Come ridurre le potenziali oscillazioni della rata mutuo?

Euribor è una parola che gli italiani continuano inevitabilmente ad accostare ai mutui variabili, che nonostante la spiccata preferenza accordata negli ultimi mesi ai prodotti a tasso fisso rappresentano pur sempre i due terzi dei prestiti immobiliari al momento in mano alle famiglie del nostro Paese.


Certo, ormai da qualche anno il parametro che serve a determinare il valore di ciascuna rata mese dopo mese non fa parlare più di sé, se non per il fatto di aver raggiunto un valore addirittura negativo.

Molti però non avranno dimenticato quel periodo in cui, ormai quasi dieci anni fa, la situazione era completamente capovolta e gli sbalzi di volatilità (soprattutto al rialzo come quelli successivi alla crisi subprime e al crack Lehman) misero in seria difficoltà un significativo numero di debitori nei confronti delle banche. Proprio per questo una riforma del processo di calcolo dell’Euribor che in teoria potrebbe comportare oscillazioni del tasso forse superiori a quanto si sia visto con il precedente metodo non è cosa che faccia dormire sonni tranquilli.


Oggi per la verità il grafico dell’Euribor somiglia a un encefalogramma piatto, e di volatilità ne vedremo probabilmente poca anche nel prossimo futuro, visto che la rimozione dello stimolo monetario del piano Draghi (che ha contribuito al crollo sottozero dei suoi valori) avverrà a un ritmo estremamente graduale e per vedere il primo rialzo dei tassi da parte della Bce occorrerà attendere almeno la seconda metà del 2019. Ma la durata di un mutuo è per definizione pluridecennale, quindi si dovrà mettere pure in conto un ritorno a situazioni di mercato più "normali" rispetto alla situazione attuale artificialmente creata dalla liquidità immessa dalle Banche centrali: fasi dettate dal ciclo economico che, per definizione, sono necessariamente più movimentate.


Al di là dell’eterno dilemma fra fisso e variabile, che in linea di massima non dovrebbe essere influenzato dal metodo di calcolo del tasso, il suggerimento degli operatori sarebbe di orientarsi verso un prodotto che determina la rata rilevando il parametro di riferimento (Euribor, ma anche Irs) non sulla base di una singolo valore giornaliero, ma su una media di periodo, mensile o addirittura trimestrale. "Questo permetterebbe sia di ridurre le potenziali oscillazioni di una rata, sia di prevedere in modo migliore, per quanto possibile, il suo andamento nel breve termine", conferma Roberto Anedda, direttore marketing del broker MutuiOnline.it.


In fin dei conti anche lo stesso mutuo variabile agganciato al tasso Bce, ora caduto pressoché nel dimenticatoio, era stato creato quasi dieci anni fa proprio per limitare al minimo le brutte sorprese legate all’Euribor. Il problema però è che la maggior parte dei prestiti casa a tasso variabile presenti al momento sul mercato italiano continua a calcolare la rata prendendo un singolo valore del discusso parametro, in genere il primo o l’ultimo di un mese: lo fanno per esempio 13 dei 21 (cioè il 62%) prodotti disponibili sulla piattaforma MutuiOnline, un campione piuttosto significativo di banche visto che rappresenta oltre l’80% dell’erogato su scala nazionale. 


Potrebbe apparire una questione di dettagli, a maggior ragione se si pensa all’andamento recente dell’Euribor, ma il "diavolo" spesso si nasconde proprio in questi particolari. Basta infatti confrontare i valori massimi e minimi raggiunti dal "vecchio" Euribor in ciascun mese dal 1999 in poi con la media registrata nel corrispondente periodo per scoprire che le cose non sono sempre filate via lisce come negli ultimi anni condizionati dal quantitative easing


Nel periodo successivo al fallimento di Lehman Brothers, la differenza fra media mensile e valore massimo ha anche oltrepassato il punto percentuale. E non si tratta certo di uno scarto di poco conto, se si pensa che per un mutuo medio da 120mila euro comporta una spesa aggiuntiva per interessi di quasi 60 euro mensili ai danni di chi ha avuto la "sfortuna" di vedersi fissare la rata proprio nel giorno del picco del tasso. Si può legittimamente obiettare che nel lunghissimo periodo che caratterizza la durata di un prestito immobiliare le coincidenze sfavorevoli tendono a compensarsi con quelle favorevoli, così come avviene per i cicli economici al rialzo e al ribasso. Ma la volatilità eccessiva che non giova a nessuno e che può creare grossi grattacapi alle famiglie si potrebbe evitare con poco. 


Fonte articolo: IlSole24ore.com vetrina web

Qe prorogato: ottima notizia per i mutuatari

Dalla Bce arrivano notizie positive per le famiglie italiane. Soprattutto per ciò che riguarda il settore del credito al consumo e dei mutui.


Difatti la proroga di nove mesi della politica espansiva (ieri l’istituto ha annunciato che l’acquisto di titoli, chiamato quantitative easing, non terminerà più a fine anno ma proseguirà almeno fino a settembre 2018) contribuirà a mantenere molto bassi i tassi delle obbligazioni. 

E, di conseguenza, anche i tassi del mercato monetario, sia a breve termine (Euribor) che a lungo (Eurirs). Ciò vuol dire che per i mutuatari (sia del tasso variabile che del tasso fisso) così come per chi ha un prestito non ipotecario sotto le varie modalità di credito al consumo (che girano a tasso fisso) l’attuale era dei tassi nominali ai minimi storici proseguirà senza intoppi.


Perché l’atteggiamento ancora molto espansivo della Bce (è da considerarsi tale nonostante andrà a ridurre da 60 a 30 miliardi l’iniezione mensile di liquidità) sta spingendo e spingerà ancora le banche ad erogare mutui a condizioni favorevoli. "Considerando le durate dai 20 anni in su - spiega Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.it - i migliori tassi fissi si mantengono al di sotto del 2%, e i tassi variabili più convenienti si trovano tra 0,60% e 0,80%".


Molte banche offrono spread (in particolare per mutui non superiori al 60% del valore dell’immobile) inferiori all’1%. Per rivedere gli stessi spread bisogna tornare indietro di 10 anni, quando il mercato immobiliare e quello dei prestiti ipotecari hanno vissuto l’ultimo picco euforico. Il tasso di interesse del mutuo non è dato solo dallo spread stabilito dalla banca. L’altra componente si ricava dai tassi del mercato monetario (gli indici Euribor per i mutui a tasso variabile e gli indici Eurirs per i mutui a tasso fisso). Ed ecco perché la decisione della Bce di proseguire nell’atteggiamento espansivo è una buona notizia per i mutuatari. Perché contribuirà a tenere bassi sia gli Euribor che gli Eurirs.


I primi sono influenzati dall’andamento del tasso sui depositi, in questo momento fissato dalla Bce addirittura sottozero (-0,4%). Non è quindi un caso che l’Euribor con scadenza a un mese sia a -0,37% e quello trimestrale (molto diffuso nelle proposte di mutuo) a -0,33%. Non appena la Bce inizierà ad alzare i tassi gli indici Euribor saliranno di conseguenza. Ma ieri, tra le righe, l’istituto di Francoforte ha lasciato intendere che un’eventuale stretta monetaria (ovvero un rialzo del tasso sui depositi) è rimandata al 2019. Prima di ieri i mercati invece si aspettavano un mini-rialzo già nel 2018. Quindi la Bce, in sostanza, ha lanciato il messaggio a chi in questo momento sta pagando (o ha intenzione di stipularne uno) un mutuo a tasso variabile, di non preoccuparsi. All’orizzonte non è previsto uno scatto dei tassi e, in scia, anche dei valori degli Euribor.
Del resto i future (scambiati sul mercato londinese Liffe) che proiettano l’Euribor a 3 mesi da qui a 5 anni indicano ora un ritorno su valori positivi solo nel 2020.

 

"Per quanto tali previsioni siano da considerarsi unicamente indicative e passibili di notevoli cambiamenti nel corso del tempo - continua Anedda - quello che appare chiaro è che il periodo di ampia disponibilità di capitali a costi minimi si allunga ulteriormente".
Buone notizie anche sul fronte del partito del tasso fisso. Se la Bce continuerà a comprare titoli di Stato almeno anche per il prossimo anno vorrà dire che anche i tassi dei Bund resteranno bassi. La riprova è arrivata ieri quando, dopo le parole del governatore Draghi, il tasso del decennale tedesco è sceso da 0,48% a 0,42%. Dato che gli indici Eurirs (sulla base dei quali viene stabilita l’entità del tasso fisso del mutuo nel giorno della stipula) seguono da vicino quelli del Bund, vuol dire che anche le nuove offerte (così come le proposte di surroga) a tasso fisso resteranno competitive, o costeranno ancora meno.


L’altro lato della medaglia della politica espansiva della Bce è che i conti di deposito continueranno ad avere tassi nominali molto bassi. Ma nella maggior parte dei casi comunque più alti rispetto ai tassi sottozero a cui viaggiano ora i BoT, storici rivali delle giacenze remunerate da parte delle banche.


Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Bankitalia ammonisce le banche sui tassi negativi

Sui mutui un richiamo forte di Bankitalia alle banche: se i tassi di riferimento sono negativi, lo spread concordato con il cliente deve partire dal valore negativo e non da zero e le banche devono restituire quanto finora pagato in più dai mutuatari.


A meno che il “floor” non fosse stato previsto nel contratto iniziale. 

 

In una lettera inviata qualche settimana fa agli istituti di credito, Via Nazionale ha ammonito gli intermediari e li ha invitati ad "attenersi a uno scrupoloso rispetto della normativa di trasparenza e correttezza delle condizioni pattuite con la clientela". E precisa: "In particolare gli intermediari dovranno astenersi dall’applicare di fatto clausole di “tasso minimo” (“floor clause”) non pubblicizzate e non incluse nella pertinente documentazione di trasparenza e nella modulistica contrattuale". 


Se si guardano i tassi Euribor a uno, tre e sei mesi, ovvero quelli più comunemente utilizzati per i mutui a tasso variabile, attualmente sono negativi. Cosa succede per chi ha il mutuo a tasso variabile? Una parte dello spread va “annullata” per portare a zero il valore del tasso. Piuttosto semplice no? E invece Bankitalia dichiara che le sono giunte lamentele in questo senso: quando il tasso va sotto zero, lo spread “riparte” invece da zero.  


Un problema che dunque si pone per chi ha acquistato casa e non è solo teorico. Ora che c’è una lettera della Banca d’Italia, e ora che i lettori ne conoscono l’esistenza sarà più difficile perciò far finta di nulla. La lettera di Via Nazionale chiude ogni “via di fuga”. Al cittadino che chiedesse informazioni sul perché la rata parte dal un valore zero e non da uno negativo non si potrà neanche rispondere che "lo prevede il sistema in automatico". Anzi proprio per evitare che comportamenti del genere si verifichino, la Banca d’Italia invita gli intermediari a verificare i loro sistemi informatici: "Nel caso in cui i parametri di indicizzazione assumano valore negativo, (gli intermediari, ndr) determinino correttamente il tasso di interesse applicabile a ciascun rapporto e all’ammontare degli interessi tempo per tempo dovuti".


Questa precisazione segue immediatamente quella sulla necessità di evitare dei floor inesistenti. Dunque il valore dovuto "tempo per tempo" è quello che parte dal valore del parametro di indicizzazione (anche negativo) più lo spread, a meno che la soglia minima per il tasso non fosse stata inserita nel contratto e illustrata ai clienti.
Le banche sono chiamate anche a fare una verifica delle "condotte finora seguite nella determinazione degli interessi finora dovuti e provvedere alle conseguenti restituzioni" nel caso non si siano rispettate le regole sul valore negativo dei valori di indicizzazione. 


Per riassumere quindi: gli intermediari non possono tirare fuori dal cilindro la soglia “zero” se non era stata sottoscritta dal cliente adeguatamente informato, e sono tenuti a restituire quanto pagato in più per pratiche non conformi alle indicazioni di Banca d’Italia. Dovrebbero farlo le banche di loro iniziativa, ma il mutuatario in ogni caso farebbe bene a controllare la propria situazione ed attivarsi per ottenere la restituzione nel caso se ne abbia diritto. Se non fossero soddisfatti della risposta, potranno rivolgersi alla Banca d’Italia per un esposto (che però non può, in linea di principio risolvere il caso concreto) e fare un ricorso all’Arbitro bancario finanziario. 


Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Euribor ai minimi storici avvantaggia chi stipula mutui


Una discesa ininterrotta da ormai 238 giorni. Con qualche piccola pausa qua e là, il movimento al ribasso degli indici Euribor prosegue ormai a tamburo battente dal 20 gennaio, tanto che ieri l’indice a 3 mesi ha toccato il nuovo minimo storico a -0,038%. Ancor più giù il “fratello” a 1 mese che che questa mattina ha aggiornato il minimo personale a -0,105%.


Gli Euribor sono tanto cari a coloro che stanno rimborsando un mutuo a tasso variabile o pensano di stipularne uno nuovo, perché è sulla base di questi indici che viene calcolato il tasso finale su cui poi calcolare la rata mensile (il tasso finale si ottiene sommando l’Euribor allo spread fisso concordato con la banca). 

La discesa degli indici Euribor non pare destinata ad esaurirsi. Potenzialmente, in base alle condizioni attuali, l’indice a 1 mese e quello a 3 mesi hanno spazio di discesa fino a -0,2%, con un incrementale vantaggio per il calcolo della rata dato che in condizioni normali l’Euribor negativo dovrebbe essere sottratto (in quanto sommato algebricamente) allo spread nel calcolo della rata.
Quindi se lo spread è dell’1,5% e l’Euribor a 1 mese è a -0,105, il tasso su cui calcolare la rata diventa dell’1,395%. Pertanto è opportuno controllare che effettivamente la propria banca stia sottraendo l’Euribor negativo. Per un mutuo di 150mila euro da rimborsare in 20 anni si tratta di un risparmio netto di quasi 10 euro al mese, 120 euro l’anno. 


Nei mutui stipulati prima di febbraio 2015 questo dovrebbe essere scontato. Perché prima di allora nessuna banca aveva inserito nei contratti delle clausole per tutelarsi da un’eventuale scorribanda in territorio negativo del tasso Euribor. Questo perché l’Euribor sottozero ha difatti sorpreso anche le banche. Da febbraio invece alcuni istituti hanno iniziato ad inserire nei nuovi contratti delle clausole che difatti impediscono di calcolare la rata sottraendo l’Euribor negativo indicando che «il tasso non può in ogni caso essere inferiore allo spread». 
Al momento questo “ombrello” a favore delle banche non sta suscitando molte polemiche soprattutto perché finora l’Euribor è stato negativo, ma solo per pochi centesimi, con scarso impatto sulle rate. Ma adesso che entriamo nel campo dei decimi e che il ribasso potrebbe continuare qualcuno potrebbe alzare la voce, seguendo gli spunti già segnalati in articoli precedenti.


Detto ciò, cerchiamo di capire perché l’Euribor ha ancora spazio per scendere. Per capirlo bisogna analizzare cosa è effettivamente l’Euribor. Rappresenta il tasso a cui un panel di banche prevalentemente europee dichiara di prestarsi denaro fra loro su scadenze da 1 settimana a 12 mesi (è questo il motivo per cui ci sono più Euribor). 
L’Euribor è quindi uno dei tassi che sintetizza il costo del denaro all’ingrosso (prima che venga cioè maggiorato con uno spread dalle banche e rivenduto al dettaglio a famiglie e imprese sotto forma di prestiti). L’altro tasso più importante è quello di riferimento stabilito dalla Bce, fermo ormai da un anno allo 0,05%. Gli indici Euribor sono solitamente collegati e molto vicini al tasso Bce ma in questa fase volano più basso (sono negativi mentre il Bce resta leggermente positivo) perché la Banca centrale europea ha deciso anche di portare sottozero (a quota -0,2%) un altro tasso all’ingrosso, quello pagato dalla Bce alle banche che vi parcheggiano la liquidità. Una mossa pensata per incentivare le banche ad utilizzare la liquidità in modo più profittevole, per spingerle a oliare l’economia reale.


Il tasso sui depositi presso la Bce fissato a -0,2% è una soglia chiave e rappresenta in effetti il pavimento tecnico massimo al momento fino a cui l’Euribor può spingersi al ribasso. 
"La discesa ulteriore dell’Euribor riflette diversi fattori - spiega Andrea Terzi, docente di Economia monetaria all’Università Cattolica di Milano. L’aspettativa di un "Qe" a più lunga durata e l’aumento delle riserve liquide delle banche, che è l’effetto fisiologico degli acquisti della Bce via “quantitative easing”. Le riserve bancarie sono passate da circa 200 miliardi a fine 2014 a oltre 600 milardi. Le banche che le hanno in pancia possono disfarsene solo prestandole a un’altra banca, e l’abbondanza di riserve ne fa precipitare il prezzo, verso il pavimento dello 0,20% negativo, che è la tassa che la Bce impone sulle riserve in eccesso dal giugno 2014". 


Le probabilità nel brevissimo di assistere a nuovi mini-cali degli indici Euribor c’è tutta ed è quindi anche alimentata dalle dichiarazioni dei giorni scorsi della Bce, governatore Mario Draghi compreso, che ha difatti aperto ad estendere "se fosse necessario" la durata del “Qe” anche oltre la scadenza fissata a settembre 2016. Il “Qe” - attraverso cui un istituto centrale acquista titoli sul mercato aperto - si attua quando lo stesso istituto ha già spinto al massimo (cioè a 0) la leva dei tassi. Per continuare a espandere e a sostenere l’economia non resta che immettere nuova moneta. 


Questo spiega perché l’Euribor pare destinare a volare basso ancora per molto tempo, nonostante le prospettive di miglioramento dell’economia dell’Eurozona. I future sull’Euribor a 3 mesi - per quanto vadano presi con le pinze perché variano in base alle stime di andamento dell’inflazione futura - indicano che dovrebbe restare sottozero anche per tutto il 2016 per poi tornare in area 1% solo intorno al 2020. 


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-09-15/mutui-ecco-perche-l-euribor-puo-scendere-fino-02percento-e-perche-tornera-all-1percento-solo-2020-115348.shtml?uuid=AC6H60x

Mutui: massima sostenibilità per le famiglie

Si chiama "indice di affordability", letteralmente "sostenibilità" ed esprime in maniera sintetica l’insieme dei fattori che definiscono l’accessibilità delle famiglie all’acquisto di una casa attraverso un finanziamento.


Elaborato dall’ABI, dal Ministero del Lavoro e dall'Agenzia del Territorio, tiene conto del costo finanziario di un mutuo di durata pari a 20 anni e loan-to-value dell'80%, con una rata del prestito pari al 30% del reddito familiare disponibile. In sostanza, è il risultato di più fattori: il reddito disponibile, i tassi di interesse praticati dalle banche in un determinato periodo, il costo dei mutui, i prezzi di mercato delle case.

 

Ne dà misura il Rapporto Immobiliare Residenziale realizzato dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con l’ABI: la misura dell’indice rilevato nel 2014 è del 9%, in aumento di 2,3 punti rispetto all’anno precedente. Il miglioramento sembra sia dovuto in buona percentuale, circa per il 50%, alla riduzione del costo dei mutui, ma importante è anche il calo del prezzo delle case. Tra i fattori deterrenti che non hanno aiutato la crescita dell’indice, il reddito medio delle famiglie italiane, sceso dal 2008 dell’8% e in continua riduzione dall’anno in cui il mercato immobiliare non lasciava presagire alcuna crisi.


Nonostante tutto, l’analisi rileva che la situazione sembra essere migliorata, con il 60% delle famiglie in grado di coprire il 30% del costo annuo del mutuo: più 7% rispetto al 2013, con una distribuzione omogenea della capacità di acquisto in tutte le regioni d’Italia e soprattutto con ben otto regioni che hanno registrato il massimo storico dell’indice di affordability: un dato di grande rilievo se si considera che dal 2004 si era solo ridotto, prima ancora della crisi dell’intero sistema economico italiano. 


Ma quello di affordability non è l’unico valore che si è rivelato positivo per i cittadini. Un’altra performance senza precedenti la sta garantendo ormai dall’inizio dell’anno l’Euribor, il tasso praticato tra le banche: un calo continuo e senza precedenti nonostante gli eventi importanti dell’economia che non hanno spostato l’indice - soprattutto quello a tre mesi - dall’essere sotto lo zero.
Nel calcolo del tasso di interesse nominale (il Tan), l’Euribor viene poi sommato allo spread su cui si determina la rata, ma se negativo, il tasso nominale del mutuo diviene paradossalmente inferiore allo spread stesso. 


L’andamento dell’Euribor non sarebbe dunque correlato alle vicende politiche dell’Europa, ma all’economia stagnante o recessiva e all’inflazione molto bassa: conseguenza dunque di molte variabili quali la liquidità in circolazione, le aspettative di inflazione, la politica monetaria. 
Ci si chiede quanto sia giusto da parte delle banche mettere un limite alla discesa dell’Euribor nel calcolo delle rate, fissando il famoso tetto massimo al di sotto del quale non è possibile scendere, non tenendo conto invece del contesto macroeconomico favorevole di cui i titolari di un mutuo potrebbero usufruire. Nessuna revisione è ancora in atto, mentre un rialzo è già previsto per la fine di questo anno, che porterà lentamente e in maniera graduale al consolidarsi di valori positivi del tasso interbancario entro il 2020.


Fonte articolo: http://www.mutuionline.it/news/mutuionline-informa/00014227-piu-famiglie-in-grado-di-coprire-il-costo-del-mutuo.asp

L'Euribor negativo non incide sui mutui

Con l’Euribor a 3 mesi negativo si infrange un altro tabù nell’epoca del quantitative easing della Banca Centrale Europea. Non ci vuol molto infatti a capire che la discesa sotto zero del tasso interbancario più utilizzato in Italia per calcolare le rate dei mutui è l’ennesimo paradosso creato da quel mare di liquidità iniettato attraverso la siringa del piano Draghi. Lo stesso effetto che ha permesso ieri alla Spagna di essere «pagata» dagli investitori per emettere debito a tre mesi, cosa che in un futuro non troppo lontano potrebbe avvenire anche al Tesoro italiano.
L’impatto sui tassi delle manovre Bce è insomma talmente dirompente che una banca è addirittura disposta a pagare un millesimo per prestare denaro a un altro istituto europeo, perché è sempre più vantaggioso che lasciare lo stesso denaro presso i forzieri Bce versando ben 20 centesimi per il parcheggio oppure acquistare un titolo tedesco a 3 mesi rimettendoci lo 0,35 per cento.

 

Di questo genere di paradossi i mutuatari vedono soltanto una parte, perché a chi ha scelto un prestito immobiliare variabile resta in fondo lo spread da versare e in molti casi non è roba da poco: non si corre quindi il «pericolo» di essere pagati per prendere un mutuo come è accaduto di recente in Danimarca. Quel millesimo sotto lo zero è in più davvero difficile da avvertire sulla rata, visto che gli arrotondamenti del tasso avvengono al centesimo se non al decimo di punto percentuale. Sarà addirittura impossibile da percepire per quanti si apprestano a stipulare un mutuo adesso, dato che le stesse banche, colte di sorpresa, sono corse a inserire sui nuovi prodotti apposite clausole attraverso le quali si impedisce di sottrarre dal tasso finale il valore dell’Euribor quando questo è negativo.

Ciò che conta per le famiglie italiane, al di là dell’aspetto puramente simbolico del centesimo in più o in meno, è la piega che la vicenda potrebbe prendere nei prossimi mesi. In fondo gli acquisti Bce sono soltanto all’inizio e con questi anche l’inondazione di liquidità sul mercato interbancario: Giuseppe Maraffino di Barclays Research sostiene che l’Euribor 3 mesi potrebbe scendere fino a -0,05% entro settembre o addirittura spingersi potenzialmente fino a -0,15%, a patto che la politica monetaria di Draghi resti estremamente accomodante e la crisi greca non metta i bastoni fra le ruote. Atene rappresenta infatti l’insidia maggiore per la discesa degli Euribor, dato che le eventuali tensioni farebbero presumibilmente riaffiorare il premio al rischio che le banche considerano quando si prestano il denaro e che al momento è quasi inesistente.

Ma è guardando oltre il 2015 che la vicenda si fa ancora più interessante, perché l’eccesso di liquidità per oltre mille miliardi di euro che verrà creato dalla Bce con il suo «qe» è destinato ad assorbirsi con molta gradualità. Ancora secondo Barclays gli Euribor rimarranno su questi livelli o più in basso per tutto il 2017. E anche di questo dovranno tenere conto quei mutuatari che proprio in queste settimane sono tempestati dalle telefonate delle filiali bancarie con proposte allettanti per passare dal tasso variabile al fisso.

Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-04-22/il-tasso-va-sotto-zero-ma-mutui-l-effetto-e-nullo-085727.shtml?uuid=ABZdMQTD

Subscribe to this RSS feed

La invitiamo a lasciare il suo numero di telefono per essere ricontattato.

Cliccando invia dichiari di aver letto ed accettato l'informativa sulla privacy