Mutui: massima sostenibilità per le famiglie

Si chiama "indice di affordability", letteralmente "sostenibilità" ed esprime in maniera sintetica l’insieme dei fattori che definiscono l’accessibilità delle famiglie all’acquisto di una casa attraverso un finanziamento.


Elaborato dall’ABI, dal Ministero del Lavoro e dall'Agenzia del Territorio, tiene conto del costo finanziario di un mutuo di durata pari a 20 anni e loan-to-value dell'80%, con una rata del prestito pari al 30% del reddito familiare disponibile. In sostanza, è il risultato di più fattori: il reddito disponibile, i tassi di interesse praticati dalle banche in un determinato periodo, il costo dei mutui, i prezzi di mercato delle case.

 

Ne dà misura il Rapporto Immobiliare Residenziale realizzato dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con l’ABI: la misura dell’indice rilevato nel 2014 è del 9%, in aumento di 2,3 punti rispetto all’anno precedente. Il miglioramento sembra sia dovuto in buona percentuale, circa per il 50%, alla riduzione del costo dei mutui, ma importante è anche il calo del prezzo delle case. Tra i fattori deterrenti che non hanno aiutato la crescita dell’indice, il reddito medio delle famiglie italiane, sceso dal 2008 dell’8% e in continua riduzione dall’anno in cui il mercato immobiliare non lasciava presagire alcuna crisi.


Nonostante tutto, l’analisi rileva che la situazione sembra essere migliorata, con il 60% delle famiglie in grado di coprire il 30% del costo annuo del mutuo: più 7% rispetto al 2013, con una distribuzione omogenea della capacità di acquisto in tutte le regioni d’Italia e soprattutto con ben otto regioni che hanno registrato il massimo storico dell’indice di affordability: un dato di grande rilievo se si considera che dal 2004 si era solo ridotto, prima ancora della crisi dell’intero sistema economico italiano. 


Ma quello di affordability non è l’unico valore che si è rivelato positivo per i cittadini. Un’altra performance senza precedenti la sta garantendo ormai dall’inizio dell’anno l’Euribor, il tasso praticato tra le banche: un calo continuo e senza precedenti nonostante gli eventi importanti dell’economia che non hanno spostato l’indice - soprattutto quello a tre mesi - dall’essere sotto lo zero.
Nel calcolo del tasso di interesse nominale (il Tan), l’Euribor viene poi sommato allo spread su cui si determina la rata, ma se negativo, il tasso nominale del mutuo diviene paradossalmente inferiore allo spread stesso. 


L’andamento dell’Euribor non sarebbe dunque correlato alle vicende politiche dell’Europa, ma all’economia stagnante o recessiva e all’inflazione molto bassa: conseguenza dunque di molte variabili quali la liquidità in circolazione, le aspettative di inflazione, la politica monetaria. 
Ci si chiede quanto sia giusto da parte delle banche mettere un limite alla discesa dell’Euribor nel calcolo delle rate, fissando il famoso tetto massimo al di sotto del quale non è possibile scendere, non tenendo conto invece del contesto macroeconomico favorevole di cui i titolari di un mutuo potrebbero usufruire. Nessuna revisione è ancora in atto, mentre un rialzo è già previsto per la fine di questo anno, che porterà lentamente e in maniera graduale al consolidarsi di valori positivi del tasso interbancario entro il 2020.


Fonte articolo: http://www.mutuionline.it/news/mutuionline-informa/00014227-piu-famiglie-in-grado-di-coprire-il-costo-del-mutuo.asp



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