Accensione riscaldamento: e se l'impianto non è a norma?

L’accensione degli impianti termici è un rito che, immancabile, si ripete ogni anno, con l’arrivo dell’autunno e dei primi freddi.


Rappresenta però solo l’atto conclusivo di attività di manutenzione che, all’attivazione, devono essere ormai terminate.

L'ACCENSIONE DEGLI IMPIANTI

L’accensione degli impianti termici è funzione del sito in cui è collocato l’edificio e, più precisamente, della zona climatica di riferimento. L’intero territorio italiano è infatti suddiviso in 6 zone climatiche, dalla A (la più calda) alla F (la più fredda). Il 15 ottobre è la data dell’accensione degli impianti negli edifici collocati in zona climatica E (in cui ricadono pressoché tutte le città del Nord Italia). 

Nella zona F non vi sono limitazioni temporali, mentre per l’accensione in zona climatica A o B si deve attendere il 1° dicembre!


Al di fuori di tali periodi, gli impianti termici possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l’esercizio, e previa autorizzazione del Sindaco del Comune in cui sono collocati. 
Sussistono inoltre limiti anche sulla durata giornaliera di attivazione dell’impianto (dalle 14 ore in zona E alle 6 ore in zona A). Qualora vi sia un sistema di termoregolazione e contabilizzazione del calore, si può superare quest’ultima limitazione. Queste prescrizioni non si applicano agli edifici in cui vi sia permanenza di soggetti deboli, quali ospedali, case di cura, asili e scuole materne.


CHE FARE SE L'IMPIANTO NON È A NORMA?

condomìni che, in contesto centralizzato, non abbiano ancora installato un sistema di contabilizzazione e termoregolazione ai sensi del D.Lgs. 102/2014 (la proroga dopo il 30 giugno non c’è stata), dovranno attendere la prossima primavera per potersi adeguare. L’impianto sarà però non a norma, e i proprietari delle unità immobiliari saranno sanzionabili in caso di controllo da parte dei pubblici funzionari preposti (ammenda tra le 500 e le 2.500 euro).


La responsabilità (civile epenale) dell’impianto termico dell’amministratore in caso di impianto centralizzato, o dell’amministratore delegato in caso di soggetto giuridico proprietario dell’impianto. È però possibile delegare tale responsabilità ad un terzo soggetto, il Terzo Responsabile, purché sia dotato di adeguata capacità tecnica ed economica e, soprattutto, purché l’impianto sia a norma di legge, dal punto di vista tecnico e documentale.
Qualora l’impianto non sia a norma, o cessi di esserlo, il Terzo Responsabile non può assumere la delega e, se in carica, deve segnalare il problema e dimettersi entro 10 giorni qualora nulla venga fatto per porvi rimedio. 


La garanzia della piena conformità dell’impianto si può avere solo rispettando le scadenze indicate. È il libretto di uso e manutenzione del generatore di calore che dice quali siano le operazioni di manutenzione da svolgere e con quale frequenza (in genere i produttori richiedono attività manutentive almeno annuali, svolte da personale qualificato. 

I controlli di efficienza energetica sono invece esplicitamente previsti dall’Allegato A del Dpr 74/2013. Per gli impianti a combustione a gas, sono previsti controlli ogni 4 anni sino ai 100 kW e ogni 2 anni oltre tale soglia. Da sottolineare come le Regioni possano richiedere frequenze minori: è il caso della Lombardia che ha dimezzato tali scadenze portandole a 2 ed 1 anno.
Per verificare quanto è stato fatto sull’impianto, e se son state rispettate tutte le scadenze previste, si può consultare il Libretto di Impianto di Climatizzazione, che, ai sensi di DM 10/02/2014, è presente per ogni impianto termico.


Fonte articolo: IlSole24ore, vetrina web

Ecobonus o Conto termico? Dipende dall'impianto scelto

Manca poco alla riaccensione dei riscaldamenti: la data di avvio degli impianti varia fra la metà di ottobre e fine novembre, a seconda della zona climatica dove si colloca la casa.


Chi sta pensando a un cambio di impianto "last minute" ha tre strade a disposizione per ottenere un aiuto economico dallo Stato. Ma la scelta è condizionata dal tipo di impianto che si vuole installare.

 

CALDAIA A CONDENSAZIONE

Per chi sceglie una caldaia a condensazione, l’unica via percorribile è quella della detrazione fiscale: il 65% (cioè l’Ecobonus specifico per il risparmio energetico, confermato per ora fino al 31 dicembre 2017, con estensione fino al 2021 per chi esegue opere in condominio) o il 50% (più genericamente legato alle ristrutturazioni edilizie).
Il Conto termico, invece, anche nella versione rivisitata in vigore da maggio 2016, non incentiva questo tipo di impianti (se non in caso di apparecchi ibridi ad alte prestazioni, ma si tratta di una nicchia di mercato).


Nell'installare un nuovo sistema a condensazione con l’Ecobonus, la condizione principale è che la caldaia installata deve soddisfare alcuni livelli di rendimento certificati dal produttore. Dal punto di vista burocratico, occorre aprire una pratica con l’Enea:

- nel caso di impianti domestici (potenza inferiore ai 100 KW) è sufficiente inviare all’ente un’autocertificazione;

- per potenze maggiori occorre invece inviare entro 90 giorni da fine lavori una relazione tecnica dell’intervento eseguito.


In entrambi i casi, inoltre, occorre conservare, fra i documenti, oltre alle fatture e i pagamenti effettuati, anche un’asseverazione firmata da tecnico abilitato.


Se il prodotto scelto non rientra nei requisiti per l’Ecobonus, le caldaie a condensazione possono essere comunque incentivate con le detrazioni del 50% (il tetto massimo ammissibile è di 96mila euro): una scelta che, a volte, viene imboccata anche per ragioni di tempo e praticità, visto che per percorrere questa strada non c’è bisogno di inviare nulla all’Enea, ma occorre solo – come anche per l’Ecobonus – effettuare il pagamento tramite un "bonifico parlante" (che indica i dati fiscali di chi esegue il bonifico e di chi lo riceve, oltre che i riferimenti normativi che istituiscono i rispettivi incentivi, le banche forniscono comunque moduli ad hoc) e dichiarare la spesa nella dichiarazione dei redditi.


POMPE DI CALORE E CALDAIA A BIOMASSA

Al contrario, il Conto termico, gestito dal Gse (Gestore servizi energetici) e senza scadenza, può essere una importante opportunità per chi pensa di ricorrere a una pompa di calore o una caldaia a biomassa (prioritariamente legno, pellet o cippato). In questi casi, infatti, è reale la concorrenza con l’Ecobonus.
Va premesso che in entrambi i casi il nuovo sistema deve garantire un alto grado di efficienza e l’intervento deve configurarsi come sostituzione o integrazione di una caldaia già esistente – con l’eccezione delle biomasse incentivate con il 65% per cui è ammessa anche l’installazione ex novo.


Chi utilizza l’Ecobonus sceglie di rientrare del 65% della spesa recuperando la somma, come "sconto" sull’Irpef, in rate di dieci anni e fino a un massimo di 30mila euro. Chi opta per il Conto termico ottiene un contributo in genere più ridotto nell’importo (anche la metà rispetto al 65%), ma che viene erogato direttamente sul conto corrente del titolare della pratica a 90 giorni dalla fine dell’intervento. Oltretutto, in un’unica soluzione per importi fino a 5mila euro (o al massimo in due rate annuali) e con l’ulteriore vantaggio che non occorre avere un determinato livello di "capienza fiscale" per poter incassare l’incentivo (cioè avere da pagare per dieci anni una quota di Irpef o Ires almeno pari all’ammontare della rata del rimborso).


Calcolare l’importo del contributo ottenibile con il Conto termico, per quanto siano state introdotte alcune semplificazioni, è abbastanza complesso: l’ammontare infatti dipende dalle caratteristiche dell’impianto installato e dalla zona climatica di riferimento. Per semplificare la vita agli utenti, tuttavia, il Gse ha predisposto una sorta di "catalogo" di prodotti idonei al contributo con potenza fino a 35 kW, già "approvati" d’ufficio.


Nell’invio della pratica di richiesta dell’incentivo è dunque possibile selezionare direttamente sul Portaltermico l’impianto installato (senza dover produrre ulteriore documentazione e con un vantaggio sui tempi di presentazione della domanda).
Nel caso dell’Ecobonus, al contrario, per avviare la pratica di recupero del credito è necessario l’invio di specifica documentazione all’Enea (l'iter cambia a seconda che il nuovo impianto sia a biomassa o in pompa di calore).

Fonte articolo: IlSole24ore.com

Perchè le classi energetiche non corrispondono al comfort casalingo?

La classe energetica degli edifici ha assunto sempre più importanza negli ultimi anni, specie nelle contrattazioni immobiliari.


È fatto conclamato che il mercato guardi sempre con maggiore attenzione alla classe dell’edificio, dando maggior pregio (anche in termini economici) a quelli che ricadono in classi energetiche elevate, o comunque dalla “B” in su. 

 

Non tutti sanno, però, che alcune volte la classe energetica dell’edificio può non coincidere con l’effettivo benessere termico all’interno dell’edificio; questo si verifica soprattutto nei fabbricati realizzati in data anteriore all’emanazione delle varie leggi sul risparmio energetico, in particolare dal 2005/2008 all’indietro.

Classe energetica e benessere termico

La classificazione energetica delle APE, detto in maniere ultra-semplificata, pone in una classe più elevata quegli edifici che consumano poche fonti non rinnovabili e più fonti rinnovabili; l’edificio energeticamente migliore, secondo tale classificazione, è dunque quello che consuma poco e rinnovabile. Per completezza d’informazione, nel rinnovabile troviamo ad esempio i pannelli solari, i pannelli fotovoltaici e le biomasse.


Quando si parla di benessere termico, però occorre precisare che non esiste una regola fissa che disciplini quando un’abitazione è termicamente confortevole o costi poco riscaldarla, ma esistono alcuni principi chiari che rendono bene l’idea del significato del comfort o benessere: per esempio la temperatura deve più possibile uniforme in tutto il volume dell’unità immobiliare, le pareti che racchiudono l’unità devono essere a temperature non eccessivamente più basse dell’aria presente nei locali, non deve essere presente un’enorme differenza di temperatura tra l’aria più in basso e quella più in alto dei locali, non deve esservi eccessiva umidità relativa né correnti di aria.

Esempi di metodi di riscaldamento

Incrociando i principi di classificazione e di benessere come sopra chiariti, si noterà, tanto per fare un esempio, che nelle abitazioni dove è presente un caminetto a legna non vengono rispettati i principi del benessere termico, ma, ciò nonostante, essendo il legno rinnovabile, l’unità immobiliare avrà una classe energetica più elevata rispetto alla medesima unità immobiliare senza caminetto, ma riscalda, per esempio, a metano.

Con un impianto radiante a pavimento, alimentato da una caldaia a metano, si raggiunge molto facilmente il comfort termico (la temperatura è uniforme, non ci sono particolari differenze tra l’aria in alto e quella in basso, le pareti si scaldano etc.), ma se nella stessa abitazione fosse presente una stufa pellet, con la quale non si raggiunge il medesimo comfort (si scalda solo l’aria vicino alla stufa, si influisce negativamente sull’umidità etc.) è possibile che quest’ultima risulti in una classificazione energetica migliore.


L’intento di chi ha scritto tali leggi energetiche era, certamente, quello di favorire le fonti rinnovabili, ma nel farlo non ha tenuto in considerazione le numerose realtà dell’Italia in cui il legno, per esempio, rappresenta una fonte imprescindibile del riscaldamento, sebbene non soddisfi in pieno i requisiti del benessere termico.


Il massimo, sarebbe avere un impianto che rispetti i principi del benessere, come potrebbe essere l’impianto a pavimento, alimentato tramite un sistema rinnovabile come potrebbero essere le pompe di calore abbinate al fotovoltaico. Ma fotografando il patrimonio immobiliare e gli usi e consuetudini italiane, noteremo che in molti luoghi, dove soprattutto la legna è facilmente reperibile, tale disciplina legislativa ha favorito l’aumento dei consumi proprio del legname, mentre il fotovoltaico viene ancora accantonato poiché troppo più oneroso.

Su come il consumo del legno e dei boschi incida sull’ecosistema è ormai un fatto chiaro, mentre sulla bontà delle celle fotovoltaiche, ricche di silicio, nei confronti dell’ambiente e degli esseri umani, non è possibile per lo scrivente esprimere un giudizio fondato poiché rappresenta un argomento estremamente delicato; in tale ambito è opportuno che il trattamento delle celle avvenga in modo tale da non disperdere ciò che di buono hanno fatto i pannelli fotovoltaici durante la loro vita utile. 

Fonte articolo: Ediltecnico.it

 

 

Termovalvole obbligatorie da luglio. Le sanzioni per chi non è in regola

Dal 1° luglio 2017 è definitivamente in vigore l’obbligo di dotare gli impianti di riscaldamento centralizzati dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore.


Non si ritiene condivisibile l’interpretazione secondo la quale sia sufficiente la sola delibera di dare incarico all’impresa.

CHI E' ESENTATO

Per quanto giuridicamente non vincolante, sul punto si è pronunciato anche il Mise nella Faq del mese di giugno 2017 al punto n. 7. Chi non si è adeguato per tempo, pertanto, potrà essere assoggettato alla sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro per ciascuna unità immobiliare. Sono esentati dall’esecuzione di qualsiasi intervento, solo coloro che hanno ottenuto una relazione così detta “esimente” ai sensi dell’articolo 9 comma 5 lettera c) del Dlgs 102/2014.


Questa deve dimostrare che l’installazione di tali sistemi risulti essere non efficiente in termini di costi con riferimento esclusivamente alla metodologia indicata nella norma Uni En 15459. In questo caso la relazione deve essere firmata da un professionista abilitato. Non è richiesta l’asseverazione. Tale ultimo requisito è invece obbligatorio per la relazione necessaria ai fini della non applicazione della norma tecnica Uni 10200 per la ripartizione della spesa del riscaldamento.


CHI DEVE OTTEMPERARE ALL'OBBLIGO

L’obbligo di adozione dei sistemi di contabilizzazione e di termoregolazione riguarda i condominii e gli edifici polifunzionali. Questi ultimi dovrebbero essere intesi quali edifici appartenenti ad un solo proprietario le cui unità immobiliari sono occupate da soggetti diversi tra i quali deve essere ripartita la spesa del riscaldamento. Sul punto non vi è alcuna eccezione nemmeno nelle leggi regionali. Ne consegue che anche gli edifici di edilizia popolare devono essere adeguati. Si ricordi che ai sensi dell’articolo 26 comma 5 della legge 10/1991, gli interventi volti all’adozione dei sistemi di termoregolazione sono “innovazioni”. Ne consegue che di questi deve esserne data notizia presso il catasto degli impianti termici che le Regioni e le Province autonome, devono avere istituito ai sensi del Dpr 74/2013 articolo 10 comma 4. È quindi sufficiente che la Regione interroghi il sistema informatico per capire quali impianti centralizzati non siano stati adeguati alla normativa. Infatti, ai sensi dell’articolo 16 comma 14 Dlgs 102/2014, le sanzioni sono irrogate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano o enti da esse delegati.

Ciascuna Regione ha quindi regolamentato le modalità di inserimento di tali informazioni. In caso di mancata effettuazione degli interventi stante la relazione “esimente”, occorre verificare cosa prevede la piattaforma informatica. In Piemonte, ad esempio, non è previsto che la relazione venga inviata in forma ufficiale. Tuttavia, all’atto del caricamento del Rapporto di controllo, viene richiesto se l’impianto è di tipologia centralizzata e in questo caso se esiste o meno la termoregolazione/ contabilizzazione e, in caso negativo, viene data la possibilità di caricare una scansione della relazione.


Altra cosa è, invece, la sanzione da 500 a 2.500 euro per la ripartizione della spesa del riscaldamento non effettuata in base alla norma Uni 10200 o al criterio indicato nel Dlgs 102/2014 articolo 9 comma 5 lettera d). In tal caso la sanzione è riferita al condominio e non per ogni proprietario. L’amministratore deve conservare la relazione sottoscritta dal professionista o, in alternativa, la relazione asseverata.


Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Installazione dei sistemi di contabilizzazione in scadenza: come ripartire le spese

Il momento è (quasi) giunto. Il 30 giugno 2017 scade il termine per adeguarsi all’obbligo di contabilizzazione dei consumi di riscaldamento, acqua calda sanitaria e raffrescamento, imposto dal Dlgs 102/2014 a condomini ed edifici polifunzionali. 


A partire dal 1° luglio, salvo proroghe, diverranno operative le sanzioni (assai severe: multa tra le 500 e le 2.500 euro a unità immobiliare per il proprietario inottemperante).

Per la prima stagione termica successiva all’installazione, è possibile ripartire le spese secondo i millesimi di proprietà. Successivamente, si dovrà ripartire la spesa secondo i consumi effettivi, ricorrendo alla Norma Uni 10200. La regola generale prevede una possibile alternativa, qualora la Uni 10200 non sia applicabile (come nel caso del raffrescamento), o laddove vi siano differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari superiori al 50 per cento: attribuire almeno il 70% della spesa energetica ai consumi volontari, il rimanente ripartito secondo un parametro deciso dall’assemblea.


Il condominio che non ripartisca conformemente alle disposizioni di legge è soggetto ad una sanzione amministrativa tra le 500 e le 2.500 euro. Qualora l’installazione di sistemi di contabilizzazione non sia tecnicamente possibile, o non sia economicamente conveniente, una relazione tecnica garantirà la possibilità di non osservare l’obbligo.

Il Ministero, con una recente serie di Faq, ha specificato che non è necessario tenere conto delle detrazioni fiscali nella valutazione economica prodromica all’installazione. L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha chiarito già nel 2016 che è invece sempre possibile usufruire delle detrazioni del 50% nel caso di installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione (l’aliquota balzerebbe addirittura al 65% con sostituzione del generatore di calore con un modello a condensazione).
L’indicazione del Mise, quindi, è quantomeno dubbia: rischia di rendere economicamente non conveniente gran parte dei potenziali interventi. La contabilizzazione e una più efficace termoregolazione, infatti, generano sempre dei risparmi (energetici ed economici), ma non sempre tali da giustificare in un lasso temporale di 10-15 anni l’investimento necessario.


Qualora non si proceda alla contabilizzazione, la ripartizione spese seguirà quanto previsto dall’articolo 1123 del Codice Civile: la Uni 10200 non sarà pertanto obbligatoria, ma resterà tra i possibili criteri di riparto.


Se non arriverà un’ulteriore proroga (di cui si è molto parlato), dal 1° luglio sarà problematica la posizione anche per quanti, in condominio, hanno deliberato ma non si sono ancora adeguati. Il ministero ha infatti specificato che non è sufficiente aver deliberato i lavori, ma è necessario averli effettivamente realizzati entro il 30 giugno 2017.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Termovalvole, quanto mi costano?

Negli scorsi giorni, il 15 aprile, si sono ufficialmente spenti i riscaldamenti in tutto il Paese ed è finita, almeno sulla carta, la stagione del freddo e dei grandi consumi di gas.


Il portale ProntoPro.it ha deciso di cogliere questa occasione per calcolare quanto sono riuscite a risparmiare le famiglie grazie all’installazione delle termovalvole

 

Chi ha già effettuato questo tipo di intervento sul suo impianto di riscaldamento, secondo la stima del sito, ha risparmiato in un anno 150 euro.
Una cifra che permette di ammortizzare i costi che servono a installare questi apparecchi in casa: mediamente, sempre secondo i calcoli del portale, si spendono 78 euro per ogni calorifero. Quindi ipotizzando un immobile dotato di quattro termosifoni, il costo sostenuto per le termovalvole, pari a circa 300 euro, verrà ammortizzato in due anni.


Per effettuare queste interessanti stime, ProntoPro.it è partito dall’analisi dei dati diffusi dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico che hanno parlato di una spesa media per il gas pari a 1.029 euro a famiglia.


Il tempo per adeguarsi all’obbligo di legge che impone le valvole termostatiche per il controllo del riscaldamento è ormai poco: con il decreto Milleproroghe si è fissato come termine ultimo quello di giugno 2017.
Per non incappare in sanzioni piuttosto salate, comprese fra i 500 e i 2.500 euro, bisogna quindi programmare l’intervento che potrebbe avere un costo diverso a seconda della città in cui si trova l’appartamento. Per esempio a Milano i costi sono più alti e possono arrivare a 100 euro per ogni singola termovalvola, mentre la spesa risulta più bassa a Catanzaro, dove servono soltanto 70 euro.


Fonte articolo: Immobiliare.it

Contabilizzatori: detrazione del 65% con nuova caldaia o pompe di calore

Con la circolare 18/E del 6 maggio 2016 l’agenzia delle Entrate ha chiarito quando i sistemi di contabilizzazione del calore, che devono essere obbligatoriamente installati nei condomini entro il 31 dicembre 2016 (articolo 9 del Dlgs 102/2014), sono incentivati dalle detrazioni fiscali del 65 e del 50 per cento.


Il problema si pone da subito per gli amministratori in concomitanza con le assemblee che decidono la spesa e comunque quando, a inizio anno, devono inviare la certificazione della quota di spese sostenute ai singoli condòmini.

 

 

Qualora l’uso dei "contatori" non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi, la norma prevede l’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali (i "contabilizzatori", appunto) per misurare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun radiatore posto all’interno delle unità immobiliari, secondo quanto previsto dalla norma Uni En 834.
L’agenzia delle Entrate, con la circolare 18/E ha chiarito come ottenere le detrazioni fiscali per l’installazione dei nuovi contatori di calore.


Se i dispositivi in questione sono installati
in concomitanza con la sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione – e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione – ovvero con pompe di calore ad alta efficienza o con impianti geotermici a bassa entalpia, le relative spese sono ammesse alla detrazione spettante per gli interventi di riqualificazione energetica ai sensi dell’articolo 1, comma 347, della legge 296/2006.
Il bonus è pari, attualmente, al 65% delle spese stesse per un valore massimo della detrazione di 30mila euro.


Se, invece, i dispositivi in questione sono installati senza che sia sostituito, integralmente o parzialmente, l’impianto di climatizzazione invernale ovvero nel caso in cui quest’ultimo sia sostituito con un impianto che non presenta le caratteristiche tecniche richieste ai fini della detrazione del 65% per gli interventi di riqualificazione energetica (cioè un forte risparmio sui consumi), le relative spese sono ammesse alla detrazione spettante ai sensi dell’articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del Tuir nella misura attuale del 50%, trattandosi comunque di intervento finalizzato al conseguimento di risparmio energetico.


Per poter fruire delle detrazioni fiscali ogni singolo condòmino deve acquisire e conservare una certificazione rilasciata dall’amministratore del condominio, in cui egli attesti:

- di aver adempiuto a tutti gli obblighi previsti dalla legge;

- la quota della spesa imputabile a ciascuna delle unità immobiliari possedute dal condominio, calcolata in base ai millesimi di proprietà.


Fonti articolo: IlSole24Ore.com

 

Guida alla contabilizzazione del calore: costi e tempi d'installazione

Per inserire i sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore negli edifici con riscaldamento centralizzato è il momento di chiedere preventivi, valutare i costi e approvare le delibere di adozione.


La nuova scadenza del 30 giugno 2017 fissata dal decreto legge Milleproroghe (Dl 244/2016) dà infatti qualche mese di tempo per mettersi in regola. 

 

Il decreto Milleproroghe (ora in fase di conversione da parte del Parlamento) ha spostato di sei mesi il precedente termine del 31 dicembre 2016.


L’obbligo discende dalla direttiva europea sull’efficienza energetica 2012/27/CE (recepita, nel nostro Paese, dai decreti legislativi 102/2014 e 141/2016). Per chi non lo rispetta, sono previste sanzioni dai 500 ai 2.500 euro per unità immobiliare. E, secondo le proiezioni delle associazioni di categorie sono ancora molti i condomini in Italia che non si sono adeguati.

Il timing dell’installazione

L’installazione delle termovalvole può avvenire solo se l’impianto è scarico di acqua. Tra marzo e aprile (in base al territorio di appartenenza) si spegneranno nelle diverse Regioni i riscaldamenti e, da quel momento fino al 30 giugno, scatterà la finestra utile per effettuare le opere.
Chi ha già deliberato i lavori e scelto la ditta che deve eseguirli, deve quindi aspettare qualche settimana.


Per chi, invece, non ha ancora deliberato in assemblea l’intervento o deve scegliere l’impresa cui affidare l’installazione, è bene accelerare e cominciare a raccogliere preventivi, comparare i costi e indire le assemblee di condominio necessarie per il via libera all’installazione. Anche per evitare la corsa all’adeguamento degli impianti prima dell’accensione stagionale che, lo scorso settembre, ha comportato un sovraccarico di richieste e la difficoltà, in alcuni casi, per le ditte specializzate di soddisfare la domanda.


L’approvazione

Ai fini della normativa di condominio, l’adozione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore in condominio si approva con la maggioranza semplice (un terzo dei condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio). Il quadro cambia nel caso in cui si decida di applicare la ripartizione introdotta dal decreto 141/2016, derogando alla norma Uni 10200: in questo caso, è necessaria la maggioranza dei presenti che rappresentino almeno i 500 millesimi.


Installare valvole e contabilizzatori può essere, inoltre, l’occasione per analizzare l’efficienza dell’intero edificio e approvare altri lavori, come la sostituzione di una caldaia vecchia o la risoluzione di problemi di dispersioni di calore dal tetto, dalle facciate o dalle finestre.


I costi

Per ciò che riguarda l’ammontare delle spese da sostenere, dipende da che cosa si sceglie di installare. Sul mercato esistono diversi modelli di valvole termostatiche e cronotermostatiche che permettono di regolare le temperature a seconda delle ore del giorno.


In media, ipotizzando una spesa di 100/120 euro a calorifero in un appartamento di 80/90 mq con 5 caloriferi, il costo a unità immobiliare resta comunque entro i mille euro. Senza considerare, poi, le detrazioni fiscali. Per coprire i costi, è possibile fruire anche della detrazione fiscale al 65% nel caso in cui l’intervento sia contestuale al cambio di caldaia e del 50% se riguarda il solo inserimento dei nuovi dispositivi.


I controlli

Per ciò che riguarda i controlli, occorre comunque considerate che il sistema di verifica è lo stesso che regola le ispezioni di efficienza energetica delle caldaie.
Ogni anno - nel caso degli apparecchi condominiali, che superano una certa potenza - il manutentore sottopone a un check l’impianto e stila il cosiddetto “rapporto di controllo”, che viene trasmesso alle Regioni.
Le ispezioni scattano a campione e sono disposte dalle Province e dai Comuni sopra i 40mila abitanti (e dagli organismi da questi incaricati): le ammende toccano all’ente regionale.


Laddove sono attivi i catasti che mappano lo stato dell’arte, ovviamente è più facile individuare i palazzi non a norma. Questo significa che, per come è impostata la verifica sugli impianti termici, è facile che le situazioni di non conformità inizino a venire al pettine dopo i mesi di settembre e ottobre. Quando i manutentori incaricati delle ispezioni verificheranno le caldaie e segnaleranno la cosa nei rapporti di controllo. Quindi, nella pratica, ancora un po’ di tempo per correre ai ripari (a riscaldamenti spenti) c’è.


Quando i costi superano i benefici

L’introduzione della termoregolazione e della contabilizzazione del calore equipara, in qualche misura, l’impianto centralizzato a un impianto di gestione autonoma o semi-autonoma.
Le due “azioni” sono sinergiche fra loro. I due sistemi servono, rispettivamente, a regolare i prelievi di acqua calda dalla caldaia per ogni singolo appartamento e a conteggiare, di conseguenza, i maggiori o minori consumi di ogni unità immobiliare.


La termoregolazione consiste nell’inserimento di una valvola, nel punto in cui i tubi che corrono dal sistema centralizzato si connettono con ogni radiatore. Questo dispositivo serve a regolare il flusso di acqua calda e, di conseguenza, a determinarne un maggiore o minore prelievo.


Nel caso di edifici con distribuzione orizzontale, dove una sola tubazione ripartisce l’acqua al sistema (sia esso a caloriferi o radiante), viene introdotto un dispositivo di regolazione del flusso nel punto di ingresso dell’acqua calda nell’appartamento e lo stesso viene collegato o a singole termovalvole - poste sui radiatori - o a un termostato o cronotermostato unico (proprio come quello delle caldaie autonome), capace di regolare l’accensione o spegnimento del flusso in funzione della temperatura impostata.


La contabilizzazione serve, invece, in modo complementare, a quantificare il consumo di ogni unità immobiliare (sulla base, proprio, di come ogni abitante avrà gestito durante hanno di riscaldamento l’impostazione delle valvole).


Anche in questo caso, a seconda che l’edificio sia a colonne montanti (cioè diversi tubi salgono verticalmente fra gli alloggi e servono ciascuno uno o più caloriferi per piano) o a distribuzione orizzontale, vengono inseriti sui singoli caloriferi piccoli apparecchi, che si chiamano ripartitori, oppure viene inserito un sottocontatore o contabilizzatore alla tubazione di ingresso in casa.


Due i motivi che permettono di non ottemperare all’obbligo di termoregolazione e contabilizzazione: l’impossibilità tecnica di eseguire i lavori di adeguamento e la sproporzione fra i costi necessari a installare il sistema e l’effettiva utilità.


Il primo caso riguarda ad esempio alcuni impianti con radianti vetusti, dove non c’è di fatto un tubo di ingresso nell’appartamento cui collegare una valvola per regolare i prelievi.
Il secondo caso, invece, è quello dei palazzi ubicati in zone climatiche miti. Il Dlgs 102/2014 non indica esattamente le aree di esclusione ma rimette la valutazione sulla convenienza dell’installazione delle termovalvole ai tecnici.


Spetta al professionista dimostrare
con una relazione asseverata che il montaggio di valvole e ripartitori in un luogo in cui il riscaldamento viene acceso solo per brevi periodi all’anno non genererebbe risparmi ma una diseconomia contraria ai principi indicati dalla direttiva.
Anche nel caso di impianti vetusti per disattendere l’obbligo di legge è necessaria una perizia e la relativa dichiarazione del professionista che si assume la responsabilità di quanto certificato.


Fonte articolo: IlSole24Ore.com

 

 

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