+27,3% i mutui nel 2016. Cresciuti anche gli importi

Gli acquisti di case con il mutuo ipotecario nel 2016 hanno superato le 245.000 transazioni, con una somma media richiesta di 120.000 € e una durata media di 22 anni.


Sono i dati diffusi dall’Agenzia delle Entrate in collaborazione con Abi.

 

Segno positivo (+27,3%) rispetto al 2015, quando gli acquisti con mutuo erano arrivati a 193.350.
Sono i dati riportati dal Rapporto Immobiliare residenziale 2017, secondo cui la zona del Nord-Ovest è quella che incide maggiormente con il 36,7 % sul totale nazionale degli acquisti con mutuo ipotecario.


La quota richiesta alle banche per l’acquisto della casa si aggira in media attorno ai 120.000 €, mentre nei capoluoghi del Centro Italia la media sale a 153.000 €. La durata media nazionale rimane 22,5 anni (come nel 2015), mentre scende l’importo della rata mensile che passa dai 592,00 € del 2015 agli attuali 570,00 €.


Scende lievemente anche il tasso d’interesse medio nazionale che, nel 2016, si assesta su 2,31% (-0,44 % rispetto al 2015). Nelle regioni del Sud e Centro Italia i tassi medi sono però più elevati (2,56 % al Sud, e 2,46 % al Centro), mentre quelli più bassi si registrano nelle regioni del Nord (2,18 %).


Fonte articolo: Casa.it

Ritorno all'Imu? Confedilizia: "incalcolabili i danni" della tassazione

Si torna a parlare di tassa sulla prima casa, ma per i proprietari ad alto reddito. La richiesta arriva all’Italia dall’Europa nel pacchetto di raccomandazioni specifiche per Paese.


Oggi a pagare le imposte sono i proprietari di prime case di lusso, appartenenti a specifiche categorie catastali.

 

Tra le misure concrete da prendere, c’è proprio la reintroduzione dell’Imu sulla prima casa, ma solo per le famiglie sopra un certo reddito, oltre alla più volte citata Riforma del catasto e a una soluzione della situazione relativa ai crediti bancari deteriorati.

PER L'UE CONTA il reddito e non la categoria catastale

Bruxelles chiede all’Italia di spostare l’imposizione fiscale dai fattori di produzione, ad esempio le imposte sul lavoro, ai fattori che hanno meno impatto sulla crescita, come la tassa sulla prima casa per i redditi alti. In realtà, come ben si sa, ad oggi sia l'Imu che la Tasi si continuano a pagare sulle case considerate di lusso. Invita, inoltre, a ridurre la spesa pubblica.


Nelle raccomandazioni, Bruxelles dice al nostro Paese che la manovra per il prossimo anno dovrà portare a uno sforzo di bilancio robusto. La trattativa viene rimandata all’autunno, ma da qui a ottobre bisogna trovare tra i 5 e i 10 miliardi. Uno sforzo di bilancio robusto per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche, ma che non dovrà pregiudicare la crescita.

Confedilizia: Le TASSE sulla casa haNNO creato danni

Solerte la replica di Confedilizia. L'organizzazione dei proprietari di casa ha sottolineato che la tassazione sugli immobili deve essere ridotta, per favorire la crescita.
Il presidente Giorgio Spaziani Testa ha fatto sapere: “La Commissione europea è tornata a criticare la scelta del Governo Renzi di eliminare la tassa sulla prima casa, suggerendo di reintrodurla per le famiglie con redditi elevati. Che dire? E’ davvero un peccato che, da un’Istituzione che impiega 33.000 dipendenti, non possa mai giungere un’analisi un po’ più ragionata delle politiche tributarie. Tra l’altro, chissà se la Commissione sa che sulle prime case che il Fisco considera di lusso (pur se sovente non lo sono), di tasse se ne pagano ancora addirittura due: l’Imu e la Tasi”.


Aggiungendo: “I risultati – (di un'analisi ragionata ndr) – sarebbero interessanti. Si scoprirebbe, anzitutto, che non ha il minimo fondamento la tesi, che le Istituzioni internazionali si rimbalzano a vicenda e che la Commissione copia e incolla anche oggi, secondo la quale le imposte sugli immobili sarebbero meno dannose per la crescita rispetto alle altre. E si apprenderebbe – analizzando il caso italiano – che sono incalcolabili i danni causati all’intero Paese dallo spropositato aumento della tassazione immobiliare iniziato con il 2012”.


Concludendo: “Le raccomandazioni Ue che ne seguirebbero, c’è da giurarci, sarebbero ben diverse da quelle che abbiamo letto. Non si soffermerebbero sulla diminuzione di 3 miliardi e mezzo di euro (Tasi prima casa) di un carico tributario annuale aumentato di 15 miliardi su tutti gli immobili. Si occuperebbero dell’imposizione immobiliare nel suo complesso e ne chiederebbero la riduzione. Per favorire la crescita”.


Fonti articolo: 1. Idealista.it, 2. Idealista.it

Compravendite attraverso il prezzo di valore: come si calcola

Introdotto da una legge del 2005, il sistema del prezzo valore è un meccanismo per il quale la base imponibile delle imposte sulle compravendite immobiliari è costituita non dal prezzo, ma dal valore catastale.


La sua applicazione non solo consente benefici fiscali per il compratore, ma evita il nascere di contenziosi con il Fisco

Per queste ragioni, il Consiglio Nazionale del Notariato auspica la sua estensione anche alle transazioni di immobili non abitativi.

Compravendita tra privati con il sistema del prezzo valore

"Il prezzo valore è un sistema che si applica ai trasferimenti di abitazioni e relative pertinenze tra persone fisiche che non agiscono nell’ambito di attività commerciali, spiega Enrico Sironi, Consigliere Nazionale del Notariato. "La tassazione non viene fatta in riferimento al prezzo, ma al valore catastale, che è normalmente inferiore al primo".

"Prima del 2005 alcuni acquirenti occultavano il reale prezzo d'acquisto di un immobile per pagare meno imposte. Con questo meccanismo, invece, emergono i reali valori degli immobili e si evitano accertamenti ed eventuali contenziosi con l'Agenzia delle Entrate".  

Come si calcola il prezzo valore

Il valore catastale, base imponibile nel sistema del prezzo-valore, si determina moltiplicando la rendita catastale (rivaluta del 5%) per il coefficiente 120 (in assenza di agevolazioni prima casa). Nel caso in cui, ad esempio, venga compravenduta una casa con una rendita catastale di 800 euro, ad un prezzo di 150.000 euro, la base imponibile su cui applicare l'imposta di registro sarebbe pari a 100.800 (800 x1,05 x120). Pertanto l'imposta sarebbe pari a 9.072 euro.
Senza l'applicazione del sistema del prezzo-valore, l'imposta dovrebbe essere calcolata sul prezzo della casa (150.000 euro) e sarebbe quindi di 13.500


"Nella compravendita di abitazioni ormai tutti usano il sistema del prezzo valore. Anche nei casi ridottissimi in cui il prezzo sia inferiore al valore catastale - come nel caso di case situate in zone a forte rischio sismico -  gli acquirenti lo scelgono perché preferiscono pagare delle imposte lievemente superiori, ma essere sicuri che non ci saranno futuri accertamenti e contenziosi da parte del Fisco". 


Proprio per questa ragione, nel corso di una recente audizione nella Commissione bicamerale per la semplificazione, il Notariato ha chiesto l'estensione ai fabbricati non abitativi, perché "comporterebbe un'evidente semplificazione fiscale, con conseguente risparmio di costi, tempo e denaro, tanto per il cittadino che per l'Amministrazione pubblica. E’ un sistema di predeterminazione dell’imposta da pagare che fa contenti tutti".


Ma perché questo sistema non è stato applicato fin da subito a qualsiasi tipologia immobiliare?

Spiega Sironi che il sistema è stato approvato perché "il nostro ordinamento costituzionale favorisce la casa familiare, ma spesso è stato trasmesso un messaggio erroneo: quello di uno sconto sulle imposte e di una perdita di gettito per l'Erario". "In realtà con questo meccanismo i valori dichiarati negli atti sono saliti, la gente non ha più nessun motivo per fare del nero. È un’operazione che garantisce fin dall’inizio un rapporto chiaro tra il cittadino e il Fisco".


Fonte articolo: Idealista.it

Intervista Agenti immobiliari: sale ancora il clima di fiducia

Come ogni trimestre la Banca d’Italia, in collaborazione con Tecnoborsa, ha condotto un sondaggio sugli Agenti immobiliari per capirne lo stato d’animo e le attese nei confronti del mercato immobiliare delle compravendite e degli affitti nel residenziale.


Tra i mesi di marzo e aprile sono stati intervistati 1.413 professionisti, che hanno concordato su un aumento della domanda anche nel primo trimestre del 2017.

Incarichi di vendita

Sono aumentati, a detta degli operatori che hanno risposto al sondaggio, sia i potenziali acquirenti che gli incarichi di vendita: in questo caso il saldo fra chi ne percepisce un incremento e chi ne denuncia una diminuzione è salito al 13,8%, contro il 12,6% di gennaio. A contribuire a questo aumento sono state soprattutto le percezioni di chi opera nelle aree non urbane e non metropolitane.

TEMPI DI VENDITA

I tempi di vendita si sono ridotti, anche se risulta di poco positivo il saldo tra chi ha rilevato un aumento delle giacenze di incarichi e chi invece ne ha notato una diminuzione. Sale invece il saldo fra le attese positive e quelle negative, attestandosi sul 18,1%.

IN CRESCITA LA FIDUCIA

Cresce l’ottimismo delle aspettative per il medio periodo, vale a dire per i prossimi due anni: il 50% degli agenti immobiliari intervistati si è detto fiducioso, contro il 43,6% dell’ultimo sondaggio. È aumentato di mezzo punto percentuale lo sconto medio sul prezzo di vendita chiesto inizialmente. Per quanto riguarda gli affitti, infine, sale la percezione di pressioni al ribasso per i canoni ma si attende il miglioramento del comparto.


Fonte articolo: Immobiliare.it

Prima e seconde case a confronto: il carico fiscale è 5 volte superiore

Cresce il numero di compravendite immobiliari in Italia.


Nel 2016 il dato complessivo ha superato quota 500mila (533.741), il 18,9% in più del 2015. 

 

Di queste circa la metà (246.182) sono state finanziate con l’aiutino della banca, attraverso il ricorso ai mutui ipotecari che nel frattempo sono cresciuti del 27,3%.

LE IMPOSTE SUL MUTUO

Nella maggior parte dei casi si tratta di acquisto di prime case da parte di chi compra effettivamente la “prima casa”. Ma nel calcolo si inserisce anche chi possiede già una casa e ne acquista una nuova facendola passare (in termini fiscali) come prima casa. Questo è possibile dal 2016, da quando è stata introdotta una normativa che consente di usufruire delle agevolazioni “prima casa” anche a chi già ne ha già usufruito attraverso un precedente acquisto, a patto che venda l’immobile per cui ne ha già usufruito entro 12 mesi dall’acquisto della “nuova prima casa”.


Per quanto non sia algebricamente calcolabile, è ragionevole ipotizzare che questa norma - unitamente alla maggiore propensione delle banche ad erogare mutui ipotecari anche in via indiretta per le politiche espansive adottate nel frattempo dalla Bce - abbia effettivamente dato slancio alle compravendite immobiliari negli ultimi trimestri. Certo, siamo lontani dal picco di oltre 800mila transazioni del 2006 ma se non altro il punto più basso (sotto le 400mila nel 2013) pare messo alle spalle in un trend che torna a vedere nuova luce all’orizzonte.


La normativa può aver certamente dato una mano. Ma resta il fatto che in Italia c’è oggi un abisso fiscale tra la “prima casa”e l’universo delle “non prime case” (dal punto di visto del Fisco che sia la seconda, la terza o la quarta non cambia).

CONFRONTO FISCALITA' “PRIMA CASA” VERSUS “NON PRIMA CASA” 

Ipotesi: acquisto, soggetto ad imposta di registro, di immobile con valore (catastale rivalutato) pari a 300.000 euro. Il contribuente ottiene un mutuo ipotecario di 150.000 euro.

In questa tabella proviamo a sintetizzare tutte le imposte relative all’acquisto di una casa (Iva, registro, catastale, ipotecaria) e quelle (imposta sostitutiva) da aggiungere nel caso molto frequente in cui l’acquisto venga finanziato in parte da un prestito ipotecario.
Le condizioni di base cambiano anche in funzione del venditore (che può essere un privato o un’impresa con vendita esente o soggetta ad Iva), allo stato dell’immobile (se è di lusso l’Iva balza dal 10 al 22%).


A conti fatti - ed è quello che abbiamo provato a fare in questa simulazione tratta di una ricerca dell’Abi - in termini fiscali una “non prima casa” costa circa cinque volte in più rispetto a una “prima casa”. La grande differenza la fanno nel dettaglio tre imposte: quella di registro (che si calcola sul valore catastale dell’immobile e che oscilla dal 2% al 9%), l’Iva (che oscilla dal 4% al 10% nei casi in cui si applica), e l’imposta sostitutiva del mutuo (lo 0,25% dell’importo finanziato in caso di “prima casa”, altrimenti balza al 2%).


Così, acquistando un immobile di 300mila euro (ipotizzando che questo sia anche il suo valore catastale) e chiedendo un mutuo per la metà (quindi 150mila euro) alla fine pagheremo un carico di imposte di 6.475 euro se si tratta di “prima casa” e di 30.100 euro se non sarà possibile usufruire di questo bonus. Mica briciole.


Questa distanza ha sicuramente il beneficio di rendere più accessibile l’acquisto di un immobile ma in parte rischia di disincentivare le operazioni di investimento immobiliare (gli acquisti di “non prime case” da mettere a reddito) che nell’attuale era dei tassi bassi (in cui i tassi offerti dagli investimenti cartacei sono ai minimi termini) potrebbe rappresentare (soprattutto se agevolato da operazioni immobiliari a leva) una valida alternativa a Borse e dintorni.


Fonte articolo: IlSole24Ore.com

I Millennials e la casa: alla maggior parte interessa il bilocale

In Italia ci sono circa 11 milioni di Millennials, cioè i ragazzi intorno ai trent’anni: se chi si occupa di marketing si rivolge già da tempo a questa generazione, avendone compreso le potenzialità, lo stesso non si può dire del mattone.


Secondo uno studio di Immobiliare.it, il 67% del patrimonio immobiliare italiano, composto da appartamenti molto grandi, con quattro o più stanze, risulta inadeguato rispetto alle esigenze di questa generazione, che però è proprio quella che per la prima volta si affaccia al mondo della casa alla ricerca dell’indipendenza abitativa.

 

Primo problema: le dimensioni

Lo dice una ricerca di Immobiliare.it, uno dei siti più cliccati quando si cerca uno spazio da affittare o da acquistare. Se arredi e finiture si possono cambiare, il problema vero sta a monte: in genere gli appartamenti hanno quattro o più stanze.


Per un single o per una giovane coppia all’inizio della carriera sono troppo grandi, considerate le loro capacità economiche. Basterebbe un bilocale, ma lo studio, eseguito sugli annunci che compaiono su Immobiliare.it, denuncia che solamente il 10% delle case sul mercato è composto da due stanze e, appena il 2%, da monolocali. Al contrario, più del 30% degli immobili ha quattro camere e il 36% ne conta cinque o più.


Questione di gusto

Oggi, che come modello abbiamo gli appartamenti meravigliosi che vediamo su Instagram o nei cataloghi delle catene di arredamento, le nostre aspettative sono molto alte. D’altra parte, chi vivrebbe mai in una casa che non gli piace? Ma realizzare il nido dei sogni è impegnativo. "Metà delle residenze italiane, infatti, è di bassa qualità e necessita di lavori di ristrutturazione e manutenzione", spiega ancora la ricerca. Non è una sorpresa se si considera che il 40 per cento dei palazzi sono stati costruiti prima degli anni Sessanta e il 51 tra il 1960 e il 1990.

LE SOLUZIONI

“I millennials rappresentano il target ideale per il mercato degli affitti, a cui guardano con crescente interesse – riflette Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it. “È altrettanto vero che si tratta di un pubblico a cui anche il comparto delle compravendite può e dovrebbe puntare: mutui più accessibili e genitori ancora innamorati dell’idea di lasciare una casa ai figli, rendono questa generazione una importante platea di potenziali acquirenti. Adeguare gli immobili alle esigenze dei Millennials, soprattutto nelle grandi città che sono quelle in cui vive la maggior parte di loro, è una delle sfide che proprietari e operatori del settore potrebbero cogliere e vincere in tempi brevi”.

Fonti articolo: 1. IlSecoloXIX.it, 2. Soldiweb.com

Si può lasciare la casa in affitto prima della scadenza del contratto?

L'inquilino che lascia un appartamento prima della fine del contratto è tenuto a pagare i canoni fino alla scadenza dello stesso.


E questo anche se nei fatti ha già fatto le valigie e lasciato le chiavi al padrone di casa. A chiarirlo è stata una recente sentenza della Cassazione.

Secondo la normativa vigente l'inquilino puo' lasciare in qualsiasi momento l'appartamento in affitto solo in casi eccezionali in cui esiste una "giusta causa". Questa consiste in un impedimento oggettivo, non dipendente dalla volontà dell'inquilino e non esistente al momento della stipula del contratto che gli impedisca di continuare a vivere nella stessa casa. E' il caso per esempio di un improvviso trasferimento per ragioni di lavoro.


In tutti gli altri casi, l'affittuario deve rispettare la naturale scadenza del contratto dando disdetta con anticipo di sei mesi.
Anche nel caso in cui decida di lasciare prima l'appartamento, consegnando anche le chiavi al padrone di casa - come chiarito dalla Cassazione nella ordinanza n 1177/17 - deve continuare a pagare il canone di locazione fino alla scadenza, ovvero per tutti i sei mesi previsti. A meno che non sia lo stesso conduttore che decida di dispensarlo dal pagamento.


Secondo la sentenza della Suprema Corte, infatti, i "canoni sono dovuti a prescindere dalla circostanza che l’immobile sia stato restituito anticipatamente, ove non risulti che il locatore abbia accettato la restituzione anticipata con rinuncia al preavviso minimo e ai relativi canoni".


Fonte articolo: Idealista.it

Crescita dell'immobiliare su tutti i fronti: i numeri del 2016

Con un balzo del 18,9%, nel 2016 il mercato della casa in Italia cresce per il terzo anno consecutivo (dopo il +6,5% di compravendite nel 2015 e il +3,5% nel 2014), arrivando a circa 534mila abitazioni acquistate.


Questo il quadro del Rapporto Immobiliare residenziale 2017, realizzato dall'Agenzia delle Entrate in collaborazione con Abi.

 

Il valore complessivo delle compravendite, cresce da 76 a 89 miliardi, mentre restano stabili i nuovi contratti d'affitto delle abitazioni (+0,63% sul 2015). Aumentano anche le case acquistate tramite mutuo ipotecario (+27,3%).

AUMENTO DELLA MEDIA DELLE SUPERFICI ACQUISTATE

In leggero aumento è anche la superficie media delle abitazioni oggetto di compravendita, che secondo il Rapporto Immobiliare dell'Agenzia delle Entrate e dell'Abi nel 2016 passa da 105,2 a 106,6 metri quadri, mentre il valore di scambio delle abitazioni, stimato in 89 miliardi di euro, è cresciuto del 17,4%.


LE CAUSE DELLA CRESCITA

I dati del 2016 sulle compravendite delle abitazioni "consolidano e accelerano il trend positivo riscontrato a partire già dal 2014, segnando un inequivocabile segnale di ripresa"; oltretutto si tratta di un aumento "diffuso e generale lungo tutta la penisola, sia nei grandi che nei piccoli centri", si legge nel Rapporto, che fra le cause di questi risultati positivi annovera diversi fattori.


In primis, fra questi c'è il fatto che "la profondità del punto di ribasso del ciclo degli acquisti non poteva proseguire ulteriormente, dato che l'abitazione è un bene d'uso primario".
In secondo luogo, la congiuntura economica "è migliorata rispetto all'anno precedente" e il clima di fiducia "è anch'esso ulteriormente migliorato", rispetto agli ultimi mesi del 2015, nel corso del primo trimestre del 2016.
Infine, le condizioni dei prestiti mediante mutuo ipotecario sono state nel corso del 2016 "decisamente favorevoli in termini di costo del credito", continua il rapporto Agenzia Entrate-Abi.

Fonte articolo: IlSole24ore.com

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