Confedilizia e Fiaip: tassa unica immobili e incentivi affitti

"Bene che il Governo abbia deciso di dare un segnale di fiducia al settore immobiliare attraverso la detassazione della prima casa, oltre che con la proroga delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia e per il risparmio energetico, ma ci sono almeno tre punti che meritano di essere rivisti". Così il Vice Presidente nazionale di Confedilizia, Michele Vigne, sulla Legge di stabilità firmata dal presidente Mattarella e ora al vaglio del Senato.


"Tre i punti che possono essere modificati", precisa Vigne:
"Per prima cosa chiediamo che la previsione di un utilizzo della maggiorazione Imu-Tasi dello 0,8 per mille soltanto in alcuni comuni venga tolta".

Confedilizia punta il dito anche sulla previsione di una tassazione elevatissima (aliquota Imu-Tasi che può giungere al 6.8 per mille) sugli immobili cosiddetti di lusso, tra cui rientrano anche quelli di interesse storico-artistico, soggetti a vincolo. "L’effetto, all’evidenza, è quello di una differenziazione oggettivamente esagerata per immobili che, pur accatastati diversamente, sono destinati in tutti i casi ad abitazione principale", sottolinea il Vice Presidente, che poi passa all’ultimo punto che andrebbe modificato: 

"Con meno di 100 milioni di euro è possibile iniziare a dare un segnale di attenzione a un comparto dell’immobiliare in particolare sofferenza, quello degli immobili affittati, rilanciando nello stesso tempo l’investimento immobiliare. Ci attendiamo che il Parlamento, che aveva chiesto interventi in questa direzione in sede di esame della nota di aggiornamento del Def, approvi le conseguenti integrazioni al disegno di legge governativo, agevolando anche quella mobilità del lavoro che è necessaria in questa fase".

 

Il Presidente della Fiaip, Paolo Righi in un'audizione presso la Commissione Finanze della Camera dei Deputati ha presentato la sua personale ricetta su service tax, permuta e locazione: Con la legge di stabilità 2016 il Governo ha dato un segnale di fiducia al settore immobiliare attraverso la detassazione della prima casa. Oggi è necessario ripristinare definitivamente il principio fondato sulla diretta relazione tra il tributo imposto e il reddito prodotto dal bene tassato, ponendolo alla base della riforma della fiscalità immobiliare. I mille tributi fiscali che gravano sugli immobili (Imu, Tasi, Irpef, addizionale regionale Irpef, addizionale comunale Irpef, cedolare secca, Ires, Irap, imposta di registro, Iva, imposte ipotecarie e catastali, imposta di bollo, imposta sulle successioni e sulle donazioni, tasse sui rifiuti, tributo provinciale per l’ambiente, contributi ai Consorzi di bonifica, tassa occupazione spazi pubblici) rendono impossibile, per un investitore, calcolare il proprio ritorno economico sull’investimento e continuano a costituire una zavorra pesantissima per la ripresa del mercato immobiliare”.


Si rende, dunque, necessario, secondo la Fiaip, prevedere una tassa unica sugli immobili (Service Tax), che includa tutti i tributi, auspicando che essa si fondi su un’effettiva correlazione con i servizi che l’ente locale fornisce all’immobile. In questo modo si rispetterebbe allo stesso tempo il principio di eliminazione dell’imposizione patrimoniale e si risponderebbe anche ai criteri propri del federalismo fiscale.

“Una riforma complessiva della tassazione immobiliare si dovrebbe fondare su una semplificazione del quadro tributario e su alcune misure imprescindibili:

- abbassamento generale a lungo termine della pressione fiscale sugli immobili;

- abolizione della tassa sulla prima abitazione per tutti;

- introduzione di una tassa unica sugli immobili.


Pressione fiscale
“Occorre assumere quale principio di fondo nell’ambito di una riforma complessiva della tassazione immobiliare (riforma anticipata da questo Governo) la soppressione di  qualsiasi forma di imposizione di tipo patrimoniale. Ciò si tradurrebbe, quindi, in una definitiva eliminazione di un’imposizione fiscale su di un bene che non produce alcun reddito, quale l’immobile adibito ad abitazione principale. 
Il mantenimento, tuttavia, della tassazione sugli immobili A/1, A/8, A/9, comporta per Fiaip, purtroppo, il permanere di una patrimoniale su alcuni immobili. Gli agenti immobiliari Fiaip chiedono una semplificazione della tassazione sugli immobili e l’introduzione di una vera “Service tax” , oltre all’eliminazione di qualunque imposizione  patrimoniale, anche per gli immobili non adibiti ad abitazione principale, che non  devono più essere gravati da una tassazione patrimoniale.


Incentivi in caso di cessione in permuta
Tra i numerosi punti proposti dalla Fiaip per il rilancio del mercato immobiliare anche gli incentivi fiscali in caso di cessione in permuta. “Una proposta - sottolinea Paolo Righi -  che consentirebbe di coniugare la ripresa del mercato immobiliare con gli obiettivi di efficientamento energetico degli edifici e che potrebbe anche esentare, per un tempo definito le imprese costruttrici dal pagamento delle imposte dirette ed indirette (IUC, Irpef, Ires, Irap) gravanti sugli immobili ricevuti in permuta - da qualunque soggetto - a fronte della cessione di immobili abitativi ed a condizione che le stesse imprese effettuino lavori di ristrutturazione sugli immobili ricevuti”. 


Misure per la locazione
Sul tema delle locazioni, inoltre, il presidente nazionale Fiaip, Paolo Righi ha affermato che per il rilancio: “E’ necessario rivedere la normativa vigente sulle locazione, sia in termini di tassazione, che di durata dei contratti: “liberalizzare” e incentivare il mercato delle locazioni significa non solo soddisfare un'esigenza sociale, ma anche ripristinare le condizioni per rilanciare l'investimento immobiliare da sempre bene-rifugio per gli italiani”.
Infine, nel corso dell’audizione Fiaip ha inoltre proposto la possibilità di rendere il contratto di locazione titolo esecutivo e di ridurre l’aliquota IMU a favore dei soggetti che concedono in locazione i propri immobili, con particolare riferimento ai contratti di locazione stipulati a canone calmierato. 

Nel pacchetto di proposte presentate dalla Fiaip anche l’estensione e l’aumento della misura della detrazione delle spese sostenute dal contribuente in campo immobiliare, in quanto è necessario intervenire anche sull’innalzamento dell’importo delle spese detraibili siano esse riferite all'acquisto dell'immobile che alla provvigione versata agli agenti.
In quest’ottica Fiaip auspica la rimodulazione dell’IVA nella fattura dell’agente immobiliare, poiché è più corretto rapportare l’ammontare della percentuale IVA contenuto nelle fatture degli agenti immobiliari all’ammontare della percentuale IVA/imposta di registro versato dall’acquirente dell’immobile.


Fonti articolo: http://corrierealpi.gelocal.it/belluno/cronaca/2015/10/27/news/vigne-tre-dubbi-sulla-legge-di-stabilita-1.12344448

 

http://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2015/10/28/118072-fiaip-service-tax-permuta-e-locazione-un-tris-dassi-per-rilanciare-il-mattone

Studenti e affitti: dove si paga di più

 


Posti letto leggermente più cari (+4%) rispetto al 2014 per gli studenti universitari, che quest’anno spenderanno una media di 243 euro al mese, con punte medie di 311 euro per le stanze singole, più costose del 25% e del 27% rispetto alle doppie (233 euro) e alle triple (226 euro).


A dirlo è una ricerca di Solo Affitti che ha incoronato Milano la città con i posti letto più cari d’Italia (397 euro al mese). 

 

 

Secondo la ricerca condotta nelle principali città universitarie, gli studenti sono disposti a sostenere questi maggiori costi pur di avere un appartamento arredato con mobili moderni. A questa richiesta, indicata come prioritaria nel 41% dei casi, si associa anche la preferenza per la stanza singola (37%).


Un requisito essenziale, indicato da quasi tutti gli studenti, è la vicinanza della casa ai mezzi pubblici (78%) o alla facoltà (67%) mentre non è un fattore importante che nell’appartamento vivano persone tutte dello stesso sesso: solo uno studente su cinque (19%) ha fatto questa richiesta.


Le città universitarie più care.
Milano è la città con i posti letto più cari d’Italia (397 euro al mese). Gli studenti degli atenei meneghini pagano tra i 400 euro e i 500 euro per una stanza singola e tra i 300 e i 400 euro per un poso letto in camera doppia. Più convenienti gli affitti per gli studenti universitari nella Capitale, con una media di 338 euro al mese e i prezzi delle stanze singole che variano dai 350 a 400 euro e quelli delle doppie da 225 a 300 euro. Il costo dei posti letto è più alto della media nazionale a Venezia (300 euro al mese), Firenze (283 euro), Napoli (275 euro) e Bologna (260 euro), mentre a Siena e Trento si pagano 7 euro in più della media.


E le più economiche.
Palermo è la città universitaria meno cara d’Italia (143 euro al mese a posto letto). Nel capoluogo siciliano il costo di una stanza singola si aggira attorno ai 200 euro mensili, mentre non supera i 150 euro l’esborso per una doppia. Prezzi competitivi sono stati rilevati anche in città del Centro-Nord come Genova (175 euro), Torino (176 euro) e Perugia (178 euro), mentre al Sud i prezzi sono più alti a Catanzaro (200 euro mensili), Bari (215 euro) e Pescara (230 euro).


Tipologia contrattuale più diffusa.
Nelle locazioni per studenti, è il contratto per studenti fuori sede a canone concordato (60%) il più diffuso, che grazie agli accordi territoriali tra le associazioni di inquilini e proprietari prevede canoni calmierati rispetto alle medie di mercato a favore dei locatari e vantaggi fiscali per i padroni di casa (per esempio l’aliquota della cedolare secca ridotta al 10%, contro il 21% previsto negli altri casi).


Questa tipologia di contratto è la più diffusa a Trieste (100%), Pescara (100%) e Genova (99%), così come sopra la media sono Firenze (80%), Roma (79%), Torino (76%) e Bologna (72%). Più bassa la diffusione del canone concordato a Bari (40%), Perugia (35%) e Palermo (10%), probabilmente perché gli accordi territoriali sono datati e i “canoni calmierati” troppo lontani dai prezzi di mercato.


Quasi nullo l’impiego del canone concordato a Milano e Napoli, anche perché in queste città gli accordi sono stati aggiornati, dopo quindici anni, soltanto lo scorso mese di luglio. Il contratto transitorio è applicato in un caso su cinque (21%), mentre in un caso su 10 si applica la formula tradizionale del “4+4”. Seppur residuale (9%) esiste anche la possibilità di utilizzare il contratto a posto letto, un contratto completamente libero che può essere stipulato per una porzione dell’immobile in cui il proprietario abita direttamente.


Fonte articolo: http://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2015/10/06/117858-vita-da-studenti-le-citta-dove-affittare-un-posto-letto-costa-caro-e-quelle-piu

Come sarà il nuovo APE in vigore dal 1 Ottobre

Il 1° ottobre entra in vigore il nuovo modello di attestato energetico APE, e sarà necessario farsi trovare preparati.
L’Attestato di Prestazione Energetica (APE) è la carta di identità riportante tutte le informazioni sulle prestazioni e sul consumo di energia di un edificio, di un’abitazione o di un appartamento, una certificazione che con la nuova norma sembra ritornare ad essere un prodotto decisamente professionale: prevede una maggiore responsabilizzazione del certificatore, un forte incremento delle informazioni da produrre e nuove metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche.


Lo scopo è quello di determinare meglio i consumi facendo capire al cittadino qual è il suo consumo totale di energia e la quota di energia rinnovabile utilizzata, la qualità dell'involucro e degli impianti.

Che cos'è l'APE e a chi occorre
L'APE è un certificato che attesta l'efficienza energetica di un immobile che viene rilasciato da un tecnico abilitato. Il documento prende in considerazione l'efficienza dei servizi presenti all'interno dell'edificio quali climatizzazione invernale, qualità dei serramenti, acqua calda, ecc. e dal 1° ottobre comprenderà anche climatizzazione estiva, ventilazione e illuminazione. Importante anche l'ubicazione dell'appartamento che a seconda del piano può avere una diversa dispersione di calore. Tutti questi dati vengono raccolti dal certificatore energetico che li inserisce in un programma e, con un apposito sistema di calcolo, ricava la classificazione dell'immobile assegnando una lettera che va da "A4" a "G".

La certificazione deve essere allegata a tutti gli atti di compravendita e di locazione e va rinnovata in caso di ristrutturazioni che modifichino le prestazioni energetiche. 


Stiamo cercando un nuovo affittuario o un potenziale acquirente del nostro appartamento? 

Prima di tutto ricordiamoci che è obbligatorio indicare nella pubblicità di vendita l'IPE indice di prestazione energetica (informazione contenuta nell'APE) poi, durante le trattative dovremo rendere disponibile agli interessati l'Attestato di Prestazione Energetica che in caso di perfezionamento del contratto andrà consegnato obbligatoriamente all'eventuale conduttore o acquirente.
Attenzione a questo passaggio perché, nonostante la sanzione di nullità del contratto sia stata cancellata c'è il rischio, in caso di mancata allegazione del documento, di essere puniti con sanzioni amministrative salatissime che possono arrivare fino a 18.000 euro.


APE unico nazionale
La principale novità è che l'APE, superando frammentazioni geografiche e locali, sarà un documento unico a livello nazionale, e rispetterà una metodologia di calcolo omogenea, anche in quelle regioni che hanno un proprio sistema di rilascio, ed in più sarà semplificata per edifici di dimensioni ridotte e prestazioni energetiche di entità modesta al fine di ridurre i costi a carico del cittadino.


Nuove classi di spreco energetico
Cambia la scala di classificazione della prestazione energetica degli immobili, formata da 10 classi, e non più da 7, che vanno da "A4" la migliore, a "G" la peggiore. Le classi energetiche, così come l'indice di prestazione energetica globale, dal 1° ottobre 2015 saranno determinate da tutti i servizi presenti nell'edificio.
Secondo la nuova legge l'attestato dovrà risultare uno strumento valido per valutare la convenienza economica dell'acquisto o della locazione di un'unità immobiliare in relazione ai consumi energetici, valido anche per consigliare degli efficaci interventi di riqualificazione energetica. Per questo nell'APE dovranno essere indicate anche delle proposte di miglioramento dell'efficienza energetica dell'edificio e dovranno essere fornite le informazioni sugli incentivi finanziari necessari per realizzarle.


Il catasto energetico: il SIAPE
Altra importante innovazione portata dal decreto è la realizzazione, da parte dell'ENEA, del SIAPE un sistema informativo comune per tutto il territorio nazionale, da istituire entro il 2015, che raccoglierà tutti i dati relativi agli attestati di prestazione energetica e che verrà aggiornato e incrementato ogni anno da Province e Regioni. Includerà i dati relativi agli APE, agli impianti termici e alle ispezioni e ai controlli, che potranno essere consultati telematicamente, sia dai cittadini, sia da Regioni, Province Autonome e Comuni in base alla loro area geografica di competenza.
Il SIAPE sarà raccordato ai catasti regionali degli impianti termici e successivamente verrà integrato anche con il catasto degli edifici.


Le sanzioni per chi non si atterrà al nuovo Ape
- Il certificatore dovrà pagare una multa da 700 euro a 4.200 euro per un Ape compilato nel modo sbagliato.
- Al costruttore o al proprietario spetta una sanzione da 3.000 euro a 18.000 euro se non presenta l’Ape per gli edifici nuovi, ristrutturati e se mette in vendita o in affitto l’immobile.
- Il direttore dei lavori dovrà pagare una multa da 1.000 euro a 6.000 euro se non presenterà l’Ape al Comune.


Fonti articolo: http://www.teleborsa.it/Speciali/2015/09/22/certificazione-energetica-cambiano-le-regole-1.html?p=3#.VgVaBNLtmko

http://www.idealista.it/news/finanza-personale/casa/2015/09/23/117740-certificazione-energetica-le-sanzioni-per-chi-non-si-atterra-al-nuovo-ape-in-vigore

Affitti, il potere degli inquilini referenziati

L'emergenza sfratti non è il solo motivo di preoccupazione del mercato degli affitti in Italia. A fronte di una fascia debole che viene estromessa dall'abitazione per una vasta serie di ragioni, emerge negli ultimi tempi un fenomeno altrettanto vasto: quello delle disdette unilaterali da parte degli inquilini. Fenomeno che il network Solo Affitti ha monitorato e misurato, con una serie di risultati interessanti. Primo fra tutti, la conferma di un nuovo grande potere degli inquilini referenziati, in grado di condurre il gioco degli affitti anziché limitarsi ad accettare le condizioni dei proprietari. Ma andiamo con ordine.


Il perché delle disdette
Solo Affitti, franchising immobiliare specializzato nella locazione, ha analizzato fra le sue 300 agenzie affiliate le motivazioni che stanno alla base della disdetta dei canoni di affitto. A livello nazionale, più di quattro volte su dieci (43,7%) le motivazioni sono di carattere strettamente abitativo: gli inquilini disdicono il contratto per la necessità di trovare una soluzione abitativa in affitto più economica, oppure per la ricerca di un immobile più spazioso o ancora – seppur meno frequentemente rispetto al passato – perché optano per l’acquisto di una casa. 


Il caro-canoni 
La principale motivazione di disdetta è comunque il caro-canone, che spinge l'inquilino a cercare soluzioni più economiche rese disponibili dalla contrazione del mercato oppure addirittura a passare alla convivenza con amici e familiari. Secondo Solo Affitti, sono Napoli, Venezia, Roma e Firenze le città in cui la difficoltà a sostenere i canoni di affitto troppo elevati risulta essere la prima causa di disdetta da parte dell'inquilino. Fra le grandi città italiane con i canoni più elevati, solo a Milano gli inquilini riescono meglio che altrove a far fronte ai canoni di locazione nonostante la crisi economica.


La qualità conta 
Il contratto viene talvolta interrotto anche per situazioni di degrado dell'immobile (6,2%). Muffa, umidità e cattivo stato di manutenzione hanno, ad esempio nella zona universitaria di Bologna, un peso non indifferente. Ed ecco che l'inquilino inizia a prendere il coltello dalla parte del manico e cerca soluzioni più decenti. Anche a Genova e nelle città del centro-sud in generale lo stato degli immobili lascia spesso a desiderare ed è causa di disdetta più che altrove. Nel 6,5% dei casi le disdette sono invece riconducibili a conflittualità tra l'inquilino e altri soggetti, dal proprietario al vicinato. La classifica delle città dove i litigi condominiali o con vicini portano più spesso alla chiusura dei contratti di affitto vede in testa Catanzaro, Cagliari e Genova. Il dato è abbastanza alto anche su Bologna: probabilmente, anche in questo caso il fenomeno va messo in correlazione alla diffusione dell'affitto a studenti universitari.


E dopo? 
Cosa succede dopo la disdetta del contratto d'affitto? Secondo Solo Affitti, nella maggior parte dei casi (69%) l'inquilino continua a rivolgersi al mercato delle locazioni, vista l’assenza di valide alternative. Sono pochi quelli che hanno lasciato l’affitto per acquistare una nuova casa: 18% a livello nazionale. Milano (24%) è la città in cui l'inquilino è riuscito più frequentemente a comprare casa nonostante le difficoltà ad ottenere un mutuo dalle banche. Non distanti da quelle di Milano le percentuali registrate a Firenze. Più bassi, invece, i dati di Roma, Bologna, Torino e Venezia, dove i prezzi delle case sono ancora alti e non permettono a un numero adeguato di inquilini di potersi “affrancare” dall'affitto per passare a un'immobile di proprietà. C'è infine chi lascia l'affitto per essere ospitato da amici o parenti oppure è andato ad abitare in una casa sfruttando un comodato (13%).


Fonte articolo: quotidianocondominio, ilsole24ore.com

L'identikit di chi compra casa

 

 

Il 63,8% di chi compra un’abitazione ha tra 18 e 44 anni, lo rileva l’analisi delle compravendite dell’Agenzia del Gruppo Tecnocasa riferita al secondo semestre del 2014. Più nello specifico, il 30,4% di chi acquista la casa ha tra i 18 e i 34 anni, il 33,4% ha tra i 35 e i 44 anni, il 19,3% ha tra i 45 e i 54 anni, il 10,9% tra i 55 e i 64 anni e il 5,9% ha oltre 65 anni.

Dall’analisi emerge inoltre che nel periodo in esame oltre tre quarti degli acquirenti ha comprato l’abitazione principale, il 16,2% una casa come investimento e il 6,6% la casa per le vacanze; dati stabili rispetto allo stesso periodo del 2013. 
Si rileva inoltre che chi compra la casa principale diminuisce con il crescere dell’età, tranne che nella fascia oltre i 65 anni dove il dato torna a risalire leggermente.

 

 

 

Come nel 2013, ad avvalersi di un mutuo bancario per l’acquisto è stato il 54,4% del totale (era il 54,7% nello stesso periodo dell’anno precedente). Per quanto riguarda invece i dati relativi a chi ha scelto di vendere, la motivazione è stata nel 44,5% dei casi il miglioramento della qualità abitativa (55,1% nello stesso periodo del 2013), il 39,9% lo ha fatto per reperire liquidità (contro il 26,6% del secondo semestre dell’anno precedente) e il 15,6% per un trasferimento in altra zona o città. Aumenta con il crescere dell’età la percentuale di chi vende per reperire liquidità, mentre decresce con l’aumentare dell’età il numero di coloro che lo fanno per migliorare la qualità della vita. Passando infine ai contratti di locazione stipulati da Tecnocasa, il 58% utilizza l’affitto come scelta abitativa (in crescita del 3,1% sullo stesso periodo del 2013), il 35,5% per motivi di lavoro e il 6,5% per motivi di studio.

Fonte articolo: http://www.e-duesse.it/News/Cucine-Built-in/Mercato-immobiliare-il-63-8-di-chi-compra-ha-tra-18-e-44-anni-187664



Panoramica degli affitti nei primi mesi del 2015

Sono ormai diversi mesi che tutto il settore del mattone tenta di trovare segnali, seppur piccoli, di quella tanto attesa ripresa e per farlo studia ed elabora i dati relativi alle compravendite. Ma nel mondo degli affitti, di contro, cosa sta cambiando? Ad analizzare le tre variabili in campo per le locazioni, ossia domanda, offerta e prezzi, ci ha pensato l’Ufficio Studi di Immobiliare.it che ha messo sotto la sua lente la situazione degli immobili residenziali in affitto riscontrabile a febbraio 2015 e ha rilevato che i prezzi dei canoni mensili sono lieve calo, la richiesta sta crescendo ma, a questa, non coincide un aumento dell’offerta, anzi è proprio questa che sta subendo la contrazione maggiore.

 

Agli italiani non piace affittare. È cosa nota che in Italia l’idea di offrire in affitto le proprie case non è mai andata a genio ai proprietari di casa, che temono morosità e inquilini problematici; sembra che ora la situazione non sia migliorata affatto, anzi è proprio l’offerta che nel mercato degli affitti ha subito il calo più evidente. In un anno, ossia rispetto a febbraio 2014, il numero di annunci di case in affitto ha subito una contrazione del 7%. Ci sono altre spiegazioni a questo dato, che vanno oltre la paura di inquilini morosi, e le ha commentate proprio Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it: nonostante affittare il proprio immobile sia una garanzia di rendita fissa, soprattutto se lo si fa nelle grandi città, quello di dare in locazione la propria casa per periodi lunghi non ha più il fascino di un tempo. I proprietari hanno preso a preferire affitti stagionali, come quelli delle case vacanza o dei bed and breakfast, oppure quelli brevi, come avverrà tra poco a Milano in occasione di Expo.

Cresce il numero di chi cerca casa in affitto. La domanda, come anticipato, non segue il trend dell’offerta e continua a crescere l’interesse di chi cerca casa verso gli annunci di locazione. In un anno, sempre in confronto a febbraio 2014, c’è stato un aumento di ricerche verso questo tipo di contratti del 9,9%. È il Centro l’area italiana dove la crescita è stata maggiore, arrivando all’11,9%; al Nord l’aumento è stato del 9,1%, al Sud dell’8%. Con il Centro, portano verso l’alto questo dato anche le città più piccole (quelle che contano meno di 250.000 abitanti) che registrano un aumento del 12,3% rispetto alle grandi che si fermano a un +8,5%.

I costi di un affitto. Anche a causa della congiuntura con la diminuzione degli immobili disponibili in affitto, i canoni di locazione, rispetto allo scorso febbraio 2014, sono scesi di poco, ossia del 2,1%. Ma, come sempre, le diverse zone d’Italia si comportano in maniera differente. Abruzzo, Molise e Friuli Venezia Giulia sono le tre regioni che hanno registrato i cali più vistosi, rispettivamente del 13,4%, 8,9% e 5,8%. Ci sono, di contro, regioni in cui i prezzi sono addirittura aumentati: è il caso della Sardegna che registra un +8,9%, della Calabria con +3% e del Piemonte dove si registra un lievissimo aumento dell’1%. 

Nel nostro Paese, per affittare una casa da 80 metri quadrati, servono in media 670 euro al mese. Lo studio di Immobiliare.it ha stilato anche la classifica delle dieci città più care d’Italia per i canoni di locazione. Al contrario di quello che succede per le vendite, stando all’Osservatorio sulle compravendite del portale, non è Roma la prima per i prezzi più alti, ma Milano. Nel capoluogo meneghino un monolocale in affitto arriva a costare circa 600 euro al mese, mentre un trilocale ne richiede 1.200. Invece a Roma bastano 550 euro per prendere un monolocale in locazione e 1.050 euro per un trilocale.

Fonte articolo: http://news.immobiliare.it/il-mercato-degli-affitti-in-italia-21679

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