranieri, infine, emergono Pordenone e Piacenza (in entrambe oltre il 20% del totale).


I dati elaborati da Crif Res confermano la ripresa del credito immobiliare, sulla spinta delle politiche di stimolo varate dalla Bce e dei tassi applicati estremamente appetibili.
“Anche le ultime rilevazioni dell'Agenzia delle Entrate – illustra Stefano Magnolfi, direttore di Crif Real Estate Services - segnalano nel secondo trimestre 2015 un netto recupero delle compravendite residenziali (+8,2%), mentre i prezzi delle case sono scesi di un ulteriore 2,5%, dopo il calo dell'1,9% nel primo trimestre”.


La ripresa dei mutui è stata fotografata di recente anche dall'Abi, secondo cui nei primi otto mesi dell'anno anche l'ammontare complessivo dei crediti ipotecari erogati è salito dell'86% (fino a 28,920 miliardi di euro), incluse le surroghe (circa il 50%) e le stipule su immobili non residenziali.


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-10-05/mutui-ecco-dove-sono-salite-piu-erogazioni--102909.shtml?uuid=ACc4NBAB&refresh_ce=1

Ddl Concorrenza: avvocati esclusi dalle compravendite, novità mutui




Dopo l'ultimo via libera delle commissioni Finanza e Attività produttive della Camera, arrivato la scorsa settimana a conclusione dell'esame delle proposte emendative, è approdato oggi (21 settembre) in Aula a Montecitorio il disegno di legge per la concorrenza. Il primo dei testi annuali che dovrebbero puntare – secondo quanto previsto dalla legge 99/2009 e in base alle specifiche indicazioni dell'Agcom – a rimuovere i diversi ostacoli e freni, normativi e non, ancora presenti nei mercati dei prodotti e dei servizi.


Il Ddl contiene, tra le altre, misure per le banche e le professioni, e produrrà riflessi anche in campo immobiliare. Pur se non tutti quelli originariamente ipotizzati dal Governo.



Il “pacchetto” sui notai 
Nel corso dell'esame parlamentare sono infatti state soppresse alcune norme, in primis quella che consentiva agli avvocati di redigere le compravendite di immobili a uso non abitativo (cantine, box, locali commerciali), di valore catastale non superiore a 100mila euro, e che riguardava anche gli atti di donazione, nonché la costituzione o modificazione di diritti su tali beni immobili. Gli avvocati avrebbero dovuto quindi farsi carico dei connessi obblighi di registrazione, trascrizione, iscrizione, voltura catastale e liquidazione di imposte. Ma la norma è stata espunta dal testo, dopo le rimostranze del Notariato, e dopo che a luglio la commissione Giustizia in sede consultiva ha sottolineato gli "evidenti profili di criticità" della disposizione, "non apparendo compatibile con taluni principi generali dell'Unione europea, tra i quali quello della certezza giuridica".


Il notaio,
anche nell'autenticazione delle scritture private, esercita infatti un controllo di legalità e liceità che impone di verificare, in qualità di pubblico ufficiale, oltre che la conformità alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, anche la capacità di agire delle parti e la volontarietà dell’atto da compiere. A lui il sistema italiano affida il compito "di assicurare certezza giuridica a determinate posizioni soggettive e a determinati rapporti di diritto privato, imponendo obblighi di documentazione rigorosi (…), nonché una serie di incombenze necessarie per la pubblicità degli atti, ivi compresa la verifica della loro regolarità fiscale". Il sistema di regole non è quindi estendibile alla categoria degli avvocati. Oltretutto - ha evidenziato la commissione - l'articolo 28 cassato dal Ddl si rivelava contrario al principio costituzionale della ragionevolezza: perché il valore economico degli immobili, sia pur limitato, "non può rappresentare il parametro sul quale graduare il livello di certezza giuridica".


Altra novità emersa dall'esame parlamentare, è l'introduzione dell'articolo 28-bis relativo alle procedure ereditarie (vengono riformulati gli articoli 52 e 53 delle disposizioni di attuazione del Codice civile). Si precisa che il registro delle successioni (ora presso la cancelleria di ciascun tribunale) sarà tenuto e conservato dal Consiglio nazionale del Notariato, sotto la vigilanza del Ministero della Giustizia. Il registro può essere dunque esaminato da chiunque ne faccia domanda, in modalità telematica, tramite un notaio che procede al rilascio degli estratti e dei certificati.


Sempre in relazione alla professione notarile, spariscono i riferimenti al reddito minimo garantito e alla quantità degli affari, e vengono modificati i criteri di numero e distribuzione dei professionisti sul territorio nazionale: ci sarà un notaio ogni 5mila abitanti, anziché uno ogni 7mila (e potrà ampliare il proprio bacino di utenza territoriale, aprendo una sede secondaria in tutto il territorio della regione dove esercita).


Mutui e polizze 
Novità, infine, anche nel pacchetto finanziario, riguardo alle polizze assicurative connesse o contestuali all'erogazione di mutui o di credito al consumo. L'articolo 25 del testo prevede infatti che tutte le banche o gli intermediari che concedono il finanziamento debbano presentare al cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi, non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari stessi. La violazione è punita con una sanzione pecuniaria. Il richiedente dovrà inoltre esser informato in anticipo se la concessione del finanziamento è subordinata o meno alla stipula di una polizza, e se è possibile reperire lo stesso prodotto sul mercato.


Superato l'esame della Camera, il provvedimento dovrà esser trasmesso al Senato. L'obiettivo del Governo, come sottolineato dal Ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, è ora quello di portare a casa il testo definitivo, senza stravolgimenti rispetto a quello approdato in Aula, entro la fine dell'anno.


Fonte articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2015-09-21/ddl-concorrenza-gli-avvocati-non-potranno-redigere-compravendite-aumenta-numero-notai-124927.php?uuid=ACrJYc1

Euribor ai minimi storici avvantaggia chi stipula mutui


Una discesa ininterrotta da ormai 238 giorni. Con qualche piccola pausa qua e là, il movimento al ribasso degli indici Euribor prosegue ormai a tamburo battente dal 20 gennaio, tanto che ieri l’indice a 3 mesi ha toccato il nuovo minimo storico a -0,038%. Ancor più giù il “fratello” a 1 mese che che questa mattina ha aggiornato il minimo personale a -0,105%.


Gli Euribor sono tanto cari a coloro che stanno rimborsando un mutuo a tasso variabile o pensano di stipularne uno nuovo, perché è sulla base di questi indici che viene calcolato il tasso finale su cui poi calcolare la rata mensile (il tasso finale si ottiene sommando l’Euribor allo spread fisso concordato con la banca). 

La discesa degli indici Euribor non pare destinata ad esaurirsi. Potenzialmente, in base alle condizioni attuali, l’indice a 1 mese e quello a 3 mesi hanno spazio di discesa fino a -0,2%, con un incrementale vantaggio per il calcolo della rata dato che in condizioni normali l’Euribor negativo dovrebbe essere sottratto (in quanto sommato algebricamente) allo spread nel calcolo della rata.
Quindi se lo spread è dell’1,5% e l’Euribor a 1 mese è a -0,105, il tasso su cui calcolare la rata diventa dell’1,395%. Pertanto è opportuno controllare che effettivamente la propria banca stia sottraendo l’Euribor negativo. Per un mutuo di 150mila euro da rimborsare in 20 anni si tratta di un risparmio netto di quasi 10 euro al mese, 120 euro l’anno. 


Nei mutui stipulati prima di febbraio 2015 questo dovrebbe essere scontato. Perché prima di allora nessuna banca aveva inserito nei contratti delle clausole per tutelarsi da un’eventuale scorribanda in territorio negativo del tasso Euribor. Questo perché l’Euribor sottozero ha difatti sorpreso anche le banche. Da febbraio invece alcuni istituti hanno iniziato ad inserire nei nuovi contratti delle clausole che difatti impediscono di calcolare la rata sottraendo l’Euribor negativo indicando che «il tasso non può in ogni caso essere inferiore allo spread». 
Al momento questo “ombrello” a favore delle banche non sta suscitando molte polemiche soprattutto perché finora l’Euribor è stato negativo, ma solo per pochi centesimi, con scarso impatto sulle rate. Ma adesso che entriamo nel campo dei decimi e che il ribasso potrebbe continuare qualcuno potrebbe alzare la voce, seguendo gli spunti già segnalati in articoli precedenti.


Detto ciò, cerchiamo di capire perché l’Euribor ha ancora spazio per scendere. Per capirlo bisogna analizzare cosa è effettivamente l’Euribor. Rappresenta il tasso a cui un panel di banche prevalentemente europee dichiara di prestarsi denaro fra loro su scadenze da 1 settimana a 12 mesi (è questo il motivo per cui ci sono più Euribor). 
L’Euribor è quindi uno dei tassi che sintetizza il costo del denaro all’ingrosso (prima che venga cioè maggiorato con uno spread dalle banche e rivenduto al dettaglio a famiglie e imprese sotto forma di prestiti). L’altro tasso più importante è quello di riferimento stabilito dalla Bce, fermo ormai da un anno allo 0,05%. Gli indici Euribor sono solitamente collegati e molto vicini al tasso Bce ma in questa fase volano più basso (sono negativi mentre il Bce resta leggermente positivo) perché la Banca centrale europea ha deciso anche di portare sottozero (a quota -0,2%) un altro tasso all’ingrosso, quello pagato dalla Bce alle banche che vi parcheggiano la liquidità. Una mossa pensata per incentivare le banche ad utilizzare la liquidità in modo più profittevole, per spingerle a oliare l’economia reale.


Il tasso sui depositi presso la Bce fissato a -0,2% è una soglia chiave e rappresenta in effetti il pavimento tecnico massimo al momento fino a cui l’Euribor può spingersi al ribasso. 
"La discesa ulteriore dell’Euribor riflette diversi fattori - spiega Andrea Terzi, docente di Economia monetaria all’Università Cattolica di Milano. L’aspettativa di un "Qe" a più lunga durata e l’aumento delle riserve liquide delle banche, che è l’effetto fisiologico degli acquisti della Bce via “quantitative easing”. Le riserve bancarie sono passate da circa 200 miliardi a fine 2014 a oltre 600 milardi. Le banche che le hanno in pancia possono disfarsene solo prestandole a un’altra banca, e l’abbondanza di riserve ne fa precipitare il prezzo, verso il pavimento dello 0,20% negativo, che è la tassa che la Bce impone sulle riserve in eccesso dal giugno 2014". 


Le probabilità nel brevissimo di assistere a nuovi mini-cali degli indici Euribor c’è tutta ed è quindi anche alimentata dalle dichiarazioni dei giorni scorsi della Bce, governatore Mario Draghi compreso, che ha difatti aperto ad estendere "se fosse necessario" la durata del “Qe” anche oltre la scadenza fissata a settembre 2016. Il “Qe” - attraverso cui un istituto centrale acquista titoli sul mercato aperto - si attua quando lo stesso istituto ha già spinto al massimo (cioè a 0) la leva dei tassi. Per continuare a espandere e a sostenere l’economia non resta che immettere nuova moneta. 


Questo spiega perché l’Euribor pare destinare a volare basso ancora per molto tempo, nonostante le prospettive di miglioramento dell’economia dell’Eurozona. I future sull’Euribor a 3 mesi - per quanto vadano presi con le pinze perché variano in base alle stime di andamento dell’inflazione futura - indicano che dovrebbe restare sottozero anche per tutto il 2016 per poi tornare in area 1% solo intorno al 2020. 


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-09-15/mutui-ecco-perche-l-euribor-puo-scendere-fino-02percento-e-perche-tornera-all-1percento-solo-2020-115348.shtml?uuid=AC6H60x

Boom dei mutui per Abi; e le compravendite?

È di queste ore la nota dell’ABI – associazione che riunisce circa l’80% delle banche operanti nel nostro Paese – che attesta che nei primi sette mesi dell’anno in corso il complesso dei mutui concessi alle famiglie italiane è stato pari a 26,6 miliardi di euro, cifra pari all’82% in più di quanto erogato nel 2014 (14,6 miliardi).


Un numero enorme, questo, che però non implica certo un aumento delle compravendite immobiliari: dobbiamo innanzitutto ricordare l’importanza rivestita dalle surroghe nell’ultimo anno. La sostituzione di un mutuo in corso con un altro a tassi più vantaggiosi è stata una pratica molto comune di questi mesi, più richiesta dagli italiani dei tradizionali mutui prima casa.

 

  • I numeri dell'Abi. 
    L'ammontare delle nuove erogazioni di mutui nel 2015 è superiore sia al dato dello stesso periodo del 2013, quando si attestarono a 11,383 miliardi, sia al valore dei primi sette mesi del 2012 (13,045 miliardi). I mutui a tasso variabile rappresentano, nei primi sette mesi del 2015, il 49,4% delle nuove erogazioni complessive; nei mesi più recenti sono in forte incremento i mutui a tasso fisso che hanno superato a luglio 2015 il 60% delle nuove erogazioni, erano meno del 20% dodici mesi prima.

  • Con riferimento specifico ai mutui alle famiglie per l'acquisto delle abitazioni, i dati che si riferiscono al periodo gennaio-luglio del 2015 evidenziano la forte ripresa del mercato dei finanziamenti. Nel periodo l'ammontare delle erogazioni di nuovi mutui è stato pari a 26,603 miliardi di euro rispetto ai 14,605 miliardi dello stesso periodo del 2014. L'incremento su base annua è quindi dell'82,2%.

  • A luglio 2015 il totale dei finanziamenti in essere a famiglie e imprese ha presentato una variazione prossima allo zero (-0,1%) nei confronti di luglio 2014, stesso valore del mese precedente e migliore rispetto al -4,5% di novembre 2013, quando aveva raggiunto il picco negativo. Per i prestiti bancari a famiglie e imprese lo scorso luglio è stato il miglior risultato da aprile 2012.

 

Le compravendite.

Numeri, questi, che però non implicano un aumento delle compravendite immobiliari, visto che nel corso del nel I trimestre 2015 le convenzioni notarili diminuiscono del 3,6% in un anno (Fonte Istat). Dobbiamo infatti ricordare l'importanza rivestita dalle surroghe nell’ultimo anno. La sostituzione di un mutuo in corso con un altro a tassi più vantaggiosi è stata una pratica molto comune di questi mesi, più richiesta dagli italiani dei tradizionali mutui prima casa.


Oltre a questo fenomeno, dobbiamo ricordare come il 2015 sia contraddistinto, per ciò che concerne i mutui, da un abbassamento dei tassi di interesse applicati ai finanziamenti, tanto per i fissi quanto per i variabili. Se Euribor ed Eurirs ai minimi storici hanno ridotto i tassi, la principale conseguenza è stata una maggiore possibilità dei mutuatari di ambire a percentuali più elevate del valore dell’immobile. Sono aumentati, mediamente, i cosiddetti loan to value, cosa che ha permesso alle banche di erogare, complessivamente, importi più elevati.


Quindi tanti mutui sono il frutto di consolidamento debiti, ricalcolo rate, allungamento del periodo di dilaziona mento, passaggi da tasso variabile a tasso fisso. Quel che è certo è che siamo tornati ai livelli del 2011, ma per risalire, anche in questo aspetto, ai dati pre-crisi la strada è molto lunga.


Fonti articolo: http://news.immobiliare.it/mutui-dallabi-segnali-confortanti-23803;
http://www.intelligonews.it/articoli/28-agosto-2015/29802/boom-di-mutui-c-il-trucco
 

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