Se l'affitto è in nero, l'inquilino paga un'indennità, non il canone

Salva la norma con cui il legislatore ha inteso tutelare l'affidamento del conduttore.


Il locatore non può agire contro l'inquilino per ottenere la differenza tra quanto versato e quanto pattuito, giacché il triplo della rendita catastale equivale all'indennità di occupazione stabilita dalla legge e non rappresenta un canone di affitto.

 

In tema di tardiva registrazione del contratto di locazione, la Consulta considera legittimo l'art. 13 c. 5 legge 431/1998, così come novellato dalla Legge diSstabilità 2016,"salvando" gli inquilini che avevano registrato tardivamente il contratto e "auto-ridotto" l'affitto.
Secondo il giudice delle leggi, non si tratta di un canone locatizio, ma di un'indennità di occupazione; inoltre, la norma di cui sopra non ripropone quella caducata dalla precedente declaratoria di illegittimità ed, infine, il pregiudizio economico patito dal locatore è "non irragionevole"(Corte Costituzionale, ordinanza n. 238 del 2017).


La vicenda. Il locatore agisce in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Palermo, nei confronti del conduttore al fine di ottenere una condanna al pagamento della differenza tra quanto effettivamente pattuito e quello che l'inquilino aveva versato. Il conduttore, infatti, si era "auto-ridotto" il canone.
Tuttavia non si trattava di un atto arbitrario,giacché l'inquilino, denunciando l'affitto in nero, si era avvalso di quanto disposto dall'art. 13 legge 431/1998.


Infatti, secondo la legge, il conduttore che consenta l'emersione di un contratto non registrato è autorizzato a versare il corrispettivo nella minor misura pari al triplo della rendita catastale. Il Tribunale di Palermo solleva una questione incidentale di legittimità costituzionale su quanto disposto dall'art. 1 comma 59 legge 208/2015 (legge di stabilità 2016) nella parte in cui ha sostituito l'art. 13 della legge 431/1998.
Secondo il giudicante, la citata norma, così come emendata, sarebbe in contrasto con una precedente declaratoria di illegittimità costituzionale, pronunciata sull'art. 3 comma 8 del d. lgs. 23/2011 (legge sulla "cedolare secca").


Per meglio comprendere il complesso quadro giuridico, occorre fare un passo indietro ed analizzare le precedenti pronunce di illegittimità costituzionale.
Interventi della Corte Costituzionale in ambito locatizio. Nel 2014 la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 3, commi 8 e 9, del d. lgs 23/2011 (legge della "cedolare secca").
La norma in commento consentiva all'inquilino, che denunciava il contratto locatizio in nero, di ottenere una significativa riduzione del canone.


Nondimeno, secondo la Corte Costituzionale, tale disposizione non poteva produrre effetti sananti in pregiudizio degli interessi del locatore. In buona sostanza, la norma che consente all'inquilino l'auto-riduzione del canone nella misura del triplo della rendita catastale è discriminatoria nei confronti dei locatori e lesiva del diritto di proprietà (Corte Cost. 50/2014; Corte Cost.169/2015). La Consulta, quindi, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 3, commi 8 e 9, d. lgs 23/2011, che è da considerarsi caducato.


Conseguenze della declaratoria di illegittimità costituzionale. Gli inquilini che dal 2011 (anno di entrata in vigore dell'art. 3 comma 8 del d. lgs 23/2011) al 16 luglio 2015 (data della pronuncia di incostituzionalità n. 169/2015) avevano versato un corrispettivo pari al triplo della rendita catastale - in ossequio ad una precisa disposizione di legge (ossia del succitato art. 3 comma 8 d. lgs 23/2011) - si trovavano scevri di tutela ed erano esposti alle pretese del locatore, il quale aveva titolo per chiedere la corresponsione della differenza tra quanto versato (vale a dire il triplo della rendita) e quanto concordato nel contratto.


In buona sostanza, a causa dell'intervento caducante della Corte Costituzionale, i conduttori che avevano denunciato l'affitto in nero e auto-ridotto il canone, rischiavano di subire la richiesta della differenza da parte del proprietario di casa.
Soluzione "tampone" adottata dal legislatore. Visto il caotico quadro normativo venutosi a creare a seguito delle su ricordate sentenze della Consulta, il legislatore è intervenuto sostituendo l'art. 13 della legge 431/1998, con quanto disposto dall'art. 1 comma 59 legge 208/2015 (legge di stabilità 2016).


La norma cerca di chiarire la situazione originata dalla declaratoria di incostituzionalità. Secondo la citata disposizione, l'inquilino che provvede a registrare il contratto, ha correttamente auto-ridotto il canone, almeno sino al 16 luglio 2015.
In altre parole, sino alla data indicata, il conduttore non deve alcuna somma ulteriore al locatore rispetto a quanto versato (ovverosia il triplo della rendita catastale).


Riassumendo, dal 7 aprile 2011 al 16 luglio 2015, il conduttore che abbia registrato il contratto, facendo emergere il sommerso, ha correttamente corrisposto un canone ridotto.
Invece, a far data dal 17 luglio 2015, l'inquilino è tenuto a versare il canone nella misura concordata dal contratto. In difetto, si espone a possibili azioni da parte del proprietario dell'immobile.
Il nuovo art. 13 legge 431/1998 e la questione di legittimità costituzionale. Tutto ciò premesso, possiamo tornare alla disamina dell'ultima sentenza, in ordine di tempo, pronunciata dalla Consulta.


Secondo i giudici a quibus (Tribunale di Palermo e Tribunale di Milano), l'art. 13 legge 431/1998 come novellato dalla Legge di Stabilità 2016, reiterava il cosiddetto "contratto catastale", introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 3 comma 8 d. lgs. 23/2011, dichiarato costituzionalmente illegittimo e caducato (Corte Cost. sent. 50/2014 e 169/2015).
La Corte, al contrario, ritiene che l'art. 13 legge 431/1988 "non ripristina (né ridefinisce il contenuto relativo a durata e corrispettivo) dei pregressi contratti non registrati, la cui convalida […] è venuta meno, ex tunc, in conseguenza delle correlative declaratorie di illegittimità costituzionale e viceversa prevede una predeterminazione forfettaria del danno patito dal locatore e/o della misura dell'indennizzo dovuto dal conduttore, in ragione dell'occupazione illegittima del bene locato, stante la nullità del contratto e, dunque, l'assenza di suoi effetti ab origine".


Situazione di fatto e indennità di occupazione dovuta dal conduttore. Secondo il percorso argomentativo seguito dal giudice delle leggi, relativamente ai contratti non registrati tempestivamente, il pagamento del "canone catastale" va ricollegato allo stato di fatto di illegittima detenzione del bene.
Detenzione illegittima in quanto avvenuta in forza di un contratto nullo, giacché non registrato.


Pertanto è coerente il pagamento da parte del conduttore di un'indennità di occupazione e non già di un canone di locazione, che non è dovuto. Non a caso, l'art. 13 legge 431/1998 non menziona l'adeguamento ISTAT dell'importo da versare, proprio perché non si tratta di un canone locatizio.

Breve e sintetica cronistoria:
  • 2011: art. 3, commi 8 e 9, del d. lgs 23/2011 (trattasi della legge sulla "cedolare secca") consente al conduttore, che faccia emergere un contratto non registrato, di corrispondere un canone pari al triplo della rendita catastale (cosiddetto "contratto catastale");
  • 2014: la Consulta considera costituzionalmente illegittimo l'art. art. 3, commi 8 e 9, del d. lgs 23/2011,perché è discriminatorio nei confronti dei locatori e lesivo del diritto di proprietà (Corte Cost. 50/2014);
  • 2014: art. 5 c. 1 ter d.l. 47/2014, convertito, sulla salvaguardia degli effetti di disposizioni in materia di contratti di locazione;
  • 2015: la Consulta considera costituzionalmente illegittimo l'art. 5 c. 1 ter d.l. 47/2014, convertito, che di fatto prorogava quanto disposto dall'art. 3 c. 8 e 9 d. lgs 23/2011 (Corte Cost. 169/2015);
  • 2015: il legislatore con l'art. 1 comma 59 legge 208/2015 (legge di stabilità 2016) sostituisce l'art. 13 della legge 431/1998, tutelando gli inquilini che dal 2011 (anno di entrata in vigore dell'art. 3 comma 8 del d. lgs 23/2011) al 16 luglio 2015 (data della pronuncia di incostituzionalità n. 169/2015) avevano versato un corrispettivo pari al triplo della rendita catastale.
  • 2017: la Consulta dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sull'art. 1 comma 59 legge 208/2015 nella parte in cui sostituisce l'art. 13 della legge 431/1998 (Corte Cost. 87/2017 e 238/2017).

Conclusioni

In definitiva, secondo la Corte Costituzionale (sent. 238/2017), è pur vero che l'art. 13 legge 431/1998 - come novellato - riprende in parte il caducato art. 3 comma 8 d. lgs 23/2011, tuttaviala suddetta disposizione "trova giustificazione nella particolare situazione di diritto, ingenerata dalla pregressa normativa poi dichiarata illegittima".


In altre parole, il legislatore ha inteso tutelare l'affidamento del conduttore che, sino alla datadella declaratoria di illegittimità, si era conformato alla legge. Inoltre, il pregiudizio economico riportato dal locatore risulta non irragionevole, stante la sua natura parziale e temporanea.


Inoltre, il proprietario non può agire contro l'inquilino per ottenere la differenza tra quanto versato e quanto pattuito, giacché il triplo della rendita catastale equivale all'indennità di occupazione stabilita dalla legge e non rappresenta un canone di affitto.


Fonte articolo: Idealista.it

 

Canone concordato richiesto in oltre il 50% dei contratti

L’affitto a canone concordato è un’opportunità non solo per chi prende un immobile in locazione, ma sicuramente anche per chi affitta.


Il 53,9% dei contratti di affitto è stipulato con questa formula: oltre la metà, e in crescita rispetto al 53,4% dello scorso anno.

A contribuire ad aumentarne la popolarità, gli aggiornamenti intervenuti con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto interministeriale del 16 gennaio 2017, che hanno rinnovato le regole e introdotto importanti variazioni rispetto al precedente DM del 30/12/2002.


È necessario premettere che la concezione classica di canone concordato era quella di un contratto che trovava applicazione esclusivamente nei Comuni ad alta densità abitativa e che pur "autorizzando le parti contraenti a definire liberamente il suo contenuto, li vincolava in ordine al valore del canone e alla durata del contratto". Il modello contrattuale standard del canone concordato doveva essere inoltre predisposto dalle associazioni rappresentative della categoria dei proprietari e di quella degli inquilini, sulla base di un accordo territoriale.


Il nuovo decreto introduce importanti novità alla vecchia disciplina. In tema di territorio di competenza, ad esempio, perché adesso è possibile siglare contratti a canone concordato dovunque, anche nei comuni privi di alta tensione abitativa, pur sempre sulla base di accordi territoriali. E in tema di vantaggi fiscali, visto che l’ultima finanziaria ha abbassato del 25% l’IMU per i proprietari che affittano a canone concordato e ha ridotto del 30% la base imponibile sulla quale calcolare l’IRPEF in dichiarazione dei redditi. In alternativa, il locatore può avvalersi della cedolare secca, la tassazione diretta sul reddito percepito ridotta nel 2017 al 10% nei comuni ad alta tensione abitativa e limitrofi.


Anche grazie agli affitti a canone concordato il mercato delle locazioni nel territorio di Milano registra una ripresa e la città più metropolitana d’Italia può allargare la sua cerchia accogliendo anche nelle aree limitrofe alla cintura i molti giovani che necessitano di condizioni agevolate per accedere al mercato immobiliare. Secondo il viceministro dell’Economia e delle finanze Enrico Morando, l’interesse verso il canone concordato è in crescita anche da parte delle istituzioni e indispensabile sarà rinnovare la cedolare secca del 10% sugli affitti, in scadenza il prossimo 31 dicembre.


Fonte articolo: MutuiOnline.it

Affitti: in aumento canoni e "qualità"

Contrariamente ai prezzi di compravendita, i canoni d’affitto continuano ad aumentare, consolidando il trend in tutti i segmenti di mercato e in tutte le tipologie di alloggi, dopo la ripresa che avevano già fatto segnare nel corso del 2016.


Che a sua volta però seguiva alla perdita di circa 15 punti percentuali registrata a pa rtire dal 2008.

 

Nel primo semestre del 2017 i canoni di locazione delle grandi città registrano i seguenti aumenti: +2% per i monolocali, +1,2 per i bilocali e +1,1% per i trilocali rispetto alla seconda parte del 2016, variazioni che diventano rispettivamente +2,1%, +1,7% e +1,5% su base annua.
A crescere di più è Bologna (+5,3% per i monolocali e +4,6% per i trilocali) mentre Genova è in controtendenza (-2,9% per i monolocali, stabili bi e trilocali).

Canone concordato in crescita 

Una conferma arriva per quel che riguarda l’aumento al ricorso per il canone concordato, a cui si fa ricorso nel 28,1% dei casi (erano il 22,9% nella scorsa rilevazione). In sostanza si tratta di contratti che adottano corrispettivi massimi fissati da accordi territoriali tra associazioni di inquilini e proprietari e che godono di alcune agevolazioni fiscali, tra cui soprattutto la cedolare secca al 10%, che la legge di Bilancio attualmente in discussione in Parlamento dovrebbe confermare per i prossimi anni.

Restano pressoché costanti le motivazioni della ricerca della casa in affitto: il 60% cerca la casa principale, il 36,6% per motivi legati al lavoro e il 3,4% per motivi legati allo studio. 
Oltre il 41% di chi cerca casa in affitto ha un’età compresa tra 18 e 34 anni, il 25,4% ha un’età compresa tra 35 e 44 anni. Il 40,7% è rappresentato da single. Le tipologie più affittate sono i bilocali (39,6%), a seguire il trilocale (34,7%).


Aumenta la qualità 

I potenziali inquilini sono sempre più esigenti nella ricerca dell’immobile e si evidenzia una maggiore facilità di affitto per le soluzioni di "qualità", ovvero ben arredate, posizionate in zone servite e luminose. Cresce l'interesse per gli immobili arredati o parzialmente arredati. La presenza del riscaldamento autonomo è apprezzata, perché consente una riduzione dei costi condominiali. I proprietari stanno recependo questa esigenza e di conseguenza la qualità dell’offerta abitativa in locazione è in miglioramento.


Il peso sull’economia familiare 

In uno scenario di tassi bassi e occupazione precaria, l’affitto resta una soluzione obbligata per le categorie sociali più deboli; l’aumento dei canoni in un contesto di perdurante difficoltà economica e bassa inflazione rischia di diventare "un costo eccessivo per l’economia familiare", come sostiene Eurostat a proposito di una elaborazione su dati relativi al 2015 ripresa da idealista.it, secondo cui circa un terzo dei cittadini italiani che vivono in affitto investono nel canone oltre il 40% dei propri guadagni. In Spagna, Grecia e Romania si arriva a quasi la metà dei locatari.


Fonte articolo: IlSole24ore

Online il nuovo modulo Rli per registrare i contratti d'affitto

Dal 19 settembre scorso deve essere utilizzata la nuova versione del modello Rli (Registrazione locazioni immobili), per richiedere all’agenzia delle Entrate la registrazione dei contratti di locazione, oltre che per comunicare proroghe, cessioni, risoluzioni o subentri e per optare (o revocare) per il regime della cedolare secca.


È stato anche aggiornato il software Rli per l’invio telematico di queste comunicazioni e per inviare via internet i pagamenti delle relative imposte, sanzioni e interessi.

 

Il nuovo modello Rli consente di precisare diversi dettagli in più rispetto a quello precedente ed è stato approvato con il provvedimento delle Entrate 15 giugno 2017 e sostituisce il precedente, in uso dal 10 gennaio 2014. Vediamo le principali novità.


Proroga

Nel nuovo modello Rli è presente nella sezione II del quadro A, «Adempimento successivo» (codice 2), la nuova casella «Tipologia di proroga», che va compilata in caso di proroga precisando se si sta prorogando un contratto in regime ordinario (codice 1), in regime di cedolare (codice 2) o in regime misto, con alcuni proprietari che hanno scelto la cedolare secca e altri che non l’hanno scelta ( codice 3).

Deve essere riportata anche la data di fine proroga e gli estremi di registrazione o il codice identificativo del contratto. Anche in caso di proroga, si può confermare o modificare la propria scelta sulla cedolare secca, barrando la specifica casella nella Sezione II e compilando il quadro D.


Subentro

Nel nuovo Rli è presente nella sezione II del quadro A, «Adempimento successivo», la nuova casella «Tipologia di subentro» che va compilata, in caso di subentro (codice 6 nella casella «Adempimenti successivi»), specificando il motivo del subentro. I motivi di subentro, in particolare, sono suddivisi in sei codifiche, le più comuni delle quali riguardano il subentro per decesso di una delle parti contrattuali (codice 1) o per trasferimento di uno o più diritti reali su beni immobili oggetto del contratto di locazione (codice 2).


Canoni annuali differenti

Nel nuovo quadro E è possibile inserire i dati dei contratti di locazione che prevedono canoni differenti nelle diverse annualità. In questi casi, l’importo del canone della prima annualità continua a essere riportato nella sezione I del quadro A, mentre per ogni annualità successiva alla prima devono essere riportati i diversi importi annuali nelle varie caselle del quadro E (che iniziano appunto dalla seconda annualità contrattuale).
Questo nuovo quadro E può essere compilato solo se sono stati inseriti nella casella «Casi particolari» del quadro A, i codici 1 o 3:

- il codice 1 sta a indicare che il contratto ha un canone diverso per una o più annualità;

- il codice 3, oltre a questa informazione, intende comunicare all’Agenzia che si ha intenzione di pagare subito l’imposta di registro, non solo per la prima annualità, ma anche per tutte quelle successive, cioè per l’intera durata del contratto. In questa ipotesi, va barrata anche la casella «pagamento intera durata» del quadro A.


È un’opportunità interessante soprattutto per i contratti con canoni di importo modesto: è vero che si elimina la perdita di tempo necessaria per effettuare i pagamenti degli anni successivi, ma la riduzione percentuale dell’imposta di registro risulta molto bassa, essendo «pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità». Di fatto, oggi, lo sconto è lo 0,1 per cento.


La casella «pagamento intera durata» va sempre barrata se nella casella «tipologia di contratto» è presente uno dei seguenti codici: T1 (affitto di fondo rustico, per il quale l’imposta di registro è dello 0,5%), T2 (affitto di fondo rustico agevolato, con imposta di registro fissa di 67 euro), T3 (affitto di terreni ed aree non edificabili, cave e torbiere, imposta del 2%) o T4 (affitto di terreni edificabili o non edificabili destinati a parcheggio, se il contratto è assoggettato ad Iva, con imposta di registro fissa di 67 euro).

Negli altri casi, invece, la casella «pagamento intera durata» va barrata solo se si opta per il pagamento per l’intera durata del contratto, anche in caso di proroga.


Registrazione tardiva

Come per il passato, il software Rli calcola automaticamente le imposte (registro e marche da bollo) da versare e consente l’addebito delle stesse nel conto corrente del contribuente. A tal fine, va inserito il codice Iban del conto intestato allo stesso contribuente (anche cointestato, ma con firma disgiunta, o dell'intermediario), il quale deve avere i fondi sufficienti al pagamento. Ma in caso di «tardività della registrazione o dell’adempimento successivo», il nuovo software Rli calcola ora anche le eventuali sanzioni (registro e/o bollo), ai fini dell’addebito nel conto del contribuente.


Immobile cointestato

Nel quadro relativo ai dati del locatore, è stata inserita la casella «Soggetto non presente in atto», che va barrata quando nel contratto di locazione non sono stati indicati tutti i cointestatari dell’ immobile. In caso di immobile cointestato tra più contribuenti, infatti, il reddito di locazione va dichiarato da tutti, pro quota, ma accade spesso che il contratto di locazione venga firmato solo da uno dei possessori o titolari di diritti reali.


Scarica la nuova versione del modello Rli (Registrazione locazioni immobili).
Scarica le istruzioni per compilarlo.


Fonte articolo: 1. IlSole24ore.com vetrina web, 2. Idealista.it

Prezzi in rialzo per gli affitti: +2,6% nei primi sei mesi dell'anno

A fronte dei prezzi delle case sostanzialmente fermi, sembra consolidarsi la crescita dei canoni di affitto: dopo un aumento del 2,1% nei primi tre mesi dell’anno, idealista – sulla base degli oltre 69mila annunci in 153 comuni analizzati dal portale immobiliare – registra un ulteriore rincaro del 2,6%.


"È un dato da prendere con cautela visto che la crisi non si può dire certo conclusa", dicono dall’ufficio studi. 

 

In valore assoluto del resto non si tratta di nulla di eclatante, dato che il livello dei canoni torna a "8,8 euro mensili, lo stesso valore dell’anno scorso". Tuttavia il trend negativo potrebbe essere alle spalle.


Per l’affitto del bilocale tipo preso in considerazione (65 metri quadrati) si stima quindi un esborso medio di 572 euro al mese a famiglia, importo che sale a 741 euro nel Lazio, la regione più cara, e arriva a superare il tetto dei mille euro mensili a Milano (1.096 euro al mese).


"A fronte di un'offerta aumentata del 10,5% nella prima metà dell’anno – si legge in una nota – gli appartamenti che “reggono meglio” sono quelli tenuti bene, di dimensioni medio-piccole, in zone strategiche delle città, vicino a università e ospedali. A seconda di come andrà l'economia e la creazione di nuovi posti di lavoro, i prezzi potranno continuare a crescere, ma bisognerà prestare attenzione a ciò che accade con gli affitti a Milano e a Roma, le punte dell'iceberg degli affitti in Italia, la cui crescita ha registrato una battuta d’arresto nell’ultimo trimestre".


Le Regioni con il segno positivo salgono nel secondo trimestre da 13 a 16. E solo tre segnano variazioni negative: Basilicata (-3,7%), Friuli Venezia Giulia (-2,4%) e Veneto (-0,1%). Gli incrementi maggiori si rilevano in Liguria (5%), seguita dal Trentino Alto Adige (4,6%) e Toscana (3,1%), significativo anche il rimbalzo della Campania (3%). I canoni più alti restano quelli del Lazio, seguiti da Lombardia e Toscana. I valori più bassi della Penisola si trovano in Sicilia, Molise e Calabria.


Anche analizzando le province la tendenza positiva continua a espandersi con 52 aree su 77 con il segno più. Da una parte all'altra del ranking troviamo i balzi a due cifre di Savona (13,6%) e Latina (11%), seguite dalla provincia di Bologna (8,4%), anch'essa in forte recupero.
Sul versante delle variazioni negative Agrigento (-11,6%) è la peggiore; la seguono Terni (8%) e L'Aquila (-4,9%). La provincia di Milano (14,8 euro/mq) mantiene inalterati i propri elevati valori, davanti a Roma (12,1 euro/mq) e Firenze (11,6 euro/mq).
Dalla parte opposta, chiudono la graduatoria Reggio Calabria e Caserta con 4,5 euro al metro quadro mensili. Gli affitti turistici sono esclusi dalla misurazione.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

La normativa sul leasing immobiliare

La Legge di Stabilità 2016 (L. n. 208 del 28 dicembre 2015), cerca di promuovere l'utilizzo del leasing immobiliare per l'acquisto della prima casa.


Infatti, la legge, al fine, pare, di promuovere tale modalità contrattuale tra i privati e fornire un ulteriore strumento ad un mercato in crisi, ha previsto due piani di norme.

 

La Legge ha in primis normato tale forma di contratto sul piano che i tecnici definiscono "sostanziale", riguardante cioè alcuni aspetti dei rapporti tra le parti e dei reciproci diritti e obblighi. La Legge ha poi anche previsto delle agevolazioni fiscali per chi è in possesso di determinati requisiti. In questo articolo ci dedichiamo agli aspetti contrattuali, previsti dall'art. 1, co.76 e ss., della Legge di Stabilità.


Il contratto è qui definito come "locazione finanziaria di immobile da adibire ad abitazione principale". Con tale contratto la banca o l'intermediario finanziario iscritto nell'albo degli intermediari fianziari (di cui all'art. 106, T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia, contenuto nel D. Lgs. n. 385/1993) si impegna "ad acquistare o a fare costruire" l'immobile scelto dal "privato", che, in termini giuridici, è detto "l'utilizzatore".


Il bene viene dato nella disponibilità dell'utilizzatore per un dato tempo e verso un corrispettivo pattuito; detto corrispettivo deve tenere conto "del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto". Alla scadenza del contratto l'utilizzatore potrà decidere di acquistare la proprieta' del bene, ad un prezzo prestabilito. L'utilizzatore si assume a sua volta tutti i rischi e allo scadere del contratto potrà scegliere se acquistarlo – ad un prezzo prestabilito - oppure no (v. co.76).


Leasing immobiliare abitativo e revocatoria fallimentare

All'acquisto del bene non si applica l'azione revocatoria fallimentare, cioè l'azione legale volta a far venire meno gli effetti di determinati atti pregiduzievoli per i creditori ed indicati dalla legge: il co.77 della Legge di Stabilità infatti richiama la norma di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera a), R.D. n. 267/1942, secondo cui "non sono soggetti all'azione revocatoria:

a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso...".


Risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore

Al verificarsi di determinate condizioni, l'utilizzatore può chiedere la sospensione del pagamento una sola volta e per massimo 12 mesi. La durata del contratto verrà prorogata per un periodo corrispondente a quello della sospensione.

Le condizioni ammesse dalla legge – e che devono verificarsi dopo la firma del contratto - sono:

a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;

b) cessazione dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile (e cioè "rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato"), "ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa" (v. co.79).


Terminato il periodo di sospensione, importi e periodicità di pagamento sono gli stessi di prima, salvo diversa pattuizione eventualmente conseguita (con la rinegoziazione delle condizioni di contratto). Se, allo scadere del periodo di sospensione, l'utilizzatore non riprende a pagare, il contratto si risolve ai sensi del co. 78).
La legge specifica che "la sospensione non comporta l'applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria e avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive" (v. co.80).


Sfratto ad opera del concedente

La legge prevede espressamente che per ottenere il rilascio dell'immobile il concedente può agire con il procedimento per convalida di sfratto di cui al libro IV, titolo I, capo II, del codice di procedura civile, in soldoni, il procedimento previsto per costringere "ad andare via" l'inquilino moroso che continua ad occupare la casa.
Le norme qui indicate, attinenti come si dice agli aspetti sostanziali del rapporto, a differenza di quelle sulle agevolazioni fiscali, di cui ai successivi co. 82 e 83, che valgono solo per gli anni 2016-2020, non sono a tempo.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Quando serve la forma scritta nella risoluzione dell'affitto

La risoluzione consensuale di un contratto di locazione relativo ad un immobile ad uso abitativo richiede necessariamente l'adozione della forma scritta.


Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7638 depositata il 18 aprile scorso.

IL CASO

Il locatore aveva agito in via monitoria nei confronti del conduttore ottenendo dal giudice il pagamento di circa 1300 euro a titolo di canoni di locazione immobiliare. L'opposizione proposta dal conduttore veniva accolta dal tribunale con sentenza, successivamente confermata anche in sede di gravame. Ora, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso del locatore, ha cassato con rinvio la pronuncia emessa dal giudice d'appello e fondata sulla decisiva affermazione che lo scioglimento del contratto di locazione per mutuo dissenso fosse avvenuto per comportamenti concludenti e comunque in forma verbale. La Corte ha ritenuto così fondate le ragioni del ricorrente, il quale, nel motivi di ricorso, aveva sostenuto che, essendo necessaria ad substantiam la forma scritta per la stipulazione del contratto di locazione di immobili a scopo di abitazione, altrettanto è da ritenersi per il contratto di risoluzione consensuale di esso, non essendo possibile ritenere sussistente una sua tacita risoluzione.


A giudizio della Corte, deve ritenersi assolutamente pacifico nella giurisprudenza di legittimità il principio per cui, in caso di contratti per la cui valida stipulazione è richiesta la forma scritta ad substantiam – tra i quali può senz'altro annoverarsi il contratto di locazione ad uso abitativo ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della Legge n. 431/1998 – il mutuo dissenso deve rivestire la medesima forma prevista per la conclusione del negozio. 


Deve infatti ritenersi superato il precedente orientamento secondo cui la risoluzione consensuale del contratto di locazione non sarebbe soggetta a vincoli di forma, orientamento del resto riferito e riferibile ai contratti di locazione non soggetti al requisito di validità della forma scritta, e cioè anteriori al 1998 ovvero non aventi ad oggetto immobili destinati ad uso abitativo. 


L'adozione del requisito formale, il quale può ritenersi integrato e soddisfatto soltanto in presenza di un documento contenente l'espressa e specifica dichiarazione negoziale delle parti, riguarda tuttavia esclusivamente la risoluzione del contratto di locazione per mutuo dissenso e non anche la mera disdetta contrattuale, istituto in ordine al quale, conclude la Cassazione, vale invece il principio della libertà di forma come confermato in varie pronunce.


Fonte articolo: IlSole24Ore.QuotidianodelCondominio, vetrina web

Aumentano le compravendite non solo nel residenziale

Trovano conferma in questi primi mesi dell’anno i segnali di (lenta) ripresa del mercato immobiliare italiano. Come ci racconta la storia, i tempi della svolta tendono a dilatarsi. Il dato emerge dall’analisi contenuta nell’Osservatorio immobiliare 2016 di Nomisma.


Ma non mancano motivi di criticità.  

 

LA RIPRESA

I fronti da cui potrebbe scaturire un rallentamento della ripresa sono:
- un ulteriore indebolimento del quadro macro-economico,
- l’ampliamento dell’eccesso di offerta derivante da un’accelerazione nel processo di cessione delle garanzie immobiliari alla base dei non performing loans
- un’attenuazione di interesse degli investitori corporate stranieri per il nostro Paese.


La tendenziale ripresa del mercato è stata sostenuta dall’ulteriore calo dei prezzi, seppure in progressiva riduzione rispetto al passato. Quali sono i fenomeni osservati? Aumentano gli scambi, si riducono gli sconti praticati sui prezzi richiesti e si stabilizzano i tempi necessari alla vendita.
Nei primi mesi del 2016 inoltre i segnali di ripresa non sono più circoscritti solo al settore residenziale.


Per quanto riguarda gli immobili destinati alle attività economiche, all’incremento del 2014 ha fatto seguito la stabilità del numero di contratti stipulati nell’anno successivo (44.319 compravendite). Le componenti che contribuiscono a un’inversione di rotta sono i negozi, e (solo nel 2014) i capannoni per l’industria.
Il segmento terziario soffre ancora di scarso interesse: oltre a essere caratterizzato da una domanda che interessa quasi solo alcuni mercati metropolitani, in particolare Milano, Roma, Torino e Firenze.


I PREZZI

L’ultima variazione annuale dei prezzi (2016/2015) è risultata compresa tra il -3,5 per cento dei capannoni e il -1,5 per cento delle abitazioni nuove. Le abitazioni usate, gli uffici e i negozi hanno fatto registrare flessioni del 2 per cento, 2,1 per cento e 2,3 per cento. In un confronto tra i 13 mercati intermedi e quelli maggiori, si segnalano tempi di vendita più lunghi (8,7 mesi in media per le abitazioni) e sconti più sostenuti nel primo gruppo di mercati, non si ravvisa anche in questo caso un’intensificazione del miglioramento in atto.


GLI AFFITTI

La locazione, a consuntivo della fase recessiva, offre rendimenti piuttosto bassi e compressi in termini di variabilità tra i diversi mercati, nell’arco di un paio di punti percentuali in tutti i principali segmenti. La locazione dell’abitazione risponde ad una domanda legata alle nuove generazioni che, oltre a ricercare nuove soluzioni abitative per emancipazione dal nucleo di origine, nell’ultimo anno si sono spostate per motivi di studio o lavoro lungo la direttrice Mezzogiorno/Centro Nord (di 41.000 unità, il 70 per cento è rappresentato da giovani).
La componente di domanda che si rivolge all’opzione dell’affitto continua quindi ad essere consistente e pari a circa il 50%. Tra le tipologie di contratti stipulati si segnala la maggiore diffusione nell’ultimo biennio delle locazioni a canone concordato (che rappresentano oggi il 44,1% del totale).


Negli ultimi dieci anni i prezzi di mercato e i canoni degli immobili locati hanno fatto segnare andamenti simili: in entrambi i casi la crescita si è interrotta attorno al 2007 e da lì è iniziata una fase di declino che non è ancora conclusa. L’adeguamento al ribasso dei canoni è stata la risposta di mercato alla debolezza economica della maggior parte della domanda che si rivolge a questo segmento.
La variazione annuale dei canoni per gli immobili dei mercati intermedi si è attestata nell’ordine del -1,4 per cento per le abitazioni usate, -1,7 per cento per gli uffici e -1,9 per cento per i negozi.


Fonte articolo: Ediltecnico.it

Subscribe to this RSS feed

La invitiamo a lasciare il suo numero di telefono per essere ricontattato.

Cliccando invia dichiari di aver letto ed accettato l'informativa sulla privacy