Nuova norma compravendite: arriva il deposito prezzo dal notaio

Denaro al sicuro se affidato al notaio: è questo il titolo che potrebbe essere dato alle nuove norme, contenute nei commi 63 e seguenti dell’articolo 1 della legge sulla concorrenza, le quali disciplinano la corresponsione di somme al notaio, vuoi con finalità di pagamento di tributi vuoi con finalità di deposito.


La nuova normativa sul "Deposito prezzo dal notaio" sancisce diversi fondamentali principi. Ecco quali.

- il notaio deve avere un conto corrente dedicato sul quale far confluire il denaro ricevuto dai clienti per il pagamento di imposte; il notaio non può lucrare interessi che quel conto corrente produca e non può utilizzare quel denaro per altro fine se non per il pagamento di imposte;

- sul predetto conto corrente devono affluire anche tutte le somme che il notaio sia incaricato di custodire;

- le giacenze di quel conto corrente sono impignorabili dai creditori personali del notaio, non fanno parte della successione del notaio che muoia, non entrano nel regime di comunione dei beni in cui il notaio si trovi;

- se ne sia "richiesto da almeno una delle parti", il notaio deve (e non può rifiutarsi di farlo) tenere in deposito il saldo del prezzo che l’acquirente deve corrispondere al venditore fino a quando non sia eseguita la formalità pubblicitaria con la quale si acquisisce la certezza che l’acquisto si è perfezionato senza subire gravami (ipoteche giudiziali, sequestri, pignoramenti, domande giudiziali, eccetera);

- al notaio può essere richiesto di tenere in deposito le somme che occorrono per estinguere eventuali passività gravanti sul venditore (si pensi al classico caso della vendita di una casa che venne acquistata con un mutuo ancora in corso di ammortamento).

LA REAZIONE DELLA FIAIP ALLA NUOVA LEGGE

La Fiaip (Federazione italiana agenti immobiliari professionali) tramite una nota ha commentato l’entrata in vigore del deposito del prezzo al notaio. Righi ha parlato di una legge che crea disparità tra le parti.


La Fiaip ha fatto sapere: "Entra in vigore il deposito del prezzo al notaio. Secondo quanto previsto dalla "Legge annuale per il mercato e la concorrenza" le parti o anche una di loro potrà richiedere al notaio di aderire al deposito del prezzo: in questo caso il pubblico ufficiale al momento del trasferimento immobiliare tratterrà la somma pattuita per la compravendita e la depositerà su un apposito conto corrente fino alla trascrizione del trasferimento dell’immobile.


Gli interessi maturati sul conto non saranno incassati dal proprietario, ma dallo Stato italiano, che li destinerà ad un fondo per le piccole e medie imprese. La norma varata nel 2013, fino ad oggi non aveva mai trovato esecuzione per la forte opposizione della Fiaip e di tutta la filiera dell’immobiliare. Il Governo è comunque riuscito a farla passare, introducendo la volontarietà delle parti.


Il Presidente nazionale Fiaip, Paolo Righi, ha poi sottolineato: "Il deposito del prezzo al notaio è da ascriversi alla già nutrita schiera delle leggi "inutili e dannose" varate per il nostro comparto. La legge crea una disparità fortissima tra le parti, che fino ad oggi erano bilanciate e tutelate, mentre ora il venditore diventa parte debole del contratto. Inoltre, la sua applicazione creerà notevoli problemi a quei venditori che intendono vendere la propria abitazione per comprarne subito un’altra: sarà quasi impossibile per chi vende casa impegnarsi all’acquisto di una nuova abitazione, non potendo contare sul denaro proveniente dalla vendita del proprio immobile. Quasi esilarante il fatto che gli interessi maturati sul conto corrente del notaio anziché essere restituiti al venditore vengano trattenuti dallo Stato, che di fatto ha varato una nuova tassa sulla proprietà immobiliare".

ALTRI POSSIBILI PROBLEMI ORIGINATI DALLA NUOVA NORMATIVA

Anzitutto, con riguardo ai contratti preliminari stipulati prima del 29 agosto (data di entrata in vigore della legge 124/2017), sorgeranno inevitabili conflitti tra gli acquirenti che chiederanno il deposito del prezzo al notaio e i venditori che sosterranno l’inapplicabilità retroattiva delle nuove norme alle contrattazioni nate prima della legge. Ma è abbastanza ovvio che quest’ultima tesi ha poco senso, perché tutte le volte che una legge impatta su un rapporto che dura nel tempo, inevitabilmente si applica anche a esso (se Tizio e Caia si sposano in assenza di una legge sul divorzio, che poi entra in vigore, devono evidentemente poter divorziare anch’essi; se il possesso dura da 13 anni e l’usucapione viene ridotta da 20 a 10 anni, essa è evidentemente compiuta).


Ancor più in generale, senz’altro sarà avanzata con forza (da quegli operatori immobiliari, notai compresi, che diano maggior rilievo al fastidio della inevitabile maggior complessità rispetto a un lungimirante favore per la massima trasparenza possibile del mercato) la tesi della derogabilità pattizia di questa normativa in sede di contrattazione preliminare.
Ma, anche in questo caso, è abbastanza prevedibile ritenere che essa sia qualificata come norma inderogabile perché appartenente al cosiddetto "ordine pubblico di protezione" finalizzata a tutelare il contraente reso debole dal sistema della pubblicità immobiliare il quale, per far funzionare la contrattazione nel suo complesso, giustamente sconta il rischio dell’incertezza in cui ci si trova nel periodo compreso dal momento dell’ultima ispezione dei Registri immobiliari fino al momento della trascrizione.


D’altronde, se l’acquirente potesse pattiziamente rinunciare a questa protezione, non solo la rinuncia al deposito del prezzo diventerebbe immediatamente una "clausola di stile" della contrattazione preliminare e, paradossalmente, impatterebbe solo sugli sfortunati che abbiano stipule "a cavallo" dell’entrata in vigore della legge 124/2017; ma anche, e soprattutto, perché la nuova legge non servirebbe a nulla. 


Fonti articolo: IlSole24ore.comIdealista.it

Fondo Garanzia mutui prima casa: come funziona

Il mercato del lavoro è cambiato e molte giovani coppie, con contratti atipici, potrebbero non avere accesso alle richieste di mutuo per acquistare la prima casa.


Per questo dal 2014 il Governo ha istituito un Fondo di Garanzia rivolto soprattutto a questi soggetti.

 

Con il Fondo garanzia Mutuo Prima Casa (precedentemente noto come Fondo giovani coppie) è lo Stato a fare da garante, con le banche che hanno aderito al progetto, per l’accensione del mutuo sull’acquisto della prima casa. La garanzia statale è pari al 50% della quota capitale (non sono inclusi gli interessi) del mutuo, purché il valore dell’immobile non superi i 250mila euro e non rientri nelle categorie delle abitazioni di lusso.

Il fondo di garanzia prevede, inoltre, un tasso calmierato del finanziamento per alcune categorie:

  • - giovani coppie (dove almeno uno dei due componenti non abbia superato i 35 anni). Non è necessario essere sposati: basta che si conviva da almeno due anni;
  • - nuclei familiari monogenitoriali con figli minori;
  • - giovani di età inferiore ai 35 anni titolari di un rapporto di lavoro atipico;
  • - conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari.

 

Quali sono i requisiti per accedere al fondo?
  • - Non essere proprietari, al momento della presentazione della richiesta di mutuo, di altri immobili destinati all’uso abitativo (ad eccezione di quelli ereditati e che siano in uso a titolo gratuito a genitori e fratelli);
  • - l’immobile deve trovarsi nel territorio nazionale;
  • - l’importo del mutuo non deve superare i 250 mila euro e l’immobile, che dovrà essere indicato come abitazione principale del mutuatario, non deve rientrare nelle categorie catastali A1, A8 e A9 né avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici del 2 agosto 1969, n. 1072.

Per l’accesso alla garanzia del Fondo non sono previsti limiti di reddito dei mutuatari.

 

Come fare domanda?

La richiesta di accesso al Fondo va presentata direttamente alla Banca o intermediario finanziario a cui si richiede il mutuo, purché aderisca all’iniziativa, utilizzando la modulistica presente sul sito del Tesoro.

Le richieste potranno essere presentate solo dopo che la banca abbia assicurato l’operatività a favore della propria clientela (termine previsto in 30 giorni lavorativi dall’adesione della banca al Fondo).
L’elenco delle banche ad oggi aderenti, in continuo aggiornamento, è disponibile sul sito di Abi e su quello di Consap.


Fonte articolo: Immobiliare.it

Mutui prima e seconda casa: differenze ed agevolazioni

L’acquisto di un’abitazione è spesso legato al’accensione di un mutuo: è difficile che un cliente abbia a disposizione l’intera cifra per coprire il valore dell’immobile.


Questo discorso è valido sia per le prime, sia per le seconde case, il cui acquisto, oggigiorno, è spesso legato a finanziamenti, seppur solitamente di entità minore rispetto ai mutui prima casa. 

 

Il segmento immobiliare delle seconde case vive in questi mesi un ritorno in auge, complice la crisi del settore che negli ultimi anni ha inciso notevolmente sui prezzi. Inoltre, il valore delle seconde case si sta stabilizzando, mentre si velocizzano i tempi di vendita.


Al momento di acquistare una seconda casa, è bene informarsi su una serie di caratteristiche legate al mutuo, che si differenzia dai prodotti per l’abitazione principale, in modo particolare per le agevolazioni a cui esso è collegato e per i tassi di interesse, superiori a quelli per un finanziamento sulla prima casa.


caratteristiche del mutuo prima e seconda casa

Il mutuo prima casa deve essere acceso su un immobile sito nel Comune dove il beneficiario risiede o lavora. La prima agevolazione prevista (e anche la più consistente) è la possibilità di portare a detrazione gli interessi passivi del mutuo e gli oneri accessori, nella misura del 19%, con la dichiarazione dei redditi, fino a un tetto massimo di 4.000 euro.


Ciò non è possibile con il mutuo seconda casa,
per cui le spese accessorie e legate al mutuo restano interamente coperte dal contraente del contratto.
Sempre a livello fiscale, una delle differenze più consistenti tra mutui prima e seconda casa è data dalle imposte, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nell’apposito vademecum.


Quando l’acquisto viene effettuato in presenza dei requisiti “prima casa”, se il venditore è un privato o un’impresa che vende in regime di esenzione Iva, abbiamo le seguenti agevolazioni:

- imposta di registro proporzionale nella misura del 2%;
- imposta ipotecaria fissa di 50 euro;
- imposta catastale fissa di 50 euro.


Sempre per quanto concerne le prime case, se si acquista da un’impresa, con vendita soggetta a Iva, abbiamo:

- Iva ridotta al 4%;
- imposta di registro fissa di 200 euro;
- imposta ipotecaria fissa di 200 euro;
- imposta catastale fissa di 200 euro.


Diverso è invece il discorso per le seconde case,
che vedono lievitare i costi, sia se il venditore è un privato, sia per le imprese. In questo caso abbiamo:

- l’imposta di registro proporzionale del 9%;
- l’imposta ipotecaria fissa di 50 euro;
- l’imposta catastale fissa di 50 euro.


Cambiano anche i regimi di tassazione per quanto concerne l’Imu e la Tasi: le prime case sono esenti dall’Imposta Municipale Unica e dal tributo comunale sugli immobili per i servizi indivisibili. Per le seconde case le due imposte restano valide anche quest’anno, con scadenza 16 giugno per l’acconto e 16 dicembre per il saldo.


Un capitolo a parte meritano le detrazioni fiscali legate al risparmio energetico e alle ristrutturazioni: gli Ecobonus del 65% e del 50% sono applicabili indistintamente alle prime e alle seconde case. Ecco dunque che può essere interessante, specialmente se non si ha la necessità di richiedere un mutuo per acquisto seconda casa, valutare i mutui ristrutturazione: essi permettono di effettuare con un finanziamento ad hoc i principali interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sugli immobili, dando accesso alle detrazioni.


Fonte articolo: Mutuionline.it

 

 

I Millennials preferiscono la casa di proprietà

La coppia Under 35 la casa preferisce comprarsela.


È questo il dato che emerge dalle statistiche presentate dal Consiglio nazionale del Notariato sugli atti di compravendita immobiliare nel 2016: sono stati venduti 746.300 e il 28% di questi (210.400) sono stati acquistati dai Millenials.

 

Il 50% delle compravendite del 2016 sono state accompagnate dalla richiesta di agevolazioni prima casa e a usufruirne maggiormente, il 37% dei casi, è stata la fascia di età 18‐35, giovani coppie alle prese con la loro prima abitazione di proprietà.

C’è voglia di crescita, invece, tra i 36 e i 45 anni e si cerca un nuovo nido; in questa fascia d’età si concentra il maggior numero di richieste, il 39% del totale, del credito di imposta per il riacquisto della prima casa.


In generale, le fasce d’età più giovani sono quelle che nel 2016 hanno ottenuto i finanziamenti maggiori, il 33,3% per i mutuatari tra i 18-35 anni e il 32,4% per gli acquirenti tra i 36-45 anni.

DOVE SI COPRA PIù CASA?

La ripartizione geografica predilige il Nord, dove è avvenuto il 56% degli acquisti in Italia, seguono il Sud e Isole con il 25,8% e, infine, il Centro con il 18,2%.
In Lombardia si è registrato il maggior numero di compravendite nel 2016, il 19,9% del totale; se si considera, però, la densità di vendite per 100 mila abitanti le regioni in cui si sono registrate più transazioni sono la Valle d’Aosta, la Liguria, il Friuli Venezia Giulia e il Piemonte.

DONAZIONI

Analizzando i dati relativi alle donazioni si evidenzia un divario regionale: al Nord i passaggi riguardano aziende e azioni, al Sud gli immobili. I beneficiari si trovano nella fascia d’età tra i 18 e i 45 anni (50% dei casi), i donatori hanno tra i 46 e i 65 anni. A dimostrazione di come la donazione venga usata, molto spesso, come anticipi sull’eredità.

Fonte articolo: Immobiliare.it

Casa al mare sempre più irrinunciabile: i prezzi e i tempi di vendita

Investire nella seconda casa al mare, un acquisto che molti avevano archiviato per la crisi immobiliare e, in alcuni casi, per un cambio di mentalità.


Ma la possibilità di affittare tramite la locazione breve l’appartamento è diventata una tendenza consolidata degli ultimi tre anni, trend che ha riportato l’interesse su un segmento immobiliare che nel periodo 2009-2013 aveva visto più che dimezzarsi le compravendite. 

La crisi della domanda e degli scambi degli anni passati ha influito sui prezzi finali di vendita. "Dalle località meno ricercate a quelle più in voga, la gelata sui prezzi aveva fatto registrare, a fine 2013, un calo medio di oltre il 25% rispetto ai valori scambiati cinque anni prima, risparmiando solo in parte (-15% la media) i prezzi delle abitazioni del segmento lusso" spiega un esperto di mercato. Negli ultimi tre anni le compravendite sono tornate a salire, ma per i prezzi parlare di inversione di tendenza è ancora presto. 


Nel momento in cui si sceglie di investire è importante tenere presente molte caratteristiche dell’immobile e della location prescelta. Luminosità, panorama, spazi esterni sono le priorità per chi cerca una seconda casa da vivere nei fine settimana e da affittare quando è vuota, ma anche la vivacità del mercato prescelto è importante. I tempi medi di vendita sono quindi di aiuto per capire se le compravendite si realizzano con facilità o se ci vogliono mesi e mesi per cedere l’immobile, che nel caso di un’improvvisa necessità diventa un problema.


Da un’analisi realizzata in esclusiva per Casa24 Plus dal team di Scenari Immobiliari emerge che i tempi di vendita sono più brevi in località di lusso come Porto Cervo (4 mesi), Capri e Porto Rotondo (4 mesi e mezzo), Portofino (5 mesi) e Forte dei Marmi (5 mesi e mezzo). Tutti luoghi dove è raro imbattersi in case in vendita sotto 5mila euro al metro quadro. Restano contenuti rispetto al passato i tempi di vendita a Gallipoli, Chiavari e Vieste.


"In realtà la seconda casa va meglio della prima, che migliora soprattutto nelle grandi città - dice Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari -, i miglioramenti riguardano invece tutte le località di mare. C’è più interesse ad avere una casa per le vacanze, ci sono soldi in giro per case piccole, da usare anche durante l’anno. Non solo. Calano gli acquisti all’estero da parte dei nostri connazionali nelle destinazioni tradizionali e aumenta il flusso di stranieri".


Non sono solo le località più care e più famose delle nostre coste a registrare cambiamenti di tendenza positivi, ma anche luoghi più popolari come Gabicce mare, Celle Ligure o Sirolo nelle Marche, dove la domanda in acquisto è vivace.
Nella fascia intermedia troviamo località in cui i prezzi delle seconde case variano da 1.500 a 3.500 euro al metro quadro e dove gli affitti settimanali non superano i 750 euro (per un bilocale con quattro posti letto). 


Fra le prime 15 località che per vivacità di scambi stanno registrando le migliori performance, due sono in Sardegna e due sono campane. In Costa Smeralda, Porto Cervo e Porto Rotondo hanno visto salire i prezzi da giugno 2016 a giugno 2017 rispettivamente dell’1,2% e del 2,5%. Le due località riescono a offrire al mercato non solo ville milionarie, che vengono messe in affitto per decine di migliaia di euro a settimana, ma anche mono e bilocali in vendita con prezzi compresi fra i 175mila e i 250mila euro che possono essere affittati nei mesi estivi a 800-1.400 euro a settimana. Anche se la Sardegna soffre ancora di una stagionalità contenuta, che potrebbe essere ampliata perché il clima qui di solito è bello fino a ottobre.


Le due località campane sono Capri e Amalfi. Anche qui si va dalle ville di lusso agli appartamenti. Si trovano e si affittano mono e bilocale che hanno prezzi variabili fra i 4mila e i 6mila euro al metro e che sono oggetto di una domanda molto vivace di locazione, grazie soprattutto al turismo straniero.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Installazione dei sistemi di contabilizzazione in scadenza: come ripartire le spese

Il momento è (quasi) giunto. Il 30 giugno 2017 scade il termine per adeguarsi all’obbligo di contabilizzazione dei consumi di riscaldamento, acqua calda sanitaria e raffrescamento, imposto dal Dlgs 102/2014 a condomini ed edifici polifunzionali. 


A partire dal 1° luglio, salvo proroghe, diverranno operative le sanzioni (assai severe: multa tra le 500 e le 2.500 euro a unità immobiliare per il proprietario inottemperante).

Per la prima stagione termica successiva all’installazione, è possibile ripartire le spese secondo i millesimi di proprietà. Successivamente, si dovrà ripartire la spesa secondo i consumi effettivi, ricorrendo alla Norma Uni 10200. La regola generale prevede una possibile alternativa, qualora la Uni 10200 non sia applicabile (come nel caso del raffrescamento), o laddove vi siano differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari superiori al 50 per cento: attribuire almeno il 70% della spesa energetica ai consumi volontari, il rimanente ripartito secondo un parametro deciso dall’assemblea.


Il condominio che non ripartisca conformemente alle disposizioni di legge è soggetto ad una sanzione amministrativa tra le 500 e le 2.500 euro. Qualora l’installazione di sistemi di contabilizzazione non sia tecnicamente possibile, o non sia economicamente conveniente, una relazione tecnica garantirà la possibilità di non osservare l’obbligo.

Il Ministero, con una recente serie di Faq, ha specificato che non è necessario tenere conto delle detrazioni fiscali nella valutazione economica prodromica all’installazione. L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha chiarito già nel 2016 che è invece sempre possibile usufruire delle detrazioni del 50% nel caso di installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione (l’aliquota balzerebbe addirittura al 65% con sostituzione del generatore di calore con un modello a condensazione).
L’indicazione del Mise, quindi, è quantomeno dubbia: rischia di rendere economicamente non conveniente gran parte dei potenziali interventi. La contabilizzazione e una più efficace termoregolazione, infatti, generano sempre dei risparmi (energetici ed economici), ma non sempre tali da giustificare in un lasso temporale di 10-15 anni l’investimento necessario.


Qualora non si proceda alla contabilizzazione, la ripartizione spese seguirà quanto previsto dall’articolo 1123 del Codice Civile: la Uni 10200 non sarà pertanto obbligatoria, ma resterà tra i possibili criteri di riparto.


Se non arriverà un’ulteriore proroga (di cui si è molto parlato), dal 1° luglio sarà problematica la posizione anche per quanti, in condominio, hanno deliberato ma non si sono ancora adeguati. Il ministero ha infatti specificato che non è sufficiente aver deliberato i lavori, ma è necessario averli effettivamente realizzati entro il 30 giugno 2017.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Cambio di destinazione d'uso più facile con la "Manovrina"

Cambi di destinazione d’uso più liberi nei centri storici.


Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Manovrina 2017 (Legge 96/2017) si ammorbidisce la normativa che sembrava vietare il mutamento della destinazione d’uso in molte città. 

 

L’allarme era scattato dopo una pronuncia con cui la Cassazione aveva di fatto paralizzato l’attività degli Uffici tecnici. Adesso le regole sembrano più chiare, anche se bisogna valutare il carico urbanistico degli interventi e ad avere l’ultima parola sono comunque le Regioni. Vediamo perché.

Cambio di destinazione d’uso e carico urbanistico

Il testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) individua cinque categorie funzionali degli immobili (residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale e rurale) e stabilisce che, salvo diversa previsione da parte delle leggi regionali, è "urbanisticamente rilevante" il passaggio da una categoria all’altra. Questo significa che ogni Regione può decidere se il passaggio da una determinata categoria comporta un carico urbanistico o no.


Il Decreto “Scia” (D.lgs. 222/2016), nell’attività di riordino e schematizzazione dei titoli abilitativi, ha classificato come "Restauro e risanamento conservativo leggero", realizzabile previa presentazione della CILA, gli interventi che consentono destinazioni d’uso compatibili con quella iniziale e come "Restauro e risanamento conservativo pesante" i lavori sulle parti strutturali, ma che consentono sempre destinazioni d’uso compatibili. In questo caso è richiesta la SCIA.

 
Il decreto, al punto 8 della tabella di sintesi, classifica come "Ristrutturazione pesante" gli interventi che, all’interno delle zone A, comportano mutamenti urbanisticamente rilevanti della destinazione d’uso. La norma prevede in questo caso il permesso di costruire, che può anche formarsi per silenzio-assenso ai sensi dell’articolo 20 del testo unico dell’edilizia.
 

Cassazione: il cambio d’uso è una ristrutturazione pesante

A maggio la Corte di Cassazione ha affermato che il cambio di destinazione d’uso si qualifica sempre come un intervento di ristrutturazione edilizia pesante per cui è necessario il permesso di costruire.


La pronuncia ha avuto un impatto molto forte dal momento che, in molti centri storici le ristrutturazioni sono vietate, ma sono consentiti solo gli interventi di restauro e risanamento conservativo. Nella vicenda si sono schierati anche gli Architetti di Firenze paventando il rischio di abbandono dei centri storici che invece, grazie alla trasformazione degli edifici storici in alberghi o residenze di lusso, possono rinascere a nuova vita.
 

Manovrina 2017, ok ai restauri con cambi d’uso

A cercare di mettere ordine è intervenuta la Manovrina 2017, che ha modificato la definizione di "restauro e risanamento conservativo" ammettendo in questa tipologia di interventi anche quelli implicanti il mutamento della destinazione d’uso "purché compatibile con gli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo edilizio e con le previsioni dello strumento urbanistico generale e dei relativi piani attuativi".


Questa nuova definizione apre al cambio di destinazione d’uso all’interno dei centri storici. Per chiudere definitivamente il cerchio bisognerebbe tenere conto di questa nuova chance anche nella tabella di sintesi del Decreto Scia.


Fonte articolo: Edilportale.com

Mutui: crescono le nuove stipule, bassi tassi e meno sofferenze

Frenano le surroghe, ma continuano a crescere, seppur a ritmi meno sostenuti del passato, i mutui destinati all’acquisto.


E soprattutto si riduce ancora il tasso di sofferenza legato alle rate non saldate.

 

Secondo la 42esima edizione dell’osservatorio Assofin - Crif - Prometia, infatti, nel 2016 i mutui "hanno beneficiato di condizioni di offerta favorevoli, di un miglioramento delle prospettive del mercato degli immobili residenziali, dell'aumento della fiducia dei consumatori e, soprattutto, dei bassi tassi di interesse applicati".


Trend ancora in crescita, surroghe in calo 

Più nel detteglio i finanziamenti destinati all’acquisto hanno chiuso lo scorso anno a +31,7%, per poi proseguire nel trend di crescita nel primo trimestre 2017, sebbene in leggero rallentamento (+25,8%). Per le surroghe, invece, dopo tre anni di grande vivacità, a fine 2016 si registra una frenata (-0,1%), che si accentua in modo netto nel primo trimestre 2017 (-27,5%), "a causa della riduzione del numero dei mutui in corso per i quali l’operazione potrebbe essere ancora conveniente".


Questo nonostante i tassi dei mutui siano ancora in diminuzione: secondo il rapporto mensile Abi pubblicato oggi 20 giugno, a maggio il tasso medio è del 2,79%, contro il 2,81% di aprile e il 6,18% prima della crisi, a fine 2007. Con i due terzi dei mutuatari che scelgono il tasso fisso.


Nel credito al consumo tiene l’arredo 

Nel 2016 le erogazioni di credito al consumo "si sono riportate su valori molto vicini a quelli raggiunti prima della crisi economica, con i flussi finanziati che hanno fatto segnare un +16,3% rispetto al 2015.
Nel primo trimestre del 2017, la crescita si mantiene su ritmi ancora elevati, sebbene ad un ritmo leggermente inferiore (+15,4%)".


Positivi soprattutto i dati provenienti dai finanziamenti di auto e moto preso i concessionari (+26% nel primo trimestre) e i prestiti personali (+22,8%). Frenata invece per i finanziamenti finalizzati all'acquisto di altri beni e servizi (-7,3% nel trimestre), soprattutto a causa della contrazione nel campo elettrodomestici ed elettronica. Tiene però l’arredamento, "grazie alla coda delle detrazioni fiscali per l'acquisto di mobili e impianti per la casa (condizionatori, fotovoltaico) destinati a immobili oggetto di ristrutturazione edilizia".


Insolvenze vicine ai livelli pre-crisi 

Il tasso di default – cioè "l’indice di rischio di credito di tipo dinamico che misura le nuove sofferenze e i ritardi di 6 o più rate nell’ultimo anno di rilevazione" – del credito al dettaglio considerato nel suo complesso (quindi mutui immobiliari e credito al consumo) si è attestato a marzo 2017 all'1,7%, rispetto all’1,9% del marzo 2016.


"Si tratta – si legge nell’Osservatorio – del valore più contenuto rilevato negli ultimi anni". Se si prendono in considerazione i soli mutui, continua "il lento ma progressivo calo del tasso di default a 180 giorni, che a marzo 2017 si colloca all'1,3%, livello ormai vicinissimo ai livelli pre-crisi". "Il consolidamento della ripresa economica, i bassi tassi di interesse e la maggiore cautela di domanda e offerta _ spiega la nota – hanno contribuito al miglioramento della qualità del credito e ad erogazioni di nuovi finanziamenti via via meno rischiose sia per il credito al consumo sia per i mutui".


Importi e durata in aumento 

Con la ripresa dell’incidenza dei mutui di acquisto, nel 2016 si interrompe il trend di contenimento degli importi e delle durate contrattuali dei nuovi mutui, che aveva caratterizzato gli ultimi anni, a seguito del boom delle surroghe. La ripartizione delle erogazioni per fasce di importo finanziato mostra infatti un lieve incremento della quota di mutui di valore superiore a 200 mila euro e di durata superiore a 25 anni.


Prospettive di consolidamento 

Gi analisti di Assofin-Crif-Prometeia indicano "un consolidamento della crescita dei prestiti alle famiglie per il triennio 2017-2019, anche in considerazione degli ultimi dati congiunturali sul credito che certificano solide basi per una fase positiva del comparto anche per i prossimi anni". 


Permangono però dei rischi legati "all’incertezza politica per l’esito delle elezioni, che potrebbe rallentare i ritmi della ripresa". Le strategie degli operatori saranno, inoltre, "ancora condizionate dalle pressioni regolamentari - che detteranno ancora cautela nelle decisioni di impiego dei fondi - e dalla difficile gestione dello stock di Npl accumulato negli anni di crisi, uno dei temi più urgenti da affrontare".


Fonte articolo: IlSole24Ore.com

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