Imposte ed esenzioni con la nuova disciplina sugli affitti

Non sono sempre lineari le modifiche introdotte dal 1° gennaio 2016 nell’ambito della disciplina sanzionatoria prevista dal Testo unico dell’imposta di registro (Dpr 131/1986) per le violazioni relative all’imposta di registro applicabile ai contratti di locazione. La normativa risultante dall’entrata in vigore del Dlgs 158/2015 impone così una certa attenzione agli addetti ai lavori. 


La registrazione

Variazioni significative riguardano la riduzione delle sanzioni nei casi di occultamento del canone (cioè di registrazione per un importo inferiore a quello effettivamente pattuito) e di registrazione tardiva. Se viene occultato anche in parte il corrispettivo previsto dal contratto, la sanzione applicabile, originariamente prevista nella misura dal 200% al 400%, da quest’anno è stata di fatto equiparata a quella per l’omessa registrazione che va dal 120% al 240% dell’imposta dovuta. 

 

 

Inoltre, se la richiesta di registrazione è effettuata con un ritardo non superiore a 30 giorni, in luogo della sanzione ordinaria dal 120% al 240%, si applica la sanzione ridotta da un minimo del 60% a un massimo del 120%. In quest’ultima ipotesi, però, la norma prevede in ogni caso il pagamento di una sanzione minima di 200 euro. 


E’ di tutta evidenza che, in alcune situazioni, la sanzione minima prevista per i ritardi contenuti nei 30 giorni possa risultare superiore a quella ordinaria non ridotta, considerata addirittura nella misura massima del 240%. Si pensi ad esempio a un contratto di locazione con un canone annuo di 4.000 euro che viene registrato nei 15 giorni successivi alla scadenza. La sanzione ordinaria massima applicabile sarebbe di 192 euro (pari al 240% dell’imposta di registro di 80 euro), evidentemente inferiore al minimo di 200 euro previsto in caso di applicazione della sanzione “ridotta” in caso di registrazione nei 30 giorni. 
Questa anomalia, in relazione alla quale è auspicabile un chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate, ha anche degli effetti “distorsivi” sul ravvedimento operoso. Si ricorda che attraverso tale istituto il contribuente può rimediare alle violazioni commesse a seguito di errori e/o omissioni, purché versi spontaneamente entro il termine indicato dalla norma, contenuta nell’articolo 13 del Dlgs 472/1997, l’imposta dovuta, la sanzione calcolata in misura ridotta e gli interessi legali, quest’ultimi ridotti allo 0,2% annuo a decorrere dal 1° gennaio 2016.


Il ravvedimento 

Con la riforma del ravvedimento operoso, iniziata già nel 2015 e resa ancora più vantaggiosa con l’entrata in vigore del decreto di riforma delle sanzioni tributarie, è possibile sanare le violazioni commesse anche in materia di registro usufruendo di uno “sconto” che aumenta al diminuire del ritardo con cui si versa l’imposta. I limiti temporali sono stati ampliati, cosicché i contribuenti potranno avvalersi del ravvedimento fino allo scadere dei termini per l’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, sempre che la violazione non sia stata già accertata. 
Tuttavia, applicando la normativa alla lettera, in alcuni casi potrebbe essere più conveniente aspettare e ravvedersi dopo 30 giorni, considerato che la riduzione a 1/10 prevista per la registrazione tardiva contenuta nei 30 giorni (e quindi la sanzione del 6%) comporta comunque il versamento di un importo minimo di 20 euro, pari a 1/10 di 200 euro. 
Tornando all’esempio precedente, il contribuente titolare di un contratto di locazione non registrato nei termini con un canone annuo di 4.000 euro, se si ravvedesse nei 15 giorni successivi alla scadenza si troverebbe a pagare la sanzione minima di 20 euro, addirittura superiore a quella di 16 euro (pari a 1/6 della sanzione minima del 120%) applicabile in caso di ravvedimento oltre i due anni. E’ evidente che in questa ipotesi il contribuente attenderà il trentunesimo giorno per registrare il contratto, pagando la sanzione di 9,60 euro per la quale non è previsto alcun importo minimo. 


I versamenti 

Per quanto attiene all’omesso o ritardato pagamento dell’imposta in presenza di un contratto registrato nei termini - e quindi nei casi di annualità successive alla prima, risoluzioni, proroghe e cessioni dei contratti di locazione - si rende applicabile la sanzione del 30% prevista dall’articolo 13 del Dlgs 471/1997. In questo caso la modifica consiste nella riduzione alla metà della sanzione per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 90 giorni e a un 1/15 per ciascun giorno per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni. 


Sconto sul canone con imposta a zero

Se il locatore e il conduttore si accordano per ridurre il canone di locazione contrattualmente previsto, possono registrare una scrittura privata in tal senso senza pagare le imposte di registro e di bollo, come stabilito dall’articolo 9, comma 1, del Dl n. 133/2014 (sblocca Italia). L’adempimento non è obbligatorio, ma serve per rendere certa di fronte ai terzi la data della modifica contrattuale. La relativa registrazione è quindi facoltativa, a meno che l’accordo non venga formalizzato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata. 
Prima dell’entrata in vigore dello Sblocca Italia, la scrittura privata con cui inquilino e proprietario rivedevano al ribasso il canone di locazione di un immobile scontava l’imposta di registro nella misura fissa di 67 euro, come precisato dalle Entrate nella risoluzione 60/E del 28 giugno 2010. 


L’accordo, infatti, non essendo riconducibile alle ipotesi di cessione, risoluzione e proroga anche tacita del contratto, non rientra tra gli eventi che devono obbligatoriamente essere portati a conoscenza dell’amministrazione finanziaria secondo le modalità dell’articolo 17 del Tur , bensì tra gli atti per i quali è possibile la registrazione volontaria, in base all’articolo 8 dello stesso decreto. Tantomeno può ravvisarsi nell’accordo di riduzione una ipotesi di risoluzione o di novazione dell’originario rapporto contrattuale, trattandosi invece di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione e non dell’oggetto o del titolo della prestazione, come stabilito anche dalla Cassazione nella sentenza 5576/2013. 


Nel corso di Telefisco 2016, le Entrate hanno precisato che l’esenzione prevista dal legislatore vale in tutti i casi di riduzione del canone, e quindi se l’accordo è stato stipulato per l’intera durata del contratto in essere o anche per un solo periodo, ad esempio un anno. 
Ma la stessa esenzione non vale anche quando si intende revocare la riduzione e riportare quindi il canone al valore originariamente previsto nel contratto. Resta da chiarire come tassare il nuovo accordo. Seguendo l’impostazione fornita dalle Entrate nel 2010, tenuto conto che la scrittura privata con cui si revoca una precedente riduzione del canone non concretizza un’ipotesi contrattuale autonoma, ma accede a un contratto di locazione in essere già regolarmente registrato, si ritiene che possa trovare applicazione l’imposta di registro in misura fissa pari a 67 euro.


Fonte articolo: IlSole24Ore.com, vetrina web

Super ammortamento del 140% per beni su immobili terzi


Le manutenzioni straordinarie su beni di terzi, in locazione, in leasing, in comodato o a noleggio, possono essere considerate "beni materiali strumentali" agevolabili con la maggiorazione degli ammortamenti del 40% ai fini Ires e Irpef (non Irap), se hanno una funzionalità autonoma e sono staccabili dai beni sui quali sono installate, se sono nuovi e se non rientrano tra quelli esclusi dall'incentivo introdotto dalla legge di stabilità 2016 per gli investimenti effettuati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016.

 

Via libera, quindi, all’ammortamento maggiorato, ad esempio, per le caldaie, i condizionatori, gli impianti di video sorveglianza, gli impianti fotovoltaici (se considerati beni mobili), installati su fabbricati di terzi ovvero per le attrezzature o gli impianti che, pur essendo installati su beni di terzi già in uso, possono essere separati dagli stessi senza perdere la loro autonoma funzionalità (ad esempio, una pompa nuova installata su un silos noleggiato).


La conferma arriva anche dalla sentenza della Cassazione 7 agosto 2015, n. 16596, secondo la quale spettava l’agevolazione della Tremonti-bis anche alle spese incrementative di un immobile, non di proprietà del contribuente, se contabilizzate in bilancio tra le immobilizzazioni materiali, perché qualificate "come opere aventi una loro autonoma funzionalità ed individualità". È necessario dimostrare che tali beni, al termine del contratto, possono "essere rimossi e utilizzati separatamente dall’investitore", a differenza delle spese incrementative da classificarsi tra le "altre immobilizzazioni immateriali", le quali non costituiscono beni autonomi.


Principi contabili. 
Civilisticamente, i costi sostenuti per migliorie su beni di terzi sono capitalizzabili, se hanno utilità pluriennale. Questi sono iscrivibili tra le "altre immobilizzazioni immateriali" (voce B.I.7), se non sono separabili dai beni stessi, cioè quando non possono avere una loro autonoma funzionalità. In caso contrario, sono iscrivibili tra le "immobilizzazioni materiali", nella specifica voce di appartenenza (ad esempio, impianti generici o specifici, attrezzatura varia e macchinari).


L’ammortamento delle "immobilizzazioni immateriali" per migliorie dei beni di terzi si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione (Oic 24, paragrafi 77 e 95). Quelle classificate tra le materiali, invece, vanno ammortizzate secondo i criteri della specifica voce di appartenenza, quindi, anche in questo caso l’ammortamento dipende dalla "loro residua possibilità di utilizzazione", la quale è influenzata dalla loro utilità futura e comunque dalla durata del contratto di locazione. Quest’ultimo parametro, però, è irrilevante nei casi in cui si decida di tenere questa “miglioria” anche dopo la fine dell’affitto, del leasing o del noleggio, perché si tratta di un bene staccabile da quello di terzi e con autonoma funzionalità.


Tuir. 
Fiscalmente, le spese su beni di terzi iscrivibili tra le “altre immobilizzazioni immateriali” sono oneri pluriennali, quindi, il relativo ammortamento dipende dalle scelte civilistiche in bilancio (articolo 108, Tuir). Invece, se le opere, realizzate su beni altrui, sono contabilizzate civilisticamente tra le immobilizzazioni materiali, l’ammortamento fiscale va calcolato con le aliquote previste dal Dm 31 dicembre 1988 (risoluzione 179/E/2005 e circolari 27/E/2005 e 36/E/2013).


Super-ammortamento. 
Solo le migliorie di beni di terzi iscritte tra le immobilizzazioni materiali, possono essere considerate "beni materiali strumentali" agevolati con il super-ammortamento del 140%. È necessario, però, rispettare anche le altre condizioni, cioè la novità del bene e la sua tipologia. Non sono agevolati, infatti, i “beni materiali strumentali” con coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5% , i fabbricati, le costruzioni e i beni di cui all’allegato n. 3 della legge 208/2015.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Sanatoria per gli inquilini sugli affitti in nero



Con una norma pensata per contrastare gli affitti in nero, la Legge di Stabilità pone diversi problemi applicativi anche a chi si trova a dover registrare locazioni regolari. Vediamo allora le questioni aperte. 


La Stabilità interviene nuovamente sui canoni pagati dagli inquilini che avevano eseguito la cosiddetta “autoregistrazione” del contratto, dopo che la Corte costituzionale, con un duplice intervento (sentenze n. 150/14 e n. 169/15), aveva escluso che il conduttore potesse continuare sino alla fine del 2015 a versare il canone nella misura minima quantificata dal Dlgs n. 23/2011, pari al triplo della rendita catastale dell’immobile locato (più l’aggiornamento Istat).

 

 

Dopo le pronunce della Consulta, la tardiva registrazione eseguita dal conduttore non poteva più spiegare effetti sananti, con conseguenze estremamente pregiudizievoli per il conduttore.
Di fatto, gli inquilini che a partire dal 2011 e fino al 16 luglio 2015 avevano agito seguendo le norme di legge poi bocciate dalla Consulta, si erano trovati privi di tutela, e quindi soggetti alle richieste di pagamento delle differenze tra il versato (in applicazione dell’articolo 3, commi 8 e 9, del citato decreto legislativo) e quello che invece avrebbero dovuto corrispondere secondo i contratti stipulati con il proprietario e poi non registrati (o registrati per un importo inferiore a quello reale o, ancora, registrati sotto forma di comodati fittizi). Altri inquilini, addirittura, si erano visti intimare lo sfratto per morosità.


L’articolo 13 della legge 431/98, così come riformato dalla Legge di Stabilità (la n. 218/2015), interviene nuovamente a protezione della posizione dell’inquilino. Il nuovo comma 5 conferma infatti che il canone annuo dovuto sino al 16 luglio 2015 (data di pubblicazione della sentenza n. 169/2015) da coloro che se l’erano “autoridotto” è effettivamente quello previsto dal Dlgs n. 23/2011 (articolo 3, commi 8 e 9). Il che significa che sino a tale data l’inquilino non è tenuto a riconoscere alcuna maggior somma al locatore rispetto a quanto versato nella misura pari a tre volte la rendita catastale dell’immobile, aggiornata secondo gli indici Istat. Dato che il legislatore ha previsto la sanatoria solo per "il periodo considerato", cioè dal 7 aprile 2011 sino al 16 luglio 2015, per il prosieguo il conduttore dovrà versare il canone nella misura originariamente pattuita, altrimenti sarà soggetto a possibili azioni da parte del suo locatore. 


Quanto alla durata del rapporto di locazione, si è di fronte ad un contratto comunque registrato, sulla cui decorrenza sussistono però incertezze. Assume primario rilievo l’accertamento della data in cui è avvenuta la registrazione. Se entro i 60 giorni dall’entrata in vigore del Dlgs 23 oppure dopo: nel primo caso, il contratto resterà valido con efficacia dalla sua stipula perché sanato dalla pur tardiva registrazione, mentre dovrà considerarsi nullo nel secondo perché la sanatoria non può avere effetti.


Peraltro, va osservato che anche il nuovo comma 5 dell’articolo 13 potrebbe essere portato all’attenzione della Corte Costituzionale, dal momento che secondo chi lo critica ripropone una soluzione già cassata due volte dal “giudice delle leggi”. Ma questo è un tema che si porrà solo se e quando la norma sarà bocciata.


Fonte articolo: Ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/

Risparmi fiscali con affitti concordati e cedolare secca

Per i proprietari di 2,8 milioni di case affittate è arrivato il momento di aggiornare il tax rate sui redditi da locazione, verificando le opportunità di risparmio fiscale riservate a chi stipula con l’inquilino un contratto a canone concordato. 


Lo sconto del 25% sull’Imu e la Tasi introdotto dalla legge di Stabilità 2016 è l’ultimo tassello di un mosaico che tende a incentivare gli affitti a prezzi moderati, e che comprende anche la cedolare secca al 10% e le tradizionali deduzioni extra del 30% per chi resta alla tassazione ordinaria.

Le norme, però, si sono stratificate in modo disordinato, e la convenienza dipende da diversi fattori: il tipo di contratto, il tipo di Comune in cui si trova l’immobile, la rendita catastale dell’abitazione e l’aliquota locale di Imu e Tasi.


Lo sgravio Imu e Tasi. 
"Le situazioni sono diverse nelle varie città, ma ci stanno arrivando indicazioni ottimistiche: c’è maggior interesse per i contratti agevolati", commenta il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. "Certo è difficile prendere delle decisioni - aggiunge - perché i proprietari finora non hanno mai avuto la certezza delle norme fiscali per gli anni successivi".
La novità 2016 è la riduzione del 25% dell’aliquota Imu (ed eventualmente Tasi) per le case affittate a canone concordato. In pratica, lo sconto vale per i diversi contratti “calmierati” previsti dalla legge 431/1998:
- i contratti agevolati (3+2);
- i contratti per studenti universitari (da sei mesi a tre anni); 
- i contratti transitori (da uno a 18 mesi) stipulati nei grandi centri in cui il canone va fissato nel range stabilito negli accordi territoriali.

Come chiarito dal Dipartimento Finanze a Telefisco, in tutti questi casi a essere ridotta è l’aliquota applicata dal Comune. Quindi, se c’è un’aliquota ridotta, è questa a dover essere scontata. Ad esempio, a Milano gli affitti calmierati – se la casa è usata dall’inquilino come abitazione principale – nel 2015 pagavano il 6,5 per mille di Imu (contro il 9,6 per mille degli altri affitti) e lo 0,8 per mille di Tasi.


Lo stop agli aumenti dei tributi locali – dettato dalla legge di Stabilità – fa sì che le delibere 2015 possano essere prese come riferimento per calcolare lo sconto minimo quest’anno. Per intenderci, una casa affittata come abitazione principale con una rendita catastale di 459 euro – il valore medio delle abitazioni locate in Italia – a Torino pagherebbe il 5,75 per mille di Imu, che ridotto del 25% porta l’imposta annua da 443 a 332 euro.
Tra l’altro, questo sconto può essere applicato in tutti i Comuni. Anche se, naturalmente, bisogna stipulare un contratto agevolato in base agli accordi territoriali tra associazioni della proprietà edilizia e sindacati inquilini, applicando il canone ridotto.


La cedolare al 10 per cento. 
Gli altri incentivi riguardano i redditi di locazione. Qui il pezzo forte è la cedolare al 10% (prevista per il periodo 2014-17) che risulta praticamente imbattibile se confrontata con le deduzioni Irpef maggiorate per quasi tutti contribuenti.
Proprio la tassa piatta - diversamente dalle altre agevolazioni reddituali - può essere applicata anche nei Comuni colpiti da calamità, oltre che in quelli ad alta tensione abitativa, e a Telefisco le Entrate hanno chiarito come procedere nei centri in cui manca l’intesa locale.


Come ottenere gli sconti.
Per chi ha già un contratto a canone concordato, lo sconto Imu e Tasi è automatico (basta solo ricordarsi di presentare la dichiarazione Imu nel 2017), mentre la scelta per la cedolare secca - se non ancora effettuata - può essere fatta valere dalla prima nuova annualità contrattuale. La situazione è abbastanza semplice anche per chi non ha ancora stipulato il contratto: si tratta solo di valutare se le nuove agevolazioni fanno pendere la bilancia dalla parte del canone concordato.


Nel primo semestre del 2015 il 18% dei contratti è stato stipulato a canone calmierato, contro il 13,9% dell’anno precedente. Ed è ragionevole attendersi un altro aumento. Anche il numero dei contribuenti che applicano la cedolare secca sui canoni concordati è quasi triplicato in tre anni, secondo le statistiche sui redditi dichiarati nel 2014: un trend superiore a quello registrato tra le locazioni di mercato.


Un po’ più delicata, invece, la posizione di chi ha in corso una locazione a prezzi di mercato, perché in questo caso il proprietario potrebbe valutare la risoluzione del contratto e la stipula di un nuovo affitto concordato, offrendo all’inquilino un canone ridotto. "C’è anche chi valuta l’ipotesi di trasformare i contratti in essere, da libero ad agevolato - conferma Spaziani Testa-. È una scelta che potrebbe essere interessante, tra gli altri, per i locatori che avevano scelto il canone libero prima che, nel 2014, fosse introdotta la cedolare al 10%".


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Guerra agli affitti "in nero": rischi nullità

Dal 1 gennaio 2016 stop ai canoni “in nero”: se il locatore non registra il contratto entro trenta giorni dalla stipulazione corre il rischio di sentir dichiarare il contratto nullo e di dover restituire al conduttore le somme ricevute in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto.


La legge di fine anno, c.d. Legge di Stabilità, contiene alcune sostanziali novità in materia di locazioni ad uso abitativo con lo scopo di far emergere i c.d. “canoni in nero”. 

Il comma 59 dell’art. 1 della Legge 28 dicembre 2015, pubblicata sulla G.U. n. 302 del 30 dicembre 2015, in vigore dall’1 gennaio 2016, ha riscritto l’art. 13 delle legge 9 dicembre 1998, n. 431, attuale disciplina delle locazioni ad uso abitativo. La norma, intitolata “Patti contrari alla leggedeclina le ipotesi di nullità in riferimento alle clausole del contratto che abbiano l’effetto di attribuire al locatore benefici economici in contrasto con i limiti legali. Si tratta di una disposizione che è stata definita come “norma di protezionea favore del contraente ritenuto la “parte debole” del rapporto: il conduttore. Con l’intervento di fine anno è stata introdotta un’importante disposizione di natura sostanziale.


Nel dettaglio:
il primo comma dell’art. 13, che originariamente si limitava a sancire la nullità di ogni pattuizione “volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”, dal 1 gennaio di quest’anno individua modalità operative cui deve attenersi il locatore. Proprio a parte locatrice è fatto carico di attivarsi per la registrazione del contratto e tale adempimento deve avvenire nel termine perentorio di trenta giorni, decorrenti, si reputa, dalla data di sottoscrizione del contratto stesso. Ma c’è di più’. Il locatore deve altresì dare “documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni” dell’avvenuta registrazione sia al conduttore, sia all’amministratore del condominio.


La registrazione del contratto dunque non è più solo un adempimento che esaurisce i propri effetti tra le parti, ma riverbera nei confronti dei terzi: l’obbligo di fornire documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni dovrà essere ottemperato con l’invio di una comunicazione in cui sono indicati gli estremi del versamento effettuato e il numero di registrazione. Tale documentazione va fornita non solo al conduttore, come è ovvio trattandosi della parte contraente, ma anche all’amministratore del condominio in cui è ubicata l’unità immobiliare oggetto del contratto. Ciò in quanto l’amministratore a far tempo dal 18 giugno 2013 ( data di entrata in vigore della legge n. 220/2012) è tenuto a redigere ed aggiornare il registro dell’anagrafe condominiale nel quale vanno annotate, tra l’altro, le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento, e dunque anche dei conduttori, comprensive del codice fiscale: l’art. 1130, n. 6 c.c., stabilisce che ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni, termine del tutto analogo a quello ora previsto dal novellato art. 13.


La novità introdotta è significativa e non priva di rilievo pratico. Il termine per effettuare la registrazione è definito perentorio: così si definisce il termine che impone il compimento di un atto entro un determinato momento, a pena di decadenza, con esclusione della possibilità di essere abbreviato o prorogato, nemmeno con l'accordo delle parti. Ad esempio, hanno natura perentoria alcuni termini processuali - quelli relativi all’impugnazione della sentenza di primo grado - e la natura perentoria di un termine deve risultare espressamente dalla legge (art. 152 del c.p.c.).


La mancata registrazione determina la nullità del contratto anche quando è stipulato per iscritto, al pari di un contratto stipulato solo verbalmente. E tale sanzione si applica sia aicontratti a canone “libero”, sia per quelli con canone “concordato” di cui all’art. 2, comma 3 della legge 431/1998. In sostanza in mancanza di registrazione il contratto per legge non esiste.


Il secondo comma dell’art. 13 legge 431/1998 non ha subito modifiche: nei casi di pattuizione nulla perché diretta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato, il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato , può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.


Anche il terzo comma non ha subito modifiche: la nullità colpisce anche le pattuizioni dirette a limitare la durata dei contratti prevista dalla legge, ossia, secondo il disposto della legge 431/1998: 4+4 anni per le locazioni a canone libero e 3+2 per le locazioni a canone c.d. concordato.


Un piccolo restyling è stato apportato al quarto comma: la nullità del contratto, posta a tutela del conduttore, sembra essere limitata alla pattuizione relativa all’ammontare del canone superiore a quello contrattualmente previsto; non vi è più la previsione di nullità per “qualsiasi obbligo del conduttore”, si può dunque ritenere che vi sia una maggior autonomia negoziale, purchè non abbia l’effetto di attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito, e, nel caso di contratti c.d. a canone concordato, non superiore a quello definito dagli accordi territoriali.


La novità rilevante è contenuta nel nuovo comma cinque, disciplina resa indispensabile per porre fine alle incertezze e alle incongruenze conseguenti alla pronuncia di incostituzionalità della disposizione concernete la c.d. “cedolare secca” (art. 3, commi 8 e 9 del D.Lgs. 23/2011) e ai successivi interventi normativi.
Con la “cedolare secca” il conduttore poteva prendere l’iniziativa di registrare il contratto e con ciò il canone annuo dovuto era pari al triplo della rendita catastale (importo di gran lunga inferiore al canone pattuito e persino al canone di mercato): scopo della norma era l’emersione dei canone “in nero”, ma una disciplina fiscale non poteva determinare la nullità di un contratto perciò è calata la scure di incostituzionalità. Il tutto accadeva con sentenza n. 50/2014 , perciò con il c.d. “Piano Casa”(D.L. 47/2014) fu stabilito fossero tenuti fermi sino al 31.12.2015 gli effetti dei contratti caducati dalla pronuncia della Coste Costituzionale. Ma anche quest’ultimo intervento legislativo è stato ritenuto contrastare con i principi costituzionali e ne è stata dichiarata l’incostituzionalità con sentenza del 16.7.2015 n. 169. In questo ambito si inserisce il quarto comma del novellato art. 13 stabilendo che i conduttori che registrando il contratto hanno versato il canone pari al triplo della rendita catastale, non sono tenuti ad un diverso e maggior canone per il periodo intercorrente dalla data di entrata in vigore del D. Lgs 23/2011 al 16.7.2015 (data della pronuncia di incostituzionalità). E’ prevedibile che anche per questa disciplina interverrà la Corte Costituzionale.


Il regime processuale è ora definito dai commi sei e sette: l’azione del conduttore nei casi di nullità del contratto in conseguenza di “qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito” va proposta nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato: si tratta di un’azione diretta ad accertare l’esistenza del contratto che rimette al giudice la determinazione del canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’art. 2 ovvero quello definito ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati (si tratta dei contratti per gli studenti universitari). Lo stesso giudice può stabilire la restituzione delle somme eventualmente eccedenti. Va osservato che trattandosi di controversia in materia di locazione dovrà preventivamente essere esperito obbligatoriamente la proceduta di mediazione, condizione di procedibilità dell’azione.
L’azione di accertamento dell’esistenza del contratto è altresì riservata al conduttore nei casi in cui il locatore non abbia adempiuto all’obbligo di registrazione del contratto nel termine di trenta giorni.


Fonte articolo: Quotidianogiuridico.it

Cosa manca al canone concordato per decollare

Lo sconto del 25% su Imu e Tasi per le case affittate a canone concordato è un segnale importante, ma sul fronte degli affitti - per proprietari e inquilini - si poteva fare di più.


Da un lato, arrivando a fissare un generale tetto alle imposte municipali che gravano sugli immobili locati a canone calmierato. Dall'altro, continuando ad alimentare e rinsaldando il Fondo di sostegno alla locazione, a favore delle famiglie in difficoltà.

 

1. Lo sconto sulle imposte locali. 
Con la riduzione del 25% di Imu e Tasi per gli alloggi concessi con contratto concordato e il divieto per i Comuni di alzare quest'anno le relative aliquote fissate nel 2015, la Legge di Stabilità porta un certo sollievo al mercato degli affitti a prezzi sostenibili. Nel complesso, si tratta di una misura "che rappresenta quell'inversione di tendenza nella tassazione degli immobili locati che Confedilizia chiedeva da tempo", dichiara il presidente dell'organizzazione, Giorgio Spaziani Testa. "La consideriamo, insieme alle altre misure di riduzione delle imposte sulla casa, un ottimo punto di partenza per un cammino, che dovrà proseguire, di graduale ma continua correzione degli errori compiuti sull'immobiliare a partire dalla manovra Monti".


Proprio Imu e Tasi hanno d'altra parte aggravato il peso della tassazione sulle case locate. "Ma stabilire un'aliquota agevolata fissa del 4 per mille, come avevamo proposto ed era stato prospettato in fase di discussione del Ddl, sarebbe stato più chiaro e conveniente per tutti. Molto - prosegue il presidente di Confedilizia - dipende infatti dalle scelte iniziali fatte dai Comuni: se il livello è troppo alto, non basta questo sconto a rendere appetibili i “concordati”.


2. Le scarse agevolazioni Imu-Tasi offerte dai Comuni. 
Al successo della formula del concordato partecipano diversi elementi, a partire dalla revisione e l'aggiornamento degli accordi territoriali, cui spetta delineare le fasce di oscillazione dei canoni agevolati. E nel corso dell'ultimo anno diversi accordi sono stati svecchiati, se non addirittura “risvegliati” da un letargo che aveva estinto i contratti concordati dal panorama delle locazioni: come nel caso di Milano, dove a giugno 2015 si è firmato un nuovo testo (a 16 anni dal primo, inservibile), e dove agli affitti calmierati si applica un'aliquota Imu-Tasi al 7,3 per mille, al posto del 10,4 di quelli liberi.


Qui sta un nodo centrale, perché la tassazione concorre a pieno a determinare il successo della formula concordata. Ma spesso le riduzioni offerte dai Comuni si rivelano inadeguate, e le imposte locali finiscono con l'annullare ogni possibile vantaggio possa ad esempio derivare dall'incrocio tra canoni “equilibrati” e cedolare secca al 10 per cento. "Siamo giunti al punto di considerare agevolate anche aliquote tra l'8 e il 9 per mille, che superano il massimo previsto qualche anno fa (con l'Ici, ndr) e si applicano oltretutto a una base imponibile più alta", commenta Spaziani Testa.


Basta leggere le delibere sul sito delle Finanze: se nel 2015 le città capoluogo di provincia hanno deciso per gli “immobili diversi” un'aliquota media Imu-Tasi del 10,4 per mille, quella sugli affitti concordati si è attestata all'8,6, dimostrandosi ancora troppo alta.
In sintesi, la Legge di Stabilità porta “dall'alto” una riduzione che i Comuni - se avessero voluto spingere in tal senso - avrebbero potuto compiere autonomamente. E a riprova si possono prendere i casi estremi di Roma (dove l'aliquota è al massimo, all'11,4) e Bari (dove invece è stata fissata al 4 per mille).


3. Il mancato rifinanziamento del Fondo di sostegno alla locazione.
Il tentativo del Governo di regolare la dinamica degli affitti, introducendo questo sconto dopo aver già ridotto la cedolare secca dal 15 al 10%, è apprezzabile anche a parere del segretario del Sunia, Daniele Barbieri. Che però lamenta l’assenza di interventi diretti per gli inquilini nella Legge di Stabilità, e in particolare il mancato rifinanziamento del Fondo nazionale di sostegno alla locazione, istituito dalla legge 431/98 e dedicato alle famiglie meno abbienti, in difficoltà nel pagamento dei canoni.


"Dall'azzeramento del 2013 si è passati ai 200 milioni stanziati per il 2014 e 2015, e si è tornati al completo azzeramento per il 2016", sottolinea Barbieri. "Nonostante lo stesso Governo qualche mese fa, rispondendo a un'interrogazione parlamentare tramite il viceministro Del Basso De Caro, avesse affermato la piena necessità del Fondo. La cui dote, inoltre, non andrebbe affidata a provvedimenti una tantum come per il biennio 2014-2015: perché gli interventi spot creano incertezza - prosegue Barbieri - e lo stesso si può dire della cedolare secca al 10% che tornerà al 15% nel 2018, mentre insistiamo per renderla strutturale".


Anche la presenza del Fondo si lega al buon esito e allo sviluppo dei contratti concordati. A Bologna, ad esempio, il bando del contributo per l'affitto è scaduto il 28 novembre scorso e delle circa 3.500 domande presentate - raccontano dal Sunia – circa tre quarti si riferiscono proprio a locazioni calmierate.


4. I numeri imponenti del disagio abitativo.
Ma è la generale emergenza abitativa a non dover essere sottovalutata, come evidenzia uno studio Nomisma condotto per Federcasa. Sono infatti "quasi 1,8 milioni le famiglie in locazione che, versando oggi in una condizione di disagio abitativo (incidenza del canone sul reddito familiare superiore al 30%), corrono un concreto rischio di scivolamento verso forme di morosità e di possibile marginalizzazione sociale", ha spiegato il direttore generale, Luca Dondi. Si tratta perlopiù di cittadini italiani (circa il 65%), distribuiti sul territorio nazionale in maniera abbastanza omogenea.


"Se non vi sono dubbi che il fenomeno risulti più accentuato nei grandi centri, dall'analisi non sembrano emergere zone franche, con una diffusione che interessa anche capoluoghi di medie dimensioni e centri minori. In tale quadro - continua Dondi - la dotazione di edilizia residenziale pubblica si conferma del tutto insufficiente, consentendo di salvaguardare appena 700 mila nuclei familiari, vale a dire poco più di un terzo di quelli che attualmente versano in una situazione problematica".


A fronte della vastità del problema abitativo, le risposte pubbliche - afferma lo studio di Nomisma - sono state fino qui complessivamente inadeguate: sia i piani di recupero e ristrutturazione degli immobili Erp inutilizzati, sia la continua invocazione al concorso privato attraverso il sistema dei fondi immobiliari e all'intervento dalla Cassa Depositi e Prestiti. Ma è insufficiente anche l'alleggerimento fiscale (sul reddito e sulla proprietà) "riconosciuto ai proprietari di abitazioni concesse in locazione a canone “concordato”, soprattutto laddove gli accordi territoriali che disciplinano tale opzione sono talmente obsoleti da renderla di fatto inutilizzabile".


Fonte articolo: Casa24-IlSole24Ore

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