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L'amministratore risarcisce se non opera secondo il volere dell'assemblea

L’amministratore non può uscire dai confini dettati dall’assemblea: e se conclude una transazione senza successiva ratifica deve restituire quanto ha speso il condominio, anche se l’accordo era vantaggioso.


Questo, in sintesi, il principio espresso dal Tribunale di Milano con la sentenza 5021/2017.

  • L’incarico conferito all’amministratore è assimilabile a un mandato a contenuto generale, abbracciando tutti gli affari attinenti alla gestione condominiale, fatta esclusione per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Tra questi ultimi rientra senza dubbio la transazione, cioè quel contratto finalizzato a risolvere una controversia, presente o anche solo potenziale, mediante reciproche concessioni dei contraenti e che comporta quindi la disposizione dei diritti delle parti. È quindi necessaria una preventiva e specifica autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale.

  • Nell’ipotesi in cui l’assemblea non abbia definito con esattezza tutti i termini dell’accordo, limitandosi invece a prevedere le regole da seguire in sede di trattative, l’amministratore è tenuto ad attenersi scrupolosamente a tali criteri non potendo, per esempio, formulare autonomamente una proposta transattiva se l’assemblea abbia invece previsto l’obbligo di preventiva consultazione di una commissione di condòmini all’uopo nominata.

  • A tale soluzione è giunto il Tribunale di Milano nella recente sentenza 5021/2017, nell’ambito della quale è stato evidenziato anche come il non puntuale rispetto della procedura dettata in sede assembleare configuri inadempimento dell’amministratore all’obbligo di eseguire le delibere condominiali (articolo 1130 del Codice civile).
    La transazione eventualmente formalizzata in violazione dei confini dettati dall’assemblea è un atto esorbitante i limiti del mandato con la conseguenza che, in mancanza di successiva ratifica dell’accordo da parte del condominio, i relativi obblighi rimangono in capo all’amministratore stesso, in base all’articolo 1711 del Codice civile. Se però la transazione sia già stata eseguita e il relativo obbligo assunto dall’amministratore risulti ormai estinto con risorse del condominio, l’amministratore risulterà soggetto all’azione risarcitoria da parte dei singoli condòmini interessati.

  • Nella quantificazione del relativo danno il giudice meneghino ha ritenuto superflua ogni valutazione in merito all’opportunità o meno a transigere alle condizioni individuate dall’amministratore, ritenendo invece il danno immediatamente identificabile nell’intera spesa affrontata dal condominio. La domanda svolta da un solo condomino può tuttavia essere accolta nei limiti dell’esborso economico da quest’ultimo affrontato, con conseguente condanna dell’Amministratore a risarcire la sola quota millesimale di competenza di chi è andato in giudizio. 

  • Fonte articolo: IlSole24ore, vetrina web

I Bonus casa 2018 approdano in Senato

Da oggi, lunedì 6 novembre, entra nel vivo in Senato l'esame della manovra 2018.


Tra le audizioni previste c'è quella di Confedilizia (Confederazione italiana della proprietà edilizia), che, in una nota, analizza le misure positive già presenti nel testo della legge e gli aspetti su cui è auspicabile un intervento del Parlamento.

 

Per quanto riguarda gli affitti abitativi, viene prorogata fino al 2019 la speciale aliquota del 10% della cedolare secca per le locazioni a canone calmierato, che era stata prevista per un quadriennio con scadenza al 31 dicembre 2017. Proseguire con questo regime fiscale è indispensabile per mantenere un minimo di attrattività ad una modalità di affitto che è stata mortificata dall’aumento di tassazione patrimoniale avviato nel 2012. Tuttavia, considerata la durata quinquennale dei contratti interessati, limitare la proroga a due anni rischia di impedire l’effetto incentivante dell’aliquota e – come rilevato anche dal Sunia, il Sindacato inquilini della Cgil – il conseguente calmieramento dei canoni.


All’esame parlamentare, poi, è affidata l’elaborazione di una norma che – come richiesto dalla maggioranza e da gran parte dell’opposizione in sede di esame della nota di aggiornamento al Def – introduca anche nel settore non abitativo una tassazione sostitutiva dei redditi da locazione. Anche in questo caso, la prova del nove della giustezza della proposta è data dal fatto che a richiederla sono – oltre ai proprietari – le loro controparti nei contratti di locazione, in particolare attraverso Confcommercio e Confesercenti, consapevoli che la perdita di qualsiasi redditività dell’investimento in locali commerciali impedisce alle attività economiche di prossimità di tentare di riprendersi dalla crisi che le attanaglia.


Per il resto, sono da considerarsi positivamente misure come la sterilizzazione degli aumenti delle aliquote Iva, che si sarebbero applicati a molti interventi sugli edifici; la proroga delle detrazioni per ristrutturazioni edilizie e acquisto di mobili, oltre al nuovo bonus verde; l’estensione dei piani individuali di risparmio (Pir) alle società immobiliari, che ne erano inspiegabilmente escluse; la previsione di una detrazione per i premi delle polizze catastrofali riguardanti le abitazioni.


Fonte articolo: Idealista.it

Come ridurre le potenziali oscillazioni della rata mutuo?

Euribor è una parola che gli italiani continuano inevitabilmente ad accostare ai mutui variabili, che nonostante la spiccata preferenza accordata negli ultimi mesi ai prodotti a tasso fisso rappresentano pur sempre i due terzi dei prestiti immobiliari al momento in mano alle famiglie del nostro Paese.


Certo, ormai da qualche anno il parametro che serve a determinare il valore di ciascuna rata mese dopo mese non fa parlare più di sé, se non per il fatto di aver raggiunto un valore addirittura negativo.

Molti però non avranno dimenticato quel periodo in cui, ormai quasi dieci anni fa, la situazione era completamente capovolta e gli sbalzi di volatilità (soprattutto al rialzo come quelli successivi alla crisi subprime e al crack Lehman) misero in seria difficoltà un significativo numero di debitori nei confronti delle banche. Proprio per questo una riforma del processo di calcolo dell’Euribor che in teoria potrebbe comportare oscillazioni del tasso forse superiori a quanto si sia visto con il precedente metodo non è cosa che faccia dormire sonni tranquilli.


Oggi per la verità il grafico dell’Euribor somiglia a un encefalogramma piatto, e di volatilità ne vedremo probabilmente poca anche nel prossimo futuro, visto che la rimozione dello stimolo monetario del piano Draghi (che ha contribuito al crollo sottozero dei suoi valori) avverrà a un ritmo estremamente graduale e per vedere il primo rialzo dei tassi da parte della Bce occorrerà attendere almeno la seconda metà del 2019. Ma la durata di un mutuo è per definizione pluridecennale, quindi si dovrà mettere pure in conto un ritorno a situazioni di mercato più "normali" rispetto alla situazione attuale artificialmente creata dalla liquidità immessa dalle Banche centrali: fasi dettate dal ciclo economico che, per definizione, sono necessariamente più movimentate.


Al di là dell’eterno dilemma fra fisso e variabile, che in linea di massima non dovrebbe essere influenzato dal metodo di calcolo del tasso, il suggerimento degli operatori sarebbe di orientarsi verso un prodotto che determina la rata rilevando il parametro di riferimento (Euribor, ma anche Irs) non sulla base di una singolo valore giornaliero, ma su una media di periodo, mensile o addirittura trimestrale. "Questo permetterebbe sia di ridurre le potenziali oscillazioni di una rata, sia di prevedere in modo migliore, per quanto possibile, il suo andamento nel breve termine", conferma Roberto Anedda, direttore marketing del broker MutuiOnline.it.


In fin dei conti anche lo stesso mutuo variabile agganciato al tasso Bce, ora caduto pressoché nel dimenticatoio, era stato creato quasi dieci anni fa proprio per limitare al minimo le brutte sorprese legate all’Euribor. Il problema però è che la maggior parte dei prestiti casa a tasso variabile presenti al momento sul mercato italiano continua a calcolare la rata prendendo un singolo valore del discusso parametro, in genere il primo o l’ultimo di un mese: lo fanno per esempio 13 dei 21 (cioè il 62%) prodotti disponibili sulla piattaforma MutuiOnline, un campione piuttosto significativo di banche visto che rappresenta oltre l’80% dell’erogato su scala nazionale. 


Potrebbe apparire una questione di dettagli, a maggior ragione se si pensa all’andamento recente dell’Euribor, ma il "diavolo" spesso si nasconde proprio in questi particolari. Basta infatti confrontare i valori massimi e minimi raggiunti dal "vecchio" Euribor in ciascun mese dal 1999 in poi con la media registrata nel corrispondente periodo per scoprire che le cose non sono sempre filate via lisce come negli ultimi anni condizionati dal quantitative easing


Nel periodo successivo al fallimento di Lehman Brothers, la differenza fra media mensile e valore massimo ha anche oltrepassato il punto percentuale. E non si tratta certo di uno scarto di poco conto, se si pensa che per un mutuo medio da 120mila euro comporta una spesa aggiuntiva per interessi di quasi 60 euro mensili ai danni di chi ha avuto la "sfortuna" di vedersi fissare la rata proprio nel giorno del picco del tasso. Si può legittimamente obiettare che nel lunghissimo periodo che caratterizza la durata di un prestito immobiliare le coincidenze sfavorevoli tendono a compensarsi con quelle favorevoli, così come avviene per i cicli economici al rialzo e al ribasso. Ma la volatilità eccessiva che non giova a nessuno e che può creare grossi grattacapi alle famiglie si potrebbe evitare con poco. 


Fonte articolo: IlSole24ore.com vetrina web

In Bilancio anche cedolare secca e cessione del credito

Una famiglia allargata quella dei bonus fiscali per la casa: siamo ormai a quota sei.


Il disegno di legge di Bilancio 2018, effettuando il consueto tagliando delle detrazioni dedicate agli immobili, quest’anno aggiunge a beneficio dei cittadini una nuova possibilità di recupero delle spese.

 

 

Vengono, infatti, confermati i cinque sconti uscenti: mobili, ristrutturazioni, Sismabonus, Ecobonus ordinario e strutturale, e ne viene aggiunto un sesto, il "bonus verde".


La legge di Bilancio ha poi aggiunto due ulteriori tessere a questo mosaico: la cessione del credito e la cedolare del 10% sugli affitti. Vediamoli insieme.

PORTABILITA' SEMPLIFICATA 

Rendere facilmente cedibili i crediti fiscali, per consentire a chi è titolare di uno sconto di monetizzarlo immediatamente. In questo modo, anziché pagare l’intervento e poi recuperare il beneficio con la dichiarazione dei redditi, sarà possibile saldare almeno una quota dei lavori direttamente con il trasferimento del bonus.


Il Governo guarda a questo obiettivo da quando, un paio d’anni fa con la legge di Stabilità 2016, ha iniziato a lavorare al tema della cessione dei crediti fiscali. Nel tempo sono, così, arrivate diverse correzioni. L’ultima di queste è stata inserita nel Ddl di Bilancio e restituirà un quadro ancora piuttosto articolato.


Vanno distinti Ecobonus e Sismabonus. Per il primo la manovra consente il trasferimento dei crediti per tutti gli interventi, sia sulle parti comuni condominiali che sulle singole unità immobiliari. Diverso il discorso del Sismabonus, che non viene rivisto: potrà essere ceduto solo in caso di interventi sulle parti comuni o per la demolizione con ricostruzione.


La disciplina resta disallineata sul fronte dei cedenti. Il Sismabonus al 75 e 85% può, infatti, essere ceduto da tutti i beneficiari a privati e fornitori. Gli incapienti (che non possono recuperare lo sconto perché hanno un reddito troppo basso) potranno cedere l’ecobonus al 65, 70 e 75% a soggetti privati e anche alle banche. Gli altri beneficiari non incapienti potranno possono cedere l’Ecobonus al 70 e 75% a tutti i privati, ma non alle banche. 


CEDOLARE AFFITTI 

Con la proroga sino al 31 dicembre 2019 della cedolare secca del 10% sulle locazioni a canone concordato i proprietari tirano un sospiro di sollievo. In non pochi centri, infatti, con la tassa secca così bassa anche i canoni concordati riescono a essere competitivi, grazie anche alla minore durata della locazione (3 anni più due di proroga semi automatica) rispetto a quelli di mercato, che invece scontano la cedolare del 21 per cento.


Il meccanismo è semplice: i canoni devono essere compresi entro limiti minimi e massimi, determinati sulla base di accordi raggiunti in sede locale tra organizzazioni della proprietà edilizia e degli inquilini.
La durata cambia a seconda se si tratti di uso abitativo (3 anni +2), uso transitorio (minimo 1 mese, massimo 18 mesi non rinnovabili) o uso studenti universitari (minimo 6 massimo 36 mesi).


Con la cedolare (che comprende l’imposta sui redditi e quella di registra) non è possibile dedurre le eventuali spese dalla base imponibile, che è rappresentata dall’intero canone pattuito.
L’opzione per la cedolare (che va espressa in sede di dichiarazione dei redditi l’anno successivo alla stipula) può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le relative pertinenze.


La cedolare non è obbligatoria ma, a conti fatti, non c’è praticamente nessuna ragione di convenienza che possa far scegliere l’Irpef.

Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

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