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News dal franchising (890)

Ingegneri e lavoro, il mercato (finalmente) riparte

Assunzioni nelle costruzioni in risalita. All'interno di un mercato del lavoro in grande sofferenza, anche gli ingegneri accusano il colpo, sia sul fronte degli occupati che su quello delle retribuzioni. Eppure, ci sono alcuni settori che danno qualche segnale di vitalità inaspettata. Segno che c'è in atto una fase di grande cambiamento, che potrebbe aprire nuove opportunità. Dicono questo i numeri appena pubblicati dal Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri, che ha appena fatto il punto, con due ricerche, sulla situazione occupazionale dei professionisti e sulle immatricolazioni dei nuovi studenti. Due temi strettamente legati: analizzati insieme, danno l'occasione per fare il quadro sullo stato di salute del settore e capire come orientare le proprie scelte nel prossimo futuro.

Sul fronte occupazionale, vanno certamente registrati i dati generali del Centro studi: tasso di disoccupazione poco sotto il 6%, meno assunzioni a tempo indeterminato, neolaureati che guadagnano appena 1.289 euro netti al mese e professionisti affermati con redditi inferiori del 40% rispetto ai colleghi tedeschi e francesi. Tutte tendenze che confermano quello che sta già accadendo da qualche anno nel nostro paese.


Al di là di questi numeri, però, è interessante fare il punto sul trend di un campo specifico: quello delle assunzioni nel settore privato. L'analisi del Centro studi, infatti, rivela un dato molto interessante: «Torna a crescere – si legge – la domanda di ingegneri nel settore delle costruzioni (880 richieste contro le 480 del 2012), mentre cala in quello delle industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali (1.440 richieste a fronte delle 1.610 del 2012) che si conferma tuttavia il quarto settore in assoluto per numero di assunzioni, immediatamente prima di quello delle costruzioni». L'edilizia, insomma, dà qualche segno di vitalità, piuttosto inatteso: nel 2013 ha rappresentato il 5,4% del totale di assunzioni in Italia.

Ma la ricerca consente di andare a un livello di approfondimento ancora ulteriore. E osservare quali profili professionali hanno riscosso successo maggiore nel corso dell'anno appena passato. Anche in questo caso il risultato è piuttosto sorprendente. Guardando alla laurea in ingegneria civile e ambientale, i più ricercati sono stati i progettisti edili (190 assunzioni). Al secondo posto si collocano gli esperti in ingegneria idraulica (140 assunzioni) e al terzo i tecnici dell'ambiente (70). Anche se va osservato che si tratta di numeri non paragonabili a quelli che è possibile riscontrare in altri settori affini. Per gli sviluppatori di software, ad esempio, ci sono state 1.230 opportunità lavorative, per i programmatori informatici 940, per i progettisti meccanici 1.490, per quelli elettronici 620. Numeri che per l'edilizia sono inimmaginabili.

Questa ritrovata vitalità del settore delle costruzioni, comunque, si vede anche dai numeri generali delle assunzioni. Secondo la ricerca, nel 2013 quelle di laureati in ingegneria civile e ambientale sono state 1.360: nel 2012 erano state appena 800. L'aumento registrato è stato del 70 per cento. Si tratta di un'esplosione netta rispetto agli altri indirizzi di laurea. Anche se va detto che questi partivano da numeri decisamente più elevati. Per l'ingegneria elettronica la crescita è stata del 5,1%, per quella industriale del 4,3%, mentre per gli altri indirizzi dello 0,4 per cento

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/impresa-e-professione/2014-09-08/ingegneri-lavoro-mercato-finalmente-214410.php?uuid=AbtUCTLK

In Italia ci sono 7 milioni di case vuote, dice l'Istat

In Italia ci sono oltre 31 milioni di abitazioni, di cui poco più di 24 milioni sono occupate a vario titolo mentre le altre 7 milioni risultano non occupate oppure occupate da persone non residenti, sono cioè seconde case.

Il dato arriva dall'Istat e riguarda la fotografia definitiva (ancorché ormai un po' datata) che emerge dall'ultimo censimento condotto nel 2011. Il censimento, precisa l'istituto di statistica, è avvenuto «con modalità e tecnologie profondamente rinnovate rispetto alla precedente rilevazione del 2001». I dati - comunicati nella nota diffusa l'11 agosto scorso - danno conto anche della dinamica edilizia nel corso del decennio 2001-2011. In dieci anni risultano censite oltre 3,9 milioni di abitazioni in più. Infatti, in base agli analoghi dati definitivi sul censimento 2001, l'Istat aveva contato in Italia quasi, 27,3 milioni di abitazioni, di cui 5,6 milioni non occupate.

Tornando ai dati 2011, l'Istat precisa che il numero complessivo delle abitazioni censite nel 2011 ammonta esattamente a 31.208.161 unità. Di queste, il 77,3% (24.135.177 in valore assoluto) è occupato da almeno una persona residente, mentre il restante 22,7% (7.072.984) è costituito da abitazioni non occupate (vuote) o occupate solo da persone non residenti.

La disaggregazione territoriale evidenzia che la quota di abitazioni occupate «è ben più elevata della media nazionale in Lombardia (84,5%), Campania (quasi l'83%) e Lazio (82,2%)». La percentuale più elevata di abitazioni non occupate è appannaggio della Valle d'Aosta (50,1%) («in linea con quanto già rilevato nel 2001»), seguita da Calabria (38,8%) e Molise e Provincia di Trento (37,1%).

Quanto alla dotazione di servizi, il dato che spicca su tutti riguarda il notevole incremento - nell'arco di 10 anni - delle abitazioni con angolo cottura rispetto a quelle con una vera e propria cucina (oppure con un «cucinino»). «Tra il Censimento del 2001 e quello del 2011 - si legge nella nota Istat - aumentano leggermente le abitazioni con almeno una cucina (+8,1%) mentre sono quasi raddoppiate quelle che dispongono solo di angolo cottura (+82,3%)». La quota più elevata di abitazioni con almeno una cucina si registra nelle Isole e nel Sud (rispettivamente 78,3% e 77,1%), la più bassa nell'Italia Nord-Occidentale (70,6%).

Il censimento 2011 rende conto più in generale del notevole incremento di edifici in Italia. Rispetto al 2001, l'Istat registra un incremento del 13,1% del numero di edifici e complessi di (14.515.795 unità nel 2011), il 13,1% in più rispetto al 2001. Più in dettaglio, gli edifici sono 14.452.680 e i complessi 63.115, con un incremento intercensuario rispettivamente pari al 13,1% e al 64,4 per cento.

Rispetto al censimento 2001, è diminuita, dal 5,7 al 5,2%, la quota dello stock immobiliare non utilizzato perché cadente, in rovina o in costruzione. Nel caso degli edifici, quest'ultima scende dal 5,6% del 2001 al 5,1% del 2011, per i complessi di edifici dal 13,8% al 13,5%.

L'84,3% degli edifici complessivamente censiti (pari a 12.187.698) è a destinazione residenziale, in crescita dell'8,6% nel decennio. «Tale incremento - osserva l'Istat - risulta sostanzialmente in accordo con quello riscontrato per le famiglie. Gli edifici residenziali sono costituiti per il 51,8% da abitazioni singole».

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/infrastrutture-e-citta/2014-09-05/italia-sono-milioni-case-125700.php?uuid=AbHLnWKK

Lupi congela (per sbaglio) 61 milioni di fondi regionali per l'edilizia sovvenzionata

Il decreto casa varato a marzo dal governo per fronteggiare l'emergenza abitativa ha fatto scattare le "ganasce" a circa 61 milioni di euro di fondi destinati alle Regioni per realizzare alloggi di edilizia sovvenzionata.

Nelle indicazioni normative relative alla copertura economica del provvedimento sono finiti infatti anche i fondi che il ministero versa annualmente alla Cassa depositi e prestiti, la quale li versa poi su un conto corrente riservato alle Regioni, e dal quale le Regioni attingono per attuare appunto i programmi di edilizia abitativa. Diciamo subito che si tratta di un pasticcio involontario, al quale - assicurano a Porta Pia - si sta trovando una soluzione.

Un pasticcio - peraltro - rimasto a lungo inintelligibile agli stessi interessati, per vari motivi. Il primo è l'indicazione normativa non immediatamente chiara; il secondo motivo sta nel complesso meccanismo di trasferimento di fondi statali in due capitoli di spesa presso Cassa depositi e prestiti: il conto n.20127 riservato all'edilizia agevolata e il conto n.20128 riservato all'edilizia sovvenzionata. A questo si è aggiunta la perdita di "memoria storica" a seguito di un turnover di tecnici. Il risultato è stato appunto il "fuoco amico" del governo, con una disposizione che, per decreto legge, ha bloccato i fondi proprio su un settore che intendeva rilanciare.

Il problema esplode solo a fine luglio, con una lettera allarmata a Palazzo Chigi inviata dall'allora presidente delle Regioni Vasco Errani. Passano altre settimane prima che, il 22 agosto, Cassa depositi e prestiti confermi la denuncia delle Regioni e chiarisca l'equivoco.

Ma cosa è successo? La spiegazione breve è la seguente: il Dl casa ha bloccato i fondi che il Mit versava ogni anno sul conto n.20127 di Cdp, fondi che Cdp, in base ad accordi che risalgono al 2001, versava poi sul conto delle Regioni n.20128. Una volta "chiuso il rubinetto" al conto 20127, si è chiuso automaticamente anche il "giroconto" sul n.20128.

Ed ecco - per gli appassionati - la spiegazione lunga. Nel corso degli ultimi anni '90 lo Stato ha più volte prelevato ingenti somme da fondi regionali destinati all'edilizia abitativa. Il "prestito" si è reso necessario per tamponare varie emergenze sul territorio dovute a disastri ambientali. Lo Stato si è poi impegnato a restituire le risorse in varie rate annuali. Nel 2001, in particolare, lo stato concorda "un piano di rientro" con le Regioni rateizzando la restituzione fino al 2020. L'impatto del prelievo è stato nullo perché le Regioni andavano molto a rilento nella spesa delle risorse e, dunque, lo Stato è sempre stato più veloce a restituire le somme di quanto le Regioni lo fossero a spenderle. Le risorse, in particolare, sono quelle del conto n.20128 destinato a finanziare interventi di edilizia residenziale sovvenzionata. Il fondo è di uso esclusivo delle Regioni, lo Stato non ci può entrare. Per questo motivo è stato pattuito che le risorse da depositare sul conto n.20128 venissero trasferite dallo Stato sul conto "cointestato" n.20127 (edilizia agevolata). Il trasferimento delle risorse da un conto all'altro viene fatto da Cassa depositi e prestiti. Il meccanismo finora ha funzionato. Piano piano, lo Stato sta estinguendo il suo debito. Restano da versare appunto 61 milioni di euro, in rate di importo variabile distribuite nel periodo 2015-2020. Fine della spiegazione lunga.

L'11 settembre prossimo, la questione verrà affronta dalla conferenza Stato-Regioni in un incontro tecnico. Verrà esaminata la soluzione che il ministro Maurizio Lupi ha individuato per evitare di bloccare i piani di edilizia sovvenzionata delle Regioni, senza compromettere la copertura del decreto casa.

Porta Pia, come si diceva, spande ottimismo. Ma le Regioni, nell'ultima comunicazione ufficiale, del 1 settembre, parlano di «aspetti rimasti irrisolti che attengono alle questioni discusse in sede politica».

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/infrastrutture-e-citta/2014-09-04/lupi-congela-sbaglio-milioni-193215.php?uuid=Ab9T1GKK

Snaidero (Legno-arredo): un errore togliere il bonus mobili

Che il bonus fiscale sull'acquisto di mobili faccia bene alle imprese italiane dell'arredo è cosa che Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo, ripete da mesi. Ma ora la conferma "scientifica" arriva dai numeri forniti dai Caaf relativamente alle dichiarazioni dei redditi 2013: solo negli ultimi tre mesi dello scorso anno sono state quasi 46mila le domande di detrazione presentate dai contribuenti. Un numero superiore alle aspettative, che conferma e forse migliora le stime sull'impatto economico di questo strumento: oltre 300 milioni nell'ultimo trimestre 2013 e 1,2 miliardi per il 2014. «Senza contare il ritorno per lo Stato in termini di recupero fiscale – precisa Snaidero – e il risparmio sugli ammortizzatori sociali che sarebbero stati inevitabili senza il bonus, che ha salvato 3.500 posti di lavoro». E che nei primi due mesi dell'anno ha anche riacceso i consumi in termini, che hanno registrato un timido ma graditissimo +0,6%.

Eppure, del rinnovo del bonus per il 2015 nel decreto Sblocca Italia non c'è traccia: «Un errore», secondo Snaidero, che però è ottimista sulla possibilità che la misura venga confermata per il 2015 nella Legge di Stabilità. E che anzi, fiducioso nell'attenzione che questo governo ha sinora dimostrato al mondo del legno-arredo (28 miliardi di fatturato nel 2013) rilancia: «Chiediamo anche di introdurre un'Iva agevolata sull'acquisto di mobili da parte delle giovani coppie, come già avviene per l'acquisto della prima casa e come avviene in altri Paesi europei». Un'offensiva a tutto campo sul fronte dei consumi, che prepara la "campagna d'autunno" del mobile italiano, dove un ruolo centrale avrà anche la lotta alla contraffazione. Un tasto dolente, spiega Snaidero, perché l'articolo 37 dello Sblocca Italia annulla di fatto il riconoscimento del valore artistico delle opere di design e dunque la loro protezione attraverso il diritto d'autore. Con grave danno economico per tutte le aziende che detengono (pagandoli) i diritti sui classici del design.

«Ci auguriamo che in sede di conversione in legge il Parlamento corregga questo provvedimento – dice Snaidero –. A maggior ragione vista la sensibilità dimostrata da questo Governo nei confronti della tutela e valorizzazione del made in Italy. Pensi che solo mercoledì scorso ero al ministero dello Sviluppo economico per siglare un protocollo d'intesa tra Mise e Federlegnoarredo, destinato proprio a promuovere attività di valorizzazione del design e lotta alla contraffazione. Il primo nel suo genere».

Le preoccupazioni non risparmiano nemmeno i mercati esteri. Intendiamoci: le esportazioni del comparto continuano a correre, e le prospettive sui mercati asiatici sono ottime. «La prossima settimana andremo in Cina per rendere operativa la joint venture con BolognaFiere – dice il presidente di Federlegno – che ha lo scopo di preparare il terreno alle nostre aziende e alla fiera del mobile italiano che lanceremo a Shanghai nel 2016. È un mercato straordinario, cresciuto del 47% nei primi mesi dell'anno». Ma i timori riguardano la Russia, il terzo mercato per il legno-arredo italiano, con un valore di quasi un miliardo e una crescita annua dell'8-9%: «È tra i nostri mercati più importanti – conferma Snaidero –. Anche nei primi quattro mesi di quest'anno è cresciuto dell'1% (con 263 milioni di ricavi, ndr), ma le tensioni con l'Ucraina e con la Ue cominciano a farsi sentire». Non è tanto il rischio di un embargo a preoccupare, spiega Snaidero quanto la paura di sanzioni finanziarie che possano bloccare i trasferimenti di denaro. Un'incertezza che non giova ai rapporti con i clienti locali e gli ordinativi negli ultimi mesi sembrano diminuire: «Non abbiamo ancora dati ufficiali a testimoniarlo, ma questo è il nostro sentore».

Anche in questo caso, però, le imprese italiane non lasciano ma raddoppiano: FederlegnoArredo organizza da dieci anni i Saloni WorldWide, portando le principali aziende del Salone del Mobile di Milano a Mosca. Quest'anno non ci saranno eccezioni: «Dal 15 al 18 ottobre saremo al Crocus Expo con 560 aziende, tra espositori del Salone ed espositori di Made». Un programma deciso mesi fa, in partnership con FieraMilano che allo stesso evento porta il suo salone per la casa Homi e che la crisi tra Russia e Ucraina non fermerà di certo.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2014-09-04/snaidero-legnoarredo-errore-togliere-215348.php?uuid=Ab6twHKK

Domanda di mutui: ad agosto Crif conferma crescita in doppia cifra su base annua (+14,7%)

 In agosto le richieste di mutui da parte delle famiglie italiane sono cresciute del +14,7% . Si tratta del terzo incremento in doppia cifra consecutivo rilevato da Crif, ma, soprattutto, il dato rilevato è significativo in quanto il confronto è con il mese di agosto 2013 (in valori ponderati, cioè al netto dell'effetto prodotto dal differente numero di giorni lavorativi), che a sua volta aveva fatto registrare un segno positivo dopo il crollo del biennio 2011-2012.

A conferma del lento ma costante recupero verso i volumi pre-crisi va sottolineato come complessivamente nei primi 8 mesi del 2014 la domanda di mutui abbia fatto registrare un +11,5% rispetto al corrispondente periodo 2013. Sono i dati salienti che emergono dall'ultimo aggiornamento del Barometro Crif, che rileva le variazioni percentuali mensili relative alle richieste di mutui raccolte dagli istituti di credito e affluite in Eurisc (sistema di informazioni creditizie che raccoglie i dati relativi ad oltre 77 milioni di posizioni).

Se dunque la tanto attesa ripresina dell'immobiliare è minata dall'inatteso ulteriore periodo di recessione e dalla perdurante incertezza normativa sulla Tasi, buoni segnali continuano ad arrivare dal settore del credito. Il Barometro mostra però come nei primi 8 mesi dell'anno l'importo medio richiesto per i mutui si attesti a 124.342 euro, contro i 127.778 del corrispondente periodo del 2013, con una dinamica di costante contrazione. La classe di importo prevalente da gennaio ad agosto si conferma essere quella tra i 100 e i 150mila euro, con una quota del 28,5% sul totale, seguita a ruota da quella al di sotto dei 75mila, con il 28,3%. «Questa dinamica - nota Crif - risulta agevolata anche dalla progressiva riduzione del prezzo degli immobili residenziali e dagli stock di invenduti disponibili sul mercato, che stanno rendendo l'acquisto più conveniente e alla portata di un crescente numero di famiglie». Analizzando infine la domanda di mutui per durata del finanziamento, la classe compresa tra i 25 e i 30 anni è la preferita dalle famiglie italiane, con una quota pari al 27,7% del totale.

Fonte Articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2014-09-03/domanda-mutui-agosto-crif-121706.php?uuid=AbBj5uJK

Tasi, c'è tempo fino al 10 settembre per concedere le agevolazioni

Tutti i Comuni, anche quelli che volessero azzerare la Tasi per tutti o per una parte dei propri contribuenti, devono inserire la delibera nel Portale del federalismo fiscale entro il 10 settembre, e attendere che il dipartimento Finanze la pubblichi entro il 18. Quando uno di questi due passaggi salterà, si applicherà in automatico la Tasi standard da pagare entro il 16 dicembre, e lo stesso accadrà se un Comune invece dell'inserimento nel Portale tenterà altre strade (posta, fax, posta elettronica certificata o meno) per l'invio del proprio atto al ministero.
A ricordarlo è una nota (prot. n. 28926) scritta e diffusa ieri dallo stesso dipartimento Finanze, che visto l'avvicinarsi della data-chiave del 10 settembre ha ritenuto di dover suonare la sveglia ai Comuni.

Anche perché i ritmi di pubblicazione stanno crescendo (ieri sono approdate nel censimento ufficiale 99 nuove delibere, e da venerdì il bottino ne conta 325), ma all'appello mancano ancora quasi 4mila Comuni e serve un altro colpo di reni per completare in tempo il quadro delle richieste locali per i «servizi indivisibili».
Anche perché, come specifica la nota ministeriale, la procedura è rigida, com'è inevitabile quando si tratta di legittimare una richiesta fiscale, e non permette margini di "creatività". La pubblicazione, e la conseguente possibilità di applicare la Tasi secondo le modalità decise dal Comune, riguarderà solo le delibere e i regolamenti varati dal consiglio: non possono entrare in gioco, quindi, proposte di giunta, prospetti riepilogativi, comunicati e altri atti. È vero, infatti, che la scadenza per chiudere i bilanci preventivi 2014 (che ordinariamente coincide con quello entro il quale decidere aliquote e regolamenti tributari) è stato spostata al 30 settembre, ma la proroga «non incide sulla vigenza del termine del 10 settembre» fissato per la trasmissione delle delibere locali dopo il caos primaverile su regole e detrazioni.

Nei Comuni che non riusciranno a tagliare in tempo il traguardo, non ci sarà alternativa all'applicazione del «tributo standard» delineato dal comma 688 della scorsa legge di stabilità (legge 147/2013): aliquota all'1 per mille senza detrazioni sull'abitazione principale, con un meccanismo che penalizza le case più piccole e offre maxi-sconti rispetto all'Imu a quelle più grandi, e stesso trattamento sugli altri immobili, a meno che l'Imu sia già elevata e tolga spazio alla Tasi. In ogni caso, infatti, la somma di Imu e Tasi non può superare il 10,6 per mille (tranne quando il Comune, con delibera pubblicata in tempo, abbia deciso di applicare lo 0,8 per mille aggiuntivo per finanziare sconti sulle abitazioni principali), per cui toccherà al contribuente fare i conti su quale sia la propria aliquota "standard": se l'Imu sulla seconda casa è già al 10,6 per mille, per esempio, la Tasi non andrà pagata, se l'Imu è al 10 per mille resta da pagare uno 0,6 per mille, mentre l'1 per mille si applicherà in tutti i casi in cui l'Imu non supera il 9,6 per mille. Identico ragionamento andrà fatto per le abitazioni «di lusso» (categorie catastali A/1, A/8 e A/9), tenendo però come tetto massimo di riferimento il 6 per mille nella somma di Imu e Tasi. Nel caso dei fabbricati rurali strumentali, invece, l'aliquota è sempre all'1 per mille.

Ma per le delibere locali non ci sono solo problemi di calendario. Molti Comuni, infatti hanno approvato le aliquote in tempo, ma sono inciampati in un'applicazione sbagliata dello 0,8 per mille aggiuntivo. La «super-Tasi» per finanziare le detrazioni può essere infatti distribuita fra abitazioni principali non soggette a Imu e altri immobili, prevedendo per esempio lo 0,3 sulle prime e lo 0,5 sui secondi, in base alle regole chiarite dal dipartimento Finanze con la circolare 2/Df del 29 luglio scorso, ma nelle delibere locali spesso si incontra l'applicazione dello 0,8 per mille sia sulle abitazioni principali "normali" sia su quelle «di lusso» (con Imu già al massimo), con una distribuzione che secondo l'Economia è a rischio impugnazioni da parte dei contribuenti.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2014-09-02/tasi-tempo-fino-settembre-222331.php?uuid=AbDoGdJK

Opere interne, anche per le strutture basta la comunicazione

Per dividere e accorpare case e uffici (senza cambiare destinazione d'uso) basterà una semplice comunicazione al Comune. Non servirà più alcun titolo abilitativo (eccetto la comunicazione) anche per eseguire tutte le opere interne di un edificio, incluse le parti strutturali (che invece fino a oggi non si potevano modificare senza permesso). Si concretizza in queste novità la «liberalizzazione» dei lavori privati annunciata dal ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi e contenuta nella bozza di decreto Sblocca Italia. Insieme a queste misure il decreto contiene una serie di altre modifiche al Testo unico edilizia (Dpr 380/2001): dalle misure di favore per le operazioni di riqualificazione urbana all'ammorbidimento dei criteri per la proroga dei permessi edilizi fino alla previsione del permesso edilizio convenzionato.
La prima novità riguarda la semplificazione delle autorizzazioni necessarie a riqualificare le unità immobiliari. Anche ora le opere interne di un immobile possono essere eseguite sulla base di una semplice comunicazione di inizio lavori al Comune, incluso lo spostamento di tramezzi e l'aprtura di nuove porte. Finché non si alterano volumi e destinazioni d'uso si rientra infatti nella manutenzione straordinaria. La novità rispetto a oggi è che con il decreto Sblocca Italia saranno soggetti a semplice comunicazione anche gli interventi sulle parti strutturali, operazione che finora richiedeva la richiesta di una specifica autorizzazione. Con una comunicazione sarà possibile anche accorpare o frazionare una unità immobiliare, anche eseguendo opere suscettibili di modificare il carico urbanistico «purché si mantenga l'originaria destinazione d'uso».

Più facile prorogare i termini dei permessi di costruire (un anno per l'avvio dei lavori dalla concessione del titolo, tre anni per la conclusione del cantiere dall'avvio dei lavori). Il decreto stabilisce infatti che la proroga può essere concessa (con provvedimento motivato) per motivi inerenti la mole dell'opera, le sue particolarità costruttive o finanziamento di opere pubbliche distribuito in più anni. Ma non più «esclusivamente» per questi motivi. Inoltre la proroga dovrà esse comunque accordata «qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per fatto dell'amministrazione o dell'Autorità giudiziaria».

Diverse le agevolazioni normative previste per gli interventi di riqualificazione urbana, inclusa la possibilità per i Comuni di calcolare l'ìincidenza degli oneri di urbanizzazione differenziando gli interventi in modo di incentivare le opere di ristrutturazione anziché le nuove costruzioni nelle aree a maggiore densità abitativa. Viene anche stabilito che i Comuni possono incentivare le riqualificazione deliberando costi di costruzione inferiori (finora si diceva non superiori) ai valori determinati per le nuove costruzioni.

Salta il contributo di costruzione per gli interventi di manutenzione straordinaria mirati al frazionamento e all'accorpamento di unità immobiliari. Mentre per la ristrutturazione, il recupero e il riuso di immobili dismessi o in via di dismissione il contributo viene ridotto «in misura non inferiore rispetto al venti per cento» rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni. Saranno i Comuni a dover definire l'entità della riduzione entro 90 giorni. Cambiano i termini per il rilascio del permesso di costruire. Ai Comuni sopra i 100mila abitanti si applicano i termini ordinari per tutto il procedimento e non più i termini raddoppiati, come era nella vecchia formulazione del Testo unico.

Ancora, in tema di varianti al permesso di costruire, viene previsto che sono realizzabili mediante una semplice Dia (e relativa comunicazione a fine lavori con attestazione del professionista) le varianti a permessi che non configurano una variazione essenziale, «a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie» e che «siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico».

Arriva una precisazione sul fronte dei cambi di destinazione d'uso. Viene stabilito che costituisce mutamento rilevante della destinazione ogni forma di utilizzo dell'immobile diversa da quella originaria, anche se non accompagnata dalla realizzazione di opere edili. È sufficiente questo tipo di utilizzo per portare al mutamento di categoria funzionale tra residenziale, turistico-ricettiva, commerciale e rurale. Il testo afferma anche che «la destinazione d'uso è quella prevalente in termini di superficie utile».

Viene introdotto nel nostro sistema, infine, il permesso di costruire convenzionato. In sostanza, si tratta di un permesso rilasciato in forma semplificata dal Comune, a condizione che siano effettuati interventi compensativi per raggiungere gli obiettivi di urbanizzazione fissati dagli strumenti di pianificazione. In questo quadro, nella convenzione possono essere disciplinate: la cessione di aree anche al fine dell'utilizzo di diritti edificatori, la realizzazione di opere di urbanizzazione e di interventi di edilizia residenziale sociale. Le convenzioni potranno essere spacchettate in stralci funzionali, a cui collegare gli oneri e le opere di urbanizzazione.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/edilizia-privata/2014-09-01/opere-interne-anche-strutture-182837.php?uuid=AbjMVFJK

Condominio, se l'amministratore «sbaglia» rischia di pagare i danni

  •  Alla carica di amministratore di condominio sono legate tutta una serie di possibili conseguenze, sia in ambito di responsabilità civile (verso terzi o verso gli stessi condomini) che in ambito di responsabilità penale.
  • Tali possibili conseguenze sono via via cresciute nel tempo, di pari passo con il costante evolversi della figura dell'amministratore così come chiarito dalla Corte di cassazione con due successive decisioni: la prima (22840/2006) che nell'ammettere in via definitiva la possibilità di affidare l'amministrazione condominiale a persone giuridiche si è basata sulla constatazione che «da qualche tempo l'incarico viene conferito a professionisti esperti in materia di condominio e in grado di assolvere alle numerose e gravi responsabilità ascritte all'amministratore dalle leggi speciali», e la seconda (25251/2008) che ha fissato i canoni della responsabilità personale dell'amministratore nel modo che segue: «A tale figura il codice civile e le leggi speciali imputano doveri ed obblighi finalizzati ad impedire che il modo di essere dei beni condominiali provochi danni a terzi. In relazione a tali beni l'amministratore, in quanto ha poteri e doveri di controllo e poteri di influire sul loro modo di essere, si trova nella posizione di custode (...). Questi allora deve curare che i beni comuni non arrechino danni agli stessi condomini o a terzi, come del resto riconosciuto dalla giurisprudenza allorchè ha considerato l'amministratore del condominio responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei suoi poteri e, in genere, di qualsiasi inadempimento dei suoi obblighi legali o regolamentari».

 
  • Da tale nuovo inquadramento corrisponde ora un quadro in cui la fonte di responsabilità dell'amministratore nei confronti dei condòmini è il contratto di mandato conferito al momento dell'accettazione dell'incarico: qualora anche senza colpa grave (essendo l'incarico non gratuito) l'amministratore, nel venir meno ai propri obblighi contrattuali, causi un danno ai condòmini, ne dovrà rispondere personalmente. Per esempio, quando non abbia eseguito una delibera assembleare (Cassazione, sentenza 7103/2013), se da tale omissione sia derivato un danno ai condòmini, oppure per aver eseguito una delibera che non andava eseguita in quanto contraria alla legge.
    Per "salvarsi" da azioni personali di responsabilità che i condòmini gli possono rivolgere, in sostanza, l'amministratore deve esercitare il proprio mandato nel pieno rispetto delle norme di legge. Ponendo particolare attenzione nel rimuovere prontamente le situazioni pericolose, relative alle parti comuni dell'edificio, dalle quali potrebbe derivare un danno a terzi (o agli stessi condòmini). Si pensi alla domanda proposta dai genitori di un minore direttamente nei confronti dell'amministratore per la presenza nel cortile condominiale «all'altezza di un metro dal piano di calpestio, di vetri con la superficie tagliente che costituivano una pericolosissima insidia» (Cassazione, sentenza 24804/2008). Così, un amministratore condominiale è stato ritenuto personalmente responsabile, nei confronti del terzo danneggiato (Cassazione, sentenza 25251/2008) dai danni derivati «dalla negligente omissione delle necessarie riparazioni al lastrico solare decise in delibera assembleare e non attuate dall'amministratore».

    Da ultimo, il nostro Codice penale non prevede una figura di reato propria dell'amministratore di condominio: a lui tuttavia possono riferirsi una serie di fattispecie penali relative alla attività svolta. È il caso, per esempio del reato di ingiurie o di diffamazione, del quale è stato ritenuto colpevole l'amministratore che aveva inviato a tutti i condòmini una lettera ove veniva evidenziata la morosità di uno di loro.
    Altro reato nel quale può imbattersi l'amministratore, in quanto custode del bene condominiale, è quello previsto dall'articolo 677 del Codice penale, che sanziona il proprietario di un edifico o di una costruzione «ovvero chi per lui è obbligato alla conservazione o alla vigilanza» che «ometta di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo». Come è accaduto (Cassazione, sentenza 34147/2012) per una condanna per lesioni colpose gravi causate a un cliente della farmacia posta nello stabile condominiale dall'omesso livellamento della pavimentazione.
    Da ultimo, si segnala la recente sentenza della Cassazione 31192/2014 (si veda il Sole 24 Ore del 26 agosto scorso), che ha ritenuto penalmente responsabile l'amministratore di condominio che a incarico finito, nonostante l'ordine in tal senso del Tribunale, non aveva consegnato al nuovo amministratore i conti e le carte condominiali.
  • Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/condominio/2014-09-01/condominio-amministratore-sbaglia-rischia-210450.php?uuid=AbculGJK

Tasi, Imu, detrazioni: scadenze e novità d'autunno del fisco immobiliare

Anche quest'anno i proprietari di immobili sono costretti ad aspettare l'autunno per sapere esattamente quanto pagheranno di imposte. Ma nelle prossime settimane potrebbero delinearsi anche diverse novità per il fisco immobiliare, destinate a riflettersi pure nel 2015.

Nel giro di dieci giorni i Comuni sono chiamati a deliberare le aliquote della nuova Tasi, l'imposta sui servizi comunali indivisibili che può colpire le prime case, ma anche – a scelta dei Comuni – tutti gli altri immobili (addossando all'inquilino, nel caso di fabbricati locati, una quota tra il 10 e il 30% del tributo).
Di fatto, poco meno di 2.200 Comuni su 8mila hanno deliberato le aliquote Tasi in tempo per il pagamento dell'acconto. Ora i Comuni ritardatari devono accelerare: entro il 10 settembre devono approvare e inviare le loro decisioni al sito internet del dipartimento delle Finanze...

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2014-08-29/tasi-detrazioni-scadenze-novita-191308.php?uuid=AbeIqAIK

Sblocca/Italia - Bonus a chi compra e affitta, ampliata la Scia

E speriamo che il mercato si sblocchi. L'interesse del Governo per il mattone è concentrato soprattutto sullo stock dell'invenduto, che soffoca le imprese di costruzione con una zavorra pesantissima: la liquidità è il nodo da sciogliere e la speranza è che lo sconto fiscale del 20% sull'acquisto, che diventerà una deduzione di 60mila euro al massimo in otto anni (7.500 all'anno), possa spingere a tornare sull'investimento immobiliare. La norma, inserita ieri nel Dl Sblocca Italia, è stata approvata «salvo intese» sulla copertura. Confedilizia ha apprezzato lo sforzo del Governo.
Il problema è che quella casa, da acquistare direttamente dal costruttore (immobile nuovo o ristrutturato), dovrà poi essere affittata per almeno otto anni a canone concordato, perché il Governo spera di prendere con la stessa fava anche il piccione della crisi abitativa.

Così lo scotto da pagare per chi comprerà con il bonus del 20% sarà l'obbligo di affittare in base al meccanismo dettato dalla legge 431/98, oppure con canoni da social housing (Dpr 380/2001 e legge 350/2003).L'acquirente deve essere persona fisica, coop edilizia oppure Onlus e non deve essere parente di primo grado (quindi il limite è solo tra genitori e figli) del futuro inquilino.

Tra le condizioni per la concessione dell'agevolazione ci sono anche:
la classe energetica degli immobili, che deve essere A o B; la categoria catastale, che deve essere una A (abitazioni) con esclusione di A8, A9 e A1 (ville e case storiche o signorili); il tetto di spesa per l'acquisto (anche di due case) è di 300mila euro.
Se mancano i requisiti scatta l'immediata decadenza dalle agevolazioni e la restituzione del bonus, ma non si capisce cosa debba accadere quando questo si verifica indipendentemente dalla volontà del locatore e, soprattutto, quando la locazione riprende dopo un periodo; ma è previsto un Dm attuativo che dovrà risolvere questi dubbi.

La partita della convenienza, però, è ancora tutta da giocare: in soldoni, se la differenza tra canone concordato e canone libero non è superiore al 40 per cento (a Milano, per esempio, è superiore), il gioco potrebbe funzionare (anche se per una percentuale di vantaggio minima) e la scelta penderebbe per la soluzione di comprare per affittare a canone concordato. Di notevole impatto un'altra norma sugli affitti: per quelli non abitativi sarà derogabile la vecchia legge 392/78, purché il canone annuo superi i 100mila euro (250mila se alberghi).

Semplificazioni edilizie
Una serie di semplificazioni sono previste per l'attività edilizia, a partire dal regolamento edilizio unico per tutti i Comuni e dal rafforzamento della Scia. Vengono equiparate alla manutenzione straordinaria (quindi basterà la Scia al posto del permesso di costruire), il frazionamento o l'accorpamento di unità immobiliari, con aumento delle unità o variazione del «carico urbanistico».
In ogni caso non sarà dovuto il contributo di costruzione per accorpamento e frazionamenti e verrà ridotto del 20% per ristrutturazioni e recuperi di immobili in dismissione.
Lo sportello unico dell'edilizia rilascerà l'attestazione della formazione del silenzio-assenso sul permesso di costruire. E le relative varianti saranno realizzabili con semplice Dia purché non difformi agli strumenti urbanistici e ai vincoli.
Affitto con riscatto
Ma nel Dl non ci si ferma qui: si rivitalizza anche il vecchio affitto con riscatto (con trascrizione), con obbligo del concedente, se inadempiente, di rendere tutti i canoni (con interessi) incassati sino a quel momento. Se invece a essere inadempiente è l'inquilino, perde i canoni versati. Il limite per i canoni in ritardo è determinato dalle parti, ma non può essere inferiore al 5% del loro numero. Quindi, per esempio, con 100 rate mensili se ne possono saltare cinque al massimo, poi l'accordo salta. Ma nel contratto può essere previsto un trattamento più generoso.

Rottamazione energetica
Altro bonus è riservato a coloro (che non siano soggetto passivo Iva) che rottamano immobili a bassa prestazione energetica (sempre con esclusione di quelli classificati catastalmente in A1, A8 o A9): le imposte di trasferimento si applicheranno in misura fissa, quindi, attualmente, in 600 euro in tutto.
Gli immobili (che devono essere abitativi) vanno ceduti a società che abbiano come attività esclusiva o prevalente la costruzione, il ricupero e la rivendita di beni immobili. Queste dovranno dichiarare nell'atto di acquisto che intendono rivendere l'immobile entro cinque anni dopo aver effettuato interventi di restauro-risanamento conservativo o di ristrutturazione conseguendo la certificazione energetica in classe A o B. Se poi i lavori sono stati eseguiti su singole unità immobiliari, al posto della certificazione basta che la certificazione energetica attesti un miglioramento del fabbisogno di energia primaria pari almeno al 50% rispetto a prima. Il beneficio fiscale (che è vantaggio dell'acquirente) scatta anche in caso di permuta.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2014-08-30/sbloccaitalia-bonus-compra-affitta-145330.php?uuid=AbL33VIK

Bollette di luce e gas, obbligo di maggiore trasparenza a carico dei fornitori del servizio


Fra le disposizioni introdotte dal decreto legislativo 4 luglio 2014, recante attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, spicca l'articolo 9 (misurazione e fatturazione dei consumi energetici), che attribuisce all'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (di seguito Autorità) competenze di regolazione e controllo miranti a tutelare i clienti finali di energia elettrica e gas naturale, tele-riscaldamento, tele-raffreddamento ed acqua calda per uso domestico.
 

L'Autorità provvede infatti ad individuare le modalità con le quali gli esercenti l'attività di misura dell'energia elettrica e del gas forniscono ai clienti finali contatori individuali «che riflettono con precisione il consumo effettivo e forniscono informazioni sul tempo effettivo di utilizzo dell'energia» nonché a predisporre le specifiche dei sistemi di misurazione...

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2014-08-27/efficienza-energetica-norme-europee-125258.php?uuid=AbTc4sHK

È sanabile la piscina realizzata in una zona senza vincolo di inedificabilità assoluta

Una piscina realizzata vicino al mare, nella fascia di tutela, può essere ritenuta compatibile con il vincolo paesaggistico: lo sottolinea il Consiglio di Stato con la sentenza 8 agosto 2014 n. 4226, relativa ad un intervento nel Comune di Orbetello sulla riviera toscana.
Il contrasto era sorto in quanto un Comune aveva respinto un'istanza di sanatoria in base alla legge 47 del 1985, facendo generico riferimento all'impatto visivo dell'opera; in particolare, si discuteva della visibilità della piscina da parte di chi guardasse verso il complesso edilizio percorrendo la costa.Per negare tale visibilità e quindi il presupposto stesso del diniego di compatibilità paesaggistica, il costruttore aver fornito una relazione tecnica con allegati grafici e fotografici dai quali risultava che la piscina era notevolmente arretrata rispetto alla linea di costa, e quindi non risultava visibile dal mare. Al più, dalla costa era possibile scorgere il belvedere con giardino prospicienti la piscina, ma solo ponendosi al livello di tali strutture, e non da quote inferiori (e, in particolare, dal livello della costa), l'intervento era effettivamente percepibile.


Infine, si discuteva anche di una discesa a mare, che era stata realizzata con accorgimenti costruttivi idonei a mitigarne in modo rilevante l'impatto sul paesaggio circostante, ad esempio attraverso il ricorso alla pietra locale e alla copertura dei manufatti con essenze arboree e senza alterare l'andamento del naturale del terreno.
Una parte rilevante della decisione del giudice amministrativo riguarda l'esame congiunto della documentazione fornita dal privato rispetto a quella dell'amministrazione: il privato si era immedesimato in un generico fruitore del paesaggio, illustrando la percepibilità dell'abuso nelle varie prospettive utilizzabili; l'amministrazione comunale, invece, aveva esibito unicamente fotografie aeree, nelle quali la piscina risultava particolarmente evidente, anche se in un'ottica non usuale proprio perché aerea.
La vicenda esaminata appare rilevante anche per altri casi di realizzazione di piscine, poiché tali strutture, pur non avendo un impatto di tipo volumetrico, sono spesso di forte peso ambientale per la loro collocazione, i riverberi ed i colori fortemente invasivi sull'ambiente. Nel caso specifico, inoltre, si discuteva di un intervento oggetto di sanatoria dell'inizio degli anni 90 e di un provvedimento sfavorevole che derivava da norme sul condono edilizio, di dubbia applicabilità nei casi in cui sussista un vincolo di carattere paesaggistico, diverso dal vincolo di inedificabilità assoluta.
Nell'ottica ambientale, il problema della percepibilità dell'abuso emerge anche in altri casi, ad esempio quando il manufatto è arretrato rispetto al fronte visibile, oppure quando è interrato o inglobato in una struttura preesistente che ne esclude l'invasività. In materia di pregiudizio causato da una piscina alla visuale e al paesaggio, si ricorda la sentenza del Consiglio di Stato 3853/2010, secondo la quale un'opera che non abbia uno sviluppo verticale difficilmente può avere rilevanza sotto il profilo paesaggistico, con la conseguenza che i vicini non possono lamentarsi dell'esecuzione piscina.
Infine, qualora manchino vincoli ambientali, la realizzazione di questi impianti e agevolata secondo l'orientamento del Consiglio di Stato 1951/2014 che esaminando il caso di una piscina prefabbricata di dimensioni relativamente modeste in rapporto a un edificio a destinazione residenziale, sito in zona agricola, ha qualificato l'opera come una pertinenza, realizzabile (articolo 7, secondo comma, lettera a) del decreto legge 23 gennaio 1982, n. 9) con semplice autorizzazione gratuita, assieme ai vani per impianti tecnologici a servizio della piscina stessa.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2014-08-27/sanabile-piscina-reaoozzata-zona-204652.php?uuid=AbK98bHK

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