Il Real Estate riparte da Milano

Un fermento nuovo permea Milano. La sfilata di star giovedì scorso all’inaugurazione dello spazio Silos di Giorgio Armani o la coda chilometrica di chi si mette in fila per un biglietto dell’Expo 2015 ne sono un esempio. Energia che si respira anche sul fronte immobiliare. Perché è questa la meta italiana dove i capitali internazionali cercano “casa”.
Metropoli del mondo messa quasi sullo stesso asse delle capitali europee, Milano ha ritrovato la vitalità e la creatività della città “da bere” degli anni Ottanta, ripulita da eccessi e sbavature. 
Buona parte di quel 70% di investitori esteri che nell’ultimo anno hanno dominato il real estate italiano ha scelto le strade all’ombra della Madonnina come meta principale, ripiegando su altri centri soltanto per la mancanza di offerta. E la città si offre con una skyline di grattacieli ultramoderni, alcuni incoronati tra i più belli del mondo come è avvenuto per il Bosco Verticale di Stefano Boeri.

 

Dagli investitori meno conosciuti alle operazioni con protagonisti noti, come l’acquisto da parte del fondo sovrano del Qatar del 100% del complesso Porta Nuova sviluppato da Hines Italia (in due tranche, l’ultima del 60% siglata a fine febbraio e per la quale l’emiro avrebbe speso tra i 500 e i 700 milioni di euro di equity, il resto è debito), il real estate raccoglie dopo quasi sette anni di crisi la forte liquidità che viaggia nel mondo in cerca di rendimenti appetibili e da qualche mese anche il ritorno di interesse dei compratori con una moneta “forte” rispetto all’euro. Ed è sempre qui che ha fatto il suo primo acquisto italiano poco più di una decina di giorni fa la conglomerata cinese Fosun, sbaragliando la concorrenza con un’offerta di 345 milioni di euro per lo storico Palazzo Broggi, ex sede di Unicredit in piazza Cordusio. 

Sul fronte residenziale il capoluogo lombardo conta sei trimestri consecutivi – da giugno 2013 fino a fine 2014 - di rialzi nelle compravendite (15.899 le transazioni registrate nel 2014, in aumento del 9,4% su un anno prima). Negli ultimi tempi, e i numeri si vedranno nelle prossime rilevazioni dell’Osservatorio dell’agenzia delle Entrate, anche la debolezza dell’euro e la risonanza dell’Expo hanno riportato potenziali acquirenti privati da Stati Uniti, Inghilterra, Asia e Medio Oriente a considerare di investire qui. Ma anche di molti svizzeri che contano sugli sconti dovuti alla rivalutazione del franco. 
I compratori internazionali cercano alloggio nelle molte riqualificazioni di lusso, quasi tutte in centro, che recuperano palazzi storici e li mettono sul mercato oggi, lontano dai tempi d’oro ma ancora con prezzi elevati, spesso oltre 10mila euro al metro quadrato. Dalle residenze di via Illica disegnate da Michele De Lucchi (da 12mila al metro quadrato) all’indirizzo Ponte Vetero 16-18 dove un edificio nuovo si compone di appartamenti i cui prezzi variano tra 11mila e 13mila euro al metro quadro. 

Nella partita degli immobili non residenziali il fondo americano Blackstone è stato unico player per qualche mese, il primo a scommettere sul nostro Paese, senza aspettare crolli delle quotazioni del mattone come avvenuto in Spagna e Irlanda, Paesi con i quali siamo stati a lungo gemellati dai più. E il fondo Usa ha scelto di concentrare il proprio patrimonio a Milano, dove ha rilevato diversi complessi per uffici in zone centrali, l’ex Palazzo delle Poste in piazza Cordusio e prima ancora la storica sede del Corriere della Sera in via Solferino. 

"Se nel 2014 c’erano dieci investitori internazionali che compravano immobili in Italia, oggi sono 50 – dice Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari -. L’offerta è scarsa, ma sul mercato arriveranno alcuni miliardi di euro di edifici dai fondi immobiliari che devono dismettere il patrimonio perché arrivati a scadenza". 
Le operazioni di sviluppo in città non mancano, ma molte sono state bloccate per anni. Si spera che l’ondata di liquidità e i tassi di interesse al lumicino le facciano ripartire. La più attesa, e discussa, è quella del Portello, dove potrebbe arrivare lo stadio del Milan o un centro per i cittadini tra arte e musica (il Magnete di Prelios sembra l’altro dei quattro progetti in pole position). Ci sono ampie aree con potenzialità di recupero all’interno della città. E un segmento che viaggia proprio sul filo della trasformazione è quello degli hotel, che sta beneficiando dell’effetto Expo. Oltre al Gallia appena aperto e al Mandarin, non sono pochi gli investitori internazionali che cercano palazzi in centro da riconvertire in alberghi extra lusso “all suite”. Per i quali si potrebbero recuperare, con regole più elastiche per il cambio di destinazione d’uso, parte di quel milione e più di metri quadrati di uffici sfitti in città e che solo in parte saranno riassorbiti dal mercato direzionale. 
L’ultima sfida sarà la riconversione delle aree dove oggi sorgono i padiglioni dell’Esposizione Universale. Ma i valori in gioco sono alti e non è facile prevedere a breve sviluppi positivi.

Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20150505&startpage=1&displaypages=2

 

 

Confedilizia: sugli immobili è necessaria una "operazione fiducia"

 

In Italia, rispetto all'anno 2011, le tasse locali sugli immobili sono quasi triplicate. Questo è quanto emerso, tra l'altro, da un Dossier della Confedilizia che ha messo in evidenza, Governo dopo Governo in questi ultimi anni, quello che è stato il pesante inasprimento della tassazione immobiliare. Nel 2011, e negli anni precedenti, c'era solo l'ICI che assicurava un gettito di 9,2 miliardi di euro. Poi, nel 2012 con il Governo del senatore a vita Mario Monti, chiamato a "salvare l'Italia" dalla speculazione internazionale sul debito, è arrivata l'Imu con un gettito pari a ben 23,8 miliardi di euro. Breve stop and go con il Governo Letta con un gettito annuo pari a 20,4 miliardi tra Imu e mini-Imu. Dopodiché, riporta altresì la Confedilizia, nel 2014 di nuovo l'ascesa con il Governo Renzi con Imu e Tasi per complessivi 25 miliardi di euro.

Ne consegue che la tassazione sulla casa con il Governo Renzi risulta essere più aspra rispetto al Governo Monti quando agli italiani veniva apertamente chiesto di fare dei sacrifici. Solo negli ultimi tre anni, quindi, la tassazione locale sulla casa è stata pari ad oltre 69 miliardi di euro e, comunque, rispetto all'ICI dal 2012 in poi i proprietari di immobili versano annualmente nelle casse dei Comuni dai 15 ai 16 miliardi di euro in più. Una cifra che, sottolinea altresì la Confedilizia, è superiore del 50% rispetto alle coperture per assicurare il bonus da 80 euro al mese riconosciuto ai lavoratori dipendenti.

Ecco perché, secondo la Confederazione Italiana Proprietà Edilizia, sugli immobili è necessaria una "operazione fiducia" che vada ad allentare la morsa della tassazione su un bene chiave come la casa. Questo anche in vista di scenari futuri di riordino della tassazione attraverso l'introduzione della cosiddetta "local tax". E questo anche perché nella maggioranza dei casi il contribuente nel pagare le tasse sugli immobili altro non deve fare, purtroppo, che attingere dai propri risparmi e, comunque, da altri redditi derivanti da lavoro oppure da pensione.

Fonte articolo: http://it.blastingnews.com/tasse/2015/04/mercato-immobiliare-italiano-le-tasse-locali-del-governo-da-monti-
a-renzi-00370891.html

Previsioni di crescita per tutto il real estate italiano

Il colore dominante nei prossimi mesi per il real estate nostrano sarà il grigio chiaro. Il rapporto 2015 di Scenari Immobiliari afferma che dopo un accenno di ripartenza lo scorso anno (+1,8%), ci sono le fondate premesse per un ulteriore miglioramento sia per l’abitativo sia per il non residenziale. Il giro d’affari complessivo del real estate italiano è previsto in crescita del 3,7% quest’anno, per arrivare a 112 miliardi. Altro aumento, del 7%, nel 2016, quando il mercato, con 120 miliardi, sarà comunque sotto ancora rispetto al 2010; bene quindi, ma il boom è destinato a rimanere un ricordo.

 

Per quanto riguarda la casa, il 2014 si è chiuso con un fatturato di 81 miliardi di euro, con un aumento dell’1,2% su base annua; la lieve discesa dei prezzi, attorno al 2%, è stata infatti compensata da un aumento delle transazioni di pari entità e riguardante acquisti di maggior valore unitario. Con la crisi i valori hanno comunque lasciato sul campo nei capoluoghi tra il 15% nelle zone centrali e il 27% delle periferie. Per il 2015 sono previste 450mila compravendite, destinate a salire a mezzo milione l’anno prossimo. Il fatturato è stimato in crescita a 84 miliardi quest’anno per balzare a 91, anche grazie alla moderata ripartenza dei prezzi, nel 2016.

Uffici, crisi alle spalle. Per quanto riguarda il non residenziale, la buona notizia, soprattutto per i fondi immobiliari che in Italia hanno un portafoglio molto sbilanciato sugli uffici, è che per il mercato del terziario la fase peggiore è alle spalle. Rimane alto lo sfitto, a Milano più che a Roma, ma nei business district la situazione è in miglioramento. Le previsioni per il comparto sono di un giro d’affari di 6,2 miliardi di euro, con un incremento del 3,3% rispetto allo scorso anno; un ulteriore aumento del 4,8% dovrebbe portare nel 2016 il fatturato complessivo a 6,5 miliardi.

Scenari immobiliari concorda con l’analisi di altri osservatori, già riportate daCorriere Economia, secondo le quali le migliori perfomance nel 2014 sono state registrate dal commerciale. Il mercato dei negozi nelle strade ad alto afflusso di pubblico e degli shopping center ha ripreso quota presso gli investitori istituzionali non solo perché i rendimenti offerti sono elevati (uno-due punti più degli uffici) ma anche perché la crisi ha dimostrato che i retailer di richiamo della moda (gli inquilini ideali per le proprietà) non corrono rischi quando cadono i consumi: negli ultimi anni nonostante la recessione in Italia i bilanci delle insegne più trendy sono sempre saliti. Il giro d’affari immobiliare del comparto nel 2014 ha registrato un incremento del 10,4 per cento, sfiorando gli otto miliardi. Le previsioni sono di una crescita quest’anno e il prossimo al medesimo ritmo.

Più logistica. Per quanto riguarda la logistica, Scenari computa il giro d’affari 2014 in poco meno di 4 miliardi, con prospettive di incremento limitato nel biennio. I rendimenti sono ottimi (fino al dieci per cento) ma è in corso un processo di accorpamento dei magazzini più piccoli in strutture più grandi, con il rischio che sul mercato vengano immessi immobili usati di scarso interesse per gli utilizzatori.

Infine, per l’alberghiero il rapporto vede ottime prospettive: il settore ha tenuto bene negli anni della crisi e per i prossimi mesi può contare su un’accoppiata eccezionale: Expo e Giubileo. Se il sistema turistico riuscirà a «fidelizzare» almeno una parte dei milioni di turisti in arrivo per i due eventi non ci guadagneranno solo i proprietari degli hotel e i gestori delle strutture, ma tutto il sistema Paese.

Fonte articolo: http://www.corriere.it/economia/confronta_e_risparmia/mutui/15_aprile_03/mercato-cinquanta-sfumature-ripresa-e1ab629e-d7a4-11e4-82ff-02a5d56630ca.shtml

 

Situazione mutui casa primi mesi 2015

Mutui casa +35% a novembre-gennaio, prestiti -1,4% a febbraio
Da quanto si legge nel Rapporto mensile stilato dall’Abi (Associazione Bancaria Italiana), in termini di nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di immobili nel trimestre novembre 2014–gennaio 2015 (anno su anno) si è registrato un incremento annuo di oltre il 35%, mentre, nello stesso periodo, il flusso delle nuove operazioni di credito al consumo ha segnato un incremento su base annua dell’8,1%.

A febbraio 2015 il totale dei finanziamenti a famiglie e imprese ha presentato una variazione annua di -1,4%, -1,5% il mese precedente e migliore rispetto al -4,5% di novembre 2013, quando aveva raggiunto il picco negativo. Questo di febbraio 2015 per i prestiti bancari a famiglie e imprese è il miglior risultato da luglio 2012. Dalla fine del 2007, prima dell’inizio della crisi, a oggi i prestiti all’economia sono passati da 1.673 a 1.821 miliardi di euro, quelli a famiglie e imprese da 1.279 a 1.405 miliardi di euro.

Tasso mutui scende al 2,78%, raccolta obbligazioni a -13,5%
A febbraio 2015, i tassi di interesse sui prestiti si sono posizionati in Italia su livelli ancora bassi. Il tasso medio sul totale dei prestiti è risultato pari al 3,57%, minimo storico (3,63% il mese precedente; 6,18% a fine 2007). Il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni si è attestato al 2,78% (2,82% il mese precedente e segnando il valore più basso da ottobre 2010; 5,72% a fine 2007). Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese si è collocato al 2,54% (il valore più basso da ottobre 2010) dal 2,45% di gennaio 2015 (5,48% a fine 2007).

In Italia diminuisce, su base annua, la raccolta a medio e lungo termine cioè tramite obbligazioni, (a febbraio 2015: -13,5%, segnando una diminuzione su base annua in valore assoluto di 68,5 miliardi di euro) il che penalizza l’erogazione dei prestiti a medio e lungo termine. Mentre i depositi aumentano – sempre a fine febbraio 2015 – di quasi 52,3 miliardi di euro rispetto all’anno precedente (su base annua, +4,3%, +5,1% a gennaio 2015). L’andamento della raccolta complessiva (depositi da clientela residente + obbligazioni) registra a febbraio 2015 una diminuzione di circa 16,2 miliardi di euro rispetto ad un anno prima, manifestando una variazione su base annua di -1% (-0,6% a gennaio 2015), risentendo della dinamica negativa della raccolta a medio e lungo termine. Dalla fine del 2007, prima dell’inizio della crisi, ad oggi la raccolta da clientela è passata da 1.513 a 1.701,2 miliardi di euro, segnando un aumento – in valore assoluto – di quasi 190 miliardi.

 

Fonte articolo: http://news.attico.it/2015/03/16/abi-mutui-casa-35-a-novembre-gennaio/

L'identikit di chi compra casa

 

 

Il 63,8% di chi compra un’abitazione ha tra 18 e 44 anni, lo rileva l’analisi delle compravendite dell’Agenzia del Gruppo Tecnocasa riferita al secondo semestre del 2014. Più nello specifico, il 30,4% di chi acquista la casa ha tra i 18 e i 34 anni, il 33,4% ha tra i 35 e i 44 anni, il 19,3% ha tra i 45 e i 54 anni, il 10,9% tra i 55 e i 64 anni e il 5,9% ha oltre 65 anni.

Dall’analisi emerge inoltre che nel periodo in esame oltre tre quarti degli acquirenti ha comprato l’abitazione principale, il 16,2% una casa come investimento e il 6,6% la casa per le vacanze; dati stabili rispetto allo stesso periodo del 2013. 
Si rileva inoltre che chi compra la casa principale diminuisce con il crescere dell’età, tranne che nella fascia oltre i 65 anni dove il dato torna a risalire leggermente.

 

 

 

Come nel 2013, ad avvalersi di un mutuo bancario per l’acquisto è stato il 54,4% del totale (era il 54,7% nello stesso periodo dell’anno precedente). Per quanto riguarda invece i dati relativi a chi ha scelto di vendere, la motivazione è stata nel 44,5% dei casi il miglioramento della qualità abitativa (55,1% nello stesso periodo del 2013), il 39,9% lo ha fatto per reperire liquidità (contro il 26,6% del secondo semestre dell’anno precedente) e il 15,6% per un trasferimento in altra zona o città. Aumenta con il crescere dell’età la percentuale di chi vende per reperire liquidità, mentre decresce con l’aumentare dell’età il numero di coloro che lo fanno per migliorare la qualità della vita. Passando infine ai contratti di locazione stipulati da Tecnocasa, il 58% utilizza l’affitto come scelta abitativa (in crescita del 3,1% sullo stesso periodo del 2013), il 35,5% per motivi di lavoro e il 6,5% per motivi di studio.

Fonte articolo: http://www.e-duesse.it/News/Cucine-Built-in/Mercato-immobiliare-il-63-8-di-chi-compra-ha-tra-18-e-44-anni-187664



L'Euribor negativo non incide sui mutui

Con l’Euribor a 3 mesi negativo si infrange un altro tabù nell’epoca del quantitative easing della Banca Centrale Europea. Non ci vuol molto infatti a capire che la discesa sotto zero del tasso interbancario più utilizzato in Italia per calcolare le rate dei mutui è l’ennesimo paradosso creato da quel mare di liquidità iniettato attraverso la siringa del piano Draghi. Lo stesso effetto che ha permesso ieri alla Spagna di essere «pagata» dagli investitori per emettere debito a tre mesi, cosa che in un futuro non troppo lontano potrebbe avvenire anche al Tesoro italiano.
L’impatto sui tassi delle manovre Bce è insomma talmente dirompente che una banca è addirittura disposta a pagare un millesimo per prestare denaro a un altro istituto europeo, perché è sempre più vantaggioso che lasciare lo stesso denaro presso i forzieri Bce versando ben 20 centesimi per il parcheggio oppure acquistare un titolo tedesco a 3 mesi rimettendoci lo 0,35 per cento.

 

Di questo genere di paradossi i mutuatari vedono soltanto una parte, perché a chi ha scelto un prestito immobiliare variabile resta in fondo lo spread da versare e in molti casi non è roba da poco: non si corre quindi il «pericolo» di essere pagati per prendere un mutuo come è accaduto di recente in Danimarca. Quel millesimo sotto lo zero è in più davvero difficile da avvertire sulla rata, visto che gli arrotondamenti del tasso avvengono al centesimo se non al decimo di punto percentuale. Sarà addirittura impossibile da percepire per quanti si apprestano a stipulare un mutuo adesso, dato che le stesse banche, colte di sorpresa, sono corse a inserire sui nuovi prodotti apposite clausole attraverso le quali si impedisce di sottrarre dal tasso finale il valore dell’Euribor quando questo è negativo.

Ciò che conta per le famiglie italiane, al di là dell’aspetto puramente simbolico del centesimo in più o in meno, è la piega che la vicenda potrebbe prendere nei prossimi mesi. In fondo gli acquisti Bce sono soltanto all’inizio e con questi anche l’inondazione di liquidità sul mercato interbancario: Giuseppe Maraffino di Barclays Research sostiene che l’Euribor 3 mesi potrebbe scendere fino a -0,05% entro settembre o addirittura spingersi potenzialmente fino a -0,15%, a patto che la politica monetaria di Draghi resti estremamente accomodante e la crisi greca non metta i bastoni fra le ruote. Atene rappresenta infatti l’insidia maggiore per la discesa degli Euribor, dato che le eventuali tensioni farebbero presumibilmente riaffiorare il premio al rischio che le banche considerano quando si prestano il denaro e che al momento è quasi inesistente.

Ma è guardando oltre il 2015 che la vicenda si fa ancora più interessante, perché l’eccesso di liquidità per oltre mille miliardi di euro che verrà creato dalla Bce con il suo «qe» è destinato ad assorbirsi con molta gradualità. Ancora secondo Barclays gli Euribor rimarranno su questi livelli o più in basso per tutto il 2017. E anche di questo dovranno tenere conto quei mutuatari che proprio in queste settimane sono tempestati dalle telefonate delle filiali bancarie con proposte allettanti per passare dal tasso variabile al fisso.

Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-04-22/il-tasso-va-sotto-zero-ma-mutui-l-effetto-e-nullo-085727.shtml?uuid=ABZdMQTD

Patrimonio immobiliare e prelievo fiscale: Italia ed Europa a confronto

Si parla spesso della pressione fiscale che grava sulle spalle degli italiani proprietari di immobili, ma molto meno di quello che accade al di fuori dei confini nazionali. Qual è la situazione negli altri Paesi europei? In Germania, in Spagna, in Grecia, per esempio.

Una risposta arriva dalla recente pubblicazione Gli immobili in Italia 2015 realizzata dagli esperti dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con Sogei, la società ITC del Ministero delle finanze.
Il primo dato che spicca emerge dal confronto tra l’andamento del prelievo sul patrimonio finanziario e immobiliare tra Germania, Italia, Spagna, Francia e Regno Unito negli anni 2000, 2010 e 2012.

 

Se è vero che l’Italia è stata quella che nel biennio 2010-2012 ha subito il maggiore incremento, passando dal 4,8% al 6,2%, occorre dire che, tranne in Germania, il prelievo fiscale era già molto alto nel 2010 in tutti i Paesi considerati: 6,4% in Spagna (ridotto a 6,2% nel 2012), 8,5% in Francia (praticamente immutato nel 2012 con l’8,6%) e nel Regno Unito 12% (ridotto all’11,8% nel 2012).
In tutti i Paesi esaminati l’abitazione principale è esente dall’imposta sui redditi delle persone fisiche e gode di un trattamento preferenziale per l’acquisto che include forme dirette di sussidio, deduzioni/detrazioni fiscali per gli interessi sui mutui e riduzioni di prelievo sui redditi della prima casa.
Questo trattamento fiscale di favore per la proprietà immobiliare (e per la abitazione principale in particolare) è spesso giustificato dalla natura specifica del bene «abitazione» e dalle esternalità positive che possono essere associate alla scelta di dimorare nella casa di residenza da parte del proprietario.

Discorso interessante anche per quanto riguarda la deducibilità fiscale dal valore imponibile degli interessi sui mutui ipotecari contratti per l’acquisto della casa.
Per esempio, Germania, Grecia, Francia e Regno Unito non prevedono, oggi, alcun sistema di agevolazione fiscale sui mutui contratti. In Belgio, interesse e spese possono essere dedotti fino a un tetto massimo di 2.770 euro per i primi 10 anni e di poco più di 2.000 euro in seguito. In Olanda gli interessi sui mutui ipotecari possono essere interamente deducibili in regime di tassazione personale del reddito, mentre l’Estonia, pur consentendo un limite generale per la deducibilità fissato a 1.920 euro, si è verificata una stretta considerando che fino al 2013 l’importo deducibile era molto superiore (circa 3.200 euro).


Fonte articolo: http://www.geometri.cc/il-prelievo-fiscale-sulla-casa-tra-italia-ed-europa-cosa-cambia.html



L’efficienza energetica dell’immobile per rivalutare il mattone

Quando abbiamo, negli scorsi giorni, tracciato l’identikit della casa ideale, abbiamo sottolineato l’attenzione che, per gli italiani, riveste l’efficienza energetica dell’immobile a cui puntare: il 67% delle domande relative al comparto residenziale punta all’acquisto di immobili almeno in classe C. Un elemento che ci spinge a credere come sia ormai passato il messaggio che una classe energetica migliore comporta anche un risparmio notevole, considerando il lungo periodo. Eppure, molto si deve fare per far sì che a una domanda così consapevole corrisponda un’offerta adeguata.

Secondo gli ultimi calcoli di Nomisma l’83,6% degli immobili presenti sul territorio italiano è contraddistinto da una classe energetica bassa, mentre solo poco più del 15% vanta una classe compresa tra C e A+. L’ennesima prova che il patrimonio immobiliare del nostro Paese, in cui risiede larga parte della nostra ricchezza, si sta giorno dopo giorno deteriorando, e che bisogna correre ai ripari prima che sia troppo tardi. Anche perché, e questo è bene ribadirlo, se prima della grande crisi del comparto immobiliare era l’offerta a guidare la domanda, ora il settore si reggerà sui bisogni, sulla domanda stessa, che arriva da soggetti non più disposti a spendere per immobili vecchi e poco efficienti.

Riqualificazione” sembra essere, evidentemente, la parola chiave: sia come volano per dare respiro al settore edile, sia per evitare di svalutare ancora il mattone italiano. Federcostruzioni, intervenuta a commento dell’analisi, ha ribadito il concetto: più che puntare su nuove costruzioni ed infrastrutture, è meglio riqualificare il patrimonio urbano, senza dimenticare di renderlo sicuro dal punto di vista sismico e idrogeologico.

Fonte articolo: http://news.immobiliare.it/nomisma-l%E2%80%9986-delle-case-italiane-non-e-in-classe-energetica-efficiente-21161

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