Le nuove costruzioni più vendute dell'usato

Crisi immobiliare, costruzioni bloccate, crollo delle concessioni e operatori falliti hanno ridotto ai minimi termini il numero di nuovi appartamenti sul mercato. 


I dati mostrano come nei mesi stia calando molto l’offerta di nuovo. "Le nuove abitazioni create nel corso dell’anno sono poche - continua Breglia -. I tempi di collocamento del nuovo erano meno di un anno qualche tempo fa e oggi sono di almeno due anni. Alla fine della crisi si sono messi insieme due fenomeni: si è costruito di meno e poi dall’anno scorso il nuovo si vende meglio dell’usato dappertutto, dalle grandi città alle piccole". 

Questo perché i prezzi del nuovo sono scesi più di quelli delle abitazioni esistenti - secondo Scenari Immobiliari nelle zone periferiche il nuovo ha perso durante la crisi il 25% del proprio valore mentre l’usato il 20% - e chi vuole comprare spesso propende per un appartamento già pronto, per il quale si evitano nel primo periodo le spese di manutenzione. 


L’aumento delle vendite di nuovo sta pertanto erodendo lo stock esistente. "È un dato positivo - spiega ancora Breglia -. Se il mercato dovesse ripartire, come è probabile che avvenga tra quest’anno e l’anno prossimo, la presenza di poche costruzioni recenti e di molta domanda di fatto potrebbe creare pressione sui prezzi. Per realizzare nuovi progetti ci vogliono almeno cinque anni, quindi è difficile che il mercato accolga a breve nuove abitazioni dopo uno stop così lungo delle costruzioni". Un trend che accomuna tutti e cinque i Paesi europei esaminati. 
"Il risultato è che il nuovo oggi in vendita è in gran parte stato costruito anni fa e ancora invenduto" - Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari.


Uno stock che si sta contraendo e che nel nostro Paese è arrivato a quota 90.500 unità (sono escluse le abitazioni ancora in costruzione e non sul mercato) contro le 118.400 unità nuove di fine 2014. Scorrendo all’indietro il calendario si vede che nel 2012 le nuove unità sul mercato erano circa 150mila. E prima ancora quando la crisi era lontana, tra il 2005 e il 2007, i numeri arrivavano fino a quasi 200mila. 


La “fame” di nuovo spiega il successo ottenuto dalle diverse riqualificazioni di lusso nelle zone centrali delle grandi città, riqualificazioni che in alcuni casi sono stati proprio interventi di demolizione e ricostruzione. Il nuovo vince contro l’usato soprattutto sotto il profilo della qualità. L’usato, infatti, è mediamente di qualità scadente e richiede elevate spese di ristrutturazione e di manutenzione. Non solo. Le case nuove hanno anche il vantaggio di avvalersi di un notevole risparmio energetico.


A Milano, dice Alessandro Ghisolfi, responsabile dell’ufficio studi di casa.it, "la domanda che punta sul nuovo ha un budget medio e riesce ad accedere al mutuo in maniera più facile". 
Il concetto vale anche in altri capoluoghi come Torino e Bologna, ma anche Roma. Ghisolfi non concorda con Breglia sull’andamento delle quotazioni, ravvisando cali maggiori per l’usato. "Nel semicentro (milanese ndr) i prezzi dell’offerta di nuovo sono scesi ma in maniera contenuta, tra il 5 e il 7%, nell’usato ci sono state riduzioni maggiori - dice -. Ma c’è chi preferisce abitare in zone più prestigiose e per questioni di budget si rivolge all’usato, piuttosto che comprare il nuovo in periferia". 
Secondo Alessandro Ghisolfi la tendenza di una ripresa si vede con evidenza sul nuovo, con grande attenzione alla qualità del costruito. "La location è un fattore importante". 


Analizzando i dati di Scenari Immobiliari relativamente a Milano e Roma si evince che nel capoluogo lombardo da gennaio 2015 a oggi le unità nuove in vendita sono calate del 37,1% da 3.500 a 2.200, nella capitale invece le abitazioni completate e immesse sul mercato sono circa 3.700 contro le 5mila che si contavano in vendita due anni fa (-26%). 


Subito dopo la Spagna è quindi l’Italia
il Paese che segna - tra le cinque maggiori Nazioni europee - il maggior calo delle abitazioni nuove in vendita e quindi delle costruzioni: -23% (la Spagna segna una riduzione del 29,2%). Germania e Regno Unito hanno registrato un calo nel biennio che si attesta intorno all’11%, la Francia si ferma al 5%. 


Fonti articolo: ilSole24Ore, vetrina web



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