Risparmi fiscali con affitti concordati e cedolare secca

Per i proprietari di 2,8 milioni di case affittate è arrivato il momento di aggiornare il tax rate sui redditi da locazione, verificando le opportunità di risparmio fiscale riservate a chi stipula con l’inquilino un contratto a canone concordato. 


Lo sconto del 25% sull’Imu e la Tasi introdotto dalla legge di Stabilità 2016 è l’ultimo tassello di un mosaico che tende a incentivare gli affitti a prezzi moderati, e che comprende anche la cedolare secca al 10% e le tradizionali deduzioni extra del 30% per chi resta alla tassazione ordinaria.

Le norme, però, si sono stratificate in modo disordinato, e la convenienza dipende da diversi fattori: il tipo di contratto, il tipo di Comune in cui si trova l’immobile, la rendita catastale dell’abitazione e l’aliquota locale di Imu e Tasi.


Lo sgravio Imu e Tasi. 
"Le situazioni sono diverse nelle varie città, ma ci stanno arrivando indicazioni ottimistiche: c’è maggior interesse per i contratti agevolati", commenta il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. "Certo è difficile prendere delle decisioni - aggiunge - perché i proprietari finora non hanno mai avuto la certezza delle norme fiscali per gli anni successivi".
La novità 2016 è la riduzione del 25% dell’aliquota Imu (ed eventualmente Tasi) per le case affittate a canone concordato. In pratica, lo sconto vale per i diversi contratti “calmierati” previsti dalla legge 431/1998:
- i contratti agevolati (3+2);
- i contratti per studenti universitari (da sei mesi a tre anni); 
- i contratti transitori (da uno a 18 mesi) stipulati nei grandi centri in cui il canone va fissato nel range stabilito negli accordi territoriali.

Come chiarito dal Dipartimento Finanze a Telefisco, in tutti questi casi a essere ridotta è l’aliquota applicata dal Comune. Quindi, se c’è un’aliquota ridotta, è questa a dover essere scontata. Ad esempio, a Milano gli affitti calmierati – se la casa è usata dall’inquilino come abitazione principale – nel 2015 pagavano il 6,5 per mille di Imu (contro il 9,6 per mille degli altri affitti) e lo 0,8 per mille di Tasi.


Lo stop agli aumenti dei tributi locali – dettato dalla legge di Stabilità – fa sì che le delibere 2015 possano essere prese come riferimento per calcolare lo sconto minimo quest’anno. Per intenderci, una casa affittata come abitazione principale con una rendita catastale di 459 euro – il valore medio delle abitazioni locate in Italia – a Torino pagherebbe il 5,75 per mille di Imu, che ridotto del 25% porta l’imposta annua da 443 a 332 euro.
Tra l’altro, questo sconto può essere applicato in tutti i Comuni. Anche se, naturalmente, bisogna stipulare un contratto agevolato in base agli accordi territoriali tra associazioni della proprietà edilizia e sindacati inquilini, applicando il canone ridotto.


La cedolare al 10 per cento. 
Gli altri incentivi riguardano i redditi di locazione. Qui il pezzo forte è la cedolare al 10% (prevista per il periodo 2014-17) che risulta praticamente imbattibile se confrontata con le deduzioni Irpef maggiorate per quasi tutti contribuenti.
Proprio la tassa piatta - diversamente dalle altre agevolazioni reddituali - può essere applicata anche nei Comuni colpiti da calamità, oltre che in quelli ad alta tensione abitativa, e a Telefisco le Entrate hanno chiarito come procedere nei centri in cui manca l’intesa locale.


Come ottenere gli sconti.
Per chi ha già un contratto a canone concordato, lo sconto Imu e Tasi è automatico (basta solo ricordarsi di presentare la dichiarazione Imu nel 2017), mentre la scelta per la cedolare secca - se non ancora effettuata - può essere fatta valere dalla prima nuova annualità contrattuale. La situazione è abbastanza semplice anche per chi non ha ancora stipulato il contratto: si tratta solo di valutare se le nuove agevolazioni fanno pendere la bilancia dalla parte del canone concordato.


Nel primo semestre del 2015 il 18% dei contratti è stato stipulato a canone calmierato, contro il 13,9% dell’anno precedente. Ed è ragionevole attendersi un altro aumento. Anche il numero dei contribuenti che applicano la cedolare secca sui canoni concordati è quasi triplicato in tre anni, secondo le statistiche sui redditi dichiarati nel 2014: un trend superiore a quello registrato tra le locazioni di mercato.


Un po’ più delicata, invece, la posizione di chi ha in corso una locazione a prezzi di mercato, perché in questo caso il proprietario potrebbe valutare la risoluzione del contratto e la stipula di un nuovo affitto concordato, offrendo all’inquilino un canone ridotto. "C’è anche chi valuta l’ipotesi di trasformare i contratti in essere, da libero ad agevolato - conferma Spaziani Testa-. È una scelta che potrebbe essere interessante, tra gli altri, per i locatori che avevano scelto il canone libero prima che, nel 2014, fosse introdotta la cedolare al 10%".


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Guerra agli affitti "in nero": rischi nullità

Dal 1 gennaio 2016 stop ai canoni “in nero”: se il locatore non registra il contratto entro trenta giorni dalla stipulazione corre il rischio di sentir dichiarare il contratto nullo e di dover restituire al conduttore le somme ricevute in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto.


La legge di fine anno, c.d. Legge di Stabilità, contiene alcune sostanziali novità in materia di locazioni ad uso abitativo con lo scopo di far emergere i c.d. “canoni in nero”. 

Il comma 59 dell’art. 1 della Legge 28 dicembre 2015, pubblicata sulla G.U. n. 302 del 30 dicembre 2015, in vigore dall’1 gennaio 2016, ha riscritto l’art. 13 delle legge 9 dicembre 1998, n. 431, attuale disciplina delle locazioni ad uso abitativo. La norma, intitolata “Patti contrari alla leggedeclina le ipotesi di nullità in riferimento alle clausole del contratto che abbiano l’effetto di attribuire al locatore benefici economici in contrasto con i limiti legali. Si tratta di una disposizione che è stata definita come “norma di protezionea favore del contraente ritenuto la “parte debole” del rapporto: il conduttore. Con l’intervento di fine anno è stata introdotta un’importante disposizione di natura sostanziale.


Nel dettaglio:
il primo comma dell’art. 13, che originariamente si limitava a sancire la nullità di ogni pattuizione “volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”, dal 1 gennaio di quest’anno individua modalità operative cui deve attenersi il locatore. Proprio a parte locatrice è fatto carico di attivarsi per la registrazione del contratto e tale adempimento deve avvenire nel termine perentorio di trenta giorni, decorrenti, si reputa, dalla data di sottoscrizione del contratto stesso. Ma c’è di più’. Il locatore deve altresì dare “documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni” dell’avvenuta registrazione sia al conduttore, sia all’amministratore del condominio.


La registrazione del contratto dunque non è più solo un adempimento che esaurisce i propri effetti tra le parti, ma riverbera nei confronti dei terzi: l’obbligo di fornire documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni dovrà essere ottemperato con l’invio di una comunicazione in cui sono indicati gli estremi del versamento effettuato e il numero di registrazione. Tale documentazione va fornita non solo al conduttore, come è ovvio trattandosi della parte contraente, ma anche all’amministratore del condominio in cui è ubicata l’unità immobiliare oggetto del contratto. Ciò in quanto l’amministratore a far tempo dal 18 giugno 2013 ( data di entrata in vigore della legge n. 220/2012) è tenuto a redigere ed aggiornare il registro dell’anagrafe condominiale nel quale vanno annotate, tra l’altro, le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento, e dunque anche dei conduttori, comprensive del codice fiscale: l’art. 1130, n. 6 c.c., stabilisce che ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni, termine del tutto analogo a quello ora previsto dal novellato art. 13.


La novità introdotta è significativa e non priva di rilievo pratico. Il termine per effettuare la registrazione è definito perentorio: così si definisce il termine che impone il compimento di un atto entro un determinato momento, a pena di decadenza, con esclusione della possibilità di essere abbreviato o prorogato, nemmeno con l'accordo delle parti. Ad esempio, hanno natura perentoria alcuni termini processuali - quelli relativi all’impugnazione della sentenza di primo grado - e la natura perentoria di un termine deve risultare espressamente dalla legge (art. 152 del c.p.c.).


La mancata registrazione determina la nullità del contratto anche quando è stipulato per iscritto, al pari di un contratto stipulato solo verbalmente. E tale sanzione si applica sia aicontratti a canone “libero”, sia per quelli con canone “concordato” di cui all’art. 2, comma 3 della legge 431/1998. In sostanza in mancanza di registrazione il contratto per legge non esiste.


Il secondo comma dell’art. 13 legge 431/1998 non ha subito modifiche: nei casi di pattuizione nulla perché diretta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato, il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato , può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.


Anche il terzo comma non ha subito modifiche: la nullità colpisce anche le pattuizioni dirette a limitare la durata dei contratti prevista dalla legge, ossia, secondo il disposto della legge 431/1998: 4+4 anni per le locazioni a canone libero e 3+2 per le locazioni a canone c.d. concordato.


Un piccolo restyling è stato apportato al quarto comma: la nullità del contratto, posta a tutela del conduttore, sembra essere limitata alla pattuizione relativa all’ammontare del canone superiore a quello contrattualmente previsto; non vi è più la previsione di nullità per “qualsiasi obbligo del conduttore”, si può dunque ritenere che vi sia una maggior autonomia negoziale, purchè non abbia l’effetto di attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito, e, nel caso di contratti c.d. a canone concordato, non superiore a quello definito dagli accordi territoriali.


La novità rilevante è contenuta nel nuovo comma cinque, disciplina resa indispensabile per porre fine alle incertezze e alle incongruenze conseguenti alla pronuncia di incostituzionalità della disposizione concernete la c.d. “cedolare secca” (art. 3, commi 8 e 9 del D.Lgs. 23/2011) e ai successivi interventi normativi.
Con la “cedolare secca” il conduttore poteva prendere l’iniziativa di registrare il contratto e con ciò il canone annuo dovuto era pari al triplo della rendita catastale (importo di gran lunga inferiore al canone pattuito e persino al canone di mercato): scopo della norma era l’emersione dei canone “in nero”, ma una disciplina fiscale non poteva determinare la nullità di un contratto perciò è calata la scure di incostituzionalità. Il tutto accadeva con sentenza n. 50/2014 , perciò con il c.d. “Piano Casa”(D.L. 47/2014) fu stabilito fossero tenuti fermi sino al 31.12.2015 gli effetti dei contratti caducati dalla pronuncia della Coste Costituzionale. Ma anche quest’ultimo intervento legislativo è stato ritenuto contrastare con i principi costituzionali e ne è stata dichiarata l’incostituzionalità con sentenza del 16.7.2015 n. 169. In questo ambito si inserisce il quarto comma del novellato art. 13 stabilendo che i conduttori che registrando il contratto hanno versato il canone pari al triplo della rendita catastale, non sono tenuti ad un diverso e maggior canone per il periodo intercorrente dalla data di entrata in vigore del D. Lgs 23/2011 al 16.7.2015 (data della pronuncia di incostituzionalità). E’ prevedibile che anche per questa disciplina interverrà la Corte Costituzionale.


Il regime processuale è ora definito dai commi sei e sette: l’azione del conduttore nei casi di nullità del contratto in conseguenza di “qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito” va proposta nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato: si tratta di un’azione diretta ad accertare l’esistenza del contratto che rimette al giudice la determinazione del canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’art. 2 ovvero quello definito ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati (si tratta dei contratti per gli studenti universitari). Lo stesso giudice può stabilire la restituzione delle somme eventualmente eccedenti. Va osservato che trattandosi di controversia in materia di locazione dovrà preventivamente essere esperito obbligatoriamente la proceduta di mediazione, condizione di procedibilità dell’azione.
L’azione di accertamento dell’esistenza del contratto è altresì riservata al conduttore nei casi in cui il locatore non abbia adempiuto all’obbligo di registrazione del contratto nel termine di trenta giorni.


Fonte articolo: Quotidianogiuridico.it

Comodato e affitti in concordato: il Fisco risponde

Immobili in comodato: ci sono ancora tre giorni di tempo per registrare senza sanzioni un contratto di comodato, cioè fino a giovedì 4 febbraio, e far scattare fin dal 1° gennaio 2016 l’agevolazione Imu e Tasi sulle case concesse in uso gratuito ai parenti. 
In occasione di Telefisco 2016, le Finanze hanno chiarito che il possesso degli immobili diversi dalle case non blocca la riduzione del 50% dell’imponibile.


Affitti a canone concordato:
la riduzione del 25% per gli immobili locati a canone concordato si applica sull’aliquota deliberata dal Comune e non sull’aliquota ordinaria. Questo significa che lo sconto del 25% dovrà essere calcolato, per gli immobili utilizzati come abitazione principale, sull’aliquota ridotta. 
Ma procediamo per gradi, e vediamo prima in cosa consiste l’allargamento del perimetro e poi come ottenere l’agevolazione.

Immobiili in coMODato.

Salvi terreni e negozi. 
Può ottenere lo sconto Imu e Tasi anche chi possiede altri immobili non abitativi oltre la casa data in comodato e quella in cui abita. In pratica, fermi restando gli altri requisiti fissati dalla legge, il possesso di una quota di un terreno o di un negozio - per esempio - non bloccano più l’agevolazione.
Sono salvi anche i proprietari di abitazioni con due o più pertinenze dello stesso tipo, per esempio due garage. Per le regole Imu-Tasi, infatti, uno solo è classificato come pertinenza, mentre il secondo è comunque un altro immobile. Non essendo però ad uso abitativo non va a intaccare il tetto dei due immobili, valido per lo sconto. 


La registrazione. 
Il contratto di comodato, secondo il Codice civile, è valido anche se non è messo per iscritto. Ma la Legge di Stabilità impone di registrarlo alle Entrate per avere lo sconto Imu e Tasi. Registrazione che deve avvenire entro 20 giorni dalla stipula, quindi normalmente entro il 20 gennaio.
Chi si fosse accorto in ritardo della nuova opportunità, però, può arrivare alla data del 4 febbraio senza perdere nulla né pagare sanzioni. I tributi locali si versano per dodicesimi e un periodo di almeno 15 giorni vale come un mese. Perciò, per poter “contare” anche gennaio, il comodato deve riportare come giorno di stipula – al più tardi – il 15 gennaio, il che porta a una data-limite per la registrazione di giovedì prossimo, per l’appunto.
Se sfora questo termine, il proprietario avrà due strade: considerare il contratto solo dal momento della registrazione, pagando le imposte in misura piena sul periodo non coperto, oppure pagare le sanzioni per la registrazione tardiva e gli interessi sfruttando il ravvedimento operoso, che è stato reso più conveniente dalla legge di Stabilità 2016, e beneficiando della limatura degli interessi legali (allo 0,2% dal 1° gennaio).


La convenienza. 
Per registrare il contratto, ai 200 euro di imposta di registro bisogna aggiungere l’imposta di bollo su ogni copia del contratto da registrare (16 euro ogni quattro pagine o 100 righe).
L’entità dello sconto dipende dalla rendita catastale e dall’aliquota comunale applicabile nel 2016 (il Comune non potrà aumentare quella deliberata nel 2015, ma potrebbe prevedere uno sconto). 
Nel conto finale entra in gioco anche l’eliminazione della Tasi a carico dell’utilizzatore, in questo caso il comodatario che usa la casa come abitazione principale: uno sconto che vale dal 10 al 30% della Tasi, in quei Comuni - uno su due - in cui erano stati chiamati alla cassa anche l’inquilino e l’occupante.


AFFITTI IN CONCORDATO.

Aliquote dei Comuni.
In forza dell’articolo 1, commi 53 e 54, della legge 208/2015, ai contribuenti proprietari degli immobili in esame è riconosciuto l’abbattimento del 25% dell'imposta, sia ai fini Imu che ai fini Tasi. È stato pertanto chiesto su quale aliquota debba essere calcolata questa riduzione, se su quella ordinaria o su quella deliberata dal Comune. in molti Comuni è stata infatti adottata un’aliquota agevolata in caso di immobili a canone concordato, che costituiscono l’abitazione principale dell’inquilino. 
La risposta delle Finanze, del tutto condivisibile, è che l’abbattimento si conteggia sull’aliquota deliberata dal Comune, anche se inferiore a quella ordinaria. 


Imu e Tasi.
La seconda questione riguarda l’obbligo della presentazione della denuncia Imu/Tasi. Va subito evidenziato che la questione si porrà nel giugno 2017. Al riguardo, le Finanze confermano che, poiché i Comuni non sono in grado di reperire l’informazione sulle singole unità affittate a canone concordato, la denuncia Imu è obbligatoria. Va tuttavia precisato che l’adempimento non è posto a pena di decadenza della riduzione. Questo significa in concreto che la mancata presentazione della denuncia non determinerà il venir meno della stessa ma comporterà l’irrogazione della sola sanzione fissa.


Locazione di fabbricati di interesse storico-artistico.
In questo caso, ci si può basare su quanto affermato dalle Finanze nella risposta che cita le abitazioni in comodato e si può ritenere che sia possibile cumulare l’agevolazione del 25% sull’imposta con la riduzione a metà dell’imponibile, prevista per tali tipologie immobiliari. Nella norma, infatti, non c’è alcuna preclusione in tal senso.


Alloggi sociali.
Chiarimenti relativi agli alloggi sociali, che sono esenti da Imu e, a partire dal 2016, anche dalla Tasi: si chiedeva di definire esattamente il perimetro di tale fattispecie. Sul punto il fisco si è tuttavia dimostrato abbastanza evasivo: la risposta si limita a richiamare il contenuto del Dm infrastrutture del 22 aprile 2008, citato nell’articolo 13, Dl 201/2011, senza offrire precisazioni particolari. Vale peraltro evidenziare che le Finanze confermano l’obbligo dichiarativo nel caso in esame, questa volta posto a pena di decadenza dell’agevolazione. 
Nel quesito si era rappresentata anche la fattispecie degli alloggi «"trutturalmente" sociali ma temporaneamente inutilizzati: non è chiaro in tal caso se l’esenzione competa comunque. La risposta più rigorosa dovrebbe essere negativa, ma vi sono spazi per letture diverse.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Leasing immobiliare: cos'è, vantaggi e svantaggi

Il leasing diventa un contratto tipico e anche per le persone fisiche sarà pienamente possibile acquistare la prima casa con un contratto di locazione finanziaria invece che con un mutuo fondiario/edilizio.


I giovani con età inferiore ai 35 anni, dal 1° gennaio 2016, con reddito non superiore a Euro 55.000, potranno acquistare l’abitazione principale, di categoria catastale diversa da A1, A8 e A9, in leasing godendo di specifiche agevolazioni fiscali ai fini Irpef, della sospensione delle rate.

La nuova normativa è sperimentale: il termine è fissato al 31 dicembre 2020. La procedura contrattuale prevede che l’intermediario si obblighi all’acquisto o far costruire l’immobile secondo la scelta del soggetto utilizzatore che ne assume tutti i rischi, compresa la perdita del bene. L’abitazione sarà messa a disposizione dell’utilizzatore per un periodo predeterminato contrattualmente e dietro versamento di un ammontare, congruo rispetto al prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore potrà acquistare la proprietà del bene a un prezzo prestabilito, ma potrà anche chiedere di rinnovare il leasing o rinunciare all’acquisto.


In caso d’inadempimento, l’utilizzatore dovrà restituire alla società di leasing l’immobile, questa lo venderà ai valori di mercato, restituendo (al netto dei canoni scaduti e non pagati, di quelli a scadere attualizzati e dell’esercizio dell’opzione finale di acquisto e di altre eventuali spese legate alla vendita dell’immobile), all’utilizzatore quanto di sua competenza. In caso d’incapienza dell’ammontare della vendita dovrà essere l’utilizzatore a restituire le somme mancanti alla società di leasing.
Introdotta per le prima volta per legge la possibilità contrattuale di sospensione delle rate può essere richiesta in caso di:

– cessazione del rapporto di lavoro subordinato
– cessazione del rapporto di agenzia
– rappresentanza commerciale
– rapporto di collaborazione coordinata e continuativa

ma non in caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato non dipendente, di risoluzione consensuale, di pensionamento, di dimissioni o licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
La sospensione, da richiedere all’intermediario, non prevede alcun costo per il contraente né altre garanzie; può essere concessa per una sola volta per tutta la durata del contratto e per massimo dodici mesi. Al momento della ripresa le rate saranno quelle previste contrattualmente, con la periodicità originaria; sarà comunque possibile che le parti contraenti rinegozino le condizioni contrattuali.
L’abitazione non è soggetta all’azione revocatoria fallimentare (ex art. 67.3.a, legge fallimentare), ma per l’eventuale rilascio dell’immobile è possibile utilizzare il procedimento per convalida di sfratto.


I vantaggi per coloro con meno di 35 anni e con un reddito fino a Euro 55.000.
Le agevolazioni fiscali per i giovani di età non superiore a 35 anni, con un reddito complessivo fino a Euro 55.000 che al momento della stipula non siano proprietari diritti di proprietà su immobili a destinazione abitativa riguardano la detraibilità IRPEF del 19% dei costi contrattuali, dei canoni e dei relativi oneri accessori fino a Euro 8.000, l’opzione finale di acquisto per un importo massimo di Euro 20.000. Per godere delle misure agevolative l’abitazione deve essere destinata, entro dodici mesi, a essere quella principale del contraente.


I vantaggi per coloro che hanno più di 35 anni o un reddito superiore a Euro 55.000.
Le detrazioni sono ridotte della metà. L’imposta di registro è fissata all’1,50% sia per gli atti di trasferimento in favore delle banche, nel caso l’abitazione rispetti le condizioni per essere considerata prima casa. Le imposte di registro, ipotecarie e catastali sono applicate in misura fissa in caso di acquisto da parte di un intermediario è effettuato da una impresa costruttrice e quindi soggetto a IVA. Medesima agevolazione, per l’utilizzatore all’atto del riscatto.
Nei casi di acquisto di immobile senza le caratteristiche di “prima casa” l’imposta di registro è del 9%. I canoni di locazione sono soggetti all’ordinaria imposta di registro, pari al 2%.


Fino al 31 dicembre 2016 è stata prevista una detrazione IRPEF del 50% dell’imposta dovuta per l’acquisto di unità immobiliari a destinazione residenziale, di classe energetica A o B, in caso di cessione da parte delle imprese che le hanno costruite. La detrazione va divisa in quote costanti nell’anno di sostenimento della spesa e nei nove periodi d’imposta successivi. L’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali per gli atti di trasferimento delle aree che rientrano negli interventi di edilizia convenzionata, si applica a prescindere dal titolo di acquisizione della proprietà. Introdotte per gli intermediari norme per la trasparenza e la pubblicità nelle procedure di vendita e ricollocazione del bene.

La nuova possibilità di acquisto presenta vantaggi e svantaggi. I 9 vantaggi:

1. possibilità di finanziamento del 100% del valore dell’immobile (le banche hanno il limite dell’80% e, attualmente la percentuale di erogazione è intorno al 65% del valore dell’immobile).

2. totale detraibilità dell’intera rata (per i mutui bancari solo degli interessi).

3. mancanza di spese di istruttoria.

4. non iscrizione di ipoteca in quanto l’immobile è di proprietà dell’intermediario.

5. assenza di spese notarili fino al momento del riscatto dell’immobile (riscatto che avverrà al valore dell’immobile fissato contrattualmente).

6. possibilità contrattuale di sospensione delle rate senza dover attendere leggi o accordi tra le associazioni rappresentative dell’impresa e dei consumatori.

7. in termini di reddito imponibile il vantaggio è innegabile considerato che la rendita dell’abitazione non concorre a formarlo considerato che l’immobile è di proprietà dell’intermediario.

8. IVA è detratta dall’intermediario sull’acquisto quindi l’imposta non aumenta il valore dell’immobile come per i mutui.

9. detrazioni fiscali per gli utilizzatori di età inferiore a 35 anni con reddito fino a Euro 55.000.


3 principali possibili svantaggi:

1. pagamento di un canone iniziale di importo anche elevato, non inferiore al 15% del valore dell’immobile e la maxirata finale.

2. durata può inserirsi tra gli svantaggi visto che la locazione non supera venti anni con una durata media inferiore a quindici anni e una minima, di legge di otto anni.

3. probabilmente, ma bisognerà attendere l’operatività della norma, il tasso di interesse dovrebbe essere più alto di quello dei mutui.


Alla luce dei vantaggi e degli svantaggi non è prevedibile che si possa avere un travaso dai mutui al leasing. E’ però innegabile che si tratti di una possibilità interessante e da prendere in considerazione per i circa 200.000 giovani che possono accedere alle agevolazioni e per gli 800.000 altri potenziali acquirenti della prima casa.


Fonte articolo: Notiziariofinanziario.com

Affitti a canone concordato: risparmio del 25%

Buone notizie per chi nel 2016 affitterà a canone concordato.

Secondo quanto calcolato da Confedilizia, la riduzione del 25%, disposta con la Legge di Stabilità, dell’Imu e della Tasi sugli immobili locati attraverso i contratti “concordati” porterà a risparmi per centinaia di euro in gran parte delle città italiane, fino a un massimo, a Roma, di 567 euro.

I contratti di locazione interessati dallo sgravio.
Confedilizia ha spiegato che ad essere interessati dallo sgravio sono tre tipologie di contratti di locazione: i contratti agevolati, della durata di 3 anni più 2 di rinnovo; i contratti per studenti universitari, di durata da 6 mesi a 3 anni; i contratti transitori (di durata da 1 a 18 mesi), se stipulati nei Comuni nei quali il canone deve essere stabilito dalle parti applicando gli accordi territoriali (aree metropolitane di Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Torino, Bari, Palermo, Catania; Comuni confinanti con tali aree; altri Comuni capoluogo di provincia).


Il risparmio medio città per città.
Prendendo in considerazione queste categorie, il risparmio medio per immobili di categoria A/2 affittati a contratto concordato supera i 500 euro anche a Bologna. A Genova è sui 470 euro circa e a Milano sui 450 euro. A Firenze l’effetto positivo è di circa 290 euro e a Napoli di 312. Bene anche Venezia (-323 euro) e Aosta (-339).

Confedilizia ha sottolineato che la norma introdotta con la legge di Stabilità dispone che l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal Comune, “è ridotta al 75 per cento”. La conseguenza è che la riduzione di un quarto dell’Imu e della Tasi si applicherà nel 2016 all’imposta dovuta sulla base delle aliquote stabilite per il 2015 dai singoli Comuni, questo perché la stessa legge di Stabilità vieta alle amministrazioni locali, per il prossimo anno, di modificare in aumento le aliquote stabilite per quest'anno.


“Una misura importante”.
Il Presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha evidenziato: “Si tratta di una misura importante, che rappresenta quell’inversione di tendenza nella tassazione degli immobili locati che Confedilizia chiedeva da tempo. La consideriamo, insieme con le altre misure di riduzione delle imposte sulla casa previste dalla Legge di Stabilità, un ottimo punto di partenza per un cammino, che dovrà proseguire, di graduale ma continua correzione degli errori compiuti sull’immobiliare a partire dalla manovra Monti”.


Fonte articolo: http://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2016/01/04/118656-affitto-canone-concordato-confedilizia-nel-2016-risparmi-per-centinaia-di-euro

Soddisfazione Fiaip per la Legge di Stabilità

Soddisfazione da parte della Fiaip per le norme sulla casa contenute nella Legge di Stabilità approvata dal Senato in via definitiva.


A tal proposito, il Presidente nazionale Fiaip, Paolo Righi, ha parlato "di un primo passo in avanti per la politica economia del Governo che scommette, per la prima volta, in varie modalità sull’immobiliare per rilanciare la crescita e la ripresa economica".

 

Righi ha poi sottolineato che "con la nota di aggiornamento al Def e la legge di Stabilità per il 2016 è stata mantenuta la promessa di eliminare l'Imu e la Tasi sulla prima abitazione, così come sono state introdotte importanti decontribuzioni, agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie, l'acquisto di mobili ed ecoincentivi, portando avanti così nuove misure espansive finalizzate ad accelerare la crescita". E ha aggiunto: "Si tratta di un alleggerimento della pressione fiscale sulla casa annunciato già da quest'estate, per consolidare la ripresa, in attesa del via libera di Bruxelles a tutte le clausole di flessibilità di bilancio previste dall'esecutivo per consentire il maggior disavanzo del nostro Paese".


"La legge di Stabilità segna un'importante inversione di rotta".
Secondo la Fiaip, però, la legge di Stabilità approvata dal Senato non rappresenta una strategia complessiva per il rilancio del settore immobiliare e delle costruzioni, ma segna un'importante inversione di rotta. A tal proposito, Righi ha affermato: "Un cambiamento che per essere consolidato ha bisogno nel 2016 di una riforma radicale delle norme sulle locazioni e le permute immobiliari. E' necessario rivedere la normativa vigente sulle locazione, sia in termini di tassazione, che di durata dei contratti: 'liberalizzare' e incentivare il mercato delle locazioni significa non solo soddisfare un'esigenza sociale, ma anche ripristinare le condizioni per rilanciare l'investimento immobiliare da sempre bene-rifugio per gli italiani".


Stabilità, le novità per l'immobiliare.
Nella manovra da oltre 35 miliardi di euro sono infatti svariate le novità per il settore che potrebbero consentire il risveglio degli investimenti immobiliari nel 2016, in un ritrovato clima di fiducia delle famiglie: l’esenzione totale delle tasse sulla prima casa, così come sui terreni agricoli e sugli imbullonati, il leasing immobiliare sulla "prima casa", le detrazioni Irpef con la proroga del bonus per le ristrutturazioni edilizie e gli interventi di riqualificazione energetica e, infine, il bonus mobili per le giovani coppie.


La Tasi viene abolita anche per gli inquilini che detengono un immobile adibito a prima casa e la scomparsa della tassazione locale sull’abitazione principale aiuta per la prima volta i padri o le madri separate e viene estesa  alle abitazioni concesse in comodato gratuito dai genitori ai figli. In questo caso, si prevede un importante sconto del 50%, applicabile anche quando il comodante possieda un altro immobile adibito ad abitazione principale nello stesso Comune.


Inoltre, con le nuove opportunità offerte dal leasing immobiliare viene introdotta una detrazione fino al 2020 a favore dei giovani, dimezzata per gli over 35. Le banche potranno finanziare l’acquisto o la realizzazione dell’abitazione principale, che alla fine del pagamento potrà essere riscattata o lasciata all’istituto di credito.


Per le ristrutturazioni edilizie invece lo sconto sale dal 36% al 50%, e viene confermato l'ecobonus al 65%, per le spese di riqualificazione energetica, e l’agevolazione, già prevista nel 2015, per l’acquisto di mobili e di elettrodomestici per le giovani coppie.


Tra i provvedimenti approvati c’è inoltre un emendamento che consente ai liberi professionisti e alle partite Iva di accedere ai bandi che stanziano fondi strutturali dell’Unione Europea. Un'opportunità senz'altro positiva per  migliaia di piccole e medie imprese e numerosi professionisti dell’immobiliare. 


Fonte articolo: http://www.idealista.it/news/finanza-personale/fisco/2015/12/23/118602-stabilita-fiaip-bene-le-norme-sulla-casa-nel-2016-ci-sia-riforma-per-locazioni-e

Tornano a crescere i canoni d'affitto: +1,7% nel 2015

Dopo 5 anni di contrazione, tornano a crescere i canoni d’affitto in Italia che nel 2015 registrano un +1,7% trainati soprattutto dalla domanda di appartamenti trilocali (+2,4%) e quadrilocali (+3,3%) adibiti sempre più ad abitazione “principale” da famiglie con figli.


E’ quanto emerge dal Rapporto sulle locazioni 2015 di Solo Affitti elaborato con il supporto di Nomisma.

 

Se a livello nazionale l’aumento dei prezzi d’affitto nell’ultimo anno risulta inferiore al 2%, ci sono città dove l’incremento raggiunge la doppia cifra come a Bologna (+11,6%), Perugia (+9%) e Bari (+8,5%). Oltre la media nazionale l’aumento a Napoli (+6,3%), Genova (+5,5%) e Catanzaro (+5,2%). A Milano, che già nel 2014 aveva anticipato il trend in risalita sotto la spinta dell’Expo, si registra un +2,4%.
In altre 'piazze' invece persiste il segno meno.
A Palermo la contrazione più consistente degli affitti: -7,7%. Seguono Potenza e Campobasso (-5% ciascuno), Roma (-2,2%), Trieste (-1,9%) e Trento (-1,2%).
Una generale stabilità si rileva ad Aosta (+0,8%), Ancona (+0,1%) e Cagliari (-0,4%).


Sono le grandi metrature comunque a spingere il mercato locativo. I quadrilocali tirano soprattutto a Bologna (+15,2%), Perugia (+14,3%), Bari (+11,6%), Genova (+11,5%) e Venezia (+10,4%). I trilocali sono molto richiesti a Perugia (+11,4%), Bari (+11,3%) e Bologna (+10,6%). In altre città gli appartamenti di maggiori dimensioni sono meno appetibili: i quadrilocali fanno registrare canoni in calo ad Aosta (-5,9%), Campobasso (-4%) e Palermo (-3,9%), i trilocali a Palermo e Potenza (-4,9% ciascuno), e Campobasso (-4,8%). Locazioni stabili per mono e bilocali (+0,1% ciascuno).


La casa in affitto diventa abitazione principale.
Il 2015 inoltre, registra sempre la ricerca di Solo Affitti, rileva un significativo cambio dei costumi da parte degli italiani: rispetto all’ultimo anno le famiglie che prendono in affitto un appartamento come abitazione principale sono aumentate di quasi 10 punti percentuali, dal 50,3% del 2014 al 59,8% del 2015. 
Il trend è ancora più marcato in città come Palermo e Trento (80% ciascuno), Campobasso (75%) e Roma (70,4%). Sotto la media nazionale Trieste (45%), Milano (49%) e Genova (45%), dove più importante è la richiesta di trasfertisti e studenti. Diminuisce leggermente, a livello nazionale, la quota di richieste di locazione provenienti da lavoratori in trasferta (da 25,1% nel 2014 a 22,6% nel 2015) e studenti fuori sede (da 22,9% a 16,1%).


I prezzi della locazione. 
Per prendere in affitto un appartamento in Italia occorrono mediamente 516 euro, che salgono a 558 euro se l’appartamento è ammobiliato e a 572 se dotato di garage. Milano si conferma anche nel 2015 la città più cara per gli affitti (canone medio di 916 euro) superando Roma (809) di oltre un centinaio di euro. Seguono Firenze (645 euro), Bologna (568 euro), Venezia (566 euro), Napoli (546 euro). Vivere in affitto costa meno che altrove a Potenza (379 euro), Campobasso (381 euro), Perugia (396 euro) e Catanzaro (399 euro).


Dal punto di vista del proprietario invece la ricerca certifica il successo della cedolare secca rispetto alla tassazione Irpef: la nuova tassazione viene impiegata mediamente infatti nell’87% dei casi, con punte del 97% a Perugia, del 95% a Napoli, del 93% ciascuno a Roma, Venezia e Firenze. Ed è al top anche l'utilizzo dei canoni concordati, dal 37,1% del 2014 al 43,1% del 2015 che superano per la prima volta quelli liberi 4+4, passati dal 39,8% dello scorso anno al 42,1% del 2015. In calo invece rispetto al 2014 il tempo medio necessario a trovare un appartamento: 2,3 mesi.


I tempi di locazione. 
Se in centro e semicentro occorre un periodo inferiore per arrivare alla firma del contratto (2 mesi), in periferia ci vogliono 2,7 mesi. Si trova casa più velocemente a Perugia (1,5 mesi), Milano e Firenze (1,7 ciascuno) mentre la ricerca dura di più a Napoli (3,8), Bari (3,5), Palermo e Aosta (3,3 ciascuno).


I locatari. 
Aumentano le coppie senza figli che vivono in affitto (dal 36,9% del 2014 al 40,2% del 2015) mentre diminuiscono quelle con figli che restano comunque numerose (25,8%). Stabile la quota di single in affitto che rappresentano più di un quinto del totale (21,9%). In calo il fenomeno della condivisione di uno stesso appartamento da parte di più persone (12,1% del totale) che si mantiene vivo nelle città universitarie come Catanzaro (35%), Firenze (21,7%), Bologna (21%) e Venezia (17,5%), così come a Milano dove quasi un appartamento locato su cinque è utilizzato da tre e più soggetti (17%). 


Fonti articolo: http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2015/12/17/casa-dopo-anni-tornano-crescere-canoni-affitto_WTxkXyfyCBdmHWqIZ90k9L.html?refresh_ce;

http://www.monitorimmobiliare.it/affitti-crescono-i-canoni-17-nel-2015_201512171030

Ripartizione spese nel rent to buy

Prendere in “affitto” un immobile, con la possibilità di diventarne proprietari entro una certa data, imputando a prezzo di acquisto una parte del canone indicata nel contratto.


Se questa è in sintesi la definizione del cosiddetto rent to buy, il decreto Sblocca Italia (Dl 133/14, art.23, che ha introdotto la formula nel nostro ordinamento) disegna in realtà uno schema nuovo, che non è la semplice somma di locazione e compravendita. 

Con un assetto autonomo rispetto al contratto di affitto “ordinario”, e slegato ad esempio dalle norme vincolistiche imposte su durata minima, rinnovo automatico, disdetta, eccetera. Uno schema nel quale i rapporti tra concedente e conduttore sono regolati con il richiamo alla disciplina dell’usufrutto.


Quali sono allora gli obblighi e i diritti delle parti? Il tema è tra quelli affrontati all’interno della Guida pratica per il cittadino presentata ieri a Roma dal Consiglio nazionale del Notariato insieme alle principali associazioni dei consumatori.
Il contratto di rent to buy (rtb) contiene una precisa descrizione dell’immobile. Se questo è arredato, il conduttore deve fare l’inventario: ma non si tratta di un compito inderogabile, così come si può anche evitare di fornire un’idonea garanzia. Che di solito, è la stessa prevista per la locazione, cioè un deposito cauzionale non superiore a tre mensilità: questa cauzione si calcola sulla sola parte di canone relativa all’uso dell’immobile, e alla fine va restituita con gli interessi legali, o eventualmente imputata al prezzo di cessione. 


Delle due fasi in cui si articola il rtb – concessione del “godimento” della casa e trasferimento della proprietà – la seconda è infatti solo eventuale; e l’inquilino, al termine del periodo stabilito (“garantito” dalla trascrizione, vedi schede in alto), è libero di scegliere se acquistare o meno. Nel frattempo a carico del conduttore sono le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria dell’immobile, comprese le parti comuni in condominio. Nell’ordinaria manutenzione sono incluse le riparazioni di elementi accessori degli immobili, che si deteriorano per il loro normale uso, e quindi le spese relative per esempio a interruttori, rivestimenti, sanitari, rubinetterie, eccetera.


Di regola, invece, le riparazioni straordinarie dell’immobile e delle eventuali parti condominiali sono a cura del proprietario. Tranne quelle "rese necessarie dall’inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione" da parte del conduttore (art. 1004 c.c.). Per riparazioni straordinarie si intendono quelle per assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, per la sostituzione delle travi, il rinnovamento anche solo di una parte dei tetti, solai, scale, acquedotti, muri di sostengo o di cinta; e anche tutti gli interventi su parti strutturali degli edifici, e per la sostituzione degli impianti (elettrico, idraulico, di riscaldamento, e così via). 


Sulle somme spese, tuttavia, il conduttore deve corrispondere al proprietario gli interessi, come previsto dall’articolo 1005 c.c., per tutta la durata del rapporto (in mancanza di diverso accordo, il saggio di interesse è fissato dalla legge e attualmente pari allo 0,5%).
Ma se il proprietario si rifiuta di eseguirle o le ritarda senza giusto motivo? Dopo averlo comunicato, il conduttore può farle eseguire di tasca sua, con diritto a vedersele rimborsate alla fine del rapporto. Le parti rispondono in solido degli oneri condominiali: se una delle due non paga la propria quota, insomma, l’amministratore può rivolgersi all’altra e pretendere il pagamento complessivo. Le legge non disciplina invece la ripartizione del compenso dovuto all'amministratore stesso; ma il servizio può farsi rientrare tra le spese ordinarie e quindi a carico del conduttore.


Il proprietario deve assicurare (e non pregiudicare) al conduttore il godimento dell’immobile. E procedere alla vendita nel caso questi intenda acquistare entro i termini convenuti. Se non lo fa, l’inquilino può portare a termine l’affare chiedendo una sentenza sostitutiva del rogito. O domandare la risoluzione del contratto e ricevere la parte dei canoni pagati quale corrispettivo del prezzo di vendita, più gli interessi legali (oltre a una penale aggiuntiva, se prevista). 


Da parte sua, il conduttore ha il principale obbligo di pagare il canone stabilito. Se ci ripensa, o interrompe il versamento per un numero minimo di rate pattuito (non inferiore a un ventesimo del loro ammontare complessivo), il proprietario ha diritto alla restituzione dell’immobile e – se non previsto diversamente – acquisisce per intero i canoni versati, a titolo di indennità. Mentre può chiedere l’adempimento in forma specifica (art.2931 c.c., cioè un’esecuzione forzata) nel caso l’inosservanza dell’inquilino riguardi un “obbligo di fare”, come quello di curare la manutenzione ordinaria.


Quando l’affare non si conclude, l’immobile va infine restituito nello stato in cui lo si è trovato. Se alla riconsegna si riscontrano dei guasti, può esser trattenuto l’eventuale deposito cauzionale, con diritto del proprietario a pretendere il maggior danno. La descrizione puntuale di cauzioni, diritti di recesso, penali, e altre clausole “cautelative”, che la legge lascia liberi di inserire, si intreccia con il problema di definire la parte di canone “imputabile a corrispettivo”. È quello, sottolineano i notai, l’aspetto più delicato da affrontare in fase di trattativa contrattuale, visti i contrapposti interessi in gioco.

Sito di riferimento: www.notariato.it


Fonte articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2015-12-03/ecco-come-si-dividono-spese-rent-to-buy-113911.php?uuid=ACqKbMmB&refresh_ce=1

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