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Detrazione Irpef anche per chi acquista casa in edifici ristrutturati

Con l’articolo 9 della legge 448/2001, è stata introdotta un’altra agevolazione (attualmente contenuta nel terzo comma del citato articolo 16-bis) viene sostanzialmente disposto che l’acquirente o l’assegnatario nel caso di cooperative edilizie, di una singola unità immobiliare, che sia collocata all’interno di un fabbricato che è stato interamente assoggettato a interventi di restauro conservativo o di ristrutturazione da parte dell’impresa di costruzione o ristrutturazione immobiliare, o da cooperative edilizie, che pongono in essere la vendita, può usufruire di una detrazione d’imposta.

LE CONDIZIONI

La norma però pone dei precisi limiti nonché delle condizioni, affinché il cessionario possa usufruire della detrazione in commento. Innanzitutto è fondamentale che si sia in presenza di interventi di ristrutturazione riguardanti interi fabbricati ed eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, ovvero da cooperative edilizie, che provvedono, ulteriore condizione, a cedere o assegnare le singole unità immobiliari, di civile abitazione, facenti parte del fabbricato in questione, entro 18 mesi dalla data del termine dei lavori stessi.


L’agevolazione consiste in una detrazione d’imposta che la norma indica nel 36%, percentuale a regime, ma che, a partire da giugno 2012, è stata posta al 50 per cento. Anche l’importo massimo su cui calcolare la detrazione è stato aumentato e portato a 96mila euro, rispetto a quello a regime che si attesta ad 48mila euro, con riferimento alla singola unità immobiliare.Godono del potenziamento della detrazione quei soggetti passivi Irpef che hanno sostenuto o sosterranno le spese nel periodo compreso tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2017.


L’ammontare della detrazione spettante in capo all’acquirente o all’assegnatario, non va, però, commisurata all’importo delle spese che sono state sostenute per l’acquisto o l’assegnazione dell’unità immobiliare o, ancora, alla spesa sostenuta all’impresa o dalla cooperativa per gli interventi di ristrutturazione o risanamento conservativo. La norma assume, per evitare problemi di quantificazione dell’incentivo, in misura forfetaria, pari al 25% del prezzo dell’unità immobiliare, risultante nell’atto pubblico di compravendita o di assegnazione, l’importo su cui calcolare la detrazione stessa. Resta fermo che il 25% del prezzo non potrà mai superare l’importo di spesa massima stabilita dalla norma che fino al 31 dicembre 2017 si attesta a 96mila euro.


Significa che attualmente il prezzo massimo d’acquisto su cui si può beneficiare dell’intero 25%, è di 384mila euro. il 25% di tale somma dà il risultato di 96mila euro. Come chiarito dalla circolare 24/E/2004, il prezzo su cui calcolare la detrazione (50% sul 25% del prezzo indicato in atto) "comprende anche l’imposta sul valore aggiunto, trattandosi di un onere addebitato all’acquirente dall’impresa di costruzione o dalla cooperativa unitamente al corrispettivo di vendita dell’immobile, onere che contribuisce a determinare la spese complessiva".


Sul fronte del godimento della detrazione, essa deve essere sempre ripartita in 10 rate annuali di pari importo. Il limite massimo di spesa ammissibile (oggi 96mila euro) va riferito alla singola unità abitativa e non al numero di persone che partecipano alla spesa. Questo importo va suddiviso tra tutti i soggetti cessionari o assegnatari della medesima unità immobiliare.


Tra i chiarimenti forniti dall’amministrazione finanziaria, vale la pena ricordare che se con un unico atto un singolo soggetto acquista due unità immobiliari ristrutturate, il limite massimo di spesa, di cui si è detto, va riferito ad ognuno ognuno dei due fabbricati.
In presenza di due soggetti che acquistino uno la nuda proprietà e l’altro l’usufrutto dell’immobile ristrutturato, la detrazione del 50%, calcolata sul 25% del prezzo di acquisto indicato nell’atto di compravendita, deve essere ripartita in base al costo di acquisto sostenuto, ma entro il limite complessivo massimo di 96mila euro.


GLI ADEMPIMENTI 

Sul fronte adempimenti, non è necessario né effettuare il pagamento tramite bonifico bancario, né conservare tutta quella documentazione che, invece, è obbligatoria in presenza di interventi per il recupero del patrimonio edilizio, di cui al primo comma dell’articolo 16-bis, del Dpr 917/86. Essendo, infatti, l’atto di compravendita soggetto a registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, l’ufficio ne disporrà di una copia e, pertanto, avrà già a disposizione il documento necessario e sufficiente al fine di verificare la spettanza, o meno, dell’agevolazione.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Affitti canone concordato, le nuove regole

I canoni "concordati" saranno rivitalizzati dal nuovo decreto delle Infrastrutture del 16 gennaio (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 15 marzo ).


Le regole per la pattuizione locale vengono rinnovate mantenendo l'impianto di base ma con alcune novità.

La prima novità è che le associazioni e sindacati "attesteranno la rispondenza del contratto di locazione" ai contenuti degli accordi sottoscritti in sede locale (sinora questa facoltà era riservata alle commissioni di conciliazione). Il loro intervento resta facoltativo e devono essere coinvolte a richiesta delle parti che formano il contratto di locazione. Tuttavia è prevedibile che un contratto "rispondente" alla legge ha meno possibilità di essere oggetto di contenzioso e quindi il ricorso alle associazioni aumenterà. Inoltre, agli accordi parteciperanno anche le Onlus in rappresentanza delle esigenze abitative di lavoratori migranti.


Il decreto non interviene sulla questione dell'elenco dei Comuni in cui è possibile fare accordi territoriali (quelli che fissano le fasce dei canoni) e, quindi, firmare contratti per canoni concordati. Infatti era già possibile siglare contratti a canone concordato dovunque: attualmente, segnala Confedilizia, lo prevede l'articolo 1, comma 13, del Dm del 30 dicembre 2002). In ogni caso l'elenco dei Comuni con “tensione abitativa” è stato steso dal Cipe (ed è consultabile sul sito di Confedilizia). In gni caso, l'accordo territoriale non è, allo stato, "presupposto necessario”"per la stipula dei contratti concordati: in caso di mancanza di accordo, infatti, interviene il decreto ministeriale sostitutivo.


Altre novità riguardano i contratti per esigenze "transitorie", i cui canoni sono gli stessi dei contratti concordati con durata 3 anni + 2 (aumentati sino al 20 per cento): questi potranno essere definiti solo nei Comuni con oltre 10mila abitanti.
I contratti per studenti, infine (anch'essi hanno i canoni uguali a quelli concordati e senza maggiorazione), sono estesi anche a chi segue master, dottorati, specializzazioni o perfezionamenti. Sono esclusi i contratti stipulati con gli studenti dei programmi Erasmus, dato che questi restano iscritti alla facoltà di provenienza.


Si tratta – a parere di Confedilizia – di una novità di particolare rilievo che, tuttavia, "Non potrà determinare effetti positivi sugli affitti a canone calmierato fino a quando non saranno varate due misure indispensabili per il comparto" e cioè, secondo Confedilizia, stabilizzazione della cedolare secca al 10%, attualmente prevista solo per il 2017, estensione a tutta Italia e introduzione di un limite alla tassazione patrimoniale Imu-Tasi sugli immobili locati a canone calmierato, "per esempio attraverso la fissazione di un'aliquota massima del 4 per mille".


Per il Sunia (sindacato inquilini) "è un atto indispensabile per stabilire il quadro entro il quale debbono essere definiti gli accordi territoriali". Si apre ora, dice il segretario generale Daniele Barbieri, "Una nuova fase di rinnovo e aggiornamento degli accordi territoriali per gli oltre 700 Comuni ad alta tensione abitativa e per quelli per i quali sia stato deliberato lo stato di emergenza".


Per il fac simile del contratto 3+2 cliccare qui 
Per il fac simile del contratto per studenti cliccare qui 
Per il fac simile del contratto per esigenze transitorie cliccare qui


Fonte articolo: Ilsole24ore.com

Riforma del Catasto sì o no?

Potrebbe tornare alla ribalta la riforma del Catasto. Il Governo ha intenzione di inserirla nel Piano nazionale delle riforme allegato al Documento di economia e finanza (Def) che sarà presentato ad aprile.


L’idea, ventilata dall’Esecutivo per concludere il processo di revisione e allineamento delle rendite catastali ai valori di mercato, è stata accolta in modo diverso dagli operatori del settore. Da una parte quelli che chiedono la revisione anche se provocherà un aumento delle tasse, per una questione di equità. Dall’altra quelli che considerano la riforma una possibile causa di impoverimento.

Riforma del Catasto

In base alla bozza del decreto attuativo della Delega fiscale, mai approvato, gli immobili non sarebbero più raggruppati in categorie e classi, ma in due tipologie di fabbricati: quelli ordinari e quelli speciali. Gli appartamenti verrebbero inseriti tutti nella categoria ordinaria O/1, mentre ville, immobili signorili e artistici avrebbero una regolamentazione diversa.
Per consentire una valutazione più oggettiva, il valore degli immobili potrebbe essere determinato dalla superficie e non più dai vani. A ogni unità immobiliare sarebbe attribuita una rendita e un valore patrimoniale stimati in base alle reali caratteristiche dell’immobile e alla zona di appartenenza.


La riforma del catasto non è mai andata in porto perchè non riesce ad assicurare l'invarianza di gettito. L'aumento delle tasse potrebbe essere compensato da altre manovre fiscali, ma ci vorrebbe del tempo e questa possibilità spaventa i proprietari. D'altro canto c'è anche chi sostiene che l'aggiornamento delle rendite catastali vada comunque portato avanti per ragioni di equità. Ci sono quindi pareri discordanti.

Riforma del Catasto e rischio aumento delle tasse

Confedilizia, Confederazione della proprietà edilizia, alla riforma del Catasto risponde “no grazie”. Per il presidente, Giorgio Spaziani Testa, la riforma apre “uno scenario di ulteriori aumenti di tassazione sugli immobili, mascherati attraverso improbabili redistribuzioni”.
 “Quella legge delega – si legge in una nota di Confedilizia -  è scaduta e non è certo questo il momento per iniziare un nuovo percorso, checché ne dica la Commissione Europea. Per il settore immobiliare l’urgenza è invece una decisa riduzione di un carico fiscale che dal 2012 è stato quasi triplicato e che continua a causare danni incalcolabili a tutta l’economia: crollo dei valori, impoverimento, caduta dei consumi, desertificazione commerciale, chiusura di imprese, perdita di posti di lavoro. Dovrebbe essere questa la priorità di un Governo responsabile”.
 

Riforma del Catasto e invarianza di gettito

Secondo Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA, società che si occupa della valutazione, acquisizione e dismissione del patrimonio immobiliare, "ci voleva l’ennesima bacchettata dell’Unione Europea perché tornasse alla ribalta il tema della riforma del catasto, una delle grandi incompiute dell’attuale legislatura”. Il fatto che il Governo sia intenzionato a ripercorrere la strada dell’invarianza di gettito rischia a suo avviso di far tradurre di nuovo l’operazione in un nulla di fatto.


Secondo Simoncini bisognerebbe invece procedere al più presto alla revisione delle rendite catastali per mettere fine a sperequazioni e privilegi esistenti. I Comuni dovrebbero poi essere liberi di adeguare la tassazione. Per rendere più organica la riforma, si potrebbe poi studiare una progressività delle imposte proporzionata alle disponibilità finanziarie del proprietario.


Fonte articolo: Edilportale.com

Ottimismo ancora in crescita per gli operatori del settore immobiliare

Dopo una prima parte dell’anno in cui si è registrata una lieve flessione, l’Indice Fiups, che riflette il Sentiment degli operatori immobiliari, è tornato a crescere.


Si passa dal 19,14 del secondo quadrimestre del 2016 a 19,62 del terzo.

I risultati della ricerca “Sentiment del mercato immobiliare”, elaborata dal Dipartimento di Economia dell’Università di Parma in collaborazione con Sorgente Group, rivelano aspettative ottimistiche per l’andamento del mercato nel 2017.

L’indagine si basa su interviste rivolte a una platea di circa duecento operatori del mercato immobiliare, appartenenti ai settori del trading, development, property,facility, progettazione, valutazione, consulenza e finanza. Nata da un’idea di Valter Mainetti, amministratore delegato di Sorgente Group, la ricerca è condotta da Claudio Cacciamani, docente dell’Università di Parma.


Il 60% degli intervistati indica una previsione di miglioramento dell’economia per i mesi a venire, mentre si annulla la quota di chi prevede peggioramenti. Secondo il 53% del panel il settore immobiliare andrà a crescere.
Per la prima volta, il 9% di professionisti vede aumentare la propria attività e quasi il 58% si dichiara positivo per l’immediato futuro. Il 12,4% di intervistati ha in mente di assumere nuovo personale e il 40,3% di sviluppare nuove linee di business.


Sul fronte delle case, il 17,3% degli intervistati prevede una decisa crescita nei prezzi, contro una tendenza di maggiore cautela per gli immobili commerciali e per gli uffici, dove metà del campione intervistato prevede tendenza alla stabilità. Segnali positivi per il mercato vengono anche dalla contrazione dei tempi di vendita e dalla riduzione dello sconto medio praticato.


Gli intervistati individuano a Roma e Milano opportunità interessanti nel residenziale, a conferma che proprio le case rappresentano il volano di crescita del settore. Nella periferia di Roma migliorano le opportunità sui negozi, probabilmente grazie alle buone performance dei centri commerciali, mentre il centro di Milano, grazie alle nuove operazioni di sviluppo, è particolarmente apprezzato per gli uffici di alto profilo.


Rispetto al passato, sale l’interesse verso il comparto alberghiero nei centri storici di entrambe le due città. Timidi segnali di recupero anche sull’industriale. Tra le destinazioni interessanti si segnala anche Firenze, città diventata attrattiva quanto Milano per l’alberghiero, e che si colloca al terzo posto per gli altri settori immobiliari. Bari, a sorpresa, è l’unica città del Mezzogiorno a salire sul podio come meta di investimento negli uffici, dopo Milano e Roma.


Continua, da parte degli operatori immobiliari, l’interesse negli strumenti che investono su Non Performing Loans (crediti deteriorati). Per il 51% circa degli intervistati, infatti, potrebbero arrivare nuovi stimoli al settore dal salvataggio delle banche reso possibile dal Fondo nazionale di risoluzione, che prevede la cessione delle sofferenze. Quasi il 52% del campione intervistato ritiene infatti che la cartolarizzazione di queste potrà avere effetti positivi per l’erogazione del credito e per una ripresa del settore immobiliare.

Fonte articolo: Monitorimmobiliare.it

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