Fine ristrutturazione e chiusura del cantiere: quali adempimenti?

Ristrutturazione: ultimo atto. Quando i lavori sono terminati e l’impresa ha "smontato" il cantiere, inizia la fase di chiusura dell’intervento.


Collaudo e contabilità, adempimenti burocratici, Ape e pratiche di detrazione energetica: sono almeno una decina i passaggi di cui tenere conto per mettersi in regola, non rischiare sanzioni e fruire delle opportunità che incentivano chi apporta migliorie al patrimonio immobiliare.

 

Il percorso cambia, ovviamente, a seconda del tipo di cantiere che si è eseguito: per le nuove costruzioni o le ristrutturazioni sostanziali sono molti di più gli adempimenti (anche se, dopo il decreto Scia2, l’iter è stato semplificato). Più semplice la conclusione per chi ha eseguito piccoli interventi di manutenzione straordinaria con Cila. Mentre nulla o quasi è da comunicare nel caso di manutenzione ordinaria (una semplice tinteggiatura, il rifacimento di un pavimento o anche la posa di un pannello solare, oggi affrontabili in edilizia libera).
Moduli e documenti da consegnare, poi, cambiano anche a seconda del territorio e delle scelte di Comuni e Regioni.


Prima della chiusura

Ciò che tutti devono mettere in conto è un passaggio che spesso viene omesso (magari per ragioni di tempo), ma che è fondamentale:  prima della consegna delle chiavi è meglio eseguire un sopralluogo insieme al progettista che ha diretto i lavori e con l’impresa. Serve a mettere in luce problemi e lavorazioni mancanti, prima che il cantiere venga definitivamente "smontato".


In questa fase, è bene tracciare un bilancio anche della contabilità. La maggior parte dei contratti sottoscritti fra imprese e committenti prevedono lavorazioni a corpo (cioè a singola lavorazione, con un forfait slegato dalle effettive quantità). Tuttavia, durante il cantiere è facile che sia insorta la necessità di qualche opera aggiuntiva. Che sarà da conteggiare. Obbligatorio, infine, per tutti recuperare i certificati di conformità degli impianti tecnologici della casa. Serviranno non solo per chiedere l’agibilità: ma anche, ad esempio, per affittare a terzi l’immobile o l’edificio costruito o ristrutturato.


Il Comune

La comunicazione di fine lavori è necessaria solo per i grandi cantieri (quelli per cui è stato richiesto un permesso di costruire o una Scia). Tuttavia, anche in caso di manutenzioni straordinarie effettuate con una semplice Cila (comunicazione di inizio attività asseverata) è consigliabile segnalare all’amministrazione competente che il cantiere è concluso.


Dallo scorso anno, con l’entrata in vigore del decreto Scia 2, il certificato di agibilità è andato in pensione e, al suo posto, è arrivata la segnalazione certificata per l’agibilità. Questo passaggio è obbligatorio (e va effettuato entro 15 giorni dalla fine dei lavori) per le nuove costruzioni, per gli interventi di ricostruzione e sopraelevazione, totale o parziale, e per la realizzazione di interventi sugli edifici esistenti che possono influire sulle condizioni di sicurezza, salubrità e su tutti gli altri aspetti relativi all’agibilità. La multa per chi non è in regola va da 77 a 464 euro.


La segnalazione deve essere presentata dal soggetto cui è stato rilasciato il permesso di costruire o che ha presentato la Scia, che può essere sia una società sia una persona fisica: va sempre redatto con l’aiuto di un professionista. Alla segnalazione devono essere, inoltre, allegati il certificato di collaudo statico (che, per i piccoli interventi, può essere sostituito da una dichiarazione di regolare esecuzione dei lavori) e una dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa sull’accessibilità e il superamento delle barriere architettoniche. Serve infine la dichiarazione dell’impresa che ha installato gli impianti.


La variazione catastale va effettuata nei confronti dell'Agenzia del Territorio, entro 30 giorni e solo se il cantiere ha modificato superficie o destinazione d’uso dei vani.


Infine, un adempimento scatta per chi vuole fruire dei cosiddetti bonus edilizi. In caso di semplice detrazione per le ristrutturazioni al 50% basta ricordarsi di effettuare "bonifici parlanti" e consegnare la documentazione al commercialista. Per il 65% per gli interventi di risparmio energetico, la necessità e il tipo di documenti da inviare all’Enea (entro 90 giorni dalla fine dei lavori) cambiano in base all’intervento: ad esempio, chi installa un cappotto in facciata deve inviare un attestato di qualificazione energetica e una scheda descrittiva dell’intervento e far fare anche l’attestato di prestazione energetica.


Fonte articolo: Edilizia e territorio, IlSole24ore vetrina web

 

Mutui verdi presto in Italia: cosa sono?

Presto, entro un anno nella migliore delle ipotesi, potrebbe esplodere il settore dei "mutui verdi", finalizzati ad aumentare la classe energetica degli immobili, sia nel caso di una ristrutturazione sia nella combinazione acquisto più ristrutturazione.


Si tratterebbe di finanziamenti con tassi e meccanismi di favore, un loan to value – la quota di valore dell’immobile finanziata –superiore alla media, convenienti per il cliente ma anche per le banche, a livello di gestione del rischio e di reperimento di capitale. 

 

È un terreno su cui stanno lavorando con forza gli istituti di credito in sede europea, di cui si è discusso nel recente incontro "Financing energy renovation of buildings" organizzato dalla Commissione Ue, in collaborazione con il ministero dello Sviluppo Economico, l’Enea, l’Abi e l’Un Environmental Finance Initiative.


"Finanziare il settore green è indispensabile oggi, sia per le spinte di mercato sia per gli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni definiti con l’Agenda europea 2030", ha spiegato Romano Stasi, segretario generale di AbiLab, centro di ricerca e innovazione dell’Abi. Basti pensare che il 40% del consumo di energia, nel continente, è dovuto agli edifici e si stima che si potrebbero investire anche 100 miliardi l’anno per rinnovare quelli più vetusti e portarli all'efficienza. "Per sbloccare il mercato, però, è necessario formulare un sistema di valutazione di questo particolare tipo di credito, standard e condiviso dal sistema", aggiunge Stasi.


In effetti, l’offerta è, almeno in parte, già presente anche in Italia (vedi paragrafo in basso). Ma gli istituti corrono un po’ in ordine sparso: in alcuni casi si tratta di prestiti, quindi senza ipoteca, altre volte sono limitati all’installazione di pannelli fotovoltaici, oppure sono mutui per ristrutturazione generici. Ma tutti sono offerti a tassi di mercato e, soprattutto, le pratiche di istruttoria non seguono standard appositi per questo, perché misurare l’impatto diretto dell’efficienza energetica sul rischio-credito non è semplice. In altre parole, dimostrare con un modello standard come l’aumentare della classe energetica abbassi automaticamente il rischio per la banca ed elevi il valore patrimoniale dell’immobile.


Un primo tentativo del genere lo ha prodotto Crif. "Abbiamo analizzato 17mila casi passati di finanziamenti ipotecari. Ne è emerso che le valutazioni dei periti mediamente sottostimavano gli immobili in classe A e B anche del 10-12% rispetto al loro valore di mercato reale, mentre quelli nelle classe G ed F erano addirittura sovrastimati. Segno che la componente energetica incide, ma nelle pratiche di mutuo si fatica a darle il peso corretto" – ha spiegato Silvia Cappelli, direttore di Crif –.


"Anche rispetto alla classificazione del cliente, c’è una correlazione proporzionale tra classe dell’immobile e rating creditizio, che aumentano di pari passo, e lo stesso si verifica andando a guardare lo stato di salute dei mutui in corso: più la classe energetica è bassa e più sale l’incidenza del bad rate, con cui in gergo si registrano i casi di tre o più rate non pagate nel corso di un anno. Mentre i clienti il cui mutuo riguarda una classe A o B sono poco problematici. C'è una differenza addirittura del 108% tra la punta migliore e la peggiore".


Insomma, se la componente energetica riuscisse a entrare nei sistemi standard di valutazione del credito si potrebbero offrire mutui "verdi" con particolari condizioni: tasso più basso, Ltv aumentato o anche un tasso variabile che scende progressivamente, man mano che avanzano i lavori di efficientamento. E non solo.


"In futuro immaginiamo sportelli bancari in cui sia abituale avere un consulente energetico che consigli il cliente sui lavori da operare, nel momento stesso in cui valuta il mutuo – ha detto Luciano Chiarelli, direttore Mercati e investimenti bancari di Unicredit e membro di EeMAP (Energy efficient mortgages action plan), un’iniziativa europea cui partecipano diversi attori del mercato, tra cui le banche aderenti alla European Mortgage Federation, che spingono per la creazione di questo mercato.


Perché? L’aumento del valore patrimoniale degli immobili ipotecati è in realtà un aspetto secondario. Quel che interessa gli istituti è la bontà del loro stesso rating e l’appetibilità delle emissioni. Infatti, dal punto di vista finanziario, gran parte dei mutui in essere vengono "impacchettati" e messi sul mercato sotto forma di covered bond. E i titoli con mutui verdi come sottostante sarebbero più appetibili per i grandi investitori, se la loro bassa rischiosità fosse in qualche modo certificata. "La domanda potenziale è robusta", ha detto Chiarelli. L’EeMap, insieme a Università Ca’ Foscari, E.On e Rics ha appena pubblicato un libro bianco sul tema ed entro l’estate 2018 emanerà delle linee guida da sottoporre al vaglio del mercato. 


l’offerta attuale in italia
 
Più prestiti che mutui verdi.
Tanti prestiti, ma nessun mutuo veramente “green”. È questo lo scenario a oggi delle offerte di finanziamento presenti sul mercato italiano per i privati che desiderano migliorare l’efficienza energetica della propria casa. Sfogliando alcuni dei fogli informativi disponibili non abbiamo trovato mutui che facciano esplicitamente riferimento alla classe energetica. Tra i pochi esempi c’è il mutuo Natura di Mps, che specifica qualcosa in più a livello di finalità dell’erogazione: "per riqualificazione e ristrutturazione di immobile ad uso residenziale o per acquistare un’abitazione costruita secondo tecniche di bioarchitettura". Eroga fino al 60% del valore in caso di ristrutturazione e l’80% per acquisto, mentre il Taeg, su 100mila euro di importo, varia dal 3,28% a 3,59% con il tasso fisso e dal 4,10 al 5,31% con il variabile (interessi in linea con i mutui del gruppo).
Oppure c’è Banca Etica che propone il mutuo “Energia efficiente” a tasso variabile, ma è un mutuo riservato a imprese ed è di tipo chirografario, non ipotecario.

Per il resto, i mutui riguardano genericamente il caso della ristrutturazione.
La scelta, invece, si amplia a livello di prestiti personali, alcuni dei quali finanziano diversi tipi di intervento, altri invece si riferiscono soltanto al fotovoltaico. Sono della partita Cariparma-Credit Agricole (Energicamente gran prestito), Unicredit con CreditExpress risparmio energetico (tasso fisso al 6,5%, fino a 75mila euro se il cliente si impegna a utilizzare il finanziamento per lavori di riqualificazione energetica che rientrino nelle agevolazioni fiscali); Findomestic con il prestito per impianti solari e fotovoltaici; Ubi banca (prestito Forza sole, fisso all’8,50% o variabile Euribor 3 mesi più 5% di spread).

Il più generoso è il prestito Green Famiglie di Bnl-Bnp Paribas, con tasso fisso al 6,99%, che eroga fino a 100mila euro di interventi. Tra le altre possibilità per i privati ci sono finanziamenti erogati in virtù di convenzioni con gli enti locali. In Valle d’Aosta fino al 15 dicembre si possono richiedere mutui dedicati al miglioramento energetico al tasso fisso dell'1%. Il Comune di Parma, invece, ha stretto un accordo con Credit Agricole in cui vengono finanziati interventi a un tasso agevolato (Euribor 3 mesi +2,9%), con un plafond già definito di 20 milioni fino a tutto il 2020, previa verifica del progetto da parte dell'Agenzia territoriale energia e sostenibilità).


Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Danni all'appartamento del vicino durante la ristrutturazione: chi paga?

La Corte di Cassazione (ordinanza n. 27554/2017) ha confermato, nei confronti di una proprietaria di un appartamento, la condanna al risarcimento del danno patrimoniale e biologico e di natura temporanea (per intossicazione da monossido di carbonio) cagionato ad una vicina a seguito della ostruzione della canna fumaria a servizio del suo appartamento dovuta all'esecuzione di lavori di ristrutturazione edilizia effettuati all'interno dell'abitazione soprastante. 

 

Inoltre la Corte ha confermato la riduzione del danno, nella misura del 25%, pari al concorso di colpa della danneggiata, ex art. 1227 comma primo c.c., per avere utilizzato un impianto di riscaldamento non a norma che era stato sequestrato dai funzionari dell'Azienda sanitaria.

La Corte non ha ritenuto sussistente la difesa della proprietaria la quale affermava di essere esente da responsabilità poiché l'otturazione della canna fumaria era stata cagionata dalla impresa appaltatrice, mediante la rottura di un muro e la caduta di calcinacci nella canna fumaria , e perchè non risiedeva nell'immobile dove veniva la sera per indicare alcuni dettagli nella ristrutturazione.
Il Collegio ha applicato il principio di diritto per cui, in materia di appalto che non implichi il totale trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sull'immobile nel quale deve essere eseguita l'opera appaltata, non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e di vigilanza e con esso la conseguente responsabilità di cosa in custodia ex art. 2051 c.c..


Tale norma genera un obbligo che essendo di natura oggettiva , nasce in ragione della sola sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l'evento.
Secondo l'art. 2051 c.c. spetta al proprietario – committente di assolvere all'onere della prova liberatoria, dimostrando di avere affidato integralmente il potere di fatto sull'immobile alla ditta appaltatrice e di non avere svolto alcuna ingerenza nella esecuzione dei lavori appaltati.


La Corte afferma che l'avere affidato in appalto la ristrutturazione dell'immobile non consente in alcun modo di desumere le modalità di affidamento (totale o parziale) della custodia dell'immobile, né consente di escludere che la proprietaria – committente non sia affatto intervenuta a dare indicazioni per la esecuzione dei lavori.


Infine la Corte conferma il concorso di colpa della danneggiata nella misura del 25% poiché non è stato dimostrato quali iniziative avrebbe potuto assumere per contenere, con certezza probabilistica, il danno e in quanto la condannata non ha assolto all'onere della prova di dimostrare le ragioni che avrebbe dovuto sostenere la danneggiata per ottenere il dissequestro dell'impianto già accertato dalla Asl non conforme alle norme di sicurezza e quali tra i danni subiti sarebbero stati certamente ridotti qualora la danneggiata avesse intrapreso le azioni dovute, tenuto conto della istantaneità del danno alla persona e dei costi sostenuti per l'acquisto dei beni occorrenti a rimpiazzare l'inutilizzabile impianto di riscaldamento.


La Corte afferma che l'ipotesi disciplinata dall'art. 1227, secondo comma c.c., che esclude il risarcimento del danno che il creditore avrebbe dovuto evitare usando l'ordinaria diligenza, è un' eccezione in senso stretto e grava dunque sul debitore il relativo onere della prova. Tale onere non è stato assolto dalla proprietaria dell'immobile in ristrutturazione che pertanto ne paga le conseguenze pecuniarie e consistenti nel predetto risarcimento del danno.


Fonte articolo: Edilizia e territorio, IlSole24ore, vetrina web

I Bonus casa 2018 approdano in Senato

Da oggi, lunedì 6 novembre, entra nel vivo in Senato l'esame della manovra 2018.


Tra le audizioni previste c'è quella di Confedilizia (Confederazione italiana della proprietà edilizia), che, in una nota, analizza le misure positive già presenti nel testo della legge e gli aspetti su cui è auspicabile un intervento del Parlamento.

 

Per quanto riguarda gli affitti abitativi, viene prorogata fino al 2019 la speciale aliquota del 10% della cedolare secca per le locazioni a canone calmierato, che era stata prevista per un quadriennio con scadenza al 31 dicembre 2017. Proseguire con questo regime fiscale è indispensabile per mantenere un minimo di attrattività ad una modalità di affitto che è stata mortificata dall’aumento di tassazione patrimoniale avviato nel 2012. Tuttavia, considerata la durata quinquennale dei contratti interessati, limitare la proroga a due anni rischia di impedire l’effetto incentivante dell’aliquota e – come rilevato anche dal Sunia, il Sindacato inquilini della Cgil – il conseguente calmieramento dei canoni.


All’esame parlamentare, poi, è affidata l’elaborazione di una norma che – come richiesto dalla maggioranza e da gran parte dell’opposizione in sede di esame della nota di aggiornamento al Def – introduca anche nel settore non abitativo una tassazione sostitutiva dei redditi da locazione. Anche in questo caso, la prova del nove della giustezza della proposta è data dal fatto che a richiederla sono – oltre ai proprietari – le loro controparti nei contratti di locazione, in particolare attraverso Confcommercio e Confesercenti, consapevoli che la perdita di qualsiasi redditività dell’investimento in locali commerciali impedisce alle attività economiche di prossimità di tentare di riprendersi dalla crisi che le attanaglia.


Per il resto, sono da considerarsi positivamente misure come la sterilizzazione degli aumenti delle aliquote Iva, che si sarebbero applicati a molti interventi sugli edifici; la proroga delle detrazioni per ristrutturazioni edilizie e acquisto di mobili, oltre al nuovo bonus verde; l’estensione dei piani individuali di risparmio (Pir) alle società immobiliari, che ne erano inspiegabilmente escluse; la previsione di una detrazione per i premi delle polizze catastrofali riguardanti le abitazioni.


Fonte articolo: Idealista.it

Il bonus mobili rientra nel pacchetto casa 2018

Il bonus mobili rientra nel perimetro della nuova legge di Bilancio.


Con una proroga secca dal 2017 al 2018 per la misura che, dalla sua introduzione nel giugno 2013 fino a tutto il 2016, è stata capace di muovere una spesa pari a oltre 4,5 miliardi di euro, secondo le stime di FederlegnoArredo. 

Il pacchetto della manovra dedicato alla casa, ormai assestato, incassa questa ennesima novità. Il testo del Ddl, atteso in Parlamento tra domani e giovedì, si prepara così a restituire un quadro delle agevolazioni fiscali profondamente rinnovato, dopo gli interventi del Governo, tra conferme, bonus totalmente nuovi e sconti riformati. 


In questa cornice il rinnovo del bonus mobili arriva dopo che, nelle prime bozze della manovra, la misura era stata tagliata. Adesso, mentre il lavoro dei tecnici dell’esecutivo è ancora in corso, riappare in una versione che conferma l’assetto che finora ha funzionato così bene: chi realizza un intervento di ristrutturazione edilizia a partire dal primo gennaio del 2017 potrà agganciare al rinnovamento della sua abitazione anche la detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici in classe non inferiore alla A+. Le spese per l’arredo dovranno essere sostenute nel 2018 e avranno un tetto massimo di 10mila euro. La sostanza, allora, è che viene confermato in blocco l’assetto attuale. Quindi, come avviene già adesso, lo sconto andrà diviso in dieci rate annuali. 


Fonte articolo: IlSole24ore, vetrina web

Bonus casa 2018: come accedervi e quali interventi agevolabili?

Restano, con qualche modifica, il bonus ristrutturazioni e l’Ecobonus, se ne va il bonus mobili e arriva il bonus verde: la legge di Bilancio 2018 ha difatti prorogato le vecchie misure a favore degli interventi sulla casa, con la sola eccezione della detrazione sull’acquisto di arredi ed elettrodomestici, che è stata rimpiazzata da un nuovo bonus per il miglioramento delle aree verdi, come terrazzi e giardini.

Il bonus mobili, comunque, potrebbe essere inserito nella manovra successivamente, con un emendamento: molto forti, infatti, sono le proteste delle aziende del settore, considerando che l’incentivo garantisce, secondo le stime di Federlegno Arredo, 10mila posti di lavoro.


In ogni caso, per la concessione dei bonus saranno previsti dei severi controlli: in merito all’ecobonus, cioè alla detrazione sui costi per l’efficientamento energetico, ad esempio, saranno effettuati dei controlli a campione, sia documentali che nelle case oggetto di ristrutturazione, per verificare che l’intervento sia stato effettivamente svolto e che rispetti i requisiti fissati per avere diritto alle detrazioni fiscali.


Se negli scorsi giorni ci siamo occupati di descrivere il bonus verde nei suoi vari aspetti ed eseguito una carrellata su tutti gli altri bonus casa, in questo articolo vedremo anche chi può accedervi, in che modo e per quali interventi in particolare.

Bonus verde per giardini e terrazzi

Il bonus verde consiste nella possibilità di detrarre dall’Irpef, dal 1° gennaio del 2018, il 36% delle spese documentate per la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni. In pratica, l’incentivo sarà previsto per la piantumazione o la sistemazione di prati in giardiniterrazzibalconi e cortili, anche condominiali.


La detrazione, come abbiamo detto pari al 36%, spetterà su una spesa massima pari a 5mila euro, quindi non potrà essere superiore a 1.800 euro. In parole semplici, chi spende, per la sistemazione delle aree verdi, dai 5mila euro in su, avrà il diritto di detrarre 1.800 euro dalle tasse.

Bonus ristrutturazione 2018

La Legge di bilancio 2018 ha confermato il bonus ristrutturazione, cioè la detrazione al 50% dall’Irpef dei costi sostenuti per gli interventi di ristrutturazione. La detrazione deve essere fruita in 10 quote annuali dello stesso importo ed è applicata a un costo massimo di 96.000 euro.

Possono beneficiare del bonus ristrutturazione:

  • - il proprietario dell’immobile;
  • - il conduttore dell’immobile (inquilini);
  • - il nudo proprietario;
  • - l’usufruttuario;
  • - il comodatario;
  • - i familiari conviventi (purché siano loro a sostenere le spese e risultino intestatari di bonifici e fatture).

Gli interventi agevolabili consistono nei lavori interni a immobili esistenti; nel dettaglio, deve trattarsi di opere di:

  • - manutenzione ordinaria (solo perle parti comuni dell’edificio);
  • - manutenzione straordinaria;
  • - ristrutturazione edilizia;
  • - recupero e risanamento conservativo.

Sono detraibili non solo le spese necessarie all’esecuzione dei lavori, ma anche i costi di progettazione, le prestazioni professionali inerenti, le perizie ed i sopralluoghi.


In particolare, le opere agevolate devono riferirsi alle seguenti componenti:

  • - impianto idraulico ed elettrico;
  • - inferriate fisse;
  • - soppalco;
  • - pareti interne ed esterne;
  • - scale ed ascensore;
  • - cablatura;
  • - porta blindata;
  • - impianto di allarme;
  • - allargamento porte e finestre;
  • - pavimentazione esterna;
  • - facciata ed intonaci esterni;
  • - canna fumaria;
  • - citofoni, videocitofoni e telecamere;
  • - caldaia, caloriferi e condizionatori;
  • - abbattimento delle barriere architettoniche;
  • - balconi e verande;
  • - box auto;
  • - contenimento dell’inquinamento acustico (isolamento).


Gli adepimenti.
Per ottenere il bonus è necessario essere in possesso dei seguenti documenti:

  • - fattura relativa alle spese sostenute;
  • - bonifico parlante, indicante la causale del versamento, il numero e la data della fattura, i dati del richiedente la detrazione(che può anche essere diverso dall’ordinante), il codice fiscale del beneficiario.

Per ottenere la detrazione è anche necessaria una dichiarazione di ristrutturazione da cui risulti una data di inizio lavori: può trattarsi di una comunicazione al Comune in cui è ubicato l’immobile, o di un titolo abilitativo comunale. Nel caso in cui l’intervento non ne preveda l’obbligatorietà, è sufficiente una dichiarazione sostitutiva dell’ atto di notorietà.

Ecobonus 2018

L’Ecobonus, o bonus per il miglioramento dell’efficienza energetica, è un’agevolazione che consiste nella detrazione Irpef del 65% dei costi sostenuti per migliorare le prestazioni energetiche di un immobile; la detrazione, anche in questo caso, deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo, sino a un limite massimo di:

  • - 30mila euro, per gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale;
  • - 40mila euro, per le opere di riqualificazione dell’involucro di edifici esistenti, e per l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda (solare termico);
  • - 100mila euro, per gli interventi di riqualificazione energetica globale.


Di seguito, un elenco delle componenti a cui possono riferirsi le opere di efficientamento energetico:

  • - rivestimento termico alle porte d’ingresso e pannelli isolanti;
  • - pompe di calore e impianti geotermici;
  • - pavimento radiante;
  • - impianto solare termico.

Dal 2018, per la posa in opera di infissi, di schermature solari, per le caldaie a condensazione e a biomasse la detrazione passa dal 65% al 50%. Resta invariato al 65% il bonus per l’installazione di pannelli solari per l’acqua calda, pompe di calore e altri interventi sull’involucro degli edifici.

Ecobonus 2018 per gli interventi sulle parti condominiali

Le detrazioni sono più elevate se le spese (sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021) sono riferite a specifici interventi di riqualificazione riguardanti parti del condominio. In particolare, le percentuali di detrazione ammontano al:

  • - 70%, per gli interventi che interessino l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo;
  • - 75%, per interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale o estiva.

I beneficiari dell’agevolazione fiscale, anziché fruire della detrazione del 70 o del 75%, possono scegliere di cedere il credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi o ad altri soggetti privati, esclusi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari.

Le detrazioni sono calcolate su un ammontare complessivo di spesa non superiore a 40mila euro, moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio.

Gli adempimenti. Per accedere all’ecobonus è necessario essere in possesso dei seguenti documenti:

  • - fattura relativa alle spese sostenute;
  • - bonifico parlante, indicante la causale del versamento, il numero e la data della fattura, i dati del richiedente la detrazione(che può anche essere diverso dall’ordinante), il codice fiscale del beneficiario.

Per gli interventi più notevoli, come la riqualificazione globale, la coibentazione dell’ involucro e l’isolamento dell’edificio, deve essere trasmessa la seguente ulteriore documentazione all’Enea (Agenzia Nazionale per L’Efficienza Energetica):

  • - APE (attestato di prestazione energetica): deve essere redatto da un professionista abilitato e indipendente dalla ditta che esegue i lavori;
  • - asseverazione: è la certificazione dei produttori necessaria per caldaie, finestre e infissi;
  • - scheda informativa: è un documento che contiene i dati identificativi del soggetto, dell’immobile e la quantificazione del risparmio energetico conseguente all’intervento.

 

Sismabonus 2018

La legge di Bilancio riconosce una detrazione fiscale, detta Sisma bonus, per le spese sostenute per gli interventi antisismici su edifici (adibiti ad abitazioni ed attività produttive) ubicati nelle zone 1 e 2 (zone sismiche ad alta pericolosità): la detrazione riguarda i costi sostenuti a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2021; deve essere ripartita in 5 quote annuali di pari importo, nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Resta fermo l’attuale limite massimo di spesa pari a 96mila euro per unità immobiliare per ciascun anno.


L’agevolazione, dal 2017 al 2021, è estesa anche agli immobili situati nella zona sismica 3 (in cui possono verificarsi forti ma rari terremoti).
La detrazione di imposta è elevata al 70% della spesa sostenuta, nel caso in cui dall’adozione di misure antisismiche derivi una riduzione del rischio sismico, che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore. Se dall’intervento deriva il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione è elevata all’80%.


Nel caso in cui gli interventi di riduzione del rischio sismico siano realizzati su parti comuni condominiali, le detrazioni di imposta del 70% e dell’80% sono riconosciute rispettivamente nella misura del 75% e 85%.
Tra le spese detraibili sono ricomprese, a decorrere dal 1° gennaio 2017, anche quelle effettuate per la classificazione e la verifica sismica degli immobili.


Cessione dei bonus

Dal 2018 sarà possibile trasferire non solo le detrazioni per gli interventi sulle parti condominiali, ma anche per le operazioni effettuate sulla singola unità immobiliare. Chi incamera il bonus potrà, poi, trasferirlo nuovamente. In questo modo si incentiva il ricorso agli interventi sulla casa anche per gli incapienti, cioè per coloro che hanno un’imposta più bassa rispetto alle detrazioni, e per coloro che, in generale, dispongono di poca liquidità.


Fonte articolo: Laleggepertutti.it

Come cambiano i bonus casa nella nuova legge di Bilancio

Infissi e schermature solari transitano dal 65% al 50%. 


La cessione dei crediti passa dai soli condomini alle singole unità immobiliari.E il sismabonus viene esteso anche agli ex Iacp.

  • Nell'articolo di ieri ci siamo ocupati prevalentemente del "bonus verde" che riguarda giardini, terrazzi e balconi di ville e condomini; oggi vedremo il resto del pacchetto "bonus casa" nella manovra 2018, appena approvata dal Governo e in arrivo in Parlamento. Non ci sono, infatti, solo le attese proroghe degli sconti per ristrutturazioni ed efficientamento energetico per tutto il 2018. Diversi interventi puntano a una riforma più radicale, per rivedere il raggio d'azione delle detrazioni e aumentarne l'efficacia. 


  • Le proroghe di 50 e 65%
  • Partiamo dalle proroghe. La manovra allunga di un anno la vita del bonus del 50% per le ristrutturazioni e dello sconto del 65% per l'efficientamento energetico. Quest'ultimo, però, subisce un robusto tagliando, modificando di molto il suo perimetro. Il tema da affrontare è spiegato molto chiaramente nella relazione che accompagna la manovra: la detrazione ha finora avuto una buona efficacia ai fini anticongiunturali, ma ha "ampi margini di miglioramento del rapporto tra costo e beneficio del meccanismo". In altre parole, ci sono alcune tipologie di interventi che hanno drenato grandi risorse ma che portano risultati scarsi in termini di recupero dell'efficienza energetica.


  • La revisione del perimetro degli sconti
  • Sul banco degli imputati sono finite alcune categorie di investimento, che vengono puntualmente elencate dalla norma che si avvia verso il Parlamento: sostituzione di infissi, schermature solari, impianti di climatizzazione invernale tramite caldaie a condensazione e a biomassa. In tutti questi casi, allora, l'entità della detrazione scende dal 65% al 50%. Lo stesso livello di una ristrutturazione ordinaria. Resta invariato, invece, a quota 65% il bonus per pannelli solari per l'acqua calda, pompe di calore, cappotti termici e altri interventi sull'involucro edilizio. Intatto anche il pacchetto dedicato ai bonus condominiali, messo in piedi dalla legge di Bilancio 2017: gli sconti "pesanti" del 70 e 75% non subiscono alcun impatto e vengono confermati fino al 31 dicembre del 2021. 


  • La cessione dei crediti
  • Altra novità strategica arriva dal lato della cessione dei crediti. Finora questa era limitata al solo caso degli interventi sulle parti condominiali, sia nella versione relativa agli incapienti (con cessione possibile anche alle banche) che nella versione dedicata agli altri contribuenti (con cessione alle banche vietata). La manovra allarga il perimetro della cessione in maniera decisa, prevedendo la possibilità di trasferire lo sconto anche per le operazioni effettuate sulla singola unità immobiliare, al di fuori degli interventi condominiali. Chi incamera il bonus potrà, poi, anche trasferirlo nuovamente. In questo modo lo sconto diventa molto più liquido.


  • Iacp e sismabonus
  • Sul fronte del sismabonus, la novità più attesa riguarda l'estensione dello sconto agli ex Iacp. Come annunciato dal Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, gli sconti per la messa in sicurezza saranno allargati anche ai soggetti che si occupano di edilizia popolare. Questi, infatti, hanno in pancia una grande quantità di risorse che, però, stando alle norme attuali, non possono spendere. Non ci saranno invece, almeno per ora, ritocchi che consentiranno di utilizzare il sismabonus anche per i capannoni. Per completare il tagliando alla sconto fiscale, infine, vengono aggiornati i requisiti tecnici minimi che gli interventi di efficientamento devono rispettare per rientrare nel perimetro dello sconto.


  • Fonte articolo: Edilizia e territorio, IlSole24ore, vetrina web

Ascensore sì o no: chi decide in condominio?

Cosa succede se non tutti sono d’accordo in ordine all’installazione dell’ascensore in condominio? Chi decide? Come si dividono le spese? Vediamolo insieme.


Per la stragrande maggioranza delle decisioni che incidono sull’uso delle parti comuni (pianerottoli, scale, portone, muri perimetrali, ecc.) è necessario convocare l’assemblea e ottenere il “permesso” di tutti o, quantomeno, della maggioranza dei condomini.

L’ascensore, infatti, potrebbe non servire a tutti, ma essere – al contrario – di vitale importanza per molti. Chi decide in ordine all’installazione dell’ascensore condominiale? Come saranno ripartite le spese? E se non tutti sono d’accordo?

Le innovazioni condominiali

Prima di comprendere cosa succede se non tutti sono d’accordo circa l’installazione dell’ascensore in condominio, è necessario inquadrare la disciplina applicabile alla fattispecie.

Ebbene, l’ascensore condominiale rientra nella categoria giuridica delle c.d. innovazioni. Ed infatti, si definisce innovazione ogni nuova opera che implichi una modificazione notevole della cosa comune, alterandone l’entità sostanziale o la destinazione originaria. Si pensi, ad esempio, al pianerottolo dove potrebbe essere installata l’ascensore: evidente che esso subirà una modificazione notevole. Tali modificazioni potrebbero riguardare anche il vano scale o l’atrio.


Come accennato – però – pianerottoli, scale, androni, ecc. sono parti comuni e non tutti potrebbero essere d’accordo in ordine alla modificazione o l’alterazione delle stesse. Ciò accade perché, molto spesso (o quasi sempre) l’ascensore non serve a tutti: è utilissima per chi abita ai piani alti, ma non serve a nulla (o quasi) a chi abita a piano terra. Nonostante ciò, l’inquilino dei piani bassi” potrebbe subire – a causa dell’installazione dell’ascensore  –  la sottrazione all’uso di una ragguardevole porzione del pianerottolo di accesso al proprio appartamento. In altri termini, l’inquilino dovrebbe rinunciare a parte del suo diritto (all’uso del pianerottolo), ma tale rinuncia non comporterebbe per lui alcun vantaggio. Vantaggio che, però, gioverebbe agli altri condomini. Chi la spunterà in questi casi?

L’interesse della maggioranza dei condomini

L’installazione dell’ascensore condominiale deve rispondere all’interesse della maggioranza dei condomini.
Con preciso riferimento alle innovazioni condominiali, infatti, il Codice Civile dispone che l’assemblea condominiale possa deliberare qualsiasi opera che sia diretta al miglioramento, all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Queste delibere sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Ad essere vietate, invece, sono le innovazioni che possano arrecare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del condominio, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni completamente inservibili all’uso o al godimento anche di un singolo condomino.
Se, invece, l’ascensore comporta solo un limitato restringimento dello spazio di passaggio comune, allora il diritto di installarlo dovrà essere riconosciuto. Ed infatti, secondo la legge, ciascun comproprietario può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca  agli di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Ascensore in condominio: le spese

Le spese per l’installazione dell’ascensore vanno ripartite tra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, compresi i condomini che non hanno espresso voto favorevole, perché la volontà dell’assemblea è vincolante per tutti.
dissenzienti, tuttavia, possono chiedere di essere esonerati da qualsiasi contributo di spesa, ove l’installazione deliberata dalla maggioranza dei condomini sia molto onerosa o consista in opere suscettibili di utilizzazione separata.


Ovviamente deve trattarsi di quei condomini che dall’ascensore traggono una utilità. Il concetto dell’utilità è molto rilevante. Ed infatti,  se l’ascensore è destinata a servire i condomini in misura diversa, le spese saranno ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Quindi, se – ad esempio – uno degli inquilini non ne usufruisce perché abita a piano terra, allora non potrà essere gravato della spesa relativa all’installazione ed alla manutenzione dell’ascensore, non traendo dalla stessa alcuna utilità o beneficio (anzi, semmai una perdita di parte dell’uso del pianerottolo di proprietà comune).

Ascensore in condominio: se non tutti sono d’accordo?

Come anticipato, l’installazione dell’ascensore in un condominio che ne sia sprovvisto può essere attuata anche a cure e spese di alcuni condomini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo ovviamente alle relative spese. La conseguenza è che devono ritenersi consentite anche quelle innovazioni che siano utili solo per alcuni condomini, non recando – al contempo – gravi pregiudizi agli altri.

Ascensore in condominio: se tutti sono d’accordo tranne uno?

La limitazione per alcuni o anche per un solo condomino dell’originaria possibilità di utilizzare le scale o il pianerottolo occupati dall’installazione dell’ascensore realizzata a cura e spese di altri, può reputarsi lesiva del loro diritto solo ove comporti l’inservibilità della parte comune. Non rileva, quindi, il minor godimento della cosa comune, ma solo il pregiudizio, tale da superare i limiti della tollerabilità. 


Fonte articolo: Laleggepertutti.it

Subscribe to this RSS feed

La invitiamo a lasciare il suo numero di telefono per essere ricontattato.

Cliccando invia dichiari di aver letto ed accettato l'informativa sulla privacy