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Compravendita: i doveri del notaio verso le parti

Quando si realizza una compravendita immobiliare, il notaio deve effettuare alcune attività di controllo di legalità.


Vediamo, nel dettaglio, di cosa si tratta.

  • 1. Il notaio deve accertare l’identità personale delle parti che intervengono nell’atto e la loro capacità di compierlo attraverso la verifica del regime patrimoniale tra i coniugi (comunione legale dei beni o separazione), della legittimazione ad intervenire, in caso di stranieri, minori, interdetti, inabilitati o beneficiari di amministrazione di sostegno, ecc.

  • 2. Il notaio deve verificare per legge l’inesistenza di precedenti ipoteche o vincoli o pignoramenti presso l’Ufficio del Territorio dell’Agenzia delle Entrate e la regolarità urbanistica e catastale degli immobili. Deve verificare, inoltre, che l’immobile oggetto della vendita non sia sottoposto a discipline peculiari, ad esempio in tema di edilizia residenziale pubblica o a diritto di prelazione a favore di determinati soggetti o se si tratta di beni di interesse storico, artistico, archeologico.

  • 3. Il notaio deve individuare il regime fiscale relativo al caso concreto e verificare la sussistenza di requisiti per eventuali benefici fiscali.

  • 4. Il notaio deve controllare che la prestazione energetica degli immobili sia certificata in base alle norme nazionali e regionali in materia. Per la vendita di edifici dotati di impianti è obbligatoria la dotazione e spesso anche l’allegazione dell’attestato di prestazione energetica (Ape), predisposto da un certificatore iscritto in un apposito albo e che indica in sostanza la classe energetica di consumo dell’immobile quanto al riscaldamento.

  • 5. Il notaio deve verificare l’osservanza delle norme in materia di antiriciclaggio, tracciabilità dei pagamenti e sulle provvigioni corrisposte a titolo di intermediazione a eventuali agenzie immobiliari.

Ascensore sì o no: chi decide in condominio?

Cosa succede se non tutti sono d’accordo in ordine all’installazione dell’ascensore in condominio? Chi decide? Come si dividono le spese? Vediamolo insieme.


Per la stragrande maggioranza delle decisioni che incidono sull’uso delle parti comuni (pianerottoli, scale, portone, muri perimetrali, ecc.) è necessario convocare l’assemblea e ottenere il “permesso” di tutti o, quantomeno, della maggioranza dei condomini.

L’ascensore, infatti, potrebbe non servire a tutti, ma essere – al contrario – di vitale importanza per molti. Chi decide in ordine all’installazione dell’ascensore condominiale? Come saranno ripartite le spese? E se non tutti sono d’accordo?

Le innovazioni condominiali

Prima di comprendere cosa succede se non tutti sono d’accordo circa l’installazione dell’ascensore in condominio, è necessario inquadrare la disciplina applicabile alla fattispecie.

Ebbene, l’ascensore condominiale rientra nella categoria giuridica delle c.d. innovazioni. Ed infatti, si definisce innovazione ogni nuova opera che implichi una modificazione notevole della cosa comune, alterandone l’entità sostanziale o la destinazione originaria. Si pensi, ad esempio, al pianerottolo dove potrebbe essere installata l’ascensore: evidente che esso subirà una modificazione notevole. Tali modificazioni potrebbero riguardare anche il vano scale o l’atrio.


Come accennato – però – pianerottoli, scale, androni, ecc. sono parti comuni e non tutti potrebbero essere d’accordo in ordine alla modificazione o l’alterazione delle stesse. Ciò accade perché, molto spesso (o quasi sempre) l’ascensore non serve a tutti: è utilissima per chi abita ai piani alti, ma non serve a nulla (o quasi) a chi abita a piano terra. Nonostante ciò, l’inquilino dei piani bassi” potrebbe subire – a causa dell’installazione dell’ascensore  –  la sottrazione all’uso di una ragguardevole porzione del pianerottolo di accesso al proprio appartamento. In altri termini, l’inquilino dovrebbe rinunciare a parte del suo diritto (all’uso del pianerottolo), ma tale rinuncia non comporterebbe per lui alcun vantaggio. Vantaggio che, però, gioverebbe agli altri condomini. Chi la spunterà in questi casi?

L’interesse della maggioranza dei condomini

L’installazione dell’ascensore condominiale deve rispondere all’interesse della maggioranza dei condomini.
Con preciso riferimento alle innovazioni condominiali, infatti, il Codice Civile dispone che l’assemblea condominiale possa deliberare qualsiasi opera che sia diretta al miglioramento, all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Queste delibere sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Ad essere vietate, invece, sono le innovazioni che possano arrecare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del condominio, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni completamente inservibili all’uso o al godimento anche di un singolo condomino.
Se, invece, l’ascensore comporta solo un limitato restringimento dello spazio di passaggio comune, allora il diritto di installarlo dovrà essere riconosciuto. Ed infatti, secondo la legge, ciascun comproprietario può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca  agli di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Ascensore in condominio: le spese

Le spese per l’installazione dell’ascensore vanno ripartite tra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, compresi i condomini che non hanno espresso voto favorevole, perché la volontà dell’assemblea è vincolante per tutti.
dissenzienti, tuttavia, possono chiedere di essere esonerati da qualsiasi contributo di spesa, ove l’installazione deliberata dalla maggioranza dei condomini sia molto onerosa o consista in opere suscettibili di utilizzazione separata.


Ovviamente deve trattarsi di quei condomini che dall’ascensore traggono una utilità. Il concetto dell’utilità è molto rilevante. Ed infatti,  se l’ascensore è destinata a servire i condomini in misura diversa, le spese saranno ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Quindi, se – ad esempio – uno degli inquilini non ne usufruisce perché abita a piano terra, allora non potrà essere gravato della spesa relativa all’installazione ed alla manutenzione dell’ascensore, non traendo dalla stessa alcuna utilità o beneficio (anzi, semmai una perdita di parte dell’uso del pianerottolo di proprietà comune).

Ascensore in condominio: se non tutti sono d’accordo?

Come anticipato, l’installazione dell’ascensore in un condominio che ne sia sprovvisto può essere attuata anche a cure e spese di alcuni condomini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo ovviamente alle relative spese. La conseguenza è che devono ritenersi consentite anche quelle innovazioni che siano utili solo per alcuni condomini, non recando – al contempo – gravi pregiudizi agli altri.

Ascensore in condominio: se tutti sono d’accordo tranne uno?

La limitazione per alcuni o anche per un solo condomino dell’originaria possibilità di utilizzare le scale o il pianerottolo occupati dall’installazione dell’ascensore realizzata a cura e spese di altri, può reputarsi lesiva del loro diritto solo ove comporti l’inservibilità della parte comune. Non rileva, quindi, il minor godimento della cosa comune, ma solo il pregiudizio, tale da superare i limiti della tollerabilità. 


Fonte articolo: Laleggepertutti.it

Online il nuovo modulo Rli per registrare i contratti d'affitto

Dal 19 settembre scorso deve essere utilizzata la nuova versione del modello Rli (Registrazione locazioni immobili), per richiedere all’agenzia delle Entrate la registrazione dei contratti di locazione, oltre che per comunicare proroghe, cessioni, risoluzioni o subentri e per optare (o revocare) per il regime della cedolare secca.


È stato anche aggiornato il software Rli per l’invio telematico di queste comunicazioni e per inviare via internet i pagamenti delle relative imposte, sanzioni e interessi.

 

Il nuovo modello Rli consente di precisare diversi dettagli in più rispetto a quello precedente ed è stato approvato con il provvedimento delle Entrate 15 giugno 2017 e sostituisce il precedente, in uso dal 10 gennaio 2014. Vediamo le principali novità.


Proroga

Nel nuovo modello Rli è presente nella sezione II del quadro A, «Adempimento successivo» (codice 2), la nuova casella «Tipologia di proroga», che va compilata in caso di proroga precisando se si sta prorogando un contratto in regime ordinario (codice 1), in regime di cedolare (codice 2) o in regime misto, con alcuni proprietari che hanno scelto la cedolare secca e altri che non l’hanno scelta ( codice 3).

Deve essere riportata anche la data di fine proroga e gli estremi di registrazione o il codice identificativo del contratto. Anche in caso di proroga, si può confermare o modificare la propria scelta sulla cedolare secca, barrando la specifica casella nella Sezione II e compilando il quadro D.


Subentro

Nel nuovo Rli è presente nella sezione II del quadro A, «Adempimento successivo», la nuova casella «Tipologia di subentro» che va compilata, in caso di subentro (codice 6 nella casella «Adempimenti successivi»), specificando il motivo del subentro. I motivi di subentro, in particolare, sono suddivisi in sei codifiche, le più comuni delle quali riguardano il subentro per decesso di una delle parti contrattuali (codice 1) o per trasferimento di uno o più diritti reali su beni immobili oggetto del contratto di locazione (codice 2).


Canoni annuali differenti

Nel nuovo quadro E è possibile inserire i dati dei contratti di locazione che prevedono canoni differenti nelle diverse annualità. In questi casi, l’importo del canone della prima annualità continua a essere riportato nella sezione I del quadro A, mentre per ogni annualità successiva alla prima devono essere riportati i diversi importi annuali nelle varie caselle del quadro E (che iniziano appunto dalla seconda annualità contrattuale).
Questo nuovo quadro E può essere compilato solo se sono stati inseriti nella casella «Casi particolari» del quadro A, i codici 1 o 3:

- il codice 1 sta a indicare che il contratto ha un canone diverso per una o più annualità;

- il codice 3, oltre a questa informazione, intende comunicare all’Agenzia che si ha intenzione di pagare subito l’imposta di registro, non solo per la prima annualità, ma anche per tutte quelle successive, cioè per l’intera durata del contratto. In questa ipotesi, va barrata anche la casella «pagamento intera durata» del quadro A.


È un’opportunità interessante soprattutto per i contratti con canoni di importo modesto: è vero che si elimina la perdita di tempo necessaria per effettuare i pagamenti degli anni successivi, ma la riduzione percentuale dell’imposta di registro risulta molto bassa, essendo «pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità». Di fatto, oggi, lo sconto è lo 0,1 per cento.


La casella «pagamento intera durata» va sempre barrata se nella casella «tipologia di contratto» è presente uno dei seguenti codici: T1 (affitto di fondo rustico, per il quale l’imposta di registro è dello 0,5%), T2 (affitto di fondo rustico agevolato, con imposta di registro fissa di 67 euro), T3 (affitto di terreni ed aree non edificabili, cave e torbiere, imposta del 2%) o T4 (affitto di terreni edificabili o non edificabili destinati a parcheggio, se il contratto è assoggettato ad Iva, con imposta di registro fissa di 67 euro).

Negli altri casi, invece, la casella «pagamento intera durata» va barrata solo se si opta per il pagamento per l’intera durata del contratto, anche in caso di proroga.


Registrazione tardiva

Come per il passato, il software Rli calcola automaticamente le imposte (registro e marche da bollo) da versare e consente l’addebito delle stesse nel conto corrente del contribuente. A tal fine, va inserito il codice Iban del conto intestato allo stesso contribuente (anche cointestato, ma con firma disgiunta, o dell'intermediario), il quale deve avere i fondi sufficienti al pagamento. Ma in caso di «tardività della registrazione o dell’adempimento successivo», il nuovo software Rli calcola ora anche le eventuali sanzioni (registro e/o bollo), ai fini dell’addebito nel conto del contribuente.


Immobile cointestato

Nel quadro relativo ai dati del locatore, è stata inserita la casella «Soggetto non presente in atto», che va barrata quando nel contratto di locazione non sono stati indicati tutti i cointestatari dell’ immobile. In caso di immobile cointestato tra più contribuenti, infatti, il reddito di locazione va dichiarato da tutti, pro quota, ma accade spesso che il contratto di locazione venga firmato solo da uno dei possessori o titolari di diritti reali.


Scarica la nuova versione del modello Rli (Registrazione locazioni immobili).
Scarica le istruzioni per compilarlo.


Fonte articolo: 1. IlSole24ore.com vetrina web, 2. Idealista.it

Ecobonus o Conto termico? Dipende dall'impianto scelto

Manca poco alla riaccensione dei riscaldamenti: la data di avvio degli impianti varia fra la metà di ottobre e fine novembre, a seconda della zona climatica dove si colloca la casa.


Chi sta pensando a un cambio di impianto "last minute" ha tre strade a disposizione per ottenere un aiuto economico dallo Stato. Ma la scelta è condizionata dal tipo di impianto che si vuole installare.

 

CALDAIA A CONDENSAZIONE

Per chi sceglie una caldaia a condensazione, l’unica via percorribile è quella della detrazione fiscale: il 65% (cioè l’Ecobonus specifico per il risparmio energetico, confermato per ora fino al 31 dicembre 2017, con estensione fino al 2021 per chi esegue opere in condominio) o il 50% (più genericamente legato alle ristrutturazioni edilizie).
Il Conto termico, invece, anche nella versione rivisitata in vigore da maggio 2016, non incentiva questo tipo di impianti (se non in caso di apparecchi ibridi ad alte prestazioni, ma si tratta di una nicchia di mercato).


Nell'installare un nuovo sistema a condensazione con l’Ecobonus, la condizione principale è che la caldaia installata deve soddisfare alcuni livelli di rendimento certificati dal produttore. Dal punto di vista burocratico, occorre aprire una pratica con l’Enea:

- nel caso di impianti domestici (potenza inferiore ai 100 KW) è sufficiente inviare all’ente un’autocertificazione;

- per potenze maggiori occorre invece inviare entro 90 giorni da fine lavori una relazione tecnica dell’intervento eseguito.


In entrambi i casi, inoltre, occorre conservare, fra i documenti, oltre alle fatture e i pagamenti effettuati, anche un’asseverazione firmata da tecnico abilitato.


Se il prodotto scelto non rientra nei requisiti per l’Ecobonus, le caldaie a condensazione possono essere comunque incentivate con le detrazioni del 50% (il tetto massimo ammissibile è di 96mila euro): una scelta che, a volte, viene imboccata anche per ragioni di tempo e praticità, visto che per percorrere questa strada non c’è bisogno di inviare nulla all’Enea, ma occorre solo – come anche per l’Ecobonus – effettuare il pagamento tramite un "bonifico parlante" (che indica i dati fiscali di chi esegue il bonifico e di chi lo riceve, oltre che i riferimenti normativi che istituiscono i rispettivi incentivi, le banche forniscono comunque moduli ad hoc) e dichiarare la spesa nella dichiarazione dei redditi.


POMPE DI CALORE E CALDAIA A BIOMASSA

Al contrario, il Conto termico, gestito dal Gse (Gestore servizi energetici) e senza scadenza, può essere una importante opportunità per chi pensa di ricorrere a una pompa di calore o una caldaia a biomassa (prioritariamente legno, pellet o cippato). In questi casi, infatti, è reale la concorrenza con l’Ecobonus.
Va premesso che in entrambi i casi il nuovo sistema deve garantire un alto grado di efficienza e l’intervento deve configurarsi come sostituzione o integrazione di una caldaia già esistente – con l’eccezione delle biomasse incentivate con il 65% per cui è ammessa anche l’installazione ex novo.


Chi utilizza l’Ecobonus sceglie di rientrare del 65% della spesa recuperando la somma, come "sconto" sull’Irpef, in rate di dieci anni e fino a un massimo di 30mila euro. Chi opta per il Conto termico ottiene un contributo in genere più ridotto nell’importo (anche la metà rispetto al 65%), ma che viene erogato direttamente sul conto corrente del titolare della pratica a 90 giorni dalla fine dell’intervento. Oltretutto, in un’unica soluzione per importi fino a 5mila euro (o al massimo in due rate annuali) e con l’ulteriore vantaggio che non occorre avere un determinato livello di "capienza fiscale" per poter incassare l’incentivo (cioè avere da pagare per dieci anni una quota di Irpef o Ires almeno pari all’ammontare della rata del rimborso).


Calcolare l’importo del contributo ottenibile con il Conto termico, per quanto siano state introdotte alcune semplificazioni, è abbastanza complesso: l’ammontare infatti dipende dalle caratteristiche dell’impianto installato e dalla zona climatica di riferimento. Per semplificare la vita agli utenti, tuttavia, il Gse ha predisposto una sorta di "catalogo" di prodotti idonei al contributo con potenza fino a 35 kW, già "approvati" d’ufficio.


Nell’invio della pratica di richiesta dell’incentivo è dunque possibile selezionare direttamente sul Portaltermico l’impianto installato (senza dover produrre ulteriore documentazione e con un vantaggio sui tempi di presentazione della domanda).
Nel caso dell’Ecobonus, al contrario, per avviare la pratica di recupero del credito è necessario l’invio di specifica documentazione all’Enea (l'iter cambia a seconda che il nuovo impianto sia a biomassa o in pompa di calore).

Fonte articolo: IlSole24ore.com

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