Come ridurre le potenziali oscillazioni della rata mutuo?

Euribor è una parola che gli italiani continuano inevitabilmente ad accostare ai mutui variabili, che nonostante la spiccata preferenza accordata negli ultimi mesi ai prodotti a tasso fisso rappresentano pur sempre i due terzi dei prestiti immobiliari al momento in mano alle famiglie del nostro Paese.


Certo, ormai da qualche anno il parametro che serve a determinare il valore di ciascuna rata mese dopo mese non fa parlare più di sé, se non per il fatto di aver raggiunto un valore addirittura negativo.

Molti però non avranno dimenticato quel periodo in cui, ormai quasi dieci anni fa, la situazione era completamente capovolta e gli sbalzi di volatilità (soprattutto al rialzo come quelli successivi alla crisi subprime e al crack Lehman) misero in seria difficoltà un significativo numero di debitori nei confronti delle banche. Proprio per questo una riforma del processo di calcolo dell’Euribor che in teoria potrebbe comportare oscillazioni del tasso forse superiori a quanto si sia visto con il precedente metodo non è cosa che faccia dormire sonni tranquilli.


Oggi per la verità il grafico dell’Euribor somiglia a un encefalogramma piatto, e di volatilità ne vedremo probabilmente poca anche nel prossimo futuro, visto che la rimozione dello stimolo monetario del piano Draghi (che ha contribuito al crollo sottozero dei suoi valori) avverrà a un ritmo estremamente graduale e per vedere il primo rialzo dei tassi da parte della Bce occorrerà attendere almeno la seconda metà del 2019. Ma la durata di un mutuo è per definizione pluridecennale, quindi si dovrà mettere pure in conto un ritorno a situazioni di mercato più "normali" rispetto alla situazione attuale artificialmente creata dalla liquidità immessa dalle Banche centrali: fasi dettate dal ciclo economico che, per definizione, sono necessariamente più movimentate.


Al di là dell’eterno dilemma fra fisso e variabile, che in linea di massima non dovrebbe essere influenzato dal metodo di calcolo del tasso, il suggerimento degli operatori sarebbe di orientarsi verso un prodotto che determina la rata rilevando il parametro di riferimento (Euribor, ma anche Irs) non sulla base di una singolo valore giornaliero, ma su una media di periodo, mensile o addirittura trimestrale. "Questo permetterebbe sia di ridurre le potenziali oscillazioni di una rata, sia di prevedere in modo migliore, per quanto possibile, il suo andamento nel breve termine", conferma Roberto Anedda, direttore marketing del broker MutuiOnline.it.


In fin dei conti anche lo stesso mutuo variabile agganciato al tasso Bce, ora caduto pressoché nel dimenticatoio, era stato creato quasi dieci anni fa proprio per limitare al minimo le brutte sorprese legate all’Euribor. Il problema però è che la maggior parte dei prestiti casa a tasso variabile presenti al momento sul mercato italiano continua a calcolare la rata prendendo un singolo valore del discusso parametro, in genere il primo o l’ultimo di un mese: lo fanno per esempio 13 dei 21 (cioè il 62%) prodotti disponibili sulla piattaforma MutuiOnline, un campione piuttosto significativo di banche visto che rappresenta oltre l’80% dell’erogato su scala nazionale. 


Potrebbe apparire una questione di dettagli, a maggior ragione se si pensa all’andamento recente dell’Euribor, ma il "diavolo" spesso si nasconde proprio in questi particolari. Basta infatti confrontare i valori massimi e minimi raggiunti dal "vecchio" Euribor in ciascun mese dal 1999 in poi con la media registrata nel corrispondente periodo per scoprire che le cose non sono sempre filate via lisce come negli ultimi anni condizionati dal quantitative easing


Nel periodo successivo al fallimento di Lehman Brothers, la differenza fra media mensile e valore massimo ha anche oltrepassato il punto percentuale. E non si tratta certo di uno scarto di poco conto, se si pensa che per un mutuo medio da 120mila euro comporta una spesa aggiuntiva per interessi di quasi 60 euro mensili ai danni di chi ha avuto la "sfortuna" di vedersi fissare la rata proprio nel giorno del picco del tasso. Si può legittimamente obiettare che nel lunghissimo periodo che caratterizza la durata di un prestito immobiliare le coincidenze sfavorevoli tendono a compensarsi con quelle favorevoli, così come avviene per i cicli economici al rialzo e al ribasso. Ma la volatilità eccessiva che non giova a nessuno e che può creare grossi grattacapi alle famiglie si potrebbe evitare con poco. 


Fonte articolo: IlSole24ore.com vetrina web

Qe prorogato: ottima notizia per i mutuatari

Dalla Bce arrivano notizie positive per le famiglie italiane. Soprattutto per ciò che riguarda il settore del credito al consumo e dei mutui.


Difatti la proroga di nove mesi della politica espansiva (ieri l’istituto ha annunciato che l’acquisto di titoli, chiamato quantitative easing, non terminerà più a fine anno ma proseguirà almeno fino a settembre 2018) contribuirà a mantenere molto bassi i tassi delle obbligazioni. 

E, di conseguenza, anche i tassi del mercato monetario, sia a breve termine (Euribor) che a lungo (Eurirs). Ciò vuol dire che per i mutuatari (sia del tasso variabile che del tasso fisso) così come per chi ha un prestito non ipotecario sotto le varie modalità di credito al consumo (che girano a tasso fisso) l’attuale era dei tassi nominali ai minimi storici proseguirà senza intoppi.


Perché l’atteggiamento ancora molto espansivo della Bce (è da considerarsi tale nonostante andrà a ridurre da 60 a 30 miliardi l’iniezione mensile di liquidità) sta spingendo e spingerà ancora le banche ad erogare mutui a condizioni favorevoli. "Considerando le durate dai 20 anni in su - spiega Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.it - i migliori tassi fissi si mantengono al di sotto del 2%, e i tassi variabili più convenienti si trovano tra 0,60% e 0,80%".


Molte banche offrono spread (in particolare per mutui non superiori al 60% del valore dell’immobile) inferiori all’1%. Per rivedere gli stessi spread bisogna tornare indietro di 10 anni, quando il mercato immobiliare e quello dei prestiti ipotecari hanno vissuto l’ultimo picco euforico. Il tasso di interesse del mutuo non è dato solo dallo spread stabilito dalla banca. L’altra componente si ricava dai tassi del mercato monetario (gli indici Euribor per i mutui a tasso variabile e gli indici Eurirs per i mutui a tasso fisso). Ed ecco perché la decisione della Bce di proseguire nell’atteggiamento espansivo è una buona notizia per i mutuatari. Perché contribuirà a tenere bassi sia gli Euribor che gli Eurirs.


I primi sono influenzati dall’andamento del tasso sui depositi, in questo momento fissato dalla Bce addirittura sottozero (-0,4%). Non è quindi un caso che l’Euribor con scadenza a un mese sia a -0,37% e quello trimestrale (molto diffuso nelle proposte di mutuo) a -0,33%. Non appena la Bce inizierà ad alzare i tassi gli indici Euribor saliranno di conseguenza. Ma ieri, tra le righe, l’istituto di Francoforte ha lasciato intendere che un’eventuale stretta monetaria (ovvero un rialzo del tasso sui depositi) è rimandata al 2019. Prima di ieri i mercati invece si aspettavano un mini-rialzo già nel 2018. Quindi la Bce, in sostanza, ha lanciato il messaggio a chi in questo momento sta pagando (o ha intenzione di stipularne uno) un mutuo a tasso variabile, di non preoccuparsi. All’orizzonte non è previsto uno scatto dei tassi e, in scia, anche dei valori degli Euribor.
Del resto i future (scambiati sul mercato londinese Liffe) che proiettano l’Euribor a 3 mesi da qui a 5 anni indicano ora un ritorno su valori positivi solo nel 2020.

 

"Per quanto tali previsioni siano da considerarsi unicamente indicative e passibili di notevoli cambiamenti nel corso del tempo - continua Anedda - quello che appare chiaro è che il periodo di ampia disponibilità di capitali a costi minimi si allunga ulteriormente".
Buone notizie anche sul fronte del partito del tasso fisso. Se la Bce continuerà a comprare titoli di Stato almeno anche per il prossimo anno vorrà dire che anche i tassi dei Bund resteranno bassi. La riprova è arrivata ieri quando, dopo le parole del governatore Draghi, il tasso del decennale tedesco è sceso da 0,48% a 0,42%. Dato che gli indici Eurirs (sulla base dei quali viene stabilita l’entità del tasso fisso del mutuo nel giorno della stipula) seguono da vicino quelli del Bund, vuol dire che anche le nuove offerte (così come le proposte di surroga) a tasso fisso resteranno competitive, o costeranno ancora meno.


L’altro lato della medaglia della politica espansiva della Bce è che i conti di deposito continueranno ad avere tassi nominali molto bassi. Ma nella maggior parte dei casi comunque più alti rispetto ai tassi sottozero a cui viaggiano ora i BoT, storici rivali delle giacenze remunerate da parte delle banche.


Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Perchè le pratiche di mutuo si bloccano nella metà dei casi?

Metà delle pratiche si blocca ancora prima di iniziare per mancanza dei documenti.


E in un terzo dei casi si scoprono difformità edilizie o catastali, che possono anche compromettere la trattativa.

Ecco che cosa accade quando le banche affidano una valutazione immobiliare per istruire una pratica di mutuo. È quanto emerge da un’analisi basata su un campione enorme, circa 300mila operazioni, che Assovib, associazione che rappresenta le principali società del settore, ha anticipato a Casa24 Plus. Uno studio che fa emergere una situazione ancora oscura a livello di corrispondenza tra patrimonio edilizio e catasto.


Sul totale delle perizie analizzate, il 65% riguardava pratiche di nuovi mutui. Nel restante 35% si trattava di rivalutazioni periodiche, anche queste a servizio del mondo bancario, per immobili collegati a crediti in bonis, sofferenze o Npl. "Questo secondo gruppo è oggettivamente problematico perché si tratta di recuperare documentazione spesso datata e frammentaria. Stupisce, invece, la farraginosità ancora frequente riscontrata nelle nuove richieste di finanziamento", dice Francesco Simone, responsabile del Comitato tecnico-scientifico dell’associazione.


Che cosa trovano la società quando la banca invia i documenti? Nel 44% dei casi l’incartamento è incompleto, perché mancano certificati all’apparenza semplici come la visura o la planimetria catastale aggiornate e l’atto di provenienza della casa. Un intoppo che in media allunga l’iter di 11 giorni. Ma soprattutto, nel 17,5% dei casi si riscontra una difformità edilizia (e quindi anche catastale) e in un altro 18,5% un problema solo catastale: in totale un 36% di situazioni da sanare.


"La casistica è varia. Ad esempio, cambi di destinazioni d’uso dei vani non aggiornati al catasto, aumenti di volumetrie non aggiornati o addirittura non autorizzati, in qualche caso anche nuove porzioni di fabbricato abusive – continua il responsabile Assovib –. Le possibilità di rimediare variano naturalmente a seconda del caso. Una camera trasformata in bagno si recupera agevolmente con una denunciata tardiva, così come una veranda illegale si può far smontare con una spesa contenuta. Mentre l’aggiunta di metri quadrati non autorizzati è più complicata e in quei casi banca e proprietario valutano più a fondo. In linea di principio le banche non rischiano a immettere nel circuito del credito immobili abusivi".


Perché succede? Un po’ tutti gli attori in campo sono coinvolti, compresi i proprietari, colpevoli talvolta per noncuranza, altre volte intenzionalmente. "Sono migliaia i casi in cui i privati non siano in possesso dell’atto di proprietà, magari perché il notaio non l’aveva spedito subito e si sono scordati di richiederlo. E sono tanti coloro i quali hanno effettuato dei lavori regolarmente denunciati al Comune, senza poi comunicarlo al catasto. Un passaggio che non va in automatico, ma che deve essere espletato a fine lavori e comporta un costo in più, anche di 6-700 euro, che magari si preferisce evitare".


"Succede anche che siano le banche a sottovalutare l’importanza di un documento e quindi a non richiederlo all’aspirante mutuatario, finendo così per allungare la pratica" aggiunge Simone. Tutto questo, nonostante Abi, Assovib e altre associazioni del settore abbiano lavorato mesi per mettere a punto le “Linee Guida Abi per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie”, non un obbligo di legge, ma un codice di autoregolamentazione dettato dalla cosiddetta “Direttiva mutui” 2014/17/Ue. Insomma, c’è ancora molto da fare. "Maggior cultura della valutazione immobiliare – chiosano da Assovib – sarebbe auspicabile a tutti i livelli delle filiera".


Fonti articolo: IlSole24ore, vetrina web

Quali sono le polizze a protezione del mutuo più convenienti?

Costano dal 2% fino a punte che superano il 10-12% dell’importo erogato e continuano ad assicurare alle banche lauti guadagni in provvigioni.


Ma i consumatori sono più informati e potrebbe presto aprirsi un mercato più competitivo, con conseguente discesa dei prezzi, grazie alle ultime novità contenute nella legge 4 agosto 2017 (Ddl Concorrenza). 

 

Parliamo delle polizze a protezione del mutuo, definite generalmente Cpi (Credit protection insurance), ossia contratti vita, danni, o molto spesso multirischi, volti a garantire la corretta restituzione del prestito in caso eventi come la morte del titolare del finanziamento, invalidità, perdita dell’impiego per i lavoratori dipendenti o infortuni che mettano a repentaglio il reddito degli autonomi.


Diffusione e provvigioni 

"La loro diffusione è rimasta stabile negli ultimi anni. Ma c’è più consapevolezza da parte dei clienti, alcuni dei quali addirittura considerano l’offerta assicurativa come criterio con cui scegliere la banca cui affidarsi", ragiona Ivano Cresto, responsabile dell’area mutui dei brand Mutui.it e Facile.it.
Per costi ed opacità nelle condizioni queste assicurazioni sono però più volte finite nel mirino dell’Ivass, che in passato ha anche condannato i premi eccessivi, spinti da provvigioni per la rete distributiva che potevano toccare l’80%. Provvigioni che oggi, comunque, restano sostanziose e si portano via tra il 25% e il 50% del premio.


Prezzo variabile 

Qual è il prezzo corretto di una polizza Cpi? Le offerte migliori partono da circa il 2% dell’importo erogato per una semplice protezione vita (la più diffusa, il 56,7% del totale secondo l’Ivass) salendo intorno al 6-7% per un pacchetto di protezione completo (benché sul mercato siano commercializzate offerte che costano quasi il doppio, con casi in cui a meno garanzie, almeno sulla carta, corrispondo prezzi più alti).


"Una forchetta compresa tra il 2,5% e il 6,5% dell'importo è ragionevole, considerando la formula più diffusa, cioè quella del premio unico anticipato" – conferma Luca Franzi, presidente nazionale di Aiba, associazione italiana broker assicurativi. "Oltre questa soglia, meglio cercare qualche preventivo in più".


Ma il premio non è il solo indicatore di cui tenere conto, anche perché le polizze non sono identiche ed è fuorviante raffrontarle guardando solo alla spesa. Intanto, occorre valutare le reali esigenze del soggetto. 
"Sembra scontato, ma una polizza sulla vita o contro l’inabilità interesserà di più chi ha eredi da tutelare. Un giovane single, invece, potrebbe privilegiare solo quella contro la perdita di impiego, facendo attenzione che il contratto includa i nuovi rapporti di lavoro introdotti con il Jobs act e che abbia la maggior durata possibile, per quanto difficilmente si trovano garanzie che coprono l’intero arco del finanziamento, specialmente nelle durate lunghe come 30 anni", dice Cresto di Facile.it.


Polizze collettive e individuali 

Poi occorre conoscere alcune definizioni. Oltre il 90% del mercato è fatto da polizze "collettive", opposte alle "individuali". Sono polizze standard, basate su ampi accordi fra istituto di credito e partner assicurativo, uguali per tutti i clienti. "Nel contratto, il contraente non è il mutuatario ma quasi sempre è il broker assicurativo cui si appoggia la banca. Il vantaggio è che in questo modo gli istituti spalmano il rischio su migliaia di beneficiari e riescono a offrire prodotti più vantaggiosi e accessibili. Nel caso morte, per esempio, la polizza collettiva ha lo stesso costo a prescindere dall’età dell’intestatario, mentre in un accordo individuale il premio sale sensibilmente con l’aumentare dell’età", spiega ancora Cresto.

 

Attenzione, poi, a esclusioni e casi specifici. Sempre nel “caso morte”, verificare che sia incluso non solo il decesso per infortunio, ma anche quello conseguente a malattia, benché questa protezione costerà un po’ di più. Per la perdita di impiego, cercare un prodotto che conceda la durata massima di sostegno, che di solito si ferma a 12 mensilità ma in alcuni casi può arrivare a 24 o 36 mesi. In generale, sia come costo sia come ottica assicurativa, è meglio mettere in conto ogni eventualità e optare per un pacchetto completo di garanzie.


Eccezioni da valutare 

Ma ci sono eccezioni in cui è meglio ragionare su singole garanzie. "Prendiamo un capofamiglia che abbia già una propria polizza vita in corso quando accende un mutuo. Può chiedere di inserire la banca fra i beneficiari invece che sottoscrivere un prodotto fotocopia", dice Franzi di Aiba. E non è raro il caso di due coniugi entrambi intestatari del mutuo. "Se questi hanno condizioni lavorative diverse, ad esempio il primo è dipendente privato, il secondo pubblico, si potrebbe “giocare” associando la perdita di impiego solo al primo e l’invalidità al secondo, valutando anche se assicurare per un importo maggiore colui che ha un reddito più consistente", aggiunge Cresto.


Modalità di pagamento 

Il premio unico anticipato è il più utilizzato: si paga tutto subito, inserendo il costo della polizza all’interno dell’importo finanziato. La banca ci guadagna perché calcola gli interessi su una somma più alta, il cliente diluisce il costo nelle rate lungo il piano di ammortamento. L’alternativa è il premio ricorrente, dove il cliente paga ogni anno. È sempre una soluzione più costosa (se prevista), ma potrebbe essere una scelta obbligata. "Spesso, infatti, quando il loan to value è già ai limiti, intorno all’80%, non c'è ulteriore spazio per inserire il costo della polizza. Allora si sceglie questo tipo di premio o il cliente decide di stipulare l'assicurazione vita più avanti con l'età", conclude Cresto di Facile.it.


La legge sulla concorrenza 

Il Ddl concorrenza approvato dal Parlamento prima delle vacanze estive (legge 4 agosto 2017, n. 124, comma 135 ) ha fissato alcuni punti che vanno nella direzione di rendere più trasparente il mercato delle polizze abbinate ai mutui. Ma restano alcune zone d’ombra. In primo luogo, viene sancito il principio che il consumatore sia libero di scegliersi sul mercato l’assicurazione, sia vita sia danni, e questa deve essere accettata dall’istituto di credito. Una condizione che dovrebbe aprire il mercato a prodotti meno cari e facilmente confrontabili tra loro. Infatti la legge obbliga la banca ad accettare la polizza del cliente, purché il contratto rispetti una serie di contenuti minimi.


Nei prossimi mesi, Abi, Ania e Ivass dovrebbero essere chiamate a definire un elenco di caratteristiche standard dei contratti. Naturalmente, però, può essere anche la banca a proporre una polizza, dietro sollecitazione propria o del consumatore. E in questo caso, il legislatore e l’autorità di vigilanza dovranno chiarire se resti ancora valida l'indicazione del Decreto Salva Italia del 2012, che si limitava peraltro alle polizze vita, e che imponeva alle banche di fornire due preventivi extra gruppo, insieme alla polizza "di casa".


Diritto di recesso 

In secondo luogo, il Ddl conferma quanto già indicato al mercato dall’Ivass e cioè che su queste polizze vale un diritto di recesso a favore del cliente di 60 giorni dal momento della stipula. Il testo aggiunge che la banca dovrà illustrare questa opzione al cliente con una comunicazione ad hoc, separata dal resto della documentazione contrattuale.
In terzo luogo, per rendere chiaro il costo dell’assicurazione, l’istituto è tenuto a "informare il richiedente della provvigione percepita e dell’ammontare della provvigione pagata dalla compagnia assicurativa all’intermediario, in termini sia assoluti che percentuali sull’ammontare complessivo".


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Possibile stipulare un mutuo per il 100% del valore della casa?

Il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (Cicr) stabilisce che il mutuo concesso da una banca per l'acquisto di un immobile non possa superare l'80% del suo valore. 


In caso contrario il finanziamento puo' considerarsi nullo e l'istituto di credito puo' perdere quanto prestato in eccesso. Ma ci sono delle condizioni particolari che permettono l'ottenimento di un loan to value superiore.

E' importante per la banca, prima di concedere il finanziamento, assicurare l'effettivo valore dell'immobile attraverso una perizia. Una volta accertato il valore reale, per concedere una somma maggiore dell'80% richiede la presenza di una fidejussione bancaria sull'importo aggiuntivo.


E' cioe' importante che sia presente un garante che si assuma la responsabilità di ripagare il debito nel caso in cui il mutuatario non fosse più in grado di farlo. Bisogna inoltre sottolineare che un mutuo al 100% comporta un rischio maggiore per l'istituto di credito e per questo le condizioni offerte non sono così vantaggiose, comportando di fatto spread e tassi più elevati.

Fondo garanzia prima casa

Un'occasione particolare per ottenere un finanziamento pari al 100% del valore dell'immobile è concessa alle giovani coppie che facciano richiesta per accedere al Fondo di garanzia prima casa. Prorogato dalla legge di stabilità 2017, il fondo consente di ottenere dallo Stato una garanzia sul finanziamento pari al 50% della quota capitale, sempre e quando si rispettino determinate condizioni.


Fonte articolo: Idealista.it

Appello Fiaip pro emendamento restrittivo nel "salva banche"

La Fiaip, Federazione italiana agenti immobiliari professionali, ha rivolto un appello al presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni, a fare proprio l’emendamento 7.0.1 al Decreto salva-banche, depositato e firmato da 56 senatori.

Tra i 56 aderenti compaiono i nomi del Sen. Paolo Romani (FI), del Sen. Stefano Candiani (LEGA NORD), della  Sen. Erika Stefani (LEGA NORD), della Sen. Maria Spillabotte (PD), del Sen. Stefano Esposito (PD), della Sen. Camilla Fabbri (PD), del Sen. Piero Aiello (NCD – Cpi), del Sen. Gaetano Quagliariello (GAL), del Sen. Luigi Compagna (CoR), del Sen. Luis Alberto Orellana (AUT), Antonio Milo (ALA), della Sen. Serenella Fucksia (Gruppo Misto), del Sen. Gabriele Albertini (AP), e del Vice presidente del Senato Sen. Maurizio Gasparri (FI).

 

IL TESTO DELL'APPELLO FIAIP

Ill.mi  Senatori della Repubblica Italiana,

Nei prossimi giorni sarete chiamati a votare il ”Decreto Salva-Banche”, mettendo così a disposizione del sistema bancario 20 miliardi di euro. Somma che sarà pagata da noi cittadini e imprenditori.
Oramai da qualche anno alcune banche hanno inteso allargare il loro giro di affari, proponendo ai loro clienti l’acquisto di generi di largo consumo quali telefoni, prodotti per la casa e aprendo agenzie immobiliari, facendo così concorrenza e tentando di sostituirsi a quelle imprese e a quei professionisti che invece dovrebbero finanziare.


Nel 2009 per cercare di frenare gli effetti della più grande crisi economica mai registratasi a livello mondiale, causata dalla eccessiva finanziarizzazione del mercato immobiliare da parte degli istituti di credito, il Congresso Americano ha emanato una legge firmata dal Presidente Barack Obama, che tra i tanti provvedimenti, vietò alle banche, la possibilità di aprire agenzie immobiliari.


Per tentare di salvare le banche in difficoltà, questo Governo e quello precedente, hanno emanato leggi a ripetizione in loro favore,  pensiamo tra le tante all’approvazione del bail-in e all’introduzione del patto marciano con cui le banche diventano direttamente proprietarie della case di chi non ha pagato alcune rate del mutuo, fatto questo,  da sempre vietato dall’ articolo 2744 del Codice Civile.


Cinquantasei Senatori della Repubblica, trasversalmente a quasi tutti i partiti, hanno sottoscritto un emendamento a firma Gibiino-D’Alì, che vieta alle banche di essere proprietarie di agenzie immobiliari, mutuandolo proprio dall’atto del Congresso Americano e proprio per evitare che la commistione Immobiliare-Finanza, possa causare in futuro quanto già accaduto nel 2008. Commistione peraltro già vietata dal D.Lgs. 141/2010, ma che a mio parere viene puntualmente disapplicata proprio dai comportamenti di alcune banche italiane.


Si aggiunga a questo che noi imprenditori e professionisti italiani siamo sottoposti ad una pressione fiscale complessiva ormai vicina al 65% e che svolgiamo le nostre attività combattendo ogni giorno senza che nessuno pensi di fare un decreto “Salva-Imprenditori”.
Pur rispettosi delle fondamenta dell’economia, che vedono nella libera concorrenza il vero volano della crescita, non riusciamo a comprendere come le banche che ricevono aiuti di Stato possano svolgere la nostra stessa professione, senza appunto, violare i più elementari canoni della libera concorrenza.


La proprietà immobiliare e la trasparenza delle transazioni immobiliari sono alla base della pace sociale e del benessere delle famiglie, per cui, illustrissimo Presidente del Consiglio, illustrissimi Senatori, non consegnate questi valori fondamentali per la nostra economia alla cattiva finanza, con l’ennesimo favore concesso ad alcune banche.

Vi sono nel nostro Paese grandi e piccole banche che ogni giorno fanno il loro lavoro con un occhio sempre attento alle esigenze dei cittadini e delle imprese, questi istituti svolgono la loro attività meritoria pensando esclusivamente a fare bene il loro lavoro, senza minimamente pensare di sostituirsi a coloro i quali dovrebbero finanziare.


Per i motivi sopra esposti chiedo al Presidente del Consiglio dei Ministri di fare proprio l’emendamento 7.0.1 depositato e firmato da 56 Senatori della Repubblica e altresì mi appello a tutti i Senatori della Repubblica Italiana affinché possano votare unitariamente per la tutela del mercato immobiliare e per far rispettare le più basilari regole concorrenziali.


Fonti articolo: Monitorimmobiliare.itSimplybiz.eu

 

Emendamento che ferma la concorrenza sleale delle banche

“La politica sta comprendendo che, nel momento in cui le banche vengono finanziate con i soldi pubblici – con il dl “salva banche” che mette a disposizione 20 miliardi di euro per gli istituti in difficoltà – e non ci sono le stesse condizioni per le agenzie immobiliari, si è in presenza di una competizione falsata e quindi bisogna riportare alla normalità questa discrasia”.


Lo ha detto a idealista news il Presidente nazionale Fiaip, Paolo Righi, parlando dell'emendamento presentato in Senato al decreto legge che vuol mettere un freno all'attività di intermediazione immobiliare delle banche. 

 

Questo per evitare che in futuro gli istituti di credito possano condizionare non solo il mercato finanziario, ma anche quello immobiliare.


Con l’emendamento al dl “salva banche” presentato dal senatore Vincenzo Gibiino, Presidente dell’Osservatorio Parlamentare sul Mercato immobiliare, e dal senatore Antonio D’Alì si aggiunge un tassello alla battaglia contro l’attività di intermediazione immobiliare degli istituti di credito che vede in prima linea la Federazione italiana agenti immobiliari professionali. “I primi firmatari sono D’Ali e Gibiino - ha spiegato Righi - ma ad oggi hanno sottoscritto l’emendamento 41 senatori di vari partiti. E’ un lavoro di tutto il Senato. Si tratta di un emendamento trasversale che segna un punto importante”.

Perché il no all’intermediazione immobiliare delle banche

Il presidente nazionale Fiaip ha poi aggiunto: “Bisogna chiarire che la battaglia di Fiaip non è contro l’agenzia immobiliare della banca. La concorrenza è un nostro credo, attraverso la concorrenza si cresce e si migliora. Tutti gli esposti che abbiamo fatto sono nei contronti della banca e non dell’agenzia immobiliare. La banca dispone di dati sensibili, quali la solvibilità o meno del proprio correntista, è in grado di condizionare il proprio correntista a fare una scelta o l’altra, è in grado di proporre prodotti di mutuo più o meno accattivanti per i clienti dell’agenzia immobiliare di loro proprietà e quindi di creare quel circuito tra immobiliare ed erogazione del credito che è vietato dalla legge 141”.

Le banche condizioneranno anche il mercato immobiliare

Righi ha quindi spiegato: “Vediamo un potenziale pericolo anche perché non più di sei mesi fa il Governo italiano ha varato quello che è l’aggiramento del divieto di patto commissorio, che è nel codice civile il divieto per colui che presta i soldi di impossessarsi del bene per cui ha dato credito. Quindi con l’introduzione del patto marciano ci troviamo nella condizione in cui le banche diventano direttamente proprietarie dei beni per cui hanno prestato denaro”.


E ancora: “Si capisce bene che le banche nei prossimi anni potrebbero diventare proprietarie di un numero considerevole di immobili e quindi condizionare sia il mercato finanziario, ma anche quello immobiliare. Proprio quello che questo emendamento cerca di evitare mutuandolo da quello che il Senato americano ha fatto nel 2009, quando per contrastare e arginare la crisi del 2008 - causata proprio dall’eccessiva finanziarizzazione del mercato immobiliare - l’allora presidente Obama ha varato questa norma. Speriamo che l’Italia si adegui e che il governo per una volta smetta di assecondare in tutto e per tutto le banche”.

“Il sistema bancario in generale non adotterà questo sistema”

Righi ha infine concluso affermando: “Tengo anche a precisare una cosa: queste banche sono solo due o tre. Il sistema bancario in generale non adotta e non adotterà questo sistema, proprio perché molti bancari hanno dichiarato più volte che l’obiettivo delle loro banche non è sostituirsi a quelli a cui devono fare credito, cioè le imprese e i professionisti, ma che intendono fare bene la banca e anzi collaborare e mettersi in rete con le altre realtà professionali senza sostituirsi ad esse”.

Fonte articolo: Idealista.it

Le nuove regole del credito immobiliare

Come preannunciato sono entrati in vigore il 1° novembre 2016 una serie di novità rilevanti in materia di credito immobiliare: dalla valutazione degli immobili forniti in garanzia alle forme di pubblicità, dai contratti di mutuo al TAEG, dal merito creditizio ai mutui in valuta estera.


Una serie di innovazioni che puntano ad aumentare la trasparenza ed evitare le crisi del passato. Di seguito i principali passaggi.

Con la Direttiva 2014/17/UE (cd. Mortgage Credit Directive, di seguito “MCD”)  è stata introdotta una cornice normativa armonizzata in materia di offerta ai consumatori di contratti di credito immobiliare (crediti garantiti da ipoteca o finalizzati all’acquisto di immobili residenziali). La finalità espressa della nuova normativa è di contribuire alla realizzazione di un mercato interno trasparente, efficiente e competitivo per il credito immobiliare, che garantisca ai consumatori un elevato livello di protezione e promuova la sostenibilità nell’erogazione e nella gestione di questa categoria di prestiti.
La Direttiva MCD è stata recepita con il Decreto legislativo  21 aprile 2016, n. 72, che ha inserito nel Titolo VI del T.U.B. un nuovo Capo, il I-bis, dedicato all’offerta di credito immobiliare ai consumatori.


L’ambito di applicazione della normativa comprende i contratti sottoscritti da un consumatore aventi a oggetto la concessione di credito garantito da ipoteca su un immobile residenziale o volto ad acquistare un immobile. Sono poi indicate espressamente le tipologie di contratti esclusi dall’applicazione della disciplina consumeristica.


E’ stata introdotta una speciale disciplina relativa, in particolare, alle modalità di redazione degli annunci pubblicitari, agli obblighi precontrattuali e alle conseguenze dell’inadempimento. Altre importanti previsioni riguardano il calcolo del TAEG, la valutazione del merito creditizio, la valutazione degli immobili da porre in garanzia e i finanziamenti in valuta estera.


Vengono dunque amplificate le regole di trasparenza contrattuale affinché, da un lato, il consumatore possa effettuare una scelta informata e consapevole e, dall’altro, sia consentita al finanziatore di selezionare attentamente le richieste di finanziamento e il conseguente accesso al credito di soggetti a elevato rischio di insolvenza.
Molteplici gli aspetti di interesse della disciplina in materia, accomunati dal manifesto obiettivo del legislatore europeo e di quello italiano di assicurare un’adeguata protezione dei consumatori che intendono stipulare contratti di credito immobiliare, in considerazione dell’importanza dell’impegno finanziario assunto e dei rischi connessi.


Dall’esame delle nuove disposizioni sul credito immobiliare emerge la necessità per le banche di compiere uno sforzo notevole in termini di compliance per ridefinire gli attuali assetti organizzativi, le politiche di settore, i piani di formazione del personale dipendente. L’obiettivo di perseguire la massima trasparenza nel collocamento dei prodotti di credito immobiliare ai consumatori non può che essere condivisa. Tanto più condivisa per gli addetti che operano in condizioni di costante prossimità ai territori e alla clientela di riferimento.


Occorre prestare però molta attenzione affinché la frammentazione delle regole di trasparenza per specifici ambiti non vanifichi gli stessi obiettivi perseguiti e il consumatore non sia disorientato piuttosto che informato, per effetto delle copiose informazioni fornite.


Obblighi pubblicitari e informazioni precontrattuali

Dettagliate le disposizioni inerenti agli obblighi informativi da rendere al consumatore prima della conclusione del contratto di credito.
La standardizzazione e la semplificazione favoriscono la comprensibilità e la comparabilità delle offerte. Il consumatore può incontrare limiti nell’elaborare le informazioni che gli vengono fornite, per cui l’esigenza di tutela non si esaurisce nel sanare le asimmetrie informative rispetto al soggetto finanziatore ma nel fornire un set di informazioni strutturato in maniera da risultare di agevole lettura e comprensione, anche al fine del paragone con i documenti informativi di altri intermediari.

Le informazioni generali sulla gamma dei contratti offerti devono essere contenute in documenti redatti in conformità ad un modello standard elaborato dalla Banca d’Italia in modo da offrire chiara e semplice evidenza ai consumatori, anche attraverso esempi rappresentativi, delle principali caratteristiche e dei costi del credito.
Le informazioni personalizzate agevolano il confronto tra le diverse offerte di credito sul mercato e consentono di assumere una decisione informata e consapevole in merito alla conclusione del contratto. Il relativo obbligo è assolto attraverso la consegna tempestiva del “Prospetto informativo europeo standardizzato” (cd. PIES), redatto in conformità del modello previsto. Ulteriori informazioni aggiuntive devono essere riportate su un documento distinto.


Importante è la previsione, a favore del consumatore, di un periodo di riflessione di almeno 7 giorni prima della conclusione del contratto, funzionale a garantire l’assunzione di una decisione informata e consapevole, confrontare altre offerte sul mercato e ponderare i rischi dell’operazione. Durante questo periodo, infatti, il finanziatore rimane vincolato alla proposta di contratto e il consumatore dispone di un margine di tempo entro il quale può in qualunque momento accettare l’offerta.


I finanziatori devono anche dotarsi di procedure interne per offrire un’assistenza gratuita e facilmente fruibile al consumatore in modo che possa ricevere chiarimenti per valutare la convenienza del contratto di credito e di eventuali servizi accessori in relazione alle proprie esigenze e alla propria situazione finanziaria.


Valutazione del merito creditizio del consumatore e degli immobili concessi in ipoteca

La normativa richiede che il finanziatore, prima della conclusione del contratto o di essere vincolato da un’offerta, svolga un’attenta e approfondita valutazione attuale e prospettica del merito di credito del consumatore. Per la concessione di finanziamenti garantiti da ipoteca devono essere applicati elevati standard di valutazione degli immobili.


La valutazione del merito creditizio non deve dunque basarsi sul valore del bene immobile in garanzia, pure necessario, ma sulla capacità del consumatore di produrre un reddito sufficiente a far fronte all’obbligo di restituzione di quanto ricevuto; questo in un’ottica di garanzia sia per il consumatore sia per la banca che - si rammenti la recente crisi finanziaria scatenata dai mutui sub prime – potrebbe non recuperare il debito a causa di una crisi del mercato immobiliare che renda difficile la vendita del bene ipotecato.


Inadempimento del consumatore e trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale

Di notevole impatto sono le novità riguardanti la disciplina della gestione dei rapporti con i consumatori che si trovino in difficoltà nei pagamenti e, in particolare, di quelli che si vengano a trovare in particolare stato di debolezza o di bisogno.
L’art. 120-quinquiesdecies del T.U.B. delinea un impianto normativo funzionale ad assicurare, prima dell’avvio di una procedura esecutiva, una serie di soluzioni per ripristinare condizioni di normalità ovvero estinguere il debito residuo, anche attraverso la vendita diretta dell’immobile a cura della Banca.
Al riguardo, la Banca d’Italia, dando attuazione agli orientamenti espressi in materia dall’Autorità Bancaria Europa, ha disciplinato dettagliatamente le misure organizzative che i finanziatori devono intraprendere nei casi di sofferenza per favorire il ripristino di condizioni di normalità.


È imposto, in particolare, ai finanziatori di dotarsi di procedure interne e personale qualificato per monitorare e individuare precocemente i segnali di criticità; per interagire attraverso comunicazioni improntate alla chiarezza, proporzionalità e al rispetto della riservatezza; per fornire assistenza, soprattutto nei casi di stato di bisogno o di particolare debolezza (ad esempio per perdita del posto di lavoro, sopravvenuta invalidità o grave malattia, separazione, divorzio, calamità naturali che abbiano inciso sul reddito o sul patrimonio della persona); per instaurare una collaborazione proattiva per gestire tali problematiche e individuare le soluzioni di volta in volta più adeguate al ripristino delle condizioni di normalità del rapporto di credito (rifinanziamento o la modifica delle condizioni normative o economiche del contratto (estensione della durata, rinegoziazione del tasso d’interesse, sospensione temporanea del pagamento delle rate).
Quest’attività deve essere ampiamente documentata dal finanziatore per giustificare la congruità delle iniziative assunte rispetto alle esigenze individuali del consumatore in difficoltà.


Nell’art. 120-quinquiesdecies si trova poi la disposizione che ha suscitato alcune perplessità e obiezioni in sede di lavori preparatori; si fa riferimento alla clausola espressa, utilizzabile nei nuovi contratti sottoscritti a far data dall’entrata in vigore delle nuove norme, che regola gli effetti dell’inadempimento di ammontare equivalente a diciotto rate mensili.
L’obiettivo della norma è di bilanciare le tutele del debitore-consumatore con quelle delle banche creditrici, individuando in maniera chiara i presupposti perché possa procedersi alla vendita diretta del bene accelerando notevolmente i tempi rispetto alle procedure delle aste immobiliari.
Tale clausola è facoltativa, non può essere apposta successivamente alla conclusione del contratto di credito ed è espressamente vietato al finanziatore di condizionare la conclusione del contratto di credito alla sua sottoscrizione; al consumatore, inoltre, deve essere garantita l’assistenza, a titolo gratuito, di un consulente al fine di valutare la convenienza della stessa.


La restituzione o il trasferimento del bene immobile ipotecato o dei proventi della sua vendita diretta curata dalla Banca comporta l’estinzione dell’intero debito, anche se il valore del bene immobile o l’ammontare dei proventi della vendita è inferiore al debito residuo.
Se il valore dell’immobile o l’ammontare dei proventi della vendita è invece superiore al debito residuo, il consumatore ha diritto all’eccedenza.


Qualora il finanziatore faccia ricorso, invece, all’espropriazione immobiliare e, a seguito dell’escussione della garanzia, residui un debito a carico del consumatore, il relativo obbligo di pagamento decorre dopo sei mesi dalla conclusione della procedura esecutiva.


Contratti in valuta estera

Negli anni che hanno preceduto la crisi finanziaria si è assistito in Europa a un rapido incremento del credito denominato in valuta estera. Il fenomeno, che si è parzialmente ridimensionato negli anni successivi alla crisi, ha interessato tuttavia marginalmente l’Italia.

A fronte dei significativi rischi insiti nei prestiti in valuta estera, la Direttiva MCD ha riconosciuto agli Stati membri la possibilità di adottare misure atte di tutela del consumatore, sia accrescendone la consapevolezza dei rischi assunti sia limitando l’esposizione al rischio di cambio. A livello nazionale si è scelto di riconoscere al consumatore il diritto alla conversione, esercitabile solo al ricorrere di determinate condizioni, in termini di variazione minima del tasso di cambio e previo pagamento, se previsto dal contratto, di un corrispettivo onnicomprensivo. Al consumatore è assicurata un’apposita informativa laddove durante lo svolgimento del rapporto si vengano a prefigurare i presupposti per l’esercizio del diritto di conversione.


Fonti articolo: Monitorimmobiliare.it

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