Le insidie che rimandano il distacco dal centralizzato


Il "distacco" piace ancora molto. Nonostante l’approssimarsi della scadenza dell’obbligo di installare i contabilizzatori di calore, che renderanno più individuale il consumo, la Cassazione e la legge (da ultimo la riforma del 2012) si sono assiduamente dedicate al problema.


Anzitutto va richiamata l’attenzione sull’articolo 4 del Dpr 59/09 che afferma "in tutti gli edifici esistenti con più di quattro unità abitative e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell’impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW è preferibile il mantenimento di impianti centralizzati laddove esistenti".

 

La norma precisa anche che le cause tecniche o di forza maggiore per ricorrere a eventuali interventi finalizzati alla trasformazione dei centralizzati in impianti con generatore di calore separata per singola unità abitativa devono essere dichiarate nella relazione di cui al successivo comma 25 dello stesso Dpr 59/09, cioè nella relazione attestante la rispondenza delle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici e relativi impianti termici che, come prescritto dall’articolo 28, comma 1, della legge 10/91, il proprietario dell’edificio deve depositare presso le amministrazioni competenti insieme alla denuncia dell’inizio dei lavori relativi alle opere di cui agli articoli 25 e 26 della stessa legge n.10/91.


Nonostante tale esplicita dichiarazione legislativa di preferenza per il centralizzato, una successiva pronuncia della Cassazione (5331/2012) riaffermava il principio secondo cui "il condomino può legittimamente rinunciare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le proprie diramazioni della sua unità abitativa senza necessità di autorizzazione e approvazione degli altri condomini. Fermo restando il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini".
Veniva così affermato con questa pronuncia anche un altro principio: quello della possibilità del rinunciante a distaccarsi, anche in presenza di aggravi di spesa per gli altri utenti, previo accollo di tale maggior onere derivante dal distacco. 


Tali principi, ispirati come già detto a un evidente favore per il “distaccante”, sembrano poi, sostanzialmente anche se non completamente, recepiti dalla legge 220/2012 che, modificando l’articolo 1118 del Codice civile, quarto comma, statuisce che : "il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunciante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma".


Molti punti della norma sono tuttavia parsi subito poco chiari dando luogo a sostanziali contrasti interpretativi.
In primo luogo ci si è chiesti e ci si chiede se l’aggettivo "notevoli" si riferisca solo agli squilibri o anche agli aggravi di spesa: se l’aggettivo si riferisce solo agli squilibri, interpretazione che sarebbe preferibile alla luce dell’uso del disgiuntivo “o” anzichè della congiunzione “e”, si arriverebbe a un’interpretazione che rende di fatto il distacco irrealizzabile o difficilmente realizzabile, poiché un aggravio qualsivoglia deriva sempre e comunque dal distacco del singolo.


Resta anche un altro dubbio sostanziale: se possa trovare applicazione anche oggi l’orientamento della Cassazione, formatosi quando non esisteva alcuna norma sul distacco, sul fatto che, in presenza di aggravi di spesa per gli altri condòmini, il distacco stesso possa ritenersi legittimo qualora l’aspirante ”distaccante” si accolli l’aggravio, di qualunque entità esso sia, notevole o minimo. 


Va infine aggiunto che nel frattempo molte legislazioni regionali (per esempio la legge della Regione Piemonte 13/2007), accogliendo il suggerimento del legislatore del 2009 e mostrando di aderire in modo netto e incondizionato all’orientamento contrario all’installazione di impianti autonomi individuali (in quanto contrari alla finalità del risparmio energetico e del contenimento dei consumi), hanno emanato normative che vietano tale installazione quando le unità immobiliari nel condominio siano superiori a un certo numero, di volta in volta diverso, a seconda della legislazione regionale. 


Fonte articolo: IlSole24Ore.vetrina web.

Risparmio energetico: quale bonus è più conveniente?

Per stufe a biomassa e termocamini quale bonus è meglio sfruttare? Le detrazioni per la ristrutturazione e per il risparmio energetico o gli incentivi del Conto termico?


La modalità di rimborso è solo uno dei criteri da seguire nella scelta tra le agevolazioni disponibili, che differiscono anche per struttura, procedura di accesso, parametri di rendimento richiesti, ritorno economico. Partiamo da quest’ultimo. 

 

Il più conveniente è offerto dall’Ecobonus fiscale, che per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2016 consente una detrazione del 65% (fino a un massimo di 30mila euro) per l’acquisto e la posa in opera di impianti con generatori di calore alimentati da biomasse combustibili: come ad esempio stufe e caminetti a legna o pellet. Lo sconto vale per la sostituzione totale o parziale del vecchio generatore termico o anche per nuova installazione, su edifici esistenti. E i requisiti richiesti ai nuovi apparecchi – come spiega l’Enea – includono un rendimento utile nominale minimo non inferiore all’85% e la conformità alle classi di qualità A1 e A2 delle norme Uni-En 14961-2 per il pellet e Uni-En 14961-4 per il cippato. 


Per ottenere la detrazione, spalmata in dieci anni, si deve seguire un iter che prevede, oltre al pagamento con bonifico “parlante” e l’asseverazione del tecnico, l’invio telematico di una scheda informativa all’Enea (compilabile anche dall’utente) entro 90 giorni dal termine dei lavori. L’ultima legge di Stabilità, prorogando per tutto il 2016 l’ecobonus al 65%, ha confermato anche questo specifico “capitolo” dedicato ai generatori a biomassa, introdotto dal 2015. Prima di allora, l’intervento poteva ricadere solo nella riqualificazione energetica generale, che vede un tetto alle spese detraibili più alto (100mila euro), ma impone determinati obiettivi di prestazione energetica finale dell’edificio. Possibilità, comunque, ancora in piedi.


In alternativa all’Ecobonus c’è la detrazione per le ristrutturazioni, che copre gli interventi di risparmio energetico e agevola gli impianti a legna o pellet con rendimento non inferiore al 70%. Anche questa detrazione si spalma in dieci anni ed è stata prorogata per il 2016 ai valori massimi (50% di sconto e limite di spesa agevolabile a 96mila euro per unità immobiliare). Vi rientrano i costi per l’acquisto e l’installazione di caminetti o stufe, compresa la realizzazione e il rifacimento della canna fumaria: ma non sono richiesti gli altri obblighi previsti dal 65%, come la trasmissione dei documenti all’Enea (rimane fondamentale il bonifico “parlante”).
Allo stato attuale, l’alternativa tra i due bonus fiscali (e i rispettivi limiti di spesa e detraibilità) dovrebbe cadere nel 2017, quando resterà in piedi soltanto l'agevolazione per il recupero edilizio, con sconto “originario” del 36% (e tetto di spesa agevolabile a 48mila euro).


Fuori dal campo delle detrazioni (con cui non è cumulabile), c’è poi il Conto termico, che non offre uno sconto sulle tasse ma un contributo diretto, in due rate annuali per le taglie “domestiche”: non si pesa, dunque, la capienza fiscale del beneficiario. L’incentivo è erogato dal Gse (sul cui sito va inoltrata la domanda) per la sostituzione di impianti di riscaldamento con altri dotati di generatori a biomassa. La percentuale di rimborso è intorno al 40%, ma può rivelarsi inferiore perché calcolata in base ad alcuni fattori: potenza termica, coefficiente di utilizzo (riferito alla fascia climatica), di valorizzazione dell’energia e sostenibilità ambientale (emissioni di polveri).
Stufe e termocamini devono rispondere a requisiti quali la conformità alle relative norme Uni-En; rendimento termico utile maggiore dell’85%; emissioni in atmosfera non oltre i valori tabellati.
Il sistema del conto termico è stato rivisto da un recente decreto del Mise, che entrerà in vigore nei prossimi mesi. Tra le novità attese, un catalogo di apparecchi termici fino a 35 kW di potenza, già “validati” dal Gse, per i quali si potrà usufruire di un iter semplificato. 


In conclusione, il rimborso è più veloce con il Conto termico, ma più elevato con le detrazioni del 65%.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Conto termico 2.0: gli incentivi per le rinnovabili

Il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi ha firmato il Decreto di aggiornamento del Conto Termico che rivede la disciplina per l’incentivazione dei piccoli interventi, per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili per privati e PA.


“Il nuovo Conto Termico dovrebbe rilanciare questa forma di incentivo, fino ad oggi ampiamente inutilizzato, mettendo a disposizione 900 milioni di euro annui, di cui 700 per privati e imprese e 200 per le PA, le cooperative sociali e le società di patrimonio pubblico”. Lo dichiarano ANIMA,Assoclima e Assotermica.

 

L'incentivo è spalmato in un periodo compreso tra i 2 e i 5 anni. I tetti massimi, indicati nella Tabella 5, sono differenziati in base al tipo di intervento, alla potenza dell'impianto e alla zona climatica in cui il lavoro è realizzato. 

Quando l’incentivo non supera i 5 mila euro, sarà corrisposto in un’unica rata sia ai privati sia alle Pubbliche Amministrazioni.


Incentivi del Nuovo Conto Termico per privati e Pubbliche Amministrazioni.
Sia i privati sia le Pubbliche Amministrazioni potranno fare domande per:

- la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale, anche combinati per la produzione di acqua calda sanitaria, dotati di pompe di calore, elettriche o a gas, utilizzanti energia aerotermica, geotermica o idrotermica, unitamente all’installazione di sistemi per la contabilizzazione del calore nel caso di impianti con potenza termica utile superiore a 200 kW;
- la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti o di riscaldamento delle serre e dei fabbricati rurali con impianti dotati di generatore di calore alimentato da biomassa, unitamente all’installazione di sistemi per la contabilizzazione del calore nel caso di impianti con potenza termica utile superiore a 200 kW;
- l’installazione di impianti solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria e/o ad integrazione dell’impianto di climatizzazione invernale, anche abbinati a sistemi di solar cooling, per la produzione di energia termica per processi produttivi o immissione in reti di teleriscaldamento o teleraffrescamento. Nel caso di superfici del campo solare superiori a 100 metri quadri, è richiesta l’installazione di sistemi di contabilizzazione del calore;
- sostituzione di scaldacqua elettrici con scaldacqua a pompa di calore;
- sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistente esistenti con sistemi ibridi a pompa di calore.


Le principali novità
introdotte rispetto al meccanismo finora adottato:

l’eliminazione dell’iscrizione ai registri per pompe di calore elettriche o a gas e caldaie a biomassa di potenza termica superiore a 500 kW che d’ora in avanti potranno quindi accedere direttamente all’incentivo;
- la predisposizione di un catalogo di prodotti di mercato idonei e prequalificati per l’accesso al meccanismo per i quali è prevista una procedura semi-automatica di riconoscimento (il catalogo è integrabile su richiesta degli operatori) e che quind renderanno più semplici le procedure di valutazione delle domande di incentivo.;
- una nuova modalità di pagamento per la Pubblica Amministrazione. Viene introdotta la possibilità di erogare un acconto e pagamenti per stato di avanzamento lavori, nonché il rilascio in un’unica rata per importi fino a 5000 euro;
l’aggiornamento del contratto tipo predisposto dall’AEEGSI (Autorità per l’Energia elettrica, il gas e il sistema idrico) con termini di pagamento ridotti a 60 giorni da fine lavori rispetto ai 180 vigenti;
- l’introduzione di nuovi interventi agevolabili e l’innalzamento delle soglie di accesso per pompe di calore elettriche, a gas, caldaie a biomassa e impianti solari termici;
- la possibilità, per le sole pubbliche amministrazioni, di richiedere, prima della realizzazione degli interventi e al ricorrere di precise condizioni, la prenotazione degli incentivi con impegno all’erogazione delle risorse.

 

Nuovo Conto Termico e semplificazione.
È stata eliminata l’iscrizione ai registri per gli impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore, elettriche o a gas, e caldaie a biomassa con potenza termica superiore a 500 kW.
Per snellire la compilazione della scheda-domanda, il Gestore dei Servizi energetici (GSE) redigerà una lista di prodotti idonei con potenza termica fino a 35 kW e 50 metri quadri per i collettori solari per i quali si può usufruire di una procedura semiautomatica. Acquistando i prodotti della lista, l’operatore potrà accedere a un iter semplificato per la compilazione della scheda domanda, in cui non sarà necessario indicare i dati relativi alla descrizione dell’apparecchio.

Il GSE predisporrà anche una modulistica predeterminata per la presentazione della domanda. Saranno inoltre ammesse modalità dipagamento online e tramite carta di credito per attestare le spese sostenute. I termini per l’erogazione dell’incentivo dalla conclusione del contratto scenderanno da 180 giorni a 90 giorni.


Fonte articolo: Edilportale.com

Risparmio del 20% con la caldaia a condensazione

È arrivato di nuovo il momento di fare i conti con il riscaldamento invernale, i suoi costi e la sua efficienza. Tra un paio di settimane in buona parte d’Italia si accenderanno infatti le caldaie nei condomini con impianto centralizzato. Ma anche chi vive in case dotate di impianti autonomi si prepara a riscaldare gli ambienti e forse, ripensando alla bolletta del gas e ai risparmi che possono derivare in prospettiva dall’investimento, immagina di cambiare la caldaia tradizionale con una più efficiente.


Un intervento di sostituzione che può anche considerarsi “last minute”, e per il quale entro fine anno si può esser certi di usufruire dei bonus fiscali su ristrutturazioni o risparmio energetico alle percentuali odierne (rispettivamente del 50 e 65%). 


Passando ad una caldaia a condensazione, che consente di recuperare il calore dei gas di scarico e rimetterlo in circolazione, si può sfruttare al meglio il potenziale energetico del combustibile e ottenere rendimenti più elevati. Una soluzione efficiente sostenuta anche dalle norme europee: il 26 settembre in tutti i Paesi Ue è infatti entrato in vigore l’obbligo di non produrre caldaie che non siano a condensazione. Se i generatori convenzionali a tiraggio forzato ancora in magazzino continueranno ad essere commercializzati, la loro fine è dunque segnata.


Allo stesso tempo, sono operative le nuove regole sull’etichettatura energetica per i sistemi di riscaldamento e acqua calda sanitaria (Acs) di taglia “domestica”, che impongono la dichiarazione dei consumi della singola tecnologia (a cura del produttore) e dell'intero impianto (etichetta di sistema, a cura dell'installatore). I consumatori potranno così scegliere e confrontare gli apparecchi come già da tempo avviene per gli elettrodomestici (secondo una scala discendente che va da A++ a G per il riscaldamento, e da A a G per l’Acs).


"La caldaia a condensazione rappresenta una soluzione affidabile e poco invasiva dal punto di vista dei lavori necessari. E i risparmi medi conseguibili, in confronto al generatore tradizionale sostituito, viaggiano intorno al 20%" – spiega Marco Chiesa, dell’Energy strategy group del Politecnico di Milano - "Per una famiglia che vive in una casa di 100 metri quadri, in zona climatica non calda, e spende 1.500 euro di gas (per riscaldamento e acqua calda sanitaria, ndr), l’investimento che in condizioni normali è pari a circa 2.500 euro, tutto compreso, fruendo della detrazione al 50%, può rientrare in 4-5 anni". I calcoli possono naturalmente risentire di altre variabili, tra cui le condizioni dell’apparecchio sostituito, a fine vita o ancora funzionante. "Ma l’installazione di una caldaia a condensazione, che ha una durata di 15-20 anni come quella convenzionale, per l’abitazione e i consumi ipotizzati risulta in ogni caso vantaggioso, anche senza incentivi", aggiunge Chiesa . Invece, se pensiamo a un alloggio condominiale di 50-60 mq, con impianto autonomo ma una sola parete esterna, magari esposta a sud, e che consuma 700 euro di gas all’anno, conviene tenere la “vecchia” caldaia finché dura. 


Tornando all’esempio, il pay-back time è simile anche se al posto della detrazione al 50% consideriamo il maxi-sconto del 65% offerto dall’eco-bonus. La spesa di partenza è infatti più alta (almeno 3mila euro), perché il rendimento deve rientrare in determinati valori tabellati, garantiti dal produttore, e l’intervento include l’installazione delle valvole termostatiche e la verifica e messa a punto del sistema di distribuzione. Aumenta però di conseguenza anche il taglio alla bolletta (verso il 25% e più) e dunque il risparmio sul medio-lungo periodo. "A quel punto – sottolinea Tiziano Dones, del Consorzio Seyes – si può anche pensare di spendere qualche centinaia di euro in più per implementare un sistema di centralina climatica, che permette di variare la temperatura di mandata dell’acqua in funzione di quella esterna e migliorare i rendimenti. Uno step che può spingere i risparmi al 30% e oltre".


Ma in quanto tempo è possibile realizzare l’intervento di sostituzione completo? "In condizioni ottimali – continua Dones – sfruttando la canna fumaria esistente, se il lavoro è programmato come si deve, dopo il sopralluogo e la preparazione dei materiali, può completarsi in 1 giorno. Se c’è invece bisogno di rifare la canna e modificare la centrale termica con qualche opera di muratura, possono volerci 2-3 giorni". 


A proposito di convenienza e ritorni dell’investimento, resta poi da considerare il fatto che, sì, ci sono gli incentivi, ma la nostra “famiglia tipo” può non essere in grado di sostenere la spesa a monte. E allora possono far comodo le offerte di finanziamento proposte dagli operatori dell’efficienza energetica. Un campo in cui sono attive anche le utilities. In questo caso il maggior costo del servizio si accompagna però al fatto di pagare direttamente in bolletta, con i risparmi sui consumi che compensano il prezzo del finanziamento. Il pay-back time non è esaltante, ma la scelta si rivela comunque conveniente.


Le valvole termostatiche.
Una valida alternativa, per chi vuole gestire in autonomia il proprio riscaldamento, senza però affrontare le difficoltà che comporta il distacco dall'impianto centralizzato, è quella di fare ricorso alle valvole termostatiche e alla contabilizzazione del calore, cioè a quei dispositivi che consentono di determinare la temperatura degli ambienti (abbassando o alzando i radiatori grazie all'uso di “valvole”) e di misurare i consumi di energia appartamento per appartamento, consentendo a ciascuno di pagare in proporzione all'utilizzo.
Si tratta, ovviamente, di una decisione da affrontare in condominio, ma anche di una strada che – volente o nolente – tutti coloro che abitano in una casa con più unità abitative dovranno percorrere per legge. Il Dlgs 102/2014 fissa infatti al 1° gennaio 2017 il termine entro il quale tutti i condomini d’Italia dovranno dotare gli impianti di "valvole".
Come funziona. 
A seconda che l'edificio sia di vecchia o nuova realizzazione (con impianto di riscaldamento distribuito a colonne montanti, cioè con tubi che salgono di piano in piano senza tenere conto della suddivisione delle unità, o a distribuzione orizzontale, con un tubo che entra e si ramifica nella singola unità) installare un sistema di termoregolazione risulta più o meno semplice (e dispendioso). Nel primo caso, infatti, occorre procedere con l'installazione su tutti i caloriferi di una valvola che regola (in genere tarata su 5 posizioni) il prelievo di calore e di un ripartitore elettronico per misurare il consumo. Al contrario, nei fabbricati nuovi, basta un solo contacalorie a monte di tutti i caloriferi.


La ripartizione delle spese.
Il principio di base è pagare quanto si consuma, anche se nella pratica una quota di spesa (in genere fra 20 e 40%) continua a essere ripartita fra tutti in base ai cosiddetti millesimi di calore. Si tratta della cifra corrispondente al calore disperso dalla rete di distribuzione e a quello necessario per conservare in buono stato la caldaia. La metodologia di ripartizione è stabilità nella norma Uni 10200, appena aggiornata dal Comitato termotecnico italiano.
Le eccezioni. 
La termoregolazione può risultare “non obbligatoria” laddove si presentino “impedimenti” di natura tecnica. Cioè laddove il costo di strutturazione dell'impianto risulti di molto superiore ai benefici che si possono ottenere. Un esempio, a questo proposito, può essere l'applicazione di valvole e contabilizzatori a un riscaldamento a pannelli radianti, specie se datato nel tempo. Così anche rientrano fra gli esonerati gli alloggi riscaldati con ventilconvettori.
Gli incentivi. 
L'installazione della termoregolazione e contabilizzazione del calore, se associata alla sostituzione di una vecchia caldaia con un impianto a condensazione, beneficia della detrazione fiscale prevista al 65% fino al 31 dicembre 2015.


Fonte articolo: Il Sole 24 Ore, vetrina web.

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