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In montagna va il lusso francese Località come Megève, Morzine e Méribel a buoni prezzi rispetto alle «cugine» svizzere Gstaad e Verbier

Paola Dezza
 Sono le località più ambite dalla clientela internazionale di alto livello, ma non solo, per una vacanza sulla neve. E anche un interessante mercato immobiliare. Le Alpi, che coprono un territorio di 191mila chilometri quadrati a cavallo di sette Paesi, riescono ancora ad attirare compratori di una seconda casa da tutto il mondo. E richiamano ogni anno il 45% degli sciatori nel mondo (gli Stati Uniti si fermano al 21%).
Dove oggi conviene acquistare una casa per le vacanze? Secondo l'analisi "Alpine property market" del network immobiliare Savills le località di alto livello di Francia e Svizzera continueranno ad attrarre clientela internazionale, ma saranno condizionate dalle situazioni politiche dei rispettivi Paesi. Tuttavia è la Francia, secondo Savills, a offrire oggi le migliori occasioni di acquisto. Nella parte francese delle Alpi è tornata la stabilità e si possono concludere transazioni se si applicano sconti sul prezzo di richiesta. La Francia è tra l'altro il Paese con la maggiore vastità di comprensori sciistici.

La Svizzera, intanto, rafforza la sua posizione di meta per investimenti sicuri. Ed è stato il primo Paese ad attirare sciatori dall'Asia, un mercato di nicchia ma che viaggia sui binari di una crescita veloce. La popolazione "non giovane" ha fatto diminuire nel tempo il numero di sciatori tra i residenti, ma le location svizzere offrono molto più che un semplice soggiorno di sci e richiamano anche il jet set internazionale per sport invernali, estivi - come i corsi di vela sul lago di Sankt Moritz -, vita sociale. Qui si trovano però gli ski-pass settimanali (della durata di sei giorni) più cari: a Zermatt, Flims e Sankt Moritz si pagano oltre 300 euro.
L'Austria piace invece per la sua accessibilità, la doppia stagionalità e i prezzi ancora contenuti. La Nazione ha avuto un tasso di crescita annuo in termini di numero di sciatori del 2,25% dal 2000 a oggi. Qui la meta più cara è senz'altro Kitzbühel, mentre più a buon mercato sono Zell am See, Bad Gastein e Sallbach.
Le quotazioni al metro quadro per abitazioni "ultra-prime", quindi di superlusso, sempre secondo la ricerca di Savills, arrivano a 34.200 euro per Courchevel 1850 e rimangono sopra i 30mila euro per Gstaad, dove però ci sono anche abitazioni che arrivano a costare 60mila euro al metro quadrato se in posizione unica. Meno care le francesi Verbier e Méribel, dove il mattone costa rispettivamente 22.400 e 19mila euro al metro quadrato. Ultima per le abitazioni superlusso è Kitzbühel in Austria con i suoi 15.900 euro al metro. Nello studio si vede che non poche sono le località a sconto rispetto alla media dei prezzi nelle zone menzionate da Savills.
Ci sono però mete dove per le case esistenti si possono pagare meno di 4mila euro al metro quadrato ed essere comunque vicini a località rinomate. È il caso di La Plagne in Francia, non lontano da Courchevel, o ancora di Ischgl, non lontano da Lech, e di St Gervais, tra Megève e Chamonix. Si spendono invece tra 4mila e 8mila euro a Saas-Fee, Wengen, Morzine e nella stessa Chamonix. I prezzi salgono invece nella fascia tra 8mila e 12mila euro al metro quadrato a Flims, Andermatt, Crans-Montana, Villars, Val d'Isère, Megève e Méribel.
E i costi per acquistare? Per la transazione le spese sono sostenute dal venditore nei tre Paesi e vanno dal 3% che si paga in Austria al 6% che si deve mettere in conto in Francia. In Svizzera i costi della transazione sono più bassi: ammonta all'1,5% la transfer tax e all'1,2% i costi del notaio sul valore della proprietà. Ma qui per entrare nel mercato ci sono diverse restrizioni. Sono solo 1.500 i permessi all'anno per gli stranieri che vogliono acquistare una proprietà nel Paese.
Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20141023&startpage=1&displaypages=2

Imu, già 6.767 nuove delibere

Sospesa per qualche settimana la vicenda della Tasi, in attesa dell'acconto del 16 dicembre, è il caso di tornare a fare attenzione all'Imu. Entro questa sera scade il termine entro il quale i Comuni devono inviare al dipartimento Finanze le delibere con le nuove aliquote, altrimenti anche il saldo di dicembre sarà basato sui parametri utilizzati lo scorso anno, come già avvenuto per l'acconto.
L'invio della delibera è obbligatorio solo per i Comuni che hanno voluto ritoccare qualcosa rispetto alle regole del 2013, e di conseguenza molte amministrazioni locali avrebbero potuto disinteressarsi di questa scadenza. Il censimento ministeriale aggiornato a ieri sera, però, riportava già 6.767 delibere. Più dell'80% dei Comuni, insomma, ha trasmesso le proprie decisioni fiscali al dipartimento, e val la pena di notare che solo in una minoranza dei casi (1.391 su 6.767, cioè il 20,6% del totale) le delibere sull'Imu sono state unite a quelle relative a Tasi o Tari. In genere, quindi, le delibere Imu sono arrivate da sole, segno del fatto che in molti hanno deciso di cambiare uno o molti parametri dell'imposta municipale rispetto a quelli utilizzati dodici mesi fa.

Le ragioni di questi cambi di rotta possono essere molteplici, soprattutto nei tanti Comuni medio-piccoli che finora erano riusciti a tenere le aliquote Imu lontane dai tetti massimi. Le continue incertezze che hanno caratterizzato i numeri della finanza locale, insieme al nuovo capitolo della spending review che si è profilato con il decreto Irpef di aprile ma si è concretizzato in tagli definitivi solo poche settimane fa, possono aver in molti casi indotto gli amministratori locali a rivedere le proprie scelte fiscali. Lo stesso effetto può essere stato innescato dalla girandola dei meccanismi "compensativi" per gli sconti Imu introdotti in corso d'opera, per esempio sui terreni, che hanno prodotto cifre spesso diverse da quelle attese dalle singole amministrazioni.
Anche l'incrocio con la Tasi, naturalmente, ha dato il proprio contributo. Il tributo sui servizi indivisibili, tra l'altro, quando è applicato agli immobili strumentali è integralmente deducibile dal reddito Ires o Irpef dell'imprenditore o del negoziante, a differenza dell'Imu che può essere scontata dalla base imponibile solo per un quinto: qualche associazione territoriale di categoria, quindi, ha chiesto ai propri Comuni di riferimento di rivedere il mix fiscale, abbassando l'Imu e offrendo quindi più spazio alla Tasi, con l'obiettivo di ridurre il carico fiscale complessivo sui contribuenti. Dal punto di vista dei conti locali, la mossa è del tutto neutra, dal momento che la deducibilità si traduce in uno sconto sull'Ires o sull'Irpef, e quindi non mancano i Comuni che hanno dato ascolto a queste richieste.
Per un censimento aggiornato delle nuove scelte, come accennato sopra, è presto, ma un dato è certo. Per quasi 7mila Comuni (un numero che può crescere da qui al 28 ottobre prossimo), i contribuenti e i professionisti che li assistono saranno costretti a spulciare le nuove delibere, per poi scoprire in alcuni casi che le decisioni 2014 ricalcano per filo e per segno quelle dell'anno prima. La nuova verifica esclude ovviamente solo le abitazioni principali non di lusso (cioè non accatastate in categoria A/1, A/8 e A/9), alle prese con la sola Tasi.

Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20141021&startpage=1&displaypages=2

Comuni, tassa unica con sconti. Si lavora a una fusione di Imu e Tasi con detrazioni «standard» sulla prima casa

Il Governo fa sul serio: una tassa unica sulla casa ma solo se sarà "semplice". L'obiettivo irrinunciabile è dire addio alla Tasi e al caos di variabili e aliquote che la contraddistingue, puntando all'istituzione di una «tassa unica locale» lanciata nei giorni scorsi dal presidente del consiglio, Matteo Renzi: il tutto, però, semplificando la vita a contribuenti e Comuni e soprattutto chiarendo una volta per tutte ciò che il cittadino paga al suo sindaco e ciò che invece versa allo Stato.
Un'operazione di trasparenza su cui i tecnici di Palazzo Chigi e del ministero dell'Economia stanno ora incrociando le possibili soluzioni per arrivare a un'imposta da far nascere dalla fusione di Imu e Tasi che colpirebbe anche le prime case, naturalmente con un'aliquota più bassa rispetto a quella prevista per gli altri immobili. Nel cantiere è entrato anche un meccanismo per ridare progressività all'imposta, cancellando il problema dei cinque milioni di abitazioni che non hanno mai pagato né Ici né Imu mentre ora spesso devono versare la Tasi perché nelle delibere comunali le detrazioni sono assenti o troppo scarse. Questo vizio genetico della Tasi si supera alzando l'aliquota e introducendo detrazioni standard, proporzionali all'aliquota scelta: un meccanismo che avrebbe il pregio di cancellare o quasi l'imposta sulle case di valore minore, riportando il carico su quelle più "pregiate" (almeno per il Fisco), ma il difetto politico di assomigliare parecchio alla vecchia Imu semi-abolita meno di un anno fa.

Anche per queste ragioni, in campo c'è pure l'idea elaborata dal sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, di una revisione meno profonda, che prova a fare ordine cancellando l'etichetta della Tasi e riportandola in campo Imu, con un'aliquota standard al 2,5 per mille che i Comuni potrebbero aumentare di un punto oppure abbassare fino ad azzerarla. Anche in questa ipotesi non mancano i pregi, che si concentrano in un maggiore ordine con cui si evitano gli incroci multipli di Imu e Tasi sullo stesso immobile, e i difetti: uno più d'immagine, legato all'aumento dell'aliquota standard al 2,5 per mille dall'1 per mille attuale (alzato però dalla stragrande maggioranza dei Comuni), e uno sostanziale, determinato dal fatto che la nuova imposta riprodurrebbe fedelmente l'assenza di progressività e la variabilità delle detrazioni già sperimentate dalla Tasi. Si tratta, comunque, di un testo aperto, e lo stesso Zanetti spiega che l'obiettivo essenziale è «unificare anche le mille norme che riguardano le due imposte e anche le mille scadenze ora previste», ma «è un'ottima idea quella di prevedere a livello centrale delle detrazioni per le famiglie».
L'idea di una «tassa unica» incontra anche il benvenuto dell'Anci, «a patto che si assicuri un sistema semplice, sostenibile e duraturo per la generalità dei Comuni». Gli stessi sindaci rilevano che la grande varietà di aliquote e detrazioni, dovuta all'assenza di parametri centrali, «è tra i principali motivi della grande confusione» nei numeri elaborati dai diversi osservatori. La stessa Ifel, la fondazione Anci per la finanza e l'economica locale, rileva che per la media delle abitazioni nei capoluoghi il conto Tasi si assesta a 184 euro, ma in un panorama che «va dai 30 euro annui dei casi di minore impatto, ai circa 430 euro nei capoluoghi che hanno applicato un'aliquota relativamente elevata (intorno al 2,5 per mille, circa 15 casi)».
L'idea di «tassa unica», per essere realizzata del tutto, richiederebbe poi l'addio all'addizionale comunale Irpef, già ipotizzato dalla delega fiscale. Da questo punto di vista, le risorse compensative per i Comuni potrebbero arrivare dalla devoluzione del gettito Imu dai capannoni, che oggi va in parte allo Stato in base a un meccanismo da superare se la "tassa unica" deve essere davvero anche "comunale". A chiudere il cerchio, però, occorre una copertura anche per il bilancio dello Stato, per una partita che vale intorno ai 4,5 miliardi di euro.

 Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20141008&startpage=1&displaypages=2

Espropriazione: dall’UE divieto di ipoteca sulla casa anche per banche e finanziarie

Il giudice può bloccare, in via provvisoria, la finanziaria che mette all’asta la casa familiare del consumatore se si accorge che nel contratto di credito al consumo, fatto firmare a quest’ultimo, sono presenti una o più clausole abusive (quelle clausole, cioè, che pongono oneri particolarmente vincolanti a carico del consumatore e a vantaggio dell’azienda, vietate dalle direttive dell’UE). La vendita forzata può essere immediatamente stoppata perché il diritto all’abitazione è intangibile in base alle norme europee.

 È questa la sintesi di una interessantissima sentenza emessa qualche minuto fa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che autorizza i giudici nazionali a stoppare la vendita forzata degli immobili per debiti contratti con banche e finanziarie. Queste ultime, invero, la fanno “da padroni” quando si tratta di contratti e modelli prestampati, imponendo ai cittadini clausole che, invece, sono spesso vietate dalla normativa europea (cosiddette “clausole abusive”). Risultato: l’ipoteca è nulla e il pignoramento immobiliare deve essere arrestato.

 I giudici comunitari chiariscono la portata della tutela dei consumatori in caso di diritto reale di garanzia (ipoteca) sulla casa d’abitazione. Il diritto all’abitazione è fondamentale e deve essere preso in considerazione dal giudice nazionale nell’attuazione della direttiva sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Gli Stati membri sono tenuti ad adottare meccanismi di tutela tali da far cessare l’utilizzazione delle clausole qualificate come illegittime.

 Prosegue la Corte di giustizia: gli Stati Ue devono cioè applicare meccanismi efficaci per scoraggiare le pratiche abusive. In caso di rilevata sussistenza di tali clausole abusive deve dunque ritenersi che il giudice nazionale competente abbia la facoltà di adottare qualsiasi provvedimento provvisorio che vieti la prosecuzione dell’esecuzione forzata e della relativa vendita della casa nel corso di un procedimento di esecuzione stragiudiziale su un bene dato in garanzia.

 Non solo. La Corte di Giustizia mostra grande interesse per la “prima casa” o, comunque, qualsiasi abitazione dei cittadini. Si legge infatti nella sentenza: bisogna prestare particolare attenzione qualora il bene gravato dall’ipoteca sia l’immobile che costituisce l’abitazione della famiglia del consumatore.

Fonte articolo: http://www.laleggepertutti.it/55766_espropriazione-dallue-divieto-di-ipoteca-sulla-casa-anche-per-banche-e-finanziarie#sthash.qBUBADDy.dpuf

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