Tassi mutui ai minimi, -0,9% da gennaio

A febbraio i tassi dei mutui è in calo al 2,40% dal 2,49% di gennaio. Tra i nuovi contratti prevale largamente il tasso fisso. In ripresa i prestiti delle banche a famiglie e imprese.


I mutui aggiornano muovi minimi storici sul versante dei tassi e crescono lievemente i prestiti delle banche a famiglie e imprese. E’ ciò che evidenzia, in sintesi, l’ultimo rapporto mensile dell’Abi, l’associazione che riunisce gli istituti di credito italiani.

A gennaio 2016 l'ammontare complessivo dei mutui in essere delle famiglie ha registrato una variazione positiva dello 0,8% "confermando la ripresa del mercato", commenta l’Abi. Sul totale delle nuove erogazioni di mutui, quasi i due terzi sono rappresentati da contratti a tasso fisso. Nell'ultimo mese la quota del flusso di finanziamenti a tasso fisso è risultata pari al 63,66% (66,1% il mese precedente; era 60,9% a dicembre 2015).


Sul versante dei prestiti a famiglie e imprese, l’Abi ha rilevato, sempre a febbraio, una leggera risalita dello 0,04% contro il -0,58% registrato a gennaio che aveva annullato il rialzo iniziato a novembre. Il totale dei prestiti a residenti in Italia (settore privato più amministrazioni pubbliche) si colloca a 1.826,8 miliardi di euro, segnando una variazione annua di +0,6% (-0,2% il mese precedente).


In crescita la dinamica tendenziale del totale prestiti alle famiglie (+0,8% a gennaio 2016, +0,8% anche il mese precedente). Dal lato delle imprese, la dinamica dei prestiti alle società non finanziarie è risultata a gennaio pari a -0,9% (-0,7% il mese precedente).


Fonte articolo: Lamiafinanza.it

Le agevolazioni sociali per chi stipula il mutuo casa

Mutui, si cambia. Ma non per tutti. Per coloro che stanno rimborsando in questo momento un prestito ipotecario non valgono le nuove regole previste dalla “versione italiana” della direttiva direttiva europea 214/17 che in questi giorni ha fatto tanto discutere. In sintesi, le nuove regole – che si applicano solo sui nuovi mutui e solo se il mutuatario firmerà un’apposita clausola – prevedono che la banca potrà difatti mettere in vendita l’immobile del debitore insolvente senza passare dall’intervento del giudice. Lo potrà fare nel momento in cui il debitore non avrà onorato il pagamento di 18 rate.


Sui mutui in essere invece nulla cambia: in caso di mancato pagamento di 7 rate, la banca può chiedere il rimborso del debito ma deve passare dal giudice che valuterà caso per caso. 

Il debitore quindi, prima di “perdere” l’immobile, potrà far affidamento sull’eventuale posizione conciliante del giudice. C’è un’altra differenza, non da poco. Se l’immobile viene venduto (o dalla banca con la nuova norma o in asta con la vecchia) la nuova norma prevede che in caso di ricavo inferiore rispetto al debito residuo la posizione debitoria resta aperta. Mentre per i nuovi mutui verrà comunque chiusa una volta che l’immobile passa alla banca. 


LE AGEVOLAZIONI SOCIALI PREVISTE PER TUTTI I MUTUATARI

Al di là delle differenze, “vecchi mutuatari” e “nuovi mutuatari” saranno accomunati dalle agevolazioni sociali attualmente previste per i pagamenti in difficoltà. Il Ministero delle Finanze e l’Associazione bancaria italiana negli ultimi anni hanno messo in campo una serie di misure per venire incontro a chi è in difficoltà con il rimborso del mutuo prevedendo agevolazioni su tre livelli, grazie anche alla collaborazione delle principali associazioni dei consumatori.


1. Il primo è il “Fondo di solidarietà per l’acquisto della prima casa”. Possono accedervi i mutuatari con un reddito Isee non superiore a 30mila euro, un mutuo non superiore a 250mila euro e relativo all’acquisto della prima casa, in caso di: perdita del posto di lavoro (sia a tempo determinato che indeterminato), morte o sopraggiunto handicap grave o condizione di non autosufficienza. In questi casi è possibile sospendere il pagamento dell’intera rata. Il fondo verserà la quota interessi alla banca nel periodo coperto dall’agevolazione. A scadenza il debitore dovrà ritornare a rimborsare il debito residuo, spalmato però su una durata più corta.


2. Da maggio 2013 a gennaio 2016 hanno potuto sospendere per 18 mesi il pagamento delle rate 26.619 le famiglie per un controvalore di 2,5 miliardi di debito residuo. In questo fondo non è stata inclusa la categoria dei cassaintegrati. Ed è per questo motivo che da marzo 2015 l’Abi e le principali associazioni dei consumatori hanno concluso un accordo che estende la possibilità di sospendere il pagamento anche a questa categoria. In questo caso però il mutuatario potrà sospendere il pagamento solo della quota capitale della rata mentre dovrà continuare a pagare gli interessi. È attivo da un anno e finora ha all’attivo quasi mille sospensioni. "Non è possibile cumulare i due fondi, quindi sommare i 18 ai 12 mesi – spiega Angelo Peppetti, della direzione strategie e mercati finanziari dell’Abi –. In ogni caso il limite massimo delle agevolazioni complessive è 18 mesi. Se però si surroga il mutuo, gli eventuali 18 mesi già usufruiti si azzerano". 


3. Non va poi dimenticato il “Fondo di garanzia prima casa”. Opera a monte della concessione del mutuo offrendo alle banche una garanzia del 50% sul rimborso. Questo per favorire l’accesso al credito a giovani che dispongono di un reddito in grado di sostenere il pagamento delle rate, ma non della liquidità iniziale (almeno il 20% del valore dell’immobile visto che normalmente le banche non concedono mutui superiori all’80%) per chiedere un mutuo. Il fondo prevede uno stanziamento statale di circa 650 milioni di euro di cui una buona parte – assicura Consap, l’ente del Ministero delle Finanze che lo gestisce – è stata già utilizzata. È rivolto a giovani coppie con uno dei componenti di età inferiore ai 35 anni; single, separati, divorziati o vedove con almeno un figlio convivente minore, giovani di età inferiore ai 35 anni titolari di un rapporto di lavoro atipico e conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari.


Fonti articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Bankitalia ammonisce le banche sui tassi negativi

Sui mutui un richiamo forte di Bankitalia alle banche: se i tassi di riferimento sono negativi, lo spread concordato con il cliente deve partire dal valore negativo e non da zero e le banche devono restituire quanto finora pagato in più dai mutuatari.


A meno che il “floor” non fosse stato previsto nel contratto iniziale. 

 

In una lettera inviata qualche settimana fa agli istituti di credito, Via Nazionale ha ammonito gli intermediari e li ha invitati ad "attenersi a uno scrupoloso rispetto della normativa di trasparenza e correttezza delle condizioni pattuite con la clientela". E precisa: "In particolare gli intermediari dovranno astenersi dall’applicare di fatto clausole di “tasso minimo” (“floor clause”) non pubblicizzate e non incluse nella pertinente documentazione di trasparenza e nella modulistica contrattuale". 


Se si guardano i tassi Euribor a uno, tre e sei mesi, ovvero quelli più comunemente utilizzati per i mutui a tasso variabile, attualmente sono negativi. Cosa succede per chi ha il mutuo a tasso variabile? Una parte dello spread va “annullata” per portare a zero il valore del tasso. Piuttosto semplice no? E invece Bankitalia dichiara che le sono giunte lamentele in questo senso: quando il tasso va sotto zero, lo spread “riparte” invece da zero.  


Un problema che dunque si pone per chi ha acquistato casa e non è solo teorico. Ora che c’è una lettera della Banca d’Italia, e ora che i lettori ne conoscono l’esistenza sarà più difficile perciò far finta di nulla. La lettera di Via Nazionale chiude ogni “via di fuga”. Al cittadino che chiedesse informazioni sul perché la rata parte dal un valore zero e non da uno negativo non si potrà neanche rispondere che "lo prevede il sistema in automatico". Anzi proprio per evitare che comportamenti del genere si verifichino, la Banca d’Italia invita gli intermediari a verificare i loro sistemi informatici: "Nel caso in cui i parametri di indicizzazione assumano valore negativo, (gli intermediari, ndr) determinino correttamente il tasso di interesse applicabile a ciascun rapporto e all’ammontare degli interessi tempo per tempo dovuti".


Questa precisazione segue immediatamente quella sulla necessità di evitare dei floor inesistenti. Dunque il valore dovuto "tempo per tempo" è quello che parte dal valore del parametro di indicizzazione (anche negativo) più lo spread, a meno che la soglia minima per il tasso non fosse stata inserita nel contratto e illustrata ai clienti.
Le banche sono chiamate anche a fare una verifica delle "condotte finora seguite nella determinazione degli interessi finora dovuti e provvedere alle conseguenti restituzioni" nel caso non si siano rispettate le regole sul valore negativo dei valori di indicizzazione. 


Per riassumere quindi: gli intermediari non possono tirare fuori dal cilindro la soglia “zero” se non era stata sottoscritta dal cliente adeguatamente informato, e sono tenuti a restituire quanto pagato in più per pratiche non conformi alle indicazioni di Banca d’Italia. Dovrebbero farlo le banche di loro iniziativa, ma il mutuatario in ogni caso farebbe bene a controllare la propria situazione ed attivarsi per ottenere la restituzione nel caso se ne abbia diritto. Se non fossero soddisfatti della risposta, potranno rivolgersi alla Banca d’Italia per un esposto (che però non può, in linea di principio risolvere il caso concreto) e fare un ricorso all’Arbitro bancario finanziario. 


Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Mutui casa: una norma per le banche

Ormai siamo ai dettagli. Salvo scossoni l’Italia si avvia a introdurre la “direttiva mutui” con delle importanti modifiche rispetto al testo iniziale.


Quanto alla possibilità per le banche di reintrodurre la penale su rimborso/estinzione anticipata (eliminata da una delle lenzuolate dell’allora ministro per le Attività produttive Pier Luigi Bersani) c’è stato un dietrofront: le banche non potranno reintrodurla. Anche perché questo penalizzerebbe le surroghe, che nel 2015 sono state la “killer application” del settore, aggiudicandosi un terzo del mercato totale e oltre il 65% del mercato dei mutui sul web (dati Mutuionline.it).

 

Sull’altro punto, quello relativo a cosa accade al mutuatario insolvente, il testo che il Parlamento si appresta ad approvare, modifica la direttiva. Nella direttiva UE si indica che dopo 7 rate, anche non consecutive, la banca può espropriare l’immobile. Si tratta di un cambiamento profondo rispetto a quanto accade finora (e continuerà ad accadere dato che la direttiva e la legge non sono retroattive, quindi non riguardano chi sta pagando ora un mutuo). Il filtro giudiziale scompare. La banca può espropriare l’immobile di un mutuatario insolvente anche senza il ricorso al giudice (al momento accade che la palla viene passata al giudice che decide caso per caso e che, nella maggior parte dei casi, si arriva alla vendita all’asta dell’immobile pignorato mediamente dopo sette anni dall’inadempienza che ha spinto la banca a rivolgersi al giudice per recuperare il credito).


La “versione italiana” della direttiva non è riuscita a conservare il filtro giudiziale (che scomparirà comunque) ma allunga il margine prima dell’esproprio: da 7 a 18 rate. Quindi, nella logica del compromesso tra i due interessi in causa (quello delle banche di rientrare prima rispetto agli attuali sette anni del credito e quello dei debitori insolventi di continuare ad essere tutelati evitando il più possibile l’ipotesi peggiore, ovvero quella di perdere la casa) si è arrivati a questo punto: le banche conservano la possibilità di espropriare l’immobile senza l’intervento (e le lungaggini) del giudice. Ma solo dopo 18 mesi di rate, anche non consecutive, non pagate (va anche detto che a tutela del mutuatario esistono anche dei fondi statali che consentono di eliminare la quota capitale dalla rata per 12 mesi e/o di sospendere il pagamento delle rate per 18 mesi).


A questo punto, quale sarà la reazione delle banche? Faranno degli sconti o aumenteranno invece lo spread? Come cambieranno le perizie?
"Se il testo del decreto verrà confermato, le banche e i mutuatari potranno prevedere - in caso di mancato pagamento di 18 rate del mutuo e solo per i futuri contratti di mutuo - la possibilità di estinzione del debito residuo del mutuo tramite il trasferimento della proprietà dell'immobile o utilizzando i proventi della vendita dell'immobile stesso - spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupermarket.it -. La valutazione dell'immobile per la vendita sarebbe effettuata da un perito scelto di comune accordo fra banca e debitore insolvente e la vendita dell'immobile – anche ad un valore inferiore al valore del debito da restituire alla banca - comporterebbe la completa estinzione del debito in essere nei confronti della banca. In caso di eccedenza del ricavato della vendita dell'immobile rispetto al debito da rimborsare alla banca, la differenza sarebbe chiaramente riconosciuta al debitore insolvente. In questo modo viene sancita la possibilità di definire una alternativa all'usuale processo legale-giudiziale di "repossession" o esproprio dell'immobile dato in garanzia all'operazione di mutuo in caso di incaglio del finanziamento".


"Il processo esecutivo storico evidenziava da sempre delle complessità e lungaggini che aumentavano considerevolmente il rischio di credito per gli istituti bancari. Il processo di recupero del credito storicamente poteva durare anche oltre i tre anni dal momento del suo avvio e in molti casi, a conti fatti, si concludeva per la banca con una perdita di una porzione molto significativa del capitale residuo dovuto da parte del debitore insolvente.
In funzione dello stato dell'immobile e dell'andamento delle aste giudiziarie questa perdita poteva addirittura arrivare a superare il 50% del debito da recuperare. Il processo di repossession – dal pignoramento dell'immobile, all'autorizzazione alla vendita forzata da parte del giudice, l'organizzazione dell'asta e incasso competenze – in alcune aree geografiche italiane poteva facilmente superare anche i quattro anni di durata. Nel momento in cui un potenziale mutuatario e la banca finanziatrice possono prevedere delle clausole contrattuali in grado di ridurre in maniera significativa tempi e rischi di perdite per la banca da mancata restituzione del finanziamento, il rischio di credito di quello specifico contratto di mutuo viene chiaramente a ridursi per l'istituto erogante".


Sempre secondo Rossini di Mutuisupermarket: "Il conto economico migliora e la marginalità del singolo finanziamento aumenta immediatamente. Se questo è vero, appare del tutto ragionevole potersi aspettare in caso di applicazione delle nuove clausole uno spread scontato che sia in grado di fattorizzare il minor costo del rischio di credito. Parimenti, dato il minor rischio credito su questi nuovi contratti, la banca potrebbe parallelamente allentare i propri criteri creditizi per certi tipi di operazione (per esempio per finanziamenti con rapporti rata/reddito che superano di poco i limiti delle policy creditizie interne) o potrebbe prendersi dei rischi in più offrendo mutui con percentuali di intervento che superino la soglia dell'80%".


Vedremo cosa accadrà effettivamente; questa analisi rafforza ulteriormente l'idea che si tratti di una legge ad hoc per le banche; perchè non intervenire in altro modo, ad esempio direttamente sull'iter processuale legale-giudiziale di "repossession" (o esproprio dell'immobile) accorciandone i tempi?


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Mutui e banche: 18 rate per l'esproprio

Saranno 18 e non 7 le rate che faranno scattare la morosità per consentire alla banca di mettere in vendita la casa. Vendita senza passare dall'Asta giudiziaria possibile solo se il cittadino ha sottoscritto liberamente la clausola di inadempimento.


La vendita dell'immobile obbligherà la banca a cancellare il mutuo anche se il valore del bene è inferiore a quelli del debito residuo non pagato dal proprietario di casa. 

Sono le principali proposte di modifica presentate dal Pd e che il Governo si è impegnato a recepire per modificare il decreto mutui. Nel corso di una conferenza stampa alla Camera il capogruppo Pd a Montecitorio Ettore Rosato e il relatore del provvedimento, Giovanni Sanga, hanno spiegato che la commissione Finanze d'accordo con il Governo ha proposto diverse modifiche al testo che verrà dunque corretto in vari punti. Il parere dovrebbe essere votato dalla commissione Finanze a inizio della prossima settimana, dopo che mercoledì è stata una giornata di bagarre alla Camera con il Movimento 5 Stelle che ha prima bloccato i lavoro in commissione e poi ha protestato durante il question time in Aula. 


NESSUNA RETROATTIVITA'. 
La nuova normativa sull'inadempimento non si applicherà ai contratti già in essere neanche in caso di surroga e, come sottolineato dai deputati del Pd, offre al momento della stipula maggiori vantaggi per il cittadino, obbligando la banca a una maggiore trasparenza. Questa sarà una condizione irrinunciabile per il via libera al parere sullo schema di decreto.
Inoltre la clausola di inadempimento è facoltativa e la banca non può obbligare il cittadino a sottoscriverla. Che cosa vuol dire? In caso di inadempimento dopo 18 rate non pagate, la casa può essere messa in vendita solo con uno specifico atto di disposizione dell'immobile da parte del consumatore. 


Viene inoltre confermato il divieto di "patto commissorio" (articolo 2744 del Codice civile). Allo stesso tempo si punta a disciplinare per via normativa il cosiddetto "patto marciano", già riconosciuto dalla giurisprudenza: la banca può trattenere dopo la vendita della casa solo quanto ancora dovuto ed è obbligata a restituire al consumatore l'eventuale eccedenza. Ma non solo. Per aumentare le tutele del consumatore, la proposta di parere del Pd punta a introdurre il principio secondo cui, in caso di inadempimento, il trasferimento dell’immobile alla banca comporta l'estinzione del debito anche se il valore di vendita è inferiore a quello del debito residuo.
Con queste due clausole, ha sottolineato Michele Pelillo capogruppo democrato in commissione Finanze alla Camera, si vuole evitare così la procedura giudiziaria con conseguenti risparmi di spesa per il cittadino e il deprezzamento della casa. 


IL PERITO INDIPENDENTE.
Il cittadino nella sua decisione se aderire o meno alla clausola non sarà lasciato solo. Per il Pd, infatti, la versione finale del Dlgs di recepimento della direttiva comunitaria 2014/17/Ue dovrà prevedere anche l’assistenza del consumatore da parte di un esperto di sua fiducia e su tutta la procedura dovrà vigilare la Banca d'Italia. Inoltre si punta a un ritocco di sostanza sulla valutazione della casa successivamente all'inadempimento. La valutazione dovrà essere effettuata da un perito indipendente nominato dal tribunale.


LE CRITICHE ALLE MODIFICHE DEL DECRETO: NUOVI VS VECCHI MUTUATARI.
Al netto delle ipocrisie e dell'utilizzo strumentale del tema casa va poi detto che la proposta di ieri di modifica del testo della direttiva rischia di creare molta confusione nel trattamento tra “vecchi morosi” (quelli agganciati ai mutui in essere) e “nuovi morosi” (quelli che stipuleranno i mutui in futuro che includano la nuova clausola). Rischiando di creare disparità anche tra gli altri Paesi europei che adotteranno la direttiva senza modifiche (fermandosi alle sette rate).
Questo perché l'ultima modifica vuole ampliare da sette a 18 rate il “bonus” a vantaggio del debitore prima che la banca possa - senza passare dalla via giudiziale come accade e continuerà ad accadere sui mutui in essere - espropriare l'immobile.


C'è un altro punto di forte disparità. A conti fatti i “nuovi morosi” perdono il filtro giudiziale (che in ogni caso, dopo varie lungaggini, porta nella maggior parte dei casi comunque all'esproprio anche per i “vecchi morosi” ) ma guadagnano, oltre al bonus delle rate da saltare (da sette a 18), anche una maggiore garanzia sul prezzo di vendita. La bozza di modifica prevede infatti la presenza di un perito del Tribunale e di un esperto di fiducia del mutuatario, volta a garantire che l'immobile non venga “svenduto” rispetto al valore di mercato.


La banca può trattenere dalla vendita della casa solo quanto ancora dovuto ed è obbligata a restituire al consumatore l'eventuale eccedenza. Ma soprattutto, è anche previsto che in ogni caso il trasferimento del bene immobile alla banca comporta l'estinzione del debito anche se il valore dell'immobile è inferiore a quello del debito residuo. Per i "morosi vecchi" invece accade che se l'immobile è venduto a un prezzo più basso del debito residuo, la posizione debitoria con la banca resta aperta. E questa non è una differenza da poco.


Fonte articolo: IlSole24Ore 1IlSole24Ore 2

Dietrofront del Governo su esproprio da parte delle banche?

Più paletti sulle vendite “facili” da parte delle banche se il proprietario non pagherà le rate del mutuo sulla casa. Il Governo, per bocca del viceministro all'Economia Enrico Zanetti (Scelta civica), apre a correzioni di tiro sul testo del decreto di recepimento della direttiva comunitaria in cui è stata inserita la possibilità per le banche di mettere in vendita l'immobile senza passare dalle aste giudiziarie.


Anche il Parlamento si prepara a proporre modifiche sui punti più controversi, a partire dalle tempistiche per l'inadempimento, dalla percentuale del debito non pagato e dall'eliminazione della possibilità di prevedere la vendita senza andare dal giudice successivamente alla stipula del contratto di mutuo.

Il tutto in una giornata di bagarre alla Camera, dove il Movimento 5 Stelle da giorni sulle barricate per le nuove norme ha prima bloccato la votazione del parere sullo schema di decreto legislativo in commissione Finanze e poi ha protestato in Aula durante il question time. La seduta è stata sospesa più volte e sono stati espulsi sia tre deputati grillini sia il democratico Emanuele Fiano. Un atteggiamento che ha indotto il capogruppo Pd a Montecitorio Ettore Rosato a chiedere e ottenere la convocazione della conferenza dei capigruppo.


Alla fine la Commissione Finanze voterà il parere a inizio della prossima settimana tra martedì e mercoledì: la conferma in tal senso è arrivata dal Presidente, Maurizio Bernardo (Ap). Sarà un parere, come preannunciato dal relatore Giovanni Sanga (Pd) e dal capogruppo democratico in commissione Michele Pelillo, in cui verrà chiesto al Governo di mitigare la norma oggetto delle polemiche. 
Sia sotto il profilo dei tempi che delle condizioni che possono determinare una vendita libera dell'immobile nel caso di inadempimento. In modo da segnare una netta linea di demarcazione con la regola delle sette rate del mutuo non pagate che rappresentano, invece, il presupposto per il ritardato versamento. 


I parlamentari chiederanno al Governo di chiarire quando si manifesta l'inadempimento, così come di indicare il lasso temporale che deve trascorrere prima che scatti la misura e di mettere nero su bianco la percentuale di debito non pagato. Allo stesso tempo si cercherà di fugare ogni dubbio su quando effettivamente banca e contribuente potranno prevedere la vendita senza asta giudiziaria.


La formulazione attuale della norma (contenuta nell'atto Camera 256) consente di stabilirlo sia all'atto della stipula del mutuo, sia "successivamente". L'indirizzo parlamentare è quello di cancellare questa parola in modo da fugare ogni dubbio sulla non applicazione retroattiva. Anche se uno dei punti su cui poi bisognerà investire in termini di chiarezza è la delicata fase in cui la banca informa e prospetta al contraente la stipula e la firma di questa condizione di vendita.


Dal canto suo, il Governo "è disponibilissimo" ad apportare correzioni al decreto attuativo della direttiva europea sui mutui secondo quanto dichiarato dal Viceministro dell'Economia, Enrico Zanetti. Anche se gli interventi dovranno essere definiti nel dettaglio (si sono svolti già dei primi vertici in tal senso), l'ipotesi indicata da Zanetti è quella di modifiche alla scadenza delle sette rate che portano alla inadempienza contrattuale ("ragioniamo su archi temporali"), alla precisazione che la norma non ha effetti retroattivi e sui criteri di nomina dei periti ("super partes, magari dal presidente del Tribunale").


Il Viceministro ha voluto sottolineare che il Dlgs "estende tutele" a favore dei consumatori. Il riferimento è in particolar modo alla previsione già contenuta nel testo attuale che le eventuali eccedenze dalla vendita del bene vanno comunque restituite al consumatore-contraente. Una situazione che porta già ora a qualificare questa fattispecie come "patto marciano", che pur non avendo ancora ricevuto una definizione a livello normativo è stato riconosciuto valido dalla giurisprudenza di Cassazione.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Mutui: il Decreto che consegna la casa alle banche

Scoppia il caso dei mutui sulle case. Stefano Cherti, consulente dell'Unione Nazionale Consumatori, lancia l'allarme: "La banca potrebbe vendere la casa anche se si sono pagate sette rate".


L'Abi tenta di rassicurare gli italiani: nessun rischio di pignoramento. Il caso diventa anche politico. Protesta del M5S in Aula: "Giù le mani" e lancia l'hashtag su twitter #LaCasaNonSiTocca.

L'ALLARME DELL'UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI

"Il regalo che Governo e Parlamento vogliono fare alle banche è inaccettabile. Eliminare il filtro del giudice significa consegnare il consumatore nella morsa delle banche. E' incredibile che il legislatore si sia già dimenticato di quanto accaduto negli Stati Uniti, dove furono proprio i mutui subprime ad innescare la crisi dalla quale non siamo ancora usciti. Le banche in America possono vendere la casa del debitore senza alcun filtro del giudice, ma questo ha solo aggravato la crisi di liquidità delle banche, non l'ha risolta" ha dichiarato il Prof. Stefano Cherti, consulente dell'Unione Nazionale Consumatori.


"La situazione, comunque, è purtroppo più grave rispetto a quanto si creda. Stando al testo attualmente scritto, la banca, in teoria, può decidere di vendere la casa anche se si sono pagate le famose 7 rate di cui tutti parlano. Il terzo comma dell’art. 120-quinquiesdecies, in base al quale le parti possono convenire il trasferimento del bene alla banca in caso di inadempimento, parla genericamente di "inadempimento del consumatore", senza specificarne la gravità, ossia se si fa riferimento all'art. 1455 del codice civile, un inadempimento che non ha scarsa importanza per la banca o all'art. 40 del Testo unico bancario, cioè dopo il famoso ritardato pagamento di almeno sette rate, anche non consecutive. Quindi in teoria la banca potrebbe vendere la casa anche se si sono pagate 7 rate" ha proseguito Cherti.


"Infine, nell'art. 120-quinquies comma 2, è scritto che dal costo totale del credito (TAEG), sono «esclusi i costi connessi con la trascrizione dell’atto di compravendita del bene immobile e le eventuali penali pagabili dal consumatore per l’inadempimento degli obblighi stabiliti nel contratto di credito».  In pratica, dopo l'eliminazione delle penali ottenuta con l’entrata in vigore, nel 2007, del c.d. Decreto Bersani, si reintroduce nella norma un generico riferimento alle eventuali penali pagabili dal consumatore. Fare passi indietro nell'unico campo nel quale, grazie alle lenzuolate Bersani, c'è stata un'effettiva liberalizzazione, sarebbe un autogol clamoroso" ha concluso Cherti.


LE TIMIDE RASSICURAZIONI DELL'ABI

L'Abi entra nel dibattito sulla direttiva europea sui mutui che nella sua versione attuale permetterebbe alle banche di esproriare le case senza dover passare dalla sentenza di un tribunale dopo il ritardo nel pagamento di 7 rate del prestito ipotecario. "Non riguarda fatti del passato ma la possibilità e l'eventualità per il futuro, lasciata alla libera contrattazione tra famiglie e istituti bancari" dice il presidente dell'Associazione, Antonio Patuelli che poi aggiunge: "Esiste anche un fondo salva-mutui per le moratorie presso il Tesoro. Sono logiche europee, ce ne sono anche altre, comunque noi non ce ne siamo interessati". Il banchiere ha poi chiarito: "Non si tratta di recupero crediti perché riguarderebbe il passato, mentre qui si parla di futuro".


ECCO DOVE NASCE LO SCONTRO

Il nocciolo della questione sta nel nuovo articolo 120-quinquesdecies del Testo Unico Bancario, che disciplina i casi di "inadempimento del consumatore" evitando le procedure di esecuzione. La Legge prevede che se il debitore salta il pagamento di 7 rate del mutuo, il finanziatore può adottare le procedure per "gestire i rapporti con i consumatori in difficoltà nei pagamenti". Alla banca e al sottoscrittore del mutuo il decreto di recepimento della direttiva Ue lascia la facoltà di inserire nel contratto la previsione che la casa ipotecata venga restituita alla banca, perché sia venduta, in caso si verifichino sette mancati pagamenti. In questo modo, la banca può rientrare del finanziamento, fatto salvo l'obbligo di restituire al consumatore l'incasso extra ricavato.


Come notano i tecnici della Camera, la ratio dovrebbe esser quella di snellire le procedure in caso di inadempimento del pagatore. Si sa che in Italia le escussioni immobiliari sono molto complesse e i tempi per realizzare un incasso da una casa pignorata sono di circa 7 anni. E' uno dei fulcri del problema della crescita delle sofferenze delle banche. Con un simile procedimento, gli istituti potrebbero godere di una "garanzia" molto più forte per le loro erogazioni. Chi difende la norma, sottolinea come la vendita in tempi stretti sia un vantaggio anche per il debitore, che non vedrebbe il bene depauperarsi come avviene nel caso delle vendite giudiziarie e quindi avrebbe maggiori chances di incassare qualcosa. In un'ottica di sistema, quindi, i tecnici si aspettano un miglioramento delle disponibilità di credito da parte delle banche, con condizioni migliori per chi deve sottoscrivere un prestito.


Il busillis è nella definizione di quel patto tra banca e consumatori, che dovrebbe appunto oliare tutte queste procedure. Si scontrano la concezione di "patto marciano", che esiste nella prassi pur non essendo codificato dalla legge, e quello "concessorio", espressamente vietato dall'articolo 2744 del codice civile. La differenza tra i due sta nelle garanzie che si danno al debitore. Nella forma concessoria, il patto dispone che in caso di impossibilità a ripagare il debito, il bene a garanzia passi nelle disponibilità del creditore, che lo può vendere e tenere per sé tutto l'incasso. Nel caso del patto marciano, invece, l'eccedenza di realizzo torna al debitore. Per questo aspetto, la nuova norma appare in linea con il patto marciano, garantendo la plusvalenza a chi ha sottoscritto il mutuo. Un'altra garanzia riguarda il fatto che il valore del bene, sulla cui base procedere alla vendita, deve esser stimato da un perito terzo, scelto di comune accordo dalle parti.


MUTUI. GIBIINO (OPMI): SUBITO CORRETTIVO PER METTERE AL SICURO CASE ITALIANI

“Urge un correttivo immediato nel recepimento della direttiva europea sui mutui, al fine di scongiurare veri e propri espropri da parte delle banche. Ho convocato il direttivo dell’Osservatorio parlamentare sul mercato immobiliare, istituzione che riunisce parlamentari di ogni parte politica e le principali federazioni del settore, per analizzare una situazione estremamente delicata e per chiedere un incontro con Palazzo Chigi”, lo dichiara il senatore Vincenzo Gibiino, Presidente dell’Osservatorio parlamentare sul mercato immobiliare.


“L’80% degli italiani possiede una casa, il 40% ne possiede due, il 20% addirittura tre. Ci troviamo di fronte ad uno scenario completamente differente da quello degli altri Paesi Europei – prosegue Gibiino –. Un recepimento automatico rischierebbe quindi di mettere in crisi un mercato che non senza fatica si sta rivitalizzando, e porrebbe altresì in cattiva luce gli istituti di credito agli occhi dei cittadini. Le banche siano dunque partner affidabili e non scorretti creditori”.


LA PROTESTA IN AULA

I deputati del Movimento 5 stelle hanno bloccato la seduta della Commissione Finanze della Camera con due picchetti nel corridoio al secondo piano di Montecitorio per impedire la discussione dello schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva europea 2014/17, introducendo la possibilità di esproprio delle case dei mutuatari insolventi.
Oggetto della contestazione, spiega il deputato stellato Daniele Pesco, è "la previsione contenuta nel provvedimento secondo la quale le banche possono vendere, senza passare dal giudice, le case se chi ha contratto un mutuo non paga sette rate. In pratica viene reso possibile il 'patto commissorio' proibito dal codice civile".


Fonte articolo: Affaritaliani.it

Mutui: come calcolare l'importo massimo da chiedere?

Oltre la metà degli italiani che acquistano una casa lo fa ricorrendo al prestito bancario, il caro vecchio mutuo. Ma non sempre si pone di fronte a questo contratto la dovuta attenzione.


Nella norma si sottoscrive un “mutuo pigro”, senza fare attenzione ai costi accessori e al tasso adeguato in relazione alla durata dell’investimento e al profilo di rischio individuale.

 

Spesso addirittura si commette l’errore di cercare casa senza conoscere qual è la propria capacità di “mutuo-acquisto”, ossia qual è l’importo massimo che una banca sarebbe disposta a prestarci. Posto che lo sia. Con il rischio di imbarcarsi in proposte di acquisto (versando anche la caparra) e veder saltare via tutto perché poi l’istituto di credito, valutando il nostro rating, cioè la nostra capacità di rimborso, decide di non concederci il finanziamento. 


Il calcolo della propria capacità “mutuo-acquisto” è senza dubbio il primo passo da compiere prima di cercare un immobile, perché permette di capire qual è la fascia limite di prezzo dell’immobile che possiamo permetterci. Come si calcola il “potere mutuo-acquisto”? Bisogna partire dal reddito netto familiare (sommando quindi eventualmente anche quello del partner). A questo dato bisogna sottrarre poi l’importo di altri finanziamenti in corso e successivamente dividere il tutto per tre. Il risultato è l’importo massimo della rata che possiamo permetterci di pagare in base alla forza del nostro reddito.
Facciamo un esempio. Una coppia di 35enni che guadagna complessivamente 4mila euro netti al mese e ha già in corso un prestito di 400 euro al mese per il pagamento delle rate dell’automobile ha quindi un netto a disposizione per il mutuo di 3.600 euro. Dividendo questo importo per 3 ne rimangono 1.200. Ciò vuol dire che le banche non concederanno mutui la cui rata superi 1.200 euro. 


Come fare a capire a questo punto quale importo massimo possiamo chiedere? Entra in ballo la durata che insieme al tasso, è l’altro elemento imprescindibile nella formula del mutuo. Più il mutuo è lungo maggiore è la quota interessi che si pagherà alla banca ma in compenso minore sarà la rata. Oggi in Italia si stipulano mutui in media di 20-25 anni per importi medi di 120mila euro. Prima di cercare l’immobile è bene effettuare qualche simulazione per capire appunto - con il livello dei tassi di mercato - l’importo massimo che possiamo chiedere in prestito considerando il nostro “potere mutuo acquisto” (1.200 nell’esempio).
Se per ipotesi abbiamo intenzione di chiedere un mutuo di 300mila euro, il calcolatore ci indica che al tasso migliore oggi disponibile sul mercato (variabile all’1,5%) con un mutuo di 20 anni pagheremmo una rata di oltre 1.400 euro. Quindi dobbiamo aumentare la durata: a 25 anni infatti la rata scenderebbe a 1.170 e quindi se gli altri requisiti sono giusti (reddito stabile e con potenziale di crescita, età anagrafica sommata alla durata del mutuo non superiore a 75 anni) aumentano le probabilità che la banca finanzi l’operazione.


Se però preferiamo il tasso fisso (che a differenza del variabile resta immutato nel tempo) la prospettiva cambia. In partenza il tasso fisso è sempre più caro del variabile (proprio perché stipulandolo il mutuatario è come se sottoscrivesse un’assicurazione che lo copre da eventuali rialzi dei tassi, assicurazione che quindi ha un costo).
Nella prima parte del 2016 il miglior tasso fisso si aggira intorno al 2,8% (130 punti base in più del variabile). La simulazione ci dice quindi che non potremmo permetterci di chiedere 300mila euro a 25 anni perché la rata risulterebbe di quasi 1.400 euro. Dovremmo quindi optare per una soluzione a 30 anni dato che in questo caso la rata scenderebbe a 1.200 euro e quindi rientrerebbe nel nostro range.


Solo dopo aver chiarito quindi qual è la rata massima sostenibile e avendo quindi scelto il tasso preferito (considerando che il fisso è più caro ma è molto vantaggioso nel caso in cui si prevede un forte rialzo dell’inflazione mentre il variabile costa meno in partenza e potrebbe aumentare in caso di rialzo dei tassi e dell’inflazione) possiamo avvicinarci a capire quale è l’importo massimo di mutuo che possiamo chiedere.


Ma c’è un altro tassello da compiere. La maggior parte delle banche concede mutui per importi non superiori all’80% del valore dell’immobile. Questo significa che non possiamo permetterci di chiedere un mutuo se non abbiamo una liquidità da parte, almeno pari al 20% del valore dell’immobile che ci piacerebbe acquistare. Al momento ci sono solo due banche in Italia che offrono mutui fino al 95% del valore dell’immobile ma in questo caso lo spread (il costo fisso da pagare alla banca che contribuisce al calcolo del tasso di interesse finale) chiesto dall’istituto è più caro. Quindi anche in questo caso bisogna fare le simulazioni perché chiedendo un mutuo al 95% la rata rischierebbe di sforare l’importo massimo sostenibile (1.200 euro nell’esempio), pur spingendo al massimo (cioè 30 anni, di solito le banche non vanno oltre) la scadenza.


Se abbiamo fatto questi calcoli con accortezza e conosciamo su che cifre possiamo muoverci, allora possiamo cercare l’immobile. È inoltre molto importante nel momento in cui dovessimo fare una proposta d’acquisto versando una caparra per bloccare l’appartamento da altre offerte e aspettando che il venditore accetti o meno la nostra proposta di prezzo, inserire una preziosa clausola nella proposta d’acquisto: “salvo buon fine mutuo”. In questo modo potremo recuperare la caparra nel caso la banca o le banche presso cui nel frattempo ci siamo rivolti per chiedere un preventivo e avviare un’istruttoria sulla nostra capacità reddituale e di rimborso non dovessero concederci il mutuo. Perché l’ultima parola sta a loro.


Fonte articolo: IlSole24Ore, Guida Casa.

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