Come acquista casa chi è in pensione?

Il mercato immobiliare attira negli ultimi anni l’interesse di diverse tipologie di compratori.


Tra questi c’è anche la categoria dei pensionati che secondo un’indagine hanno rappresentato nel secondo semestre 2016 il 9% degli acquirenti immobiliari.

 

La percentuale è però più bassa di quanto riscontrato nello stesso periodo del 2015, quando il dato era superiore dello 0,3%.

quali immobili preferiscE CHI E' iN pensionE

L’analisi sottolinea che nel 60,3% dei casi gli ex lavoratori hanno comprato un’abitazione principale, mentre per il 26,9% e il 12,8% si è trattato rispettivamente di finalità investimento (+1,4% sull’anno precedente) e casa vacanza. Le richieste di questa classe di acquirenti si sono concentrate maggiormente sui trilocali, saliti al 35,4%, un tipo di alloggio preferito anche dai clienti di altre fasce di età.

Nelle scelte dei pensionati che acquistano un immobile ci sono quindi i bilocali con il 29,0% e i quadrilocali con il 13,6%. Per quanto riguarda le soluzioni diverse, come ad esempio ville, villette e rustici, la percentuale di acquisti si attesta sull’11,3%. Il 65,8% è coniugato, il 17,1% è celibe/nubile, il 12,5% è vedovo e il 4,6% è separato o divorziato.


Dal lato dei venditori, i pensionati hanno rappresentato il 29,6% degli offerenti. Di questi, il 65,8% ha ceduto casa per ottenere liquidità, il 20,8% per spostarsi in un’abitazione più confortevole ed il 13,4% per trasferirsi in un’altra città.


L'indagne nazionale ha rilevato che il 9,3% degli acquisti è stato effettuato con l’ausilio di un finanziamento, mentre il 90,7% delle compravendite è avvenuto senza l’intervento di un istituto di credito. La percentuale è chiaramente esigua rispetto ad altre tipologie di acquirenti, proprio a causa del fattore anagrafico. Tuttavia c’è una certa flessibilità da parte delle varie banche, che delineano un massimo tra i 75 e gli 80 anni come età da avere al momento della conclusione del piano di ammortamento. Alcuni intermediari, in virtù della stipula di polizze fideiussorie, spingono il limite di età fino agli 85 anni.

Fonte articolo: Mutuionline.it

 

 

Come sono cambiati i prezzi del mercato immobiliare negli ultimi 25 anni?

Dal 1993 al 2017 il Pil nazionale ha avuto una crescita del 18%, passando da 1340,7 miliardi di euro a 1581,5 miliardi, a fronte della crescita delle attività produttive del Paese, soprattutto nella fase tra il 2000 e il 2007.


Dopo la crisi del 2008, solo da un anno a questa parte l’andamento economico dell’Italia sembra essersi stabilizzato.

 

Dal punto di vista immobiliare, i prezzi reali mostrano una curva in salita fino al 1992, mentre dal 1993 cominciano a scendere fino al 1998, quando si attestano a una media nazionale di 1.588 euro al metroquadro, contro i 2.149 euro al metro quadro del 1992. Le compravendite, invece, iniziano ad aumentare dopo alcuni anni di stabilità, prima in maniera modesta tra il ’96 e il ’99, poi in modo sempre crescente nel nuovo millennio.


Il calo dei prezzi che si verifica nel 2008 è stato causato principalmente dal crollo del mercato immobiliare degli Usa e dal fallimento delle saving banks, che hanno messo in crisi i mercati europei e quello italiano. In questo frangente critico si è quasi arrivati a toccare i livelli raggiunti durante il precedente periodo di decremento.

A partire dal 1993 si possono distinguere quattro grandi fasi del mercato residenziale per i prezzi medi reali:

• Fase di contrazione: 1993-1999 (meno 19,2 per cento)

• Fase di crescita: 2000- 2007 (più 32,6 per cento)

• Fase di contrazione: 2008-2015 (meno 24,1 per cento)

• Fase di crescita: dal 2017 in poi


I prezzi medi reali in Italia continuano ancora il calo, ma ad una velocità decisamente frenata. Nel 2016 la variazione annuale dei prezzi medi nominali si attesta allo 0,5 per cento in meno dal 2015, meno 1,2 rispetto al 2000 in termini reali. Nel 2017 invece si stima una lieve ripresa (tra lo 0,3 e lo 0,8 per cento rispetto al 2016).


Roma e Milano, dimostrano che anche in tempi di recessione le eccellenze rimangono incontrastate. A partire dal 1990 le due più grandi metropoli italiane, capitali della politica, Roma, e della finanza, Milano, registrano un andamento dei prezzi nettamente superiore alla media italiana. Infatti, la fase di contrazione dei prezzi in queste città si è arrestata nel 2015, anticipando la tendenza che il mercato ha imboccando solo negli ultimi mesi del 2016.


Nel 2017 i prezzi medi nominali sono in aumento del 48,4%a Roma dal 1993 e del 43,5% a Milano nel semicentro, mentre la media italiana si attesta sul 37 per cento in più dal 1993. Le curve di andamento di Roma e Milano seguono quella nazionale, ma a dieci punti di distanza circa in media: la guardano dall’alto.


Anche per ciò che riguarda i prezzi reali le due città italiane mostrano di tenere un andamento migliore di quello italiano. Solo il centro di Milano vede un aumento del nove per cento rispetto a 25 anni fa, ma il suo semicentro, così come quello romano, mostrano un calo dei prezzi medi reali dell’otto e dell’undici per cento rispettivamente.


A crescere senza alcun dubbio e forse un po' paradossalmente, è stata la figura dell’Agente immobiliare che vede i professionisti passare da 22mila a 50mila.


Fonti articolo: 1. Infobuild.it, 2. Ilsole24ore.com

Truffa chi vende un immobile con APE non conforme

Vendere un immobile con prestazioni energetiche non conformi a quelle dichiarate nell'attestato di prestazione energetica (A.P.E.) costituisce una truffa contrattuale.


Ad affermarlo la seconda sezione penale della Corte di Cassazione.

 

Con la Sentenza Penale n. 16444 del 10 marzo 2017) la Suprema Corte di Cassazione ha annullato una precedente sentenza della Corte di Appello del Comune di Milano che aveva assolto un costruttore accusato di truffa contrattuale per aver vendito un immobile le cui prestazioni energetiche non erano conformi a quanto dichiarato nell'Ape (attestato di prestazione energetica). Il tribunale di Milano aveva assolto il costruttore dichiarando la sua buona fede perché aveva confidato nelle valutazioni dei tecnici.

Il ricorso davanti ai giudici della Cassazione era stato allora interposto sulla base di due vizi:

  • di motivazione: perché il costruttore non poteva essere in buona fede in quanto aveva realizzato lavori in economia, utilizzando materiali di qualità inferiore a quella dichiarata, di aver installato serramenti ed impianto di riscaldamento non conformi e di non aver rifatto il tetto.

  • di legge: perché almeno si sarebbe dovuto riconoscere un dolo eventuale in quanto la difformità delle opere rispetto al progetto avrebbero potuto presumibilmente avere delle conseguenze sulla classificazione energetica dell'immobile.

  • I giudici della Corte di Cassazione hanno quindi riconosciuto la responsabilità del costruttore perché la difformità tra i lavori eseguiti e quelli progettati e la conseguente vendita con una classe energetica effettiva non corrispondente a quella dichiarata non poteva sfuggire al costruttore.  

    Fonte articolo: Idealista.it

     

    Cos'è la polizza globale di fabbricato?

    Per mettersi al riparo da eventuali danni causati a terzi o che potrebbero verificarsi all’interno dello stabile, ogni condominio è libero di stipulare la cosiddetta “polizza globale fabbricati”.


    Tale contratto di assicurazione non è contemplato da nessuna norma e, di conseguenza, ha carattere facoltativo, a meno che non sia previsto dal regolamento condominiale: solo in questo caso l’amministratore può sottoscrivere la polizza senza il placet dell’assemblea. 

     

    L'assemblea deve comunque essere informata sui termini contrattuali, così da valutare durata, coperture, costi e altri elementi fondamentali, ad esempio le franchigie, ossia gli importi che, a fronte di un danno, non sono rimborsati dalla compagnia assicurativa e ricadono sui singoli condòmini. 


    La polizza è definita “globale” perché nella maggior parte dei casi copre un ampio ventaglio di sinistri, che possono interessare direttamente lo stabile (incendi, fulmini, allagamenti, esplosioni, ecc), i condomini che vi abitano o terze persone, ad esempio il passante colpito da un pezzo di cornicione staccatosi dall’edificio. 
    Il costo dell’assicurazione è suddiviso fra tutti i condomini proprietari, che pagano in proporzione ai millesimi di proprietà in loro possesso.


    Nel caso in cui la polizza non sia contemplata dal regolamento, pur essendo l’amministratore il soggetto che materialmente firma l’accordo, a decidere è sempre l’assemblea, che delibera con il quorum previsto dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile, ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
    La stessa maggioranza si applica in caso di rinnovo o disdetta dell’accordo, tenendo presente che in quest’ultimo caso, interrompendo il contratto prima della sua scadenza naturale, il condominio potrebbe essere costretto a pagare una penale.


    Può accadere che l’amministratore decida di sottoscrivere, rinnovare o risolvere in modo arbitrario la polizza. In casi simili, oltre al risarcimento danni, il condominio può chiedere la revoca giudiziale del professionista. Revoca che, come disposto dall’articolo 1129, comma 11, può essere deliberata in qualsiasi momento dall’assemblea, con la stessa maggioranza prevista per la nomina, ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. 


    A più riprese la Corte di Cassazione (in ultimo la sentenza 6 luglio 2010, n. 15872) ha specificato come il professionista "(...) non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione". E poco importa che l’amministratore, legato al condominio da un contratto di mandato, sia tenuto ad agire "con la diligenza del buon padre di famiglia" o che, a norma dell’articolo 1130, numero 4), del Codice civile, sia obbligato a "compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio".


    La Suprema Corte ha, infatti, chiarito come la norma si riferisca "(...) ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto di assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la suddetta norma avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine, quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato". 


    Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

    La casa è il bene più sicuro da regalare ai figli

    Il bene più prezioso su cui investire in caso di figli? La casa, senza dubbio, così da poterla lasciare in eredità.


    La pensa così la maggioranza degli italiani, precisamente il 51,7%, stando a un sondaggio di Immobiliare.it.

     

    Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it, commentando i dati, ha affermato: "Se i dati mostrano come gli italiani siano ancora molto legati alla proprietà immobiliare, ben più di quanto accada nei Paesi del Nord Europa, rispetto agli anni della bolla questa convinzione comincia a vacillare. Nel 2006, infatti, oltre il 60% degli intervistati nel nostro stesso sondaggio dichiarava che avrebbe scelto una casa come bene da tramandare ai propri figli, considerando il momento storico in cui i valori immobiliari continuavano a salire e la domanda si manteneva su livelli molto sostenuti".


    Analizzando le 10mila risposte del sondaggio, inoltre, si è evidenziato che non ci sono grosse differenze fra le diverse fasce d’età e le aree geografiche: le percentuali di chi investirebbe in una casa per i figli sono poco più elevate della media nazionale al Sud (54,38%) e fra gli over 60 (58,23%).


    LE MOTIVAZIONI DELL’ACQUISTO

    Il 41,65% degli intervistati ha affermato di volere lasciare una casa ai propri eredi perché ritiene che sia l’unico bene durevole; il 29%, inoltre, lo farebbe perché ha poca fiducia che le nuove generazioni possano fare altrettanto in modo autonomo. Il 18%, poi, ha dichiarato che comprerebbe un immobile ai figli affinché possano evitare di sprecare denaro in affitto.

    Oltre il 48% di chi ha risposto al sondaggio di Immobiliare.it ha anche manifestato la volontà di comprare una casa prima per sé per poi lasciarla in eredità ai figli, mentre il 37,81% ne acquisterebbe un’altra direttamente per loro. Solo il 13,93% investirebbe in una casa vacanza.


    E LA FUGA DEI CERVELLI?

    Si sa, quello che stiamo vivendo è un periodo dove molti giovani devono spostarsi per trovare un posto di lavoro degno di questo nome, soprattutto dal Sud verso il Centro – Nord e dall’Italia verso il Nord Europa. Nonostante ciò, però, il 61,36% dei genitori acquisterebbe una casa nella propria città; il 19,20% punterebbe a uno dei grandi centri italiani; il 13,34% opterebbe per una località di villeggiatura; solo il 6,10% investirebbe in un Paese estero.


    Fonte articolo: Quifinanza.it

    Novità "prima casa": ammessa la rettifica del cambio di residenza

    Tra le motivazioni per poter usufruire delle agevolazioni sulla prima casa rientra anche quella relativa a chi acquista nello stesso Comune in cui lavora.


    Con una risoluzione del 27 aprile l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che una dichiarazione di questo tipo può essere rettificata successivamente all’atto notarile. 

     

    Ma andiamo con ordine e spieghiamo come si è arrivati a questo provvedimento.

    Il caso da cui è partito tutto è quello di un avvocato che aveva aperto uno studio nel paese in cui avrebbe dovuto seguire un nuovo cliente. Contestualmente il professionista aveva acquistato un immobile godendo delle agevolazioni sulla prima casa e dichiarando di avere proprio nel Comune la sua sede di lavoro. Una volta conclusa la compravendita le condizioni lavorative sono decadute e lo studio non è più stato aperto. Da questo proviene la possibilità di rettifica della dichiarazione, nella quale ci si può impegnare a trasferire la propria residenza e la propria sede lavorativa entro i 18 mesi successivi all’atto notarile.


    Questo provvedimento si aggancia a quello già esistente per cui le condizioni di accesso alle agevolazioni prima casa possono essere rettificate successivamente all’atto. Sia che si tratti di un acquirente con residenza già stabilita nel Comune, sia che si tratti di un impegno a trasferirsi in 18 mesi, sia che si tratti di qualcuno che lavora o studia nel luogo in cui è ubicato l’immobile, qualora venga riscontrata una dichiarazione mendace o non venga rispettato l’impegno preso, il fisco potrà recuperare il valore dell’imposta maggiorata sull’acquisto, compresa di mora.


    Fonte articolo: Immobiliare.it

    Passaggio di proprietà di un immobile: quando avviene?

    Quando avviene, in termini giuridici, il passaggio di proprietà di una casa o più in generale di un bene immobile?

    Al momento dello scambio dei consensi, alla firma del contratto preliminare, alla consegna materiale dell'abitazione?

     

    La questione ha dei risvolti di non poco conto sia in relazione ai diritti che le parti possono vantare sui beni, nonché verso le controparti, sia in relazione a rischi e responsabilità connessi al possesso/detenzione degli immobili.
    Partiamo da dato certo: in relazione alla compravendita immobiliare, nel nostro ordinamento, vale il così detto principio consensualistico, previsto dall'art. 1376 c.c., rubricato Contratto con effetti reali, che recita:

    Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.


    In buona sostanza per la legge italiana è sufficiente formalizzare, nei modi specificamente previsti, i consensi delle parti affinché la proprietà di un bene, meglio il diritto di proprietà su di esso, possa dirsi trasferita dal venditore all'acquirente.
    Si badi: consenso espresso nelle forme previste dalla legge.


    Così, ad esempio, in relazione agli immobili, il codice civile prevede che per la compravendita sia necessario – a pena di nullità – concludere il contratto o mediante scrittura privata o mediante atto pubblico.
    Ciò vuol dire che se Tizio intende vendere a Caio la propria unità immobiliare dovrà farlo con un contratto scritto dal quale emergano gli elementi fondamentali dall'accordo (consensi, oggetto e causa).


    Nel momento in cui l'accordo è raggiunto, cioè il contratto è siglato, la vendita è da ritenersi perfezionata e di conseguenza la proprietà passata in capo all'acquirente.

    Due considerazioni sulla vicenda:

    a) per il passaggio di proprietà di un immobile la trascrizione non è necessaria, essa ha mera finalità di pubblicità notizia, ossia di rendere opponibile a terzi il trasferimento;

    b) la consegna dell'immobile da parte del venditore rappresenta un'obbligazione connessa al contratto non avendo alcuna rilevanza in relazione al passaggio di proprietà del bene.

    In questo contesto il contratto preliminare non ha alcun valore in relazione al passaggio di proprietà: con il contratto preliminare le parti s'impegnano a stipulare, successivamente, un contratto di cessione del bene.
    Nel così detto preliminare, quindi, sono stabiliti una serie di elementi volti a disciplinare modalità e termini di stipula del contratto definitivo. Il contratto preliminare può essere oggetto di esecuzione giudiziale (art. 2932 c.c.) volta ad ottenere la vendita, ma non è capace di trasferire la proprietà.


    Un effetto della cessione al momento dello scambio dei consensi riguarda anche i rischi connessi al perimento del bene prima della sua consegna. Il primo comma dell'art. 1476 c.c. rende ancor più chiaro quanto sia determinante il consenso più che la consegna in relazione al passaggio di proprietà.

    Recita la norma:

    Nei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali, il perimento della cosa per una causa non imputabile all'alienante non libera l'acquirente dall'obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata.


    Fonte articolo: Condominioweb.com

    Numeri in crescita per i mutui nel I trimestre del 2017

    A marzo le richieste di mutuo pervenute alle varie banche hanno registrato un incremento dell’1,7% rispetto allo stesso mese del 2016, periodo che si era già contraddistinto per un sostanzioso +17,3% sui trenta giorni dell’anno precedente.


    Il rafforzamento della domanda è stato rilevato dal Barometro del CRIF (Centrale Rischi Finanziari), che analizza i dati provenienti da vere e proprie istruttorie formali e non da semplici informazioni ottenute presso gli intermediari. 

    I volumi raggiunti a marzo eguagliano l’ottima performance del 2010: l’aggregato dei primi tre mesi dell’anno fa segnare un +0.4%, un risultato che risente della battuta d’arresto registrata a febbraio.


    "Il primo trimestre 2017", commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF, "si è chiuso con un trend sostanzialmente piatto del numero di interrogazioni relative alle richieste di nuovi mutui e surroghe, a cui si associa però la ripresa del valore dell’importo medio rispetto al corrispondente periodo del 2016. Parallelamente, prosegue anche la crescita della durata media dei mutui richiesti, probabilmente riconducibile a una minore incidenza delle surroghe sul totale delle richieste. Con uno scenario immobiliare in ripresa sul fronte dei prezzi e delle compravendite, il mercato del credito sta quindi ben supportando questa rinascita, indice anche di una rinnovata fiducia da parte delle famiglie italiane".


    La risalita dell’importo medio porta la somma richiesta a 125.576 euro, una cifra che è superiore di quasi 2.700 euro sul corrispondente periodo dello scorso anno – quando si era fermata a 122.879 euro.
    Guardando i dati del primo trimestre si nota che la fascia di importo preferita è sempre quella compresa tra i 100 e i 150 mila euro, con una quota pari al 29,5%. Rispetto ai dati rilevati tra gennaio e marzo del 2016, si registra una diminuzione dell’1,2% delle richieste di ammontare inferiore a 100.000 euro (il 47,5% del totale) a vantaggio di una crescita delle classi oltre i 150.000 euro, passate dal precedente 21,7% all’attuale 23,0%.


    Sempre nel primo trimestre si conferma il successo dei piani di ammortamento con classe di durata compresa tra i 16 e i 20 anni, che raggiungono una quota pari al 24,2%. A questo risultato si affianca una variazione negativa dell’1,8% per il range 6-10 anni, mentre riprendono quota le classi 0-5 anni e 26-30 anni, entrambe con un +0,3%.
    Osservando, infine, la distribuzione delle interrogazioni in relazione all’età del richiedente, l’ultimo aggiornamento del Barometro conferma la predominanza della fascia compresa fra i 35 e i 44 anni, che si attesta al 35,7% del totale.


    Fonte articolo: Mutuionline.it

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