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Mutui: tassi più bassi rispetto al 2016

Il settore dei mutui continua ad attrarre nuovi e vecchi acquirenti del mercato immobiliare, grazie a un livello dei tassi di interesse che rende i finanziamenti mai così convenienti come in questo periodo.


Non solo i tassi non sono saliti, ma hanno anche raggiunto lo scorso mese una percentuale più bassa del minimo registrato durante il 2016.

La conferma arriva dall’analisi effettuata dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) sui dati di Bankitalia, secondo cui a settembre il costo dei mutui – sintetizzato dall’andamento dei tassi fissi e variabili e influenzato anche dalla variazione della composizione fra le erogazioni in base alla tipologia di prestito – è risultato pari all’1,97%, contro il 2,05% fatto segnare nello stesso periodo dello scorso anno (era il 2,11% ad agosto 2017 e 5,72% a dicembre 2007). Sul totale di quanto erogato dalle banche, i due terzi dei mutui sono a tasso fisso.


Non dimentichiamo quanto sta accadendo per i mutui dal lato delle richieste, con le nuove tendenze segnalate dal Barometro CRIF (Centrale Rischi Finanziari). Si è rilevato che la domanda di settembre è in scesa del 13,8% rispetto allo stesso mese del 2016, a causa della progressiva perdita di interesse da parte delle famiglie verso la portabilità dei vecchi prestiti. Tuttavia secondo Simone Capecchi, executive director della Centrale Rischi, è in atto un consolidamento della ripresa dei nuovi mutui, richiesti grazie anche al sostegno delle maggiori compravendite che stanno caratterizzando il mercato immobiliare.


Infine, ricordiamo anche che la recente proroga del Quantitative Easing fino a settembre 2018 contribuirà a mantenere molto bassi i tassi del mercato monetario, sia a breve termine (Euribor) che a lungo (Eurirs).


Fonte articolo: Mutuionline.it

Qe prorogato: ottima notizia per i mutuatari

Dalla Bce arrivano notizie positive per le famiglie italiane. Soprattutto per ciò che riguarda il settore del credito al consumo e dei mutui.


Difatti la proroga di nove mesi della politica espansiva (ieri l’istituto ha annunciato che l’acquisto di titoli, chiamato quantitative easing, non terminerà più a fine anno ma proseguirà almeno fino a settembre 2018) contribuirà a mantenere molto bassi i tassi delle obbligazioni. 

E, di conseguenza, anche i tassi del mercato monetario, sia a breve termine (Euribor) che a lungo (Eurirs). Ciò vuol dire che per i mutuatari (sia del tasso variabile che del tasso fisso) così come per chi ha un prestito non ipotecario sotto le varie modalità di credito al consumo (che girano a tasso fisso) l’attuale era dei tassi nominali ai minimi storici proseguirà senza intoppi.


Perché l’atteggiamento ancora molto espansivo della Bce (è da considerarsi tale nonostante andrà a ridurre da 60 a 30 miliardi l’iniezione mensile di liquidità) sta spingendo e spingerà ancora le banche ad erogare mutui a condizioni favorevoli. "Considerando le durate dai 20 anni in su - spiega Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.it - i migliori tassi fissi si mantengono al di sotto del 2%, e i tassi variabili più convenienti si trovano tra 0,60% e 0,80%".


Molte banche offrono spread (in particolare per mutui non superiori al 60% del valore dell’immobile) inferiori all’1%. Per rivedere gli stessi spread bisogna tornare indietro di 10 anni, quando il mercato immobiliare e quello dei prestiti ipotecari hanno vissuto l’ultimo picco euforico. Il tasso di interesse del mutuo non è dato solo dallo spread stabilito dalla banca. L’altra componente si ricava dai tassi del mercato monetario (gli indici Euribor per i mutui a tasso variabile e gli indici Eurirs per i mutui a tasso fisso). Ed ecco perché la decisione della Bce di proseguire nell’atteggiamento espansivo è una buona notizia per i mutuatari. Perché contribuirà a tenere bassi sia gli Euribor che gli Eurirs.


I primi sono influenzati dall’andamento del tasso sui depositi, in questo momento fissato dalla Bce addirittura sottozero (-0,4%). Non è quindi un caso che l’Euribor con scadenza a un mese sia a -0,37% e quello trimestrale (molto diffuso nelle proposte di mutuo) a -0,33%. Non appena la Bce inizierà ad alzare i tassi gli indici Euribor saliranno di conseguenza. Ma ieri, tra le righe, l’istituto di Francoforte ha lasciato intendere che un’eventuale stretta monetaria (ovvero un rialzo del tasso sui depositi) è rimandata al 2019. Prima di ieri i mercati invece si aspettavano un mini-rialzo già nel 2018. Quindi la Bce, in sostanza, ha lanciato il messaggio a chi in questo momento sta pagando (o ha intenzione di stipularne uno) un mutuo a tasso variabile, di non preoccuparsi. All’orizzonte non è previsto uno scatto dei tassi e, in scia, anche dei valori degli Euribor.
Del resto i future (scambiati sul mercato londinese Liffe) che proiettano l’Euribor a 3 mesi da qui a 5 anni indicano ora un ritorno su valori positivi solo nel 2020.

 

"Per quanto tali previsioni siano da considerarsi unicamente indicative e passibili di notevoli cambiamenti nel corso del tempo - continua Anedda - quello che appare chiaro è che il periodo di ampia disponibilità di capitali a costi minimi si allunga ulteriormente".
Buone notizie anche sul fronte del partito del tasso fisso. Se la Bce continuerà a comprare titoli di Stato almeno anche per il prossimo anno vorrà dire che anche i tassi dei Bund resteranno bassi. La riprova è arrivata ieri quando, dopo le parole del governatore Draghi, il tasso del decennale tedesco è sceso da 0,48% a 0,42%. Dato che gli indici Eurirs (sulla base dei quali viene stabilita l’entità del tasso fisso del mutuo nel giorno della stipula) seguono da vicino quelli del Bund, vuol dire che anche le nuove offerte (così come le proposte di surroga) a tasso fisso resteranno competitive, o costeranno ancora meno.


L’altro lato della medaglia della politica espansiva della Bce è che i conti di deposito continueranno ad avere tassi nominali molto bassi. Ma nella maggior parte dei casi comunque più alti rispetto ai tassi sottozero a cui viaggiano ora i BoT, storici rivali delle giacenze remunerate da parte delle banche.


Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Perchè le pratiche di mutuo si bloccano nella metà dei casi?

Metà delle pratiche si blocca ancora prima di iniziare per mancanza dei documenti.


E in un terzo dei casi si scoprono difformità edilizie o catastali, che possono anche compromettere la trattativa.

Ecco che cosa accade quando le banche affidano una valutazione immobiliare per istruire una pratica di mutuo. È quanto emerge da un’analisi basata su un campione enorme, circa 300mila operazioni, che Assovib, associazione che rappresenta le principali società del settore, ha anticipato a Casa24 Plus. Uno studio che fa emergere una situazione ancora oscura a livello di corrispondenza tra patrimonio edilizio e catasto.


Sul totale delle perizie analizzate, il 65% riguardava pratiche di nuovi mutui. Nel restante 35% si trattava di rivalutazioni periodiche, anche queste a servizio del mondo bancario, per immobili collegati a crediti in bonis, sofferenze o Npl. "Questo secondo gruppo è oggettivamente problematico perché si tratta di recuperare documentazione spesso datata e frammentaria. Stupisce, invece, la farraginosità ancora frequente riscontrata nelle nuove richieste di finanziamento", dice Francesco Simone, responsabile del Comitato tecnico-scientifico dell’associazione.


Che cosa trovano la società quando la banca invia i documenti? Nel 44% dei casi l’incartamento è incompleto, perché mancano certificati all’apparenza semplici come la visura o la planimetria catastale aggiornate e l’atto di provenienza della casa. Un intoppo che in media allunga l’iter di 11 giorni. Ma soprattutto, nel 17,5% dei casi si riscontra una difformità edilizia (e quindi anche catastale) e in un altro 18,5% un problema solo catastale: in totale un 36% di situazioni da sanare.


"La casistica è varia. Ad esempio, cambi di destinazioni d’uso dei vani non aggiornati al catasto, aumenti di volumetrie non aggiornati o addirittura non autorizzati, in qualche caso anche nuove porzioni di fabbricato abusive – continua il responsabile Assovib –. Le possibilità di rimediare variano naturalmente a seconda del caso. Una camera trasformata in bagno si recupera agevolmente con una denunciata tardiva, così come una veranda illegale si può far smontare con una spesa contenuta. Mentre l’aggiunta di metri quadrati non autorizzati è più complicata e in quei casi banca e proprietario valutano più a fondo. In linea di principio le banche non rischiano a immettere nel circuito del credito immobili abusivi".


Perché succede? Un po’ tutti gli attori in campo sono coinvolti, compresi i proprietari, colpevoli talvolta per noncuranza, altre volte intenzionalmente. "Sono migliaia i casi in cui i privati non siano in possesso dell’atto di proprietà, magari perché il notaio non l’aveva spedito subito e si sono scordati di richiederlo. E sono tanti coloro i quali hanno effettuato dei lavori regolarmente denunciati al Comune, senza poi comunicarlo al catasto. Un passaggio che non va in automatico, ma che deve essere espletato a fine lavori e comporta un costo in più, anche di 6-700 euro, che magari si preferisce evitare".


"Succede anche che siano le banche a sottovalutare l’importanza di un documento e quindi a non richiederlo all’aspirante mutuatario, finendo così per allungare la pratica" aggiunge Simone. Tutto questo, nonostante Abi, Assovib e altre associazioni del settore abbiano lavorato mesi per mettere a punto le “Linee Guida Abi per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie”, non un obbligo di legge, ma un codice di autoregolamentazione dettato dalla cosiddetta “Direttiva mutui” 2014/17/Ue. Insomma, c’è ancora molto da fare. "Maggior cultura della valutazione immobiliare – chiosano da Assovib – sarebbe auspicabile a tutti i livelli delle filiera".


Fonti articolo: IlSole24ore, vetrina web

Come vendere casa al giusto prezzo?

Vendere casa al più alto prezzo possibile ma in un tempo ragionevole. 


È l’equilibrio a cui dovrebbe razionalmente puntare chi mette sul mercato un immobile. 

 

L’obiettivo principale è naturalmente massimizzare l’incasso, ma questo nella stragrande maggioranza dei casi non si realizza partendo da richieste fuori mercato, pensando magari che "tanto poi si fa sempre in tempo a scendere di prezzo".
Anche prendendo in considerazione i casi in cui non si ha bisogno di liquidità in tempi brevi, magari per effettuare un altro acquisto, si deve infatti tenere conto che un immobile che resta per molto tempo sul mercato può portare a sospetti (spesso infondati) sulla bontà dell’affare.


In primo luogo si può pensare che non sia stato ancora acquistato per qualche difetto o irregolarità, e non semplicemente perché il prezzo non è in linea con il mercato. Inoltre si rischia di perdere la possibilità di chiudere l’affare con chi "scarta" l’immobile a causa di una quotazione non ritenuta congrua, scegliendo nello stesso tempo altre soluzioni e uscendo quindi dal novero dei potenziali acquirenti. Evenienza assai dannosa soprattutto in contesti piccoli o per tipi di case che escono dai parametri medi di mercato e che quindi hanno una platea ridotta di interessati all’acquisto.
Stesso rischio si può ipotizzare per immobili che subiscono rapidi e consistenti sconti. Soprattutto in un contesto dove i tempi di vendita sono già elevati.


Tuttavia non si può certo rischiare di svendere l’immobile. Ecco perché la cosa più difficile per chi si appresta a vendere è cercare di presentarsi sulla piazza con una proposta di prezzo corretta e coerente con la concorrenza. Di conseguenza il primo suggerimento che si può dare a chi vende casa è di prendersi un po’ di tempo per individuare la giusta quotazione. Il che, attenzione, non per forza dovrà coincidere con il prezzo finale che si intende realizzare. Se come detto, non si deve esagerare con la richiesta iniziale, bisogna lasciare anche spazio a un margine di trattativa, che in genere è presente, soprattutto nella congiuntura attuale caratterizzata da molta offerta sul mercato e prezzi in via di stabilizzazione dopo un lungo periodo di calo. Lo "sconto" medio si aggira attorno al 15%, ma molto dipende da prezzi di partenza troppo alti e si tratta di un dato variabile da zona a zona.


Trovare il prezzo giusto può essere più facile se ci si rivolge a un’agenzia – è una delle prime scelte che ci si trova ad affrontare quando si decide di vendere – che conoscendo la piazza di riferimento potrà effettuare una corretta valutazione dell’immobile. Comunque è consigliabile non arrivare del tutto impreparati all’appuntamento. E in ogni caso è bene moltiplicare il più possibile i canali di vendita e preparare al meglio sia l’annuncio sia l’appartamento stesso alle visite.


Il primo passo per farsi un’idea dei prezzi è cercare sui siti di annunci e sulle pubblicazioni cartacee le quotazioni degli immobili simili a quello che si vuol mettere in vendita, scartando i prezzi che si scostano troppo dalla media verso l’alto e verso il basso e tenendo in mente le considerazioni fatte poco sopra. Si possono poi consultare via internet le quotazioni Omi (Osservatorio immobiliare dell'Agenzia delle Entrate) e i borsini immobiliari della propria zona.


Una volta che ci si è fatta l’idea del prezzo medio al mq (anche se la casa si vende sempre "a corpo" e non "a misura") bisogna poi valutare gli elementi che possono aumentare o diminuire il valore della propria abitazione (locali accessori, box, piano alto, esposizione, terrazzi, spese condominiali, classe energetica, ascensore eccetera). Una volta fissato il prezzo teorico di vendita va poi stabilire fino a quanto si è disposti a scendere qualora arrivino, come in genere succede, offerte al ribasso. Si può ovviamente decidere caso per caso, ma è bene stabilire una soglia per essere più pronti a una eventuale trattativa. E per definire i patti con l’eventuale agente immobiliare. 


Perché poi la trattativa vada in porto è importante poter soddisfare tutte le richieste di chi è interessato alla casa. È quindi consigliabile preparare con cura tutti i documenti utili a dare la più completa informazione fin dal primo momento. Inutile infatti nascondere alcuni elementi base: se l’acquirente non è uno sprovveduto ed è interessato all’immobile chiederà probabilmente documenti che se non già pronti dovranno essere forniti successivamente, con perdita di tempo di tutte le parti coinvolte. Una lista non esaustiva delle "carte" da preparare potrebbe comprendere:

- l’atto di provenienza (cioè quello ricevuto dal notaio nel momento del precedente acquisto, della donazione o dell’eredità);

- dall’atto emerge anche la rendita che determina le tasse che il compratore deve pagare; 

- una piantina conforme dell’immobile (vedi scheda) ed eventuale visura catastale;

- l’Ape (Attestato di prestazione energetica): è obbligatorio dal momento della pubblicazione dell’annuncio di vendita;

- il regolamento condominiale e il bilancio delle spese comuni (chi vende è tenuto a pagare fino al momento del rogito e per spese straordinarie già deliberate); 

- le certificazioni di sicurezza degli impianti.


Se non si ha nulla da nascondere, quindi, è evidente il vantaggio nella trattativa che sarà riconosciuta dalla controparte in termini di correttezza e di fiducia. Del resto, nascondere difetti della casa può essere una buon motivo per l’acquirente per ritirarsi dall'affare (o anche, nei casi più gravi, per far valere le proprie ragioni davanti al giudice). Il proprietario è responsabile dell’immobile fino alla vendita, quindi va valutata con attenzione la consegna anticipata delle chiavi.


Fonte articolo: IlSole24ore, vetrina web

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