Aliquote massime Imu su case in affitto nel 50% dei capoluoghi

Più della metà dei Sindaci, 56% su 106, delle città capoluogo di provincia applica l’aliquota massima dell’Imu (ovvero il 10,6 per mille) alle abitazioni locate a canone di mercato.


Tre punti in più rispetto al livello minimo del 7,6 per mille. 

 

A beneficiare del livello più basso dell’imposizione, invece, sono molti di meno: solo i proprietari in cinque Comuni (Gorizia, Piacenza, Nuoro, L’Aquila e Teramo, questi ultimi due terremotati.
La geografia variegata di quelli che si sono attestati al massimo dell’imposta spazia da Bergamo a Benevento, da Crotone ad Asti, da Potenza a Pavia. Delle quattordici città metropolitane solo Milano, Cagliari, Venezia e Napoli hanno deciso di non stare con il gruppo di testa nella graduatoria delle aliquote.


Questo allineamento in alto della maggioranza dei Sindaci nella tassazione delle abitazioni affittate a canone di mercato anche per il 2017 è dovuto alla necessità di ottenere il massimo gettito per aiutare i bilanci traballanti; in un certo numero di casi, però, può avere influito anche la volontà di creare un cuscinetto finanziario da usare, a fini sociali, per abbassare le aliquote su immobili destinati ad altri usi. Una buona metà dei Comuni, poi, non distingue tra canoni di mercato e canoni concordati. E tra questi, in molti, alle abitazioni locate a canone libero si applica l’aliquota massima.


A Bari, Pisa, Vicenza, Pavia e Livorno, le aliquote per i canoni concordati sono almeno dimezzate rispetto a quelle applicate alle altre abitazioni affittate a canone libero; in una trentina di città la differenza è di almeno il tre per mille.
Alcuni Comuni applicano anche più di un’aliquota: ad Asti i proprietari disposti ad affittare ai livelli più bassi dei canoni previsti dagli accordi territoriali pagano l’Imu al 5,6 tre punti in meno rispetto a chi stipula ai livelli massimi (sempre concordati).


Dall’analisi del Sole 24 Ore del Lunedì sulle aliquote Imu 2017 nei 106 capoluoghi di provincia emerge che i Sindaci anche quest’anno non hanno usato molto questa leva fiscale per tentare di accrescere l’offerta di case in affitto.
Per differenziare le aliquote avrebbero potuto applicare la maggiorazione Tasi (fino al 2,5 per mille) concessa anche per il 2017 dalla Legge di Bilancio. Qualcuno si è avvalso di questa possibilità, ma sembrerebbe più con obiettivo di far cassa che per altro. Hanno, infatti, applicato la Tasi sia agli alloggi locati (anche a canone concordato) sia a quelli sfitti, rendendo quindi indifferente, sul piano della tassazione comunale, per i proprietari affittare o non affittare.


Tra gli altri Comuni che non hanno l’aliquota massima per le abitazioni affittate, quattro su dieci hanno cercato di disincentivare lo sfitto rendendo più pesante l’imposta. Considerando la somma di Imu e Tasi, il proprietario di una casa sfitta deve calcolare l’imposta comunale con un’aliquota più alta oscillante tra il 3 per mille di Piacenza e Teramo e il 4 di Ravenna, Ferrara e Belluno. Ma dei 23 consigli comunali che hanno deliberato in questa direzione, più della metà penalizza lo sfitto con una differenza di aliquota minima, che non supera l’uno per mille.


Per accrescere l’offerta di case a prezzi calmierati, una mano più sostanziosa può averla data la norma statale che riduce del 25% l’Imu su questi immobili se locati come abitazioni principali.


Fonte articolo: IlSole24ore

Saldo Imu e Tasi il 18 dicembre

Ancora un paio di settimane e si dovrà passare in cassa per il versamento del saldo di Imu e Tasi 2017.


La scadenza, come comunicato dal Dipartimento delle Finanze, slitta quest’anno al 18 dicembre poiché il 16 è un sabato.

 

Sul sito del Ministero è possibile consultare un documento contenente tutte indicazioni relative al pagamento.
Per quanto riguarda l’Imu (Imposta municipale unica) riferita agli immobili residenziali, ricordiamo che sono esentate dal pagamento le prime case mentre sono tenuti al versamento dell’imposta i proprietari di seconde case e di prime case di pregio (cioè classificate catastalmente come A/1, A/8 e A/9) e relative pertinenze.


Per calcolare l’entità dell’imposta, bisogna come prima cosa determinare la base imponibile, che si ottiene rivalutando del 5% la rendita catastale all’1 gennaio 2017 e moltiplicando il risultato per un coefficiente (il moltiplicatore) che varia a seconda della tipologia d’immobile. La base imponibile va moltiplicata a suo volta per l’aliquota deliberata dal Comune dove si trova l’abitazione. Dall’importo ottenuto va detratta la prima rata versata entro il 16 giugno scorso.


Il 18 dicembre è anche l’ultimo giorno per il versamento della Tasi, la tassa sui servizi indivisibili dal pagamento della quale sono esenti, come per l’Imu, le abitazioni principali a patto che non siano di lusso. A pagare il tributo sono chiamati proprietari e inquilini se la casa è data in locazione per più di sei mesi. A questi ultimi spetta il versamento di una quota tra il 10 e il 30% dell’importo totale (in base a quanto stabilito dall’amministrazione comunale) mentre la restante parte è dovuta dai proprietari.


Riduzioni sono infine previste in casi particolari. Si ha infatti diritto a uno sconto del 25% di Imu e Tasi se l’immobile oggetto della tassazione è dato in locazione a canone concordato e a una riduzione del 50% sulla base imponibile, sempre per entrambi i tributi, se l’abitazione è stata concessa in comodato d’uso gratuito a parenti di primo grado.


Il pagamento va effettuato tramite il modello F24 (ricordando che i codici per i fabbricati diversi dall’abitazione principale sono 3918 per l’Imu e 3961 per la Tasi), in banca o in posta se gli importi sono uguali o inferiori a 1.000 euro, online o tramite home banking per importi superiori oppure con bollettino postale.


Fonte articolo: Facile.it

Scadenza Imu/Tasi: su quali immobili si paga? In caso di mancata residenza?

Scade domani il termine per effettuare il pagamento dell’acconto Imu e Tasi 2017: questo è il momento di fare le ultime verifiche prima di calcolare l’importo dovuto.


Quest’anno il calcolo dovrebbe comunque risultare piuttosto semplice dal momento che non è cambiato nulla rispetto al 2016, dato che vige ancora il “blocco” dei tributi, che vieta aumenti di aliquote. Nella maggior parte dei casi si tratterà pertanto di prendere l’importo complessivo del 2016 e pagarne la metà.

 

Vediamo in sintesi i casi principali che si possono verificare, considerato peraltro che la Tasi non sempre si somma sulle medesime fattispecie Imu.
Come per il 2016 anche quest’anno le abitazioni principali sono esonerate dal pagamento di Imu e Tasi e ciò vale anche per gli inquilini, che fino al 2015 hanno dovuto pagare la loro quota di Tasi. L’esonero però non si applica agli immobili rientranti nelle categorie A/1, A/8 e A/9 (abitazioni “di lusso”). Occorre poi considerare l’estensione dell’esonero per l’abitazione principale alle fattispecie “assimilate”, che in alcuni casi operano automaticamente mentre in altri necessitano di un intervento comunale.


Tra le assimilazioni che operano per legge si segnalano:

a) le unità immobiliari delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari (dal 2016 anche gli studenti universitari);
b) gli alloggi sociali come definiti dal Dm 22/04/2008;
c) la casa coniugale assegnata al coniuge separato;
d) l’immobile posseduto dal personale del comparto sicurezza (forze armate, polizia, vigili del fuoco, prefettizi);
e) l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani residenti all’estero e iscritti all’Aire. I comuni hanno la facoltà di assimilare le abitazioni di anziani o disabili lungodegenti, non locate. È invece venuta meno, dallo scorso anno, la possibilità di assimilare le abitazioni concesse in comodato a parenti di 1° grado, che si è trasformata in riduzione del 50% della base imponibile.


Tra le altre novità introdotte l’anno scorso si segnala il nuovo regime di tassazione dei terreni agricoli (esonero per Cd e Iap, ripristino della circolare 9/93), l’esclusione dalla determinazione della rendita catastale per i cosiddetti “imbullonati”, la riduzione per gli immobili locati a canone concordato e l’esonero per gli immobili di cooperative indivise destinate a studenti universitari soci assegnatari. Si tratta peraltro di misure applicabili anche alla Tasi, ad eccezione dei terreni agricoli che sono fuori dal campo d’imposizione del tributo.


Tra le altre differenze Imu-Tasi si segnalano i fabbricati rurali strumentali, che sono esenti dall’Imu ma pagano la Tasi seppure in misura ridotta con aliquota massima dell’1 per mille. Inoltre i fabbricati “merce” - cioè quelli costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati - sono esenti dall’Imu, mentre pagano la Tasi con aliquota agevolata fino al massimo del 2,5 per mille.
Le aree fabbricabili hanno invece lo stesso trattamento Imu-Tasi, considerando il valore di mercato al 1° gennaio e applicando le aliquote previste dalle delibere del comune di ubicazione delle aree.


Anche gli immobili produttivi rientranti nel gruppo catastale “D” (capannoni, opifici) hanno lo stesso trattamento Imu-Tasi: per l’Imu è però previsto il versamento di una quota a favore dello Stato e una a favore del Comune, per la parte eccedente il 7,6 per mille.


Una volta verificata la disciplina applicabile, la procedura di calcolo è sostanzialmente identica per Imu e Tasi. Si parte dalla stessa base imponibile (rendita catastale per i fabbricati, rivalutata del 5%) alla quale applicare i coefficienti moltiplicatori distinti per categoria catastale. Il valore ottenuto consente quindi di effettuare il calcolo applicando le aliquote Imu e Tasi decise dai comuni: l’acconto sarà pari al 50% dell’importo complessivo.


cosa succede nel caso in cui per ragioni "di forza maggiore" non è possibile trasferire la residenza nella casa principale?

La normativa sull'abitazione principale prevede che anche in mancato trasferimento della residenza entro 18 mesi nell'abitazione acquistata con i benefici prima casa, questi non si perdono se la causa è imputabile a un motivo "di forza maggiore". E' il caso per sempio di un immobile sottoposto a lavori di ristrutturazione per temporanea inagibilità.


Tutt'altra storia è per le imposte sulla casa. Ai fini dell'imposta municipale infatti per abitazione principale si intende, infatti, “l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.” 
Questo vuol dire che fino al momento in cui sarà effettivo il trasferimento della residenza, l'immobile in questione sarà considerato come seconda abitazione e l'Imu dovrà essere pagato con le aliquote corrispondenti decise dal Comune. Stessa cosa anche per la Tasi. Nonostante infatti il legislatore non si sia espresso in proposito, si intendono estese a questa le regole valide per l'Imu. Nel caso proposto ad esempio, il proprietario avrà diritto a uno sconto del 50% sulla base imponibile delle imposte trattandosi di immobile inagibile.


Fonti articolo: IlSole24Ore.comIdealista.it

Scadenza Imu-Tasi: il calcolo e le esenzioni

Scade il 16 dicembre il termine per pagare il saldo di Imu e Tasi, l’immancabile appuntamento con i tributi comunali sugli immobili.


Dopo il pagamento della prima rata di giugno 2016, si avvicina quindi la scadenza per il saldo di dicembre.

Quest’anno comunque il calcolo del saldo è più semplice perché in sede di acconto erano già note le aliquote 2016, considerata la scadenza al 30 aprile per l’adozione delle delibere comunali: l’importo del saldo dovrebbe quindi essere la metà dell’importo annuale.


Il canale ufficiale per verificare le aliquote comunali
è costituito dal portale del Dipartimento delle Finanze, nel quale sono confluite tutte le delibere che quest’anno andavano trasmesse entro il termine perentorio del 14 ottobre 2016. È consigliabile inoltre consultare le istruzioni che i Comuni solitamente inseriscono nei propri siti internet.


L’abitazione principale 

In particolare occorre prestare attenzione alle novità del 2016, a partire dall’esonero Tasi delle abitazioni principali, comprese quelle degli inquilini, ad eccezione delle categorie di lusso (A/1, A/8 e A/9) che continueranno a pagare.
Attenzione anche alla maggiorazione dello 0,8 per mille sulla Tasi eventualmente adottata dal Comune nel 2015. La legge di Stabilità 2016 impone l’adozione di un’apposita delibera di conferma nel caso in cui il Comune intenda mantenerla, ma se lo 0,8 per mille è stato usato nel 2015 per le abitazioni principali, nel 2016 questa aliquota non è più confermabile, perché è limitata «agli immobili non esentati», né è possibile spostarla su altre fattispecie non previste nel 2015, perché in tal caso si violerebbe “indirettamente” il blocco degli aumenti.


Un’altra novità in ordine alla Tasi riguarda il nuovo regime di favore previsto per i fabbricati “merce”, consistente nell’applicazione di un’aliquota ridotta pari all’1 per mille con possibilità di arrivare fino al 2,5 per mille o di azzerarla del tutto.
Tra le novità invece applicabili ad entrambi i tributi si segnala la riduzione del 50% per i comodati, che rende inefficaci le eventuali assimilazioni disposte in precedenza dai comuni. L’unica “convivenza” possibile nel 2016 è tra l’aliquota comunale agevolata eventualmente già prevista per i comodati e il dimezzamento della base imponibile stabilito per legge, sempreché risultino rispettate le condizioni imposte dai comuni (relativamente all’aliquota agevolata) e dalla legge (per la riduzione del 50%).


Altre novità Imu-Tasi sono costituite dalla riduzione del 25% per gli immobili locati a canone concordato (si paga quindi il 75%), dal nuovo regime di calcolo della rendita catastale per i fabbricati produttivi con macchinari “imbullonati” e dall’esonero per gli immobili di cooperative indivise destinate a studenti universitari soci assegnatari.


Relativamente all’Imu è cambiato ancora una volta il regime impositivo dei terreni agricoli, con un ritorno al passato costituito dall’applicazione della circolare 9/1993 per l’individuazione dei terreni montani da esonerare. Sono inoltre esenti i terreni posseduti e condotti da Cd e Iap, indipendentemente dalla loro ubicazione, nonché i terreni ubicati sulle isole minori e quelli a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile.

Il calcolo non cambia

Dopo aver verificato la disciplina applicabile ai singoli casi (non sempre sovrapponibili tra Imu e Tasi), la procedura di calcolo e di versamento resta invece identica.

Si parte sempre dalla base imponibile, costituita per i fabbricati dalla rendita catastale, rivalutata del 5% e moltiplicata per gli appositi coefficienti (160 per le abitazioni, 140 per i laboratori, 65 per gli opifici, 55 per i negozi, eccetera).

Sul valore così ottenuto si applicano le aliquote Imu e Tasi determinate dal Comune, consultabili sul sito del Dipartimento delle Finanze (l’unico canale ufficiale). Naturalmente va detratto l’importo già versato in acconto a giugno di quest’anno, che nella maggior parte dei casi dovrebbe corrispondere alla metà di quanto dovuto.


In caso di comproprietà l’imposta va versata da ciascun contitolare in base alle quote di possesso, ma molti enti consentono di effettuare il versamento cumulativo da parte di uno di essi. Occorre inoltre fare attenzione ai casi di possesso iniziati o cessati in corso d’anno, che vanno conteggiati applicando la regola dei 15 giorni equivalenti ad un mese. Il pagamento va comunque effettuato tramite il modello F24 o l’apposito bollettino postale centralizzato (conto corrente unico nazionale), quest’ultimo utilizzabile solo se si tratta di immobili situati nello stesso comune.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Rimborsi IMU: come ottenerli

Arrivano finalmente buone notizie per chi stava aspettando il rimborso degli importi IMU erroneamente versati non nelle casse dei comuni in cui si trovano gli immobili, bensì direttamente in quelle dello Stato.


Con un decreto ufficiale che ha visto la luce lo scorso 26 ottobre, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha definito in maniera definitiva, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, quelle che saranno le modalità di restituzione possibili.

 

Al contribuente che deve rientrare in possesso di quanto accreditato per errore nelle casse statali si aprono due possibilità a seconda che abbia indicato o meno i propri dati bancari all’atto del pagamento della tassa.


Per chi ha indicato le coordinate di un conto corrente bancario sarà oggettivamente tutto molto più semplice; il contribuente che rientra in questa casistica in automatico si vedrà accreditare sul proprio conto corrente quanto dovuto; se invece non si è stati così accorti da dare anche il proprio IBAN, si dovranno seguire canali diversi a seconda dell’importo del rimborso da ottenere.


Come prima cosa lo Stato provvederà ad emettere mandati di pagamento individuale intestati al contribuente e se la cifra di cui si deve tornare in possesso è inferiore ai 1.000 euro, saranno gli uffici postali a restituirla in denaro contante al legittimo titolare, ma comunque entro e non oltre i 60 giorni dall’inizio del periodo di esigibilità; se invece si devono avere indietro somme superiori ai 1.000 euro, si riceverà un vaglia, non trasferibile, emesso dalla Banca d’Italia e si dovrà poi procedere all’incasso.


Se qualcuno dovesse dimenticarsi di riscuotere quanto dovuto i fondi non andranno comunque persi, torneranno alla Tesoreria dello Stato che li ridistribuirà fra i contribuenti.


Fonte articolo: Immobiliare.it

Cresce il numero dei ruderi in Italia: colpa dell'Imu?

Il quadro che emerge è quello di uno stock immobiliare italiano in aumento: nel 2015 cresce dello 0,6% il numero di immobili censiti, 371mila in più del 2014. Quasi l’88% è di proprietà delle persone fisiche e il 12% delle persone non fisiche.


Crescono, in particolare, il numero di abitazioni (80 mila unità in più rispetto al 2014), il numero di unità immobiliari appartenenti alla categoria catastale F (2,4%), che rappresentano unità non idonee a produrre reddito, quelle a destinazione speciale (1,6%) e ad uso collettivo (1%).

Il numero di immobili o loro porzioni censito negli archivi catastali italiani al 31 dicembre 2015 è pari a 73,9 milioni, lo 0,6% in più rispetto al 2014. Di questi, circa 64,2 milioni sono classificate nelle categorie catastali ordinarie (gruppi A, B e C) e speciali (gruppo D), con attribuzione di rendita, oltre 3 milioni sono censite nelle categorie catastali del gruppo F, che rappresentano unità non idonee a produrre reddito, e oltre 6 milioni sono beni comuni non censibili (unità di proprietà comune e che non producono reddito).


LE UNITÀ IMMOBILIARI ABITATIVE

Nel 2015 il numero delle abitazioni aumenta di 80mila unità rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 34,8 milioni. In dettaglio, vi è stato un incremento delle abitazioni civili (0,7%), di tipo economico (0,4%) e di ville e villini (0,9%). Sono diminuite, invece, di circa l’1% le abitazioni signorili e le abitazioni popolari e di circa il 4% le abitazioni di tipo ultrapopolare e rurale. Quasi il 92% del totale delle abitazioni è di proprietà delle persone fisiche e la superficie media risulta pari a 117 metri quadri.


I DATI DELLA RENDITA CATASTALE

La rendita catastale complessiva attribuita allo stock immobiliare italiano nel 2015 ammonta a 37,5 miliardi di euro, lo 0,1% in più rispetto al 2014. Circa il 60% è relativa a immobili di proprietà delle persone fisiche (22,6 miliardi di euro) e il restante 40% (14,9 miliardi di euro) detenuto dalle persone non fisiche. In particolare, la rendita complessiva delle abitazioni è di 16,8 miliardi di euro: la media della rendita catastale di un’abitazione è circa 480 euro, con punte di oltre 4 mila euro per le case di maggior pregio.


colpa dell'imu? LE CRITICHE DI CONFEDILIZIA

"Sono in continuo aumento le cosiddette "unità collabenti", vale a dire gli immobili ridotti in ruderi a causa del loro accentuato livello di degrado". Lo segnala Confedilizia, che ha elaborato i dati forniti dall'Agenzia delle entrate sullo stato del patrimonio immobiliare italiano. 
Nel 2015, il numero di questi immobili - inquadrati nella categoria catastale F2 - è cresciuto del 3,9% rispetto al 2014, ma il dato più significativo è quello che mette a confronto il periodo pre e post IMU: rispetto al 2011, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono aumentati del 65%, essendo passati da 278.121 a 458.644 (+180.523).


"Questi numeri parlano chiaro - ha dichiarato il Presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa - e confermano quanto noi vediamo ogni giorno. Una parte di questi immobili vengono ridotti allo stato di ruderi per decisione dei singoli proprietari, che - non essendo più in grado di far fronte alle spese per il loro mantenimento e alla abnorme tassazione patrimoniale introdotta dal 2012 - li privano delle caratteristiche che li rendono tali. Per la restante parte, si tratta di immobili che a queste condizioni di fatiscenza giungono da soli per la mancanza di risorse economiche da parte dei proprietari. Occorre ridurre la tassazione sugli immobili. Diversamente, la situazione continuerà a peggiorare".


Fonti articolo: Casaeclima.com, Italpress.com

Imu-Tasi in scadenza: il decalogo per non sbagliare

Con la scadenza di domani debutta l’esenzione totale dell’abitazione principale, da Imu e Tasi. Si tratta, però, di una esenzione la cui portata non coincide con la nozione di prima casa, valevole per le agevolazioni in materia di imposta di registro.


Non è esente, infatti, l’unica unità immobiliare in possesso di un soggetto che risiede in un immobile in affitto. Deve pertanto trattarsi della casa in cui il contribuente dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Condividono la medesima sorte le pertinenze, nella misura massima di una unità per ciascuna categoria catastale C2, C6 e C7. 

GLI IMMOBILI DI PROPRIETA' DEI DUE CONIUGI E IN COMODATO

Occorre porre attenzione all’ipotesi di residenze distinte tra coniugi non separati. In tale eventualità, se i due coniugi risiedono ciascuno in un immobile di proprietà e le due case sono ubicate nello stesso comune, solo una delle due avrà diritto all’esenzione. Se vi sono dei figli, in linea di principio, l’abitazione principale coincide con quella dove questi risiedono. 
Se invece le due residenze separate sono ubicate in Comuni diversi, sarà possibile esentare entrambe, a condizione, ovviamente, che nelle due unità i due coniugi effettivamente dimorino abitualmente. Un caso particolare si verifica in presenza di due unità contigue, autonomamente accatastate, utilizzate unitariamente come abitazione principale. In questa ipotesi, di regola, l’abitazione principale è solo una di esse, a scelta del contribuente, a meno questi non provveda alla fusione catastale delle due case.


Se tuttavia la fusione è impedita dalla distinta titolarità dei due immobili (ad esempio, ciascuno in proprietà di uno dei due coniugi), allora si è dell’avviso che sia possibile procedere alla fusione ai soli fini fiscali. Si tratta di una procedura tipizzata che conserva la distinta annotazione in catasto delle due case, ma genera due rendite catastali determinate considerando ciascuna unità come una porzione di un unico fabbricato. In questo modo, è possibile fruire dell’esonero per l’intero compendio immobiliare, sempre che questo, ovviamente, non venga classificato come immobile di lusso (A1).
Non sono soggetti a Tasi neppure i detentori di immobili adibiti a propria abitazione principale, limitatamente alla loro quota d’imposta. 


Con riferimento all’esenzione della dimora coniugale, si ritiene che la stessa operi anche se l’immobile è detenuto in comodato mentre in caso di fabbricato detenuto in locazione, assegnato al coniuge separato o divorziato, dovrebbero valere le regole ordinarie. Per quanto attiene infine alle assimilazioni regolamentari, queste riguardano le unità non locate di anziani o disabili residenti in istituti di ricovero. Trattandosi, peraltro, di una decisione rimessa alla libera scelta del Comune, in assenza di delibera i suddetti fabbricati sono regolarmente soggetti a imposta. 


Un diverso trattamento è previsto per il comodato gratuito a figli o genitori. In questo caso, trova applicazione la riduzione dell’imponibile a metà, in presenza di una pluralità di condizioni. Deve trattarsi di parenti in linea retta entro il primo grado e il comodatario deve adibire la casa a propria abitazione principale. Il comodante, inoltre, deve risiedere nel medesimo comune in cui è sita la casa in comodato e non deve possedere altra unità immobiliare ad uso abitativo in tutto il territorio nazionale, con esclusione dell’abitazione principale. Occorre, infine, che il contratto sia registrato, seppure in ritardo. 


1. ESENZIONE DELL’ABITAZIONE PRINCIPALE 

Si tratta dell’unità immobiliare non di lusso (diversa quindi da A1, A8 e A9) in cui il possessore risiede e dimora abitualmente con la sua famiglia. L’esenzione si estende alle pertinenze, nella misura massima di tre unità, purchè appartenenti ciascuna ad una diversa categoria, tra C2, C6 e C7. L’esenzione Tasi spetta anche al detentore che utilizza l’immobile come propria abitazione principale. In caso di immobile in proprietà di più soggetti, dei quali solo uno è residente, l’esenzione compete solo alla quota del residente.

L’esenzione totale riguarda anche le fattispecie equiparate per legge o per regolamento all’abitazione principale. Le assimilazioni legali riguardano: 
a) le unità immobiliari delle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale dei soci; 
b) gli alloggi sociali, come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture del 22 aprile 2008; 
c) la dimora coniugale assegnata in sede di separazione o divorzio con provvedimento del giudice; 
d) l’unità immobiliare non locata posseduta dai soggetti appartenenti alle Forze armate e dagli altri soggetti indicati nell’articolo 13, comma 2, lettera d), Dl n. 201/11. 
A queste, si aggiungono le case non locate, né concesse in comodato, in proprietà di cittadini italiani iscritti all’Aire, pensionati nel Paese di residenza. 


2. ASSIMILAZIONI LEGALI

L’esenzione si estende: a) alle case delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci; b) agli alloggi sociali; c) alla dimora coniugale assegnata al coniuge separato o divorziato con provvedimento del giudice; d) all’unità non locata del personale delle Forze armate e degli altri soggetti previsti dalla legge; e) le case non locate e non concesse in comodato dei soggetti Aire, pensionati nei Paesi di residenza.


3. ASSIMILAZIONI REGOLAMENTARI 

Sono ugualmente esenti le unità immobiliari non locate appartenenti a anziani o disabili residenti in istituti di ricovero. Si tratta, tuttavia, di una scelta discrezionale del Comune, in assenza della quale le suddette unità immobiliari scontano le imposte secondo le regole ordinarie. Se invece il Comune ha deliberato l’assimilazione l’anno scorso la stessa non può essere revocata per il 2016. La legge di Stabilità 2016 ha, infatti, vietato ai comuni di elevare la pressione fiscale locale.


4. CALCOLO DELL’IMPONIBILE 

Si parte dalla rendita catastale risultante al primo gennaio 2016, rivalutata del 5%, e la si moltiplica per il coefficiente di legge previsto per la specifica categoria catastale. Per i fabbricati abitativi il coefficiente è pari a 160. In caso di variazioni di rendita dipendenti da lavori eseguiti sull’immobile, la nuova rendita produce effetti dalla data di ultimazione dei lavori. Il conteggio deve essere eseguito per i mesi di possesso, calcolando un mese in caso di possesso di almeno 15 giorni.


5. INDIVIDUAZIONE DELL’ALIQUOTA

In linea di principio, si assumono le aliquote deliberate dal Comune nel 2015. Si ritiene, tuttavia, che trattandosi di previsione posta nell’interesse del contribuente questi possa comunque applicare l’aliquota deliberata nel 2016, se più favorevole. Nessun dubbio, invece, sulla immediata applicabilità delle nuove esenzioni e riduzioni. Si ricorda che, in assenza di delibera, trovano automatica applicazione le aliquote dell’anno scorso.


6. COMODATO GRATUITO

Per le case concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado compete la riduzione a metà dell’imponibile Imu/Tasi, alle seguenti condizioni: a) il comodatario deve adibire l’immobile ad abitazione principale; b) il comodante deve risiedere nello stesso comune ove è sita la casa concessa in comodato; c) il comodante non deve possedere altra unità abitativa, fatta eccezione per l’abitazione principale; d) il comodato deve essere registrato


7. RESIDENZE SEPARATE DEI CONIUGI 

In caso di coniugi non separati con residenze autonome, occorre distinguere. Se le due case sono ubicate nello stesso comune, solo una delle due è esente da imposte. Se le due unità si trovano in comuni diversi, l’esenzione raddoppia. Non rileva in alcun modo la residenza autonoma dei figli che può anche essere nello stesso comune dei genitori, senza che si perda l’esonero per questi ultimi.


8. LOCAZIONI A CANONE CONCORDATO

A partire da quest’anno, gli immobili concessi in locazione a canone concordato hanno diritto alla riduzione del 25% dell’imposta Imu/Tasi.Questa riduzione si applica all’aliquota deliberata dal Comune, anche se a sua volta agevolata. 
La riduzione compete anche nei comuni che non sono ad alta tensione abitativa, all’unica condizione che il contratto di locazione sia qualificabile come a canone concordato.


9. I TERRENI AGRICOLI 

Novità da quest’anno anche per i terreni agricoli. L’esenzione per i terreni agricoli collinari e montani torna ad essere correlata alla elencazione dei terreni contenuta nella circolare delle Finanze n. 9 del 1993. Questa agevolazione prescinde dal soggetto che possiede i terreni e vale anche per i terreni incolti. Per i terreni diversi da questi, l’esonero è limitato ai terreni posseduti e condotti da Iap e coltivatori diretti iscritti alla previdenza agricola.


10. LE AREE EDIFICABILI

L’individuazione delle aree edificabili è correlata agli strumenti urbanistici vigenti nel comune. I Comuni possono deliberare valori di orientamento per i contribuenti, ma non si tratta di un obbligo. I contribuenti che si adeguano a tali valori, in linea di principio, non possono essere accertati. Il contribuente può,tuttavia, disattendere gli importi deliberati, se ritenuti troppo elevati rispetto all'effettivo valore del suolo al primo gennaio 2016.


Fonti articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Imu-Tasi: chi paga in caso di comproprietà ed affitto?

Una casa, un proprietario. Questa è senz’altro la situazione più lineare in vista dell’acconto Imu e Tasi del prossimo 16 giugno. Il problema è che molti dei 25,7 milioni di contribuenti titolari di immobili sono al centro di incroci più o meno ingarbugliati, che complicano il calcolo dell’imposta.


Dire esattamente quanti proprietari siano coinvolti è impossibile, ma i dati ufficiali aiutano a tracciare i contorni di un fenomeno che coinvolge alcuni milioni di contribuenti.

Il primo caso è quello della comproprietà. Se un immobile appartiene a due persone, ognuno deve pagare la propria quota di tributo, a meno che il Comune non consenta “accorpamenti”.
Inoltre, nel caso dell’Imu – diversamente dalla Tasi – non c’è neppure quella che tecnicamente si chiama “solidarietà”: quindi se uno dei comproprietari non paga, il Comune non può chiedere l’intero importo agli altri.
Se i contitolari fanno lo stesso uso dell’immobile, le regole di calcolo sono identiche, altrimenti ognuno tassa la propria quota in base all’utilizzo. È l’ipotesi di due fratelli che hanno ereditato un’abitazione in cui risiede solo uno dei due: da quest’anno, il fratello che vi risiede è esentato da Imu e Tasi, mentre l’altro paga l’Imu sulla propria metà di immobile (ed eventualmente la Tasi, se istituita dal Comune).


Ma le situazioni possono essere molto più articolate. Perché su una stessa casa potrebbero ad esempio incrociarsi l’usufrutto e la nuda proprietà (paga solo l’usufruttario). Oppure il diritto d’abitazione del coniuge superstite e la proprietà dei figli (l’unico soggetto passivo è il coniuge, con il risultato che non paga nessuno). O, ancora, potrebbe esserci un contratto di locazione intestato a uno solo dei comproprietari (Imu e Tasi seguono il possesso, non l’intestazione dell’affitto).
Per capire quanto siano estese queste eccezioni basta pensare che 14 milioni di persone fisiche proprietarie di case – il 57% del totale – risultano coniugate per il fisco. È chiaro che il marito o la moglie non saranno sempre comproprietari, ma il dato è comunque rilevante. E lo stesso si può dire dei 2,3 milioni di vedovi e vedove, una parte dei quali ha maturato il diritto d’abitazione sulla casa familiare. O degli 1,2 milioni di separati e divorziati, perché l’assegnazione dell’ex casa coniugale – se formalizzata dal giudice – è una delle circostanze in cui la dimora viene parificata per legge all’abitazione principale.


In altri casi, l’incrocio dipende dalla presenza della Tasi sui fabbricati diversi dalla prima casa. Questo tributo, infatti, grava per una quota tra il 10 e il 30% – a scelta della delibera locale – anche su chi occupa un immobile a titolo di locazione o comodato. La legge di Stabilità per il 2016 ha eliminato la Tasi per gli inquilini che usano l’immobile come abitazione principale, ma è evidente che rimarranno molti casi in cui la Tasi va versata. Secondo le statistiche delle Finanze, ci sono 1,2 milioni di pertinenze e 1,2 milioni di fabbricati non residenziali affittati. Considerato che circa metà dei Comuni italiani ha istituito la Tasi sui fabbricati diversi dall’abitazione principale, sono probabilmente coinvolti più di un milione di immobili.
In più, tra i 2,8 milioni di case affittate da persone fisiche ce ne sono sicuramente alcune locate a imprese (foresterie, case assegnate a dipendenti) e altre in cui l’inquilino non può o vuole prendere la residenza (studenti, lavoratori fuori sede e così via). E lo stesso vale per gli oltre 400mila box auto, cantine, magazzini e altri fabbricati dati in comodato.


Tasi, ogni contitolare risponde per l’intero

Se soltanto uno dei comproprietari paga l’imposta, il Comune può chiedergli di versare anche la quota dell’altro?
Nel campo dei tributi immobiliari, la risposta giusta è "dipende". Se parliamo dell’Imu, bisogna rispondere "no", perché ogni proprietario rimane responsabile della sua parte di tributo. 
Nel caso della Tasi, invece, vale la responsabilità solidale. Di conseguenza, se un comproprietario non paga, il Comune può scegliere di rivolgersi agli altri, che a loro volta potranno poi rivalersi su chi non ha versato la propria parte. Lo stesso accade tra gli utilizzatori, ad esempio tra i diversi inquilini di un unico immobile. Ma non tra utilizzatori e possessori, perché qui le obbligazioni tributarie sono divise e il proprietario non risponde per le inadempienze dell’inquilino.


C’è però anche un’altra possibilità, prevista a livello generale dallo Statuto del contribuente: si tratta dell’accollo, con cui il proprietario può farsi carico della Tasi dell’utilizzatore, nei casi in cui l’immobile non costituisce abitazione principale dell’occupante e il tributo è ancora dovuto (articolo 8, comma 2, della legge 212/2000). Il possessore può semplicemente aggiungere la quota dell’inquilino all’importo a proprio carico, ma deve comunicare l’avvenuto accollo al Comune. Non occorrono formalità particolari, ma avvisare gli uffici serve a evitare equivoci. Peraltro, se nonostante la comunicazione il versamento fosse insufficiente, l’inquilino rimarrebbe comunque obbligato a pagare la propria parte.


Fonte articolo: Il Soe24Ore, vetrina web

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