Crescita dell'immobiliare su tutti i fronti: i numeri del 2016

Con un balzo del 18,9%, nel 2016 il mercato della casa in Italia cresce per il terzo anno consecutivo (dopo il +6,5% di compravendite nel 2015 e il +3,5% nel 2014), arrivando a circa 534mila abitazioni acquistate.


Questo il quadro del Rapporto Immobiliare residenziale 2017, realizzato dall'Agenzia delle Entrate in collaborazione con Abi.

 

Il valore complessivo delle compravendite, cresce da 76 a 89 miliardi, mentre restano stabili i nuovi contratti d'affitto delle abitazioni (+0,63% sul 2015). Aumentano anche le case acquistate tramite mutuo ipotecario (+27,3%).

AUMENTO DELLA MEDIA DELLE SUPERFICI ACQUISTATE

In leggero aumento è anche la superficie media delle abitazioni oggetto di compravendita, che secondo il Rapporto Immobiliare dell'Agenzia delle Entrate e dell'Abi nel 2016 passa da 105,2 a 106,6 metri quadri, mentre il valore di scambio delle abitazioni, stimato in 89 miliardi di euro, è cresciuto del 17,4%.


LE CAUSE DELLA CRESCITA

I dati del 2016 sulle compravendite delle abitazioni "consolidano e accelerano il trend positivo riscontrato a partire già dal 2014, segnando un inequivocabile segnale di ripresa"; oltretutto si tratta di un aumento "diffuso e generale lungo tutta la penisola, sia nei grandi che nei piccoli centri", si legge nel Rapporto, che fra le cause di questi risultati positivi annovera diversi fattori.


In primis, fra questi c'è il fatto che "la profondità del punto di ribasso del ciclo degli acquisti non poteva proseguire ulteriormente, dato che l'abitazione è un bene d'uso primario".
In secondo luogo, la congiuntura economica "è migliorata rispetto all'anno precedente" e il clima di fiducia "è anch'esso ulteriormente migliorato", rispetto agli ultimi mesi del 2015, nel corso del primo trimestre del 2016.
Infine, le condizioni dei prestiti mediante mutuo ipotecario sono state nel corso del 2016 "decisamente favorevoli in termini di costo del credito", continua il rapporto Agenzia Entrate-Abi.

Fonte articolo: IlSole24ore.com

Come acquista casa chi è in pensione?

Il mercato immobiliare attira negli ultimi anni l’interesse di diverse tipologie di compratori.


Tra questi c’è anche la categoria dei pensionati che secondo un’indagine hanno rappresentato nel secondo semestre 2016 il 9% degli acquirenti immobiliari.

 

La percentuale è però più bassa di quanto riscontrato nello stesso periodo del 2015, quando il dato era superiore dello 0,3%.

quali immobili preferiscE CHI E' iN pensionE

L’analisi sottolinea che nel 60,3% dei casi gli ex lavoratori hanno comprato un’abitazione principale, mentre per il 26,9% e il 12,8% si è trattato rispettivamente di finalità investimento (+1,4% sull’anno precedente) e casa vacanza. Le richieste di questa classe di acquirenti si sono concentrate maggiormente sui trilocali, saliti al 35,4%, un tipo di alloggio preferito anche dai clienti di altre fasce di età.

Nelle scelte dei pensionati che acquistano un immobile ci sono quindi i bilocali con il 29,0% e i quadrilocali con il 13,6%. Per quanto riguarda le soluzioni diverse, come ad esempio ville, villette e rustici, la percentuale di acquisti si attesta sull’11,3%. Il 65,8% è coniugato, il 17,1% è celibe/nubile, il 12,5% è vedovo e il 4,6% è separato o divorziato.


Dal lato dei venditori, i pensionati hanno rappresentato il 29,6% degli offerenti. Di questi, il 65,8% ha ceduto casa per ottenere liquidità, il 20,8% per spostarsi in un’abitazione più confortevole ed il 13,4% per trasferirsi in un’altra città.


L'indagne nazionale ha rilevato che il 9,3% degli acquisti è stato effettuato con l’ausilio di un finanziamento, mentre il 90,7% delle compravendite è avvenuto senza l’intervento di un istituto di credito. La percentuale è chiaramente esigua rispetto ad altre tipologie di acquirenti, proprio a causa del fattore anagrafico. Tuttavia c’è una certa flessibilità da parte delle varie banche, che delineano un massimo tra i 75 e gli 80 anni come età da avere al momento della conclusione del piano di ammortamento. Alcuni intermediari, in virtù della stipula di polizze fideiussorie, spingono il limite di età fino agli 85 anni.

Fonte articolo: Mutuionline.it

 

 

Agenti immobiliari uniti contro norma Airbnb: gravosa e inutile

Tra le voci contrarie all'introduzione della nuova tassazione sulle locazioni brevi, la cosiddetta tassa Airbnb, c'è quella degli agenti immobiliari.


Le principali associazioni italiani dei mediatori che operano nel settore si sono dette contrarie all'approvazione di una normativa che "lungi dal colpire gli evasori, graverà proprio su chi opera legalmente nel mercato".

L'audizione di Fiaip

In audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla manovrina bis, la Federazione italiana agenti immobiliari professionali Fiaip ha affermato che la nuova forma di tassazione degli affitti brevi sembra "una norma buttata lì pensando di colpire Airbnb, ma ha sbagliato mira, ha colpito noi che siamo gli unici con la residenza in Italia e che paghiamo le tasse in Italia. Loro che non hanno una stabile organizzazione continueranno ad operare liberamente". 


Gli adempimenti previsti nel decreto, "oltre ad essere inutili risultano eccessivamente gravosi con la conseguenza che finiranno per favorire ancora di più l'abusivismo e l'evasione, poiché l'obbligo non avrà alcun impatto su chi già rispetta i propri obblighi fiscali, mentre chi già non vi provvede non sarà certamente indotto a rispettarli, anzi aggirerà l'intermediario".

La lettera aperta di Fimaa

Sul tema è intervenuto anche il Presidente della Federazione Mediatori d'Affari (Fimaa) Santino Taverna, in una lettera aperta al Governo. "L’Associazione da me rappresentata manifesta apertamente il proprio apprezzamento per la volontà del Governo di fare chiarezza nel campo delle locazioni brevi, ma rileva come il rispetto delle leggi vigenti non possa avere come attenzione ed interesse unicamente l’evasione fiscale. Il rispetto delle leggi vigenti impone di porre attenzione - e contrastare - anche il fenomeno dell’abusivismo".


"Il decreto legge n. 50/2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24.4.2017, all’art. 4 cita: “i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on-line”; tali norme si riferiscono quindi anche ai soggetti (portali internet) che non si limitano alla semplice pubblicazione di annunci, ma che, “anche attraverso la gestione di portali online”, svolgono attività finalizzata alla conclusione di contratti di natura immobiliare tra le parti messe in contatto, e quindi un’ “attività di intermediazione immobiliare”.


"Tale attività,
legata non solo alla disciplina delle locazioni immobiliari, viene però svolta abusivamente perché nessuno di tali soggetti possiede, e rispetta, i requisiti previsti per legge (v. legge n. 39/1989) per poterla esercitare. Effettuano tali soggetti gli adempimenti antiriciclaggio? Hanno una assicurazione professionale per la tutela del cliente? Rispondono in solido dell’omessa registrazione dei contratti loro tramite conclusi? Rispondono per i vizi e difetti dell’immobile che dovevano essere conosciuti con l’ordinaria diligenza? O percepiscono solo le provvigioni?"


"Per essere legittimati a percepire le provvigioni per un’attività di intermediazione immobiliare bisogna soddisfare tutti i requisiti sopra descritti (e non solo) e quindi ben venga che finalmente il legislatore dia atto che vi sono dei portali che effettuano l’attività di intermediazione immobiliare (come più volte denunciato da FIMAA), ma si verifichi se tali portali abbiano, o meno, i requisiti per svolgere l’attività".


Fonte articolo: Idealista.it

 

Come sono cambiati i prezzi del mercato immobiliare negli ultimi 25 anni?

Dal 1993 al 2017 il Pil nazionale ha avuto una crescita del 18%, passando da 1340,7 miliardi di euro a 1581,5 miliardi, a fronte della crescita delle attività produttive del Paese, soprattutto nella fase tra il 2000 e il 2007.


Dopo la crisi del 2008, solo da un anno a questa parte l’andamento economico dell’Italia sembra essersi stabilizzato.

 

Dal punto di vista immobiliare, i prezzi reali mostrano una curva in salita fino al 1992, mentre dal 1993 cominciano a scendere fino al 1998, quando si attestano a una media nazionale di 1.588 euro al metroquadro, contro i 2.149 euro al metro quadro del 1992. Le compravendite, invece, iniziano ad aumentare dopo alcuni anni di stabilità, prima in maniera modesta tra il ’96 e il ’99, poi in modo sempre crescente nel nuovo millennio.


Il calo dei prezzi che si verifica nel 2008 è stato causato principalmente dal crollo del mercato immobiliare degli Usa e dal fallimento delle saving banks, che hanno messo in crisi i mercati europei e quello italiano. In questo frangente critico si è quasi arrivati a toccare i livelli raggiunti durante il precedente periodo di decremento.

A partire dal 1993 si possono distinguere quattro grandi fasi del mercato residenziale per i prezzi medi reali:

• Fase di contrazione: 1993-1999 (meno 19,2 per cento)

• Fase di crescita: 2000- 2007 (più 32,6 per cento)

• Fase di contrazione: 2008-2015 (meno 24,1 per cento)

• Fase di crescita: dal 2017 in poi


I prezzi medi reali in Italia continuano ancora il calo, ma ad una velocità decisamente frenata. Nel 2016 la variazione annuale dei prezzi medi nominali si attesta allo 0,5 per cento in meno dal 2015, meno 1,2 rispetto al 2000 in termini reali. Nel 2017 invece si stima una lieve ripresa (tra lo 0,3 e lo 0,8 per cento rispetto al 2016).


Roma e Milano, dimostrano che anche in tempi di recessione le eccellenze rimangono incontrastate. A partire dal 1990 le due più grandi metropoli italiane, capitali della politica, Roma, e della finanza, Milano, registrano un andamento dei prezzi nettamente superiore alla media italiana. Infatti, la fase di contrazione dei prezzi in queste città si è arrestata nel 2015, anticipando la tendenza che il mercato ha imboccando solo negli ultimi mesi del 2016.


Nel 2017 i prezzi medi nominali sono in aumento del 48,4%a Roma dal 1993 e del 43,5% a Milano nel semicentro, mentre la media italiana si attesta sul 37 per cento in più dal 1993. Le curve di andamento di Roma e Milano seguono quella nazionale, ma a dieci punti di distanza circa in media: la guardano dall’alto.


Anche per ciò che riguarda i prezzi reali le due città italiane mostrano di tenere un andamento migliore di quello italiano. Solo il centro di Milano vede un aumento del nove per cento rispetto a 25 anni fa, ma il suo semicentro, così come quello romano, mostrano un calo dei prezzi medi reali dell’otto e dell’undici per cento rispettivamente.


A crescere senza alcun dubbio e forse un po' paradossalmente, è stata la figura dell’Agente immobiliare che vede i professionisti passare da 22mila a 50mila.


Fonti articolo: 1. Infobuild.it, 2. Ilsole24ore.com

Aumentano le compravendite di immobili di classe A

La classe energetica si conferma tra i fattori che incidono maggiormente sulla scelta di un immobile. 


Secondo il “Rapporto annuale sull’andamento del mercato immobiliare urbano”, realizzato da ENEA, Istituto per la Competitività (I-Com) e Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionisti (FIAIP), le compravendite di nuovi immobili delle classi A+, A e B sono aumentate del 10% nel 2016.

 

Il 60% delle trattative concluse nel mercato nuove costruzioni ha avuto come oggetto immobili nelle classi energetiche più efficienti.

E’ un dato incoraggiante che evidenzia come l’efficienza energetica sia ormai una prassi consolidata nel mercato dell’edilizia, anche se ad oggi è ancora la classe G, quella meno performante, a dominare il mercato.


A livello globale, stando al Rapporto 2016 il nostro Paese si colloca fra i leader in Europa in questo campo.
In particolare va evidenziato che il livello d’intensità energetica è del 18% inferiore alla media UE. E’ un dato positivo, poichè più è basso il valore dell’intensità energetica, maggiore è l’efficienza energetica del Paese.


Sempre dall’analisi l’Italia ha raggiunto il 32% dell’obiettivo di risparmio al 2020 fissato dal Piano Nazionale di Efficienza Energetica 2014.


Uno dei principali strumenti per promuovere l’efficienza sono stato i cosiddetti Ecobonus, che hanno favorito in particolare gli interventi di isolamento termico degli edifici, la sostituzione di infissi e l’installazione di impianti di riscaldamento più efficienti.

Le riqualificazioni energetiche e gli acquisti di immobili in classe A+, A o B sono premiati da un maggior valore dell’abitazione, nonchè da congrui risparmi in bolletta.


Il Rapporto evidenzia anche aree di miglioramento, grazie alle interviste a oltre 500 agenti immobiliari associati alla FIAIP in tutta Italia per sondare l’importanza del tema efficienza energetica. Il 58% del campione, contrariamente ai trend immobiliari, ha dichiarato che gli acquirenti non sono particolarmente interessati all’Attestato di Prestazione Energetica (APE).
In realtà sappiamo che conoscere i consumi energetici di un immobile è fondamentale.


Il Rapporto Enea ha proposto a riguardo alcune iniziative, volte a sensibilizzare il mercato e i professionisti che vi operano. Una delle ipotesi è quella di rendere l’Ape dinamico, così da permettere all’acquirente di comprendere quali saranno i suoi consumi energetici reali nel momento in cui andrà ad abitare nell’immobile acquistato. 


Una delle ulteriori ipotesi riguarda l’inserimento nei listini immobiliari di una voce specifica legata ai “ristrutturati green”: il 52% degli intervistati si è pronunciato sfavorevole, evidenziando come vi sia ancora una scarsa percezione del valore di mercato degli immobili efficienti. Questa è sicuramente una barriera all’accesso al credito per le ristrutturazioni energetiche. 


Sicuramente la riconferma delle detrazioni, come evidenziato in precedenza, può costituire un incentivo, così come i tassi dei mutui particolarmente vantaggiosi anche in ambito ristrutturazioni. 


Fonte articolo: Mutuionline.it

Truffa chi vende un immobile con APE non conforme

Vendere un immobile con prestazioni energetiche non conformi a quelle dichiarate nell'attestato di prestazione energetica (A.P.E.) costituisce una truffa contrattuale.


Ad affermarlo la seconda sezione penale della Corte di Cassazione.

 

Con la Sentenza Penale n. 16444 del 10 marzo 2017) la Suprema Corte di Cassazione ha annullato una precedente sentenza della Corte di Appello del Comune di Milano che aveva assolto un costruttore accusato di truffa contrattuale per aver vendito un immobile le cui prestazioni energetiche non erano conformi a quanto dichiarato nell'Ape (attestato di prestazione energetica). Il tribunale di Milano aveva assolto il costruttore dichiarando la sua buona fede perché aveva confidato nelle valutazioni dei tecnici.

Il ricorso davanti ai giudici della Cassazione era stato allora interposto sulla base di due vizi:

  • di motivazione: perché il costruttore non poteva essere in buona fede in quanto aveva realizzato lavori in economia, utilizzando materiali di qualità inferiore a quella dichiarata, di aver installato serramenti ed impianto di riscaldamento non conformi e di non aver rifatto il tetto.

  • di legge: perché almeno si sarebbe dovuto riconoscere un dolo eventuale in quanto la difformità delle opere rispetto al progetto avrebbero potuto presumibilmente avere delle conseguenze sulla classificazione energetica dell'immobile.

  • I giudici della Corte di Cassazione hanno quindi riconosciuto la responsabilità del costruttore perché la difformità tra i lavori eseguiti e quelli progettati e la conseguente vendita con una classe energetica effettiva non corrispondente a quella dichiarata non poteva sfuggire al costruttore.  

    Fonte articolo: Idealista.it

     

    Cos'è la polizza globale di fabbricato?

    Per mettersi al riparo da eventuali danni causati a terzi o che potrebbero verificarsi all’interno dello stabile, ogni condominio è libero di stipulare la cosiddetta “polizza globale fabbricati”.


    Tale contratto di assicurazione non è contemplato da nessuna norma e, di conseguenza, ha carattere facoltativo, a meno che non sia previsto dal regolamento condominiale: solo in questo caso l’amministratore può sottoscrivere la polizza senza il placet dell’assemblea. 

     

    L'assemblea deve comunque essere informata sui termini contrattuali, così da valutare durata, coperture, costi e altri elementi fondamentali, ad esempio le franchigie, ossia gli importi che, a fronte di un danno, non sono rimborsati dalla compagnia assicurativa e ricadono sui singoli condòmini. 


    La polizza è definita “globale” perché nella maggior parte dei casi copre un ampio ventaglio di sinistri, che possono interessare direttamente lo stabile (incendi, fulmini, allagamenti, esplosioni, ecc), i condomini che vi abitano o terze persone, ad esempio il passante colpito da un pezzo di cornicione staccatosi dall’edificio. 
    Il costo dell’assicurazione è suddiviso fra tutti i condomini proprietari, che pagano in proporzione ai millesimi di proprietà in loro possesso.


    Nel caso in cui la polizza non sia contemplata dal regolamento, pur essendo l’amministratore il soggetto che materialmente firma l’accordo, a decidere è sempre l’assemblea, che delibera con il quorum previsto dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile, ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
    La stessa maggioranza si applica in caso di rinnovo o disdetta dell’accordo, tenendo presente che in quest’ultimo caso, interrompendo il contratto prima della sua scadenza naturale, il condominio potrebbe essere costretto a pagare una penale.


    Può accadere che l’amministratore decida di sottoscrivere, rinnovare o risolvere in modo arbitrario la polizza. In casi simili, oltre al risarcimento danni, il condominio può chiedere la revoca giudiziale del professionista. Revoca che, come disposto dall’articolo 1129, comma 11, può essere deliberata in qualsiasi momento dall’assemblea, con la stessa maggioranza prevista per la nomina, ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. 


    A più riprese la Corte di Cassazione (in ultimo la sentenza 6 luglio 2010, n. 15872) ha specificato come il professionista "(...) non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione". E poco importa che l’amministratore, legato al condominio da un contratto di mandato, sia tenuto ad agire "con la diligenza del buon padre di famiglia" o che, a norma dell’articolo 1130, numero 4), del Codice civile, sia obbligato a "compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio".


    La Suprema Corte ha, infatti, chiarito come la norma si riferisca "(...) ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto di assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la suddetta norma avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine, quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato". 


    Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

    La casa è il bene più sicuro da regalare ai figli

    Il bene più prezioso su cui investire in caso di figli? La casa, senza dubbio, così da poterla lasciare in eredità.


    La pensa così la maggioranza degli italiani, precisamente il 51,7%, stando a un sondaggio di Immobiliare.it.

     

    Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it, commentando i dati, ha affermato: "Se i dati mostrano come gli italiani siano ancora molto legati alla proprietà immobiliare, ben più di quanto accada nei Paesi del Nord Europa, rispetto agli anni della bolla questa convinzione comincia a vacillare. Nel 2006, infatti, oltre il 60% degli intervistati nel nostro stesso sondaggio dichiarava che avrebbe scelto una casa come bene da tramandare ai propri figli, considerando il momento storico in cui i valori immobiliari continuavano a salire e la domanda si manteneva su livelli molto sostenuti".


    Analizzando le 10mila risposte del sondaggio, inoltre, si è evidenziato che non ci sono grosse differenze fra le diverse fasce d’età e le aree geografiche: le percentuali di chi investirebbe in una casa per i figli sono poco più elevate della media nazionale al Sud (54,38%) e fra gli over 60 (58,23%).


    LE MOTIVAZIONI DELL’ACQUISTO

    Il 41,65% degli intervistati ha affermato di volere lasciare una casa ai propri eredi perché ritiene che sia l’unico bene durevole; il 29%, inoltre, lo farebbe perché ha poca fiducia che le nuove generazioni possano fare altrettanto in modo autonomo. Il 18%, poi, ha dichiarato che comprerebbe un immobile ai figli affinché possano evitare di sprecare denaro in affitto.

    Oltre il 48% di chi ha risposto al sondaggio di Immobiliare.it ha anche manifestato la volontà di comprare una casa prima per sé per poi lasciarla in eredità ai figli, mentre il 37,81% ne acquisterebbe un’altra direttamente per loro. Solo il 13,93% investirebbe in una casa vacanza.


    E LA FUGA DEI CERVELLI?

    Si sa, quello che stiamo vivendo è un periodo dove molti giovani devono spostarsi per trovare un posto di lavoro degno di questo nome, soprattutto dal Sud verso il Centro – Nord e dall’Italia verso il Nord Europa. Nonostante ciò, però, il 61,36% dei genitori acquisterebbe una casa nella propria città; il 19,20% punterebbe a uno dei grandi centri italiani; il 13,34% opterebbe per una località di villeggiatura; solo il 6,10% investirebbe in un Paese estero.


    Fonte articolo: Quifinanza.it

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