Leonardo Lo Cascio

In casa: rimedi contro l'umidità.

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http://www.edilportale.com/news/2018/03/normativa/ristrutturare-casa-le-detrazioni-fiscali-del-2018_63077_15.html

 

 

La ristrutturazione di casa è una buona occasione per risolvere definitivamente i problemi legati all’umidità che creano muffe e macchi nere sui muri.
 
Prima di effettuare i lavori, però, è necessario individuare le cause che hanno portato alla formazione dell’umidità  affinché il problema non si ripresenti.
La presenza di umidità e il proliferare di muffe è legato alla presenza di acqua. 

All’interno la formazione di condensa è dovuta a: scarso isolamento termico, presenza di ponti termici, scarso ricambio d’aria, scarso smaltimento dell’umidità prodotta all’interno dei locali.

 
All’esterno le cause possono essere: condizioni climatiche e ambientali, elevato grado di assorbimento d’acqua e bassa traspirabilità del rivestimento, presenza di ponti termici (zone fredde) dovuti all’uso improprio di materiali con diverse conducibilità termiche, esposizione agli agenti atmosferici senza elementi architettonici di protezione e scarsa protezione dall’umidità del terreno.

 
Se l’umidità è dovuta a infiltrazioni per precipitazioni o per la rottura di tubazioni di scarico (umidità da infiltrazioni) si presenta sotto forma di chiazze di umidità e muffe isolate sui muri e circoscritte a zone ben delimitate.
 
Nel caso di umidità da condensa, il problema si manifesta sulla superficie e/o all'interno della muratura su parti fredde della casa in cui vi sono ponti termici.
 
L’umidità di risalita si manifesta a causa dell’acqua, presente nel terreno, che viene assorbita dai muri per capillarità.

Infine, se il problema è presente anche in edifici nuovi si potrebbe trattare di umidità da costruzione, dovuta alla necessaria presenza di acqua nella preparazione dei materiali edili che non è stata fatta evaporarare dovutamente.
 

L'umidità da condensa si sviluppa soprattutto nelle zone poco areate o sulle ‘pareti fredde’ della casa in corrispondenza di ponti termici strutturali, ovvero quei punti con caratteristiche termiche molto diverse rispetto alle zone circostanti che determinano una riduzione dell’isolamento.
 
Se si tratta di umidità da risalita sarà necessario bloccare l’avanzata dell’acqua dal terreno attraverso barriere da porre alla base delle fondazioni.

Per decidere opportunamente quali lavori fare in caso di ristrutturazione è opportuno farsi consigliare da un tecnico specializzato perché le soluzioni variano a seconda dell'entità d'intervento che si vuole effettuare.
 
Per prima cosa è necessario eliminare le eventuali muffe e macchie nere già presenti in casa e successivamente intervenire con una tecnologia che possa prevenirne il ritorno del problema.
 
Inoltre, è importante assicurarsi costantemente che i muri esterni, le fondamenta, i sottotetti ecc siano isolati e ben ventilati, cercando di mantenere all’interno dell’abitazione un’umidità inferiore al 50%.
 

Per eliminare dai muri le muffe causate dall’umidità è necessario usare prodotti specifici che agiscono localmente. Solo dopo aver eliminato l’effetto prodotto dall’umidità, è possibile agire sulla causa che l’ha determinata.
 
Esistono detergenti antimuffa a base acquosa antialga e antimuffa da utilizzare per la pulizia delle superfici degradate per azione di alghe e muffe prima della verniciatura.
 
I prodotti protettivi antimuffa ostacolano la colonizzazione di muffe ed evitano l'annerimento da umidità sulle pareti interne.

A risolvere in maniera definitiva i problemi di muffa esistono pannelli antimuffa in silicato di calcio da interni da apporre sulle pareti grazie al suo elevato potere igroscopico che permette di abbassare il tasso di umidità relativa degli ambienti.

Un metodo poco invasivo per deumidificare gli ambienti può essere il ricorso a intonaci o pitture deumidificanti, che pur non risolvendo la causa del problema, possono limitarne le conseguenze. 

Sistemi più importanti sono quelli di isolamento dell’involucro con l’applicazione all’esterno della struttura di un cappotto termico, ovvero un sistema di coibentazione di facciate basato su elementi isolanti prefabbricati che vengono applicati sulla parete esterna.

Nel caso di umidità dovuta a risalita capillare si può optare, in sede di ristrutturazione, alla tecnologia dello sbarramento orizzontale attraverso la realizzazione di una barriera chimica di resine impermeabilizzanti che blocchino l’acqua. L'applicazione avviene tramite iniezione di un liquido impermeabile all’interno della parete attraverso dei fori posti in prossimità del pavimento.

In fine esiste anche la deumidificazione elettrofisica è un metodo per l'eliminazione dell'umidità da risalita che utilizza dispositivi dotati di generatori di impulsi elettromagnetici che introducono nel muro un campo elettromagnetico che entra in interazione energetica con le molecole dell’acqua e la loro struttura colloidale, contrastandone la risalita.

 

tratto da http://www.edilportale.com/news/2018/04/focus/ristrutturare-casa-i-rimedi-contro-l-umidit%C3%A0_63559_67.html

Demolizioni per ampliamento: ho diritto alle detrazioni?

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https://www.primapaginacastelvetrano.it/11-imprese-arrivate-da-ogni-parte-ditalia-per-demolire-le-case-di-triscina-ma-la-gara-salta/

 

É possibile usufruire delle detrazioni sulle ristrutturazioni per una società? Se per l'ampliamento deve avvenire una demolizione ed una ricostruzione?

A rendere inapplicabile l’agevolazione fiscale è proprio l’ampliamento dell’edificio, in quanto l’aumento della metratura e la differente consistenza dell’immobile da ricostruire, non rende più possibile parlare di ristrutturazione, bensì di “nuova costruzione”.

Il concetto di ristrutturazione edilizia è definito dall’art. 3 del Testo Unico Edilizia (D.P.R. n. 380/2001) il quale ricomprende “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.

 

Con riguardo alle agevolazioni fiscali, l’Agenzia delle Entrate si è più volte espressa nel senso di escludere anche il sisma bonus in ipotesi ampliamento dell’edificio preesistente:

“Con riguardo agli interventi di ristrutturazione edilizia ammessi al beneficio delle detrazioni fiscali del 36 e 55 per cento, ha chiarito che, nell’ipotesi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione, la detrazione compete solo in caso di fedele ricostruzione, nel rispetto di volumetria e sagoma dell’edificio preesistente; conseguentemente, nell’ipotesi di demolizione e ricostruzione con ampliamento, la detrazione non spetta in quanto l’intervento si considera, nel suo complesso, una “nuova costruzione” (Circolare n. 36/E 2007 e n. 4/E 2011).

Sempre l’Agenzia delle Entrate, nella Guida alle agevolazioni fiscali in materia di ristrutturazioni del 2017, ha specificato che

“Per la demolizione e ricostruzione con ampliamento, la detrazione non spetta in quanto l’intervento si considera, nel suo complesso, una “nuova costruzione; se la ristrutturazione avviene senza demolire l’edificio esistente e con ampliamento dello stesso, la detrazione spetta solo per le spese riguardanti la parte esistente in quanto l’ampliamento configura, comunque, una “nuova costruzione. Questi stessi criteri si applicano anche agli interventi di ampliamento previsti in attuazione del cosiddetto Piano Casa (Ris. Agenzia delle Entrate n. 4/E del 2011)”.

L’Agenzia fa dunque esplicito riferimento anche gli interventi di ristrutturazione nell’ambito del Piano Casa.

Stante quanto precede, salvo eventuali nuovi orientamenti futuri dell’Agenzia delle Entrate, ad oggi l’ampliamento dell’edificio preesistente preclude l’accesso alle agevolazioni, facendo ricondurre l’intervento a “nuova costruzione” e non a “ristrutturazione”.

 

tratto da https://www.laleggepertutti.it/212141_ristrutturazione-e-ampliamento-edificio-e-possibile-la-detrazione-al-50

Come difendersi da una bolletta salata?

bolletta salata

https://www.ilgiorno.it/sondrio/cronaca/bollette-costi-acqua-1.1916139

 

 

Come difendersi da una bolletta salata?

Cosa prevede la legge?

Fin dove si può spingere la compagnia della luce, del gas, del telefono e dell’acqua?

 

Quando arriva una bolletta esagerata, che ritieni incompatibile coi tuoi consumi, la prima cosa che devi fare è inoltrare un reclamo scritto al fornitore. Potrai richiedere una revisione dei conteggi così come un controllo a casa della corretta funzionalità del contatore medesimo. Se non ti viene data risposta o se la risposta non ti soddisfa, dovrai necessariamente attivare una conciliazione obbligatoria presso l’Autorità Garante.

La richiesta va inoltrate entro:

 

  • 1 anno in caso di risposta negativa o insoddisfacente;
  • 50 giorni in caso di mancata risposta.

 

La procedura (cosiddetto tentativo obbligatorio di conciliazione) è volta a trovare un accordo tra te e la compagnia prima di poter agire in tribunale. Senza questa fase non puoi rivolgerti al giudice. Ma nello stesso tempo, una volta che hai aperto la procedura di reclamo, la compagnia non ti può staccare la luce, il gas o l’acqua.

La domanda conciliazione si presenta online e l’incontro può avvenire anche telematicamente con videoconferenza su Skype. La procedura di conciliazione, che è completamente gratuita; dovrà concludersi entro 90 giorni.

Se il primo incontro si conclude senza che le parti abbiano trovato un’intesa, l’utente potrà presentare il ricorso al giudice. Se la società elettrica non si presenta alla mediazione subirà dei procedimenti sanzionatori.

 

Nella bolletta il fornitore deve indicare la data d’emissione e il termine entro cui effettuare il pagamento, che non può essere inferiore a 20 giorni dalla data d’emissione.

L’utente, nei casi previsti dalle condizioni di contratto, può chiedere di rateizzare il pagamento e la bolletta deve indicare le modalità per ottenerla.

Se l’utente paga la bolletta dopo la scadenza indicata, il fornitore può richiedere, oltre a quanto dovuto, il pagamento di interessi di mora calcolati su base annua e pari al tasso ufficiale di riferimento aumentato del 3,5%.

L’esercente può richiedere il pagamento delle spese postali relative al sollecito di pagamento della bolletta. Non è in ogni caso ammessa la richiesta di risarcimento di eventuali danni ulteriori.

 

Se l’utente non paga la bolletta, il fornitore non può staccare la luce dall’oggi al domani, ma deve prima mandare un sollecito di pagamento con raccomandata a/r (di solito preceduta da lettere semplici e/o da telefonate del call center) e, successivamente, provvedere a un calo della tensione per mettere “in guardia” l’utente.

Come detto, se l’utente ha attivato la procedura di reclamo, non può avvenire il distacco della luce. L’utente che vuole richiedere la riattivazione della fornitura sospesa, deve pagare gli importi non pagati e comunicare ciò al fornitore.

Il fornitore può sospendere l’utenza senza preavviso solo in due casi:

  1. per cause oggettive di pericolo;

  2. per appropriazione fraudolenta di energia elettrica.

Dal 1° gennaio 2018, le bollette ordinarie e i conguagli delle utenze di luce, acqua e gas si prescrivono in due anni. Questo vuol dire che la compagnia ti può chiedere solo gli arretrati degli ultimi 24 mesi e non oltre. Ad esempio, se nel 2019 ricevi un conguaglio del 2016 non sei tenuto a pagarlo. 

Questa regola riguarda sia i consumatori che le imprese.

Ci sono quindi tre anni in meno per le società fornitrici – e soprattutto per i loro call center – per recuperare i crediti.

Altra conseguenza è che l’utente non deve più conservare le bollette pagate per cinque anni, ma solo per due. Se l’utente ha la domiciliazione bancaria non è neanche costretto a conservare le bollette, potendo dimostrare il pagamento tramite un estratto conto che è una prova sufficiente.

Queste regole non valgono per la bolletta del telefono, che continua a prescriversi in 5 anni, termine durante il quale l’utente deve conservare le ricevute di pagamento.

Per quanto riguarda la bolletta della luce, tuttavia, non bisogna dimenticare che le prime dieci dell’anno contengono anche la prova del pagamento del canone Rai; ora, siccome l’abbonamento tv si prescrive in 10 anni, sarà bene che queste bollette siano conservate per un decennio.

 

Spesso si procede alla lettura dei contatori sulla base dei consumi stimati: ciò succede quando l’utente non effettua l’autolettura o quando il delegato della compagnia non riesce a fare (o non esegue) la lettura del contatore. Secondo numerosi giudici, l’utente può contestare la bolletta esosa se la lettura del contatore – necessaria per il conguaglio con gli effetti consumi – non viene eseguita almeno una volta all’anno. Questa tesi però non è condivisa da tutti e di recente la Cassazione ha sposato l’interpretazione contraria per quanto riguarda i nuovi contatori elettronici in grado di comunicare direttamente alla compagnia i consumi effettivi.

C’è però che, sul versante della prova processuale, non potendo l’utente dimostrare che la bolletta è errata – non avendo accesso agli strumenti tecnici di controllo e di calcolo della compagnia – può utilizzare qualsiasi prova, anche gli indizi (cosiddette “presunzioni”). Ad esempio, dimostrando che una abitazione è stata disabitata per gran parte dell’anno potrà far annullare la bolletta che riporta un consumo esagerato.

 

La compagnia può apportare modifiche unilaterali al contratto di utenza, ma deve comunicarlo tre mesi prima all’utente. Il quale ha diritto di recedere senza alcun onere.

Se l’utente ritiene che il contatore non funzioni regolarmente può chiedere al fornitore un controllo. Se viene accertato il difetto di funzionamento, il fornitore deve ricostruire i consumi registrati erroneamente.

La ricostruzione dei consumi deve avere come periodo di riferimento l’intervallo di tempo compreso tra il momento in cui si è verificato il guasto o la rottura del gruppo di misura, se determinabile con certezza, ed il momento in cui l’esercente provvede alla sostituzione o riparazione del gruppo di misura medesimo. L’utente può contestare i risultati della ricostruzione dei consumi, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione scritta dei risultati, presentando proprie osservazioni scritte, adeguatamente documentate.

 

La lettura del contatore del gas deve avvenire secondo cadenze prestabilite:

 

  • per gli utenti con consumi annui standard fino a 500 metri cubi: almeno una volta ogni anno, con un intervallo massimo di 13 mesi e minimo di 6 mesi fra due tentativi consecutivi;
  • per gli utenti con consumi annui standard da 501 a 5.000 metri cubi: almeno 2 volte l’anno, con un intervallo massimo di 7 mesi e minimo di 3 mesi fra due tentativi consecutivi;
  • per gli utenti con consumi annui standard superiori a 5.000 metri cubi: una volta al mese.

 

Per le nuove forniture, la prima lettura deve avvenire entro 6 mesi dall’attivazione.

In caso di mancata lettura del contatore si procede con l’autolettura dell’utente o, in assenza di comunicazioni, secondo consumi stimati. Il pagamento in base al consumo stimato è considerato in acconto ed è dunque fatto salvo il conguaglio (a credito o a debito dell’utente).

Se l’utente ritiene che il contatore non funzioni regolarmente, deve richiedere un controllo al fornitore, che deve a sua volta trasmettere la richiesta al distributore entro 2 giorni lavorativi.

Per quanto riguarda invece la lettura del contatore dell’acqua, di solito devono avvenire almeno una volta all’anno (a seconda dei regolamenti delle aziende fornitrici) ed è eseguita da addetti del fornitore o da personale incaricato dallo stesso.

Quando non è possibile eseguire la lettura, il personale lascia nella cassetta della posta apposita cartolina per l’autolettura.

Spesso è previsto che se non perviene l’autolettura, il fornitore determina il consumo di acqua in misura eguale a quello del corrispondente periodo dell’anno precedente oppure, in mancanza di dati, sulla base della media dei consumi dei periodi più prossimi a quelli di mancata lettura, salvo conguaglio.

 

fonte https://www.laleggepertutti.it/207424_bolletta-8-regole-da-sapere

Controlli alla caldaia: chi paga?

caldaiemanutenzione truffa

http://www.parmareport.it/caldaie-chiarimenti-federconsumatori/

 

Con la caldaia non si scherza. È prima di tutto una questione di sicurezza. E poi di efficienza energetica, quindi di rispetto ambientale e di risparmio economico. Motivo per cui l’installazione, la manutenzione, il controllo dell’efficienza vengono regolamentati per legge.

Un promemoria in più da aggiungere sul nostro frigorifero pieno di bigliettini colorati di scadenze da ricordare. E sono soldi da spendere ogni volta che il tecnico varca la soglia di casa con i suoi attrezzi da revisione e sua la penna in mano, pronta a compilare, terminato l’intervento, il libretto d’impianto.

Ma se non siamo noi i proprietari di casa? Se siamo solo affittuari, dobbiamo tirar fuori noi i soldi? Per la manutenzione e il libretto della caldaia, chi paga? Vediamo qualche risposta.

 

Se qualcuno viene a dirti che il controllo annuale della caldaia è obbligatorio per legge, tu rispondigli che si sbaglia. Non sei affatto obbligato a far venire il tecnico ogni anno per fare i controlli (certo se lo fai è tutta sicurezza guadagnata), ma devi comunque rispettare una certa periodicità. Questa varia in base al tipo di impianto installato a casa tua (o nella casa in cui abiti) e ti viene comunicata dalla ditta installatrice. È comunque riportata sul libretto di impianto, che ci dice con quale periodicità eseguire i controlli. In mancanza di indicazioni, c’è sempre la legge (Allegato A del Dpr n. 74 del 2013) a ricordarci con che frequenza dobbiamo provvedere a far controllare la nostra caldaia.

 

Quando diciamo controllo della caldaia, intendiamo il controllo dei fumi di combustione (per intenderci quello che veglia sull’efficienza energetica della nostra caldaia, e quindi sulla salvaguardia del nostro portafoglio e dell’ambiente). Ecco con che frequentava effettuato:

 

  • ogni 2 anni, per le caldaie alimentate a combustibile liquido o solido, di potenza termica compresa fra 10 e 100 kW;
  • ogni anno, per le caldaie alimentate a combustibile liquido o solido, di potenza termica superiore a 100 kW;
  • ogni 4 anni, per le caldaie alimentate a gas, metano o gpl, di potenza termica compresa fra 10 e 100 kW;
  • ogni 2 anni, per le caldaie alimentate a gas, metano o gpl, di potenza termica superiore a 100 kW.

 

Oltre queste scadenze, ogni volta che sostituiamo un impianto, eseguiamo una prima accensione o modifichiamo l’efficienza energetica, siamo comunque obbligati a fare il controllo. 

In sostanza quindi: sì, il controllo periodico della caldaia è obbligatorio e importante, ma non sempre in modo annuale.

 

Quando parliamo di controlli, parliamo del controllo dei fumi, quello che regola l’efficienza energetica del nostro impianto. In pratica si analizza la combustione per verificarne il rendimento e la concentrazione del monossido di carbonio, e quindi il livello di fumosità.

Quando parliamo di manutenzione invece ci riferiamo alla più generale verifica sul funzionamento dell’impianto, sulla pulizia del bruciatore e sullo scambiatore di calore. Anche se il controllo annuale non è obbligatorio, una buona manutenzione rende il tuo impianto più sicuro e ti fa risparmiare. È quindi consigliabile fare una manutenzione una volta l’anno.

 

L’insieme di queste due premure, renderà la tua caldaia, e quindi casa tua decisamente più sicura, riducendo il rischio di perdite di gas, di incendi del combustibile e altre tipologie di incidenti domestici. Inoltre ottimizzi il risparmio energetico.

Per legge il controllo della caldaia viene effettuato da ditte specializzate, che hanno determinati requisiti richiesti per legge (D.M. n. 37/08 del 22 gennaio 2008). Sono in pratica ditte abilitate. A loro dovrai rivolgerti per un controllo fumi conforme alla legge.

Il tecnico che arriverà a casa tua, procederà al controllo e alla manutenzione, compilerà il famoso libretto della caldaia e ti rilascerà il certificato di conformità, consegnandoti il rapporto di manutenzione e controllo, con l’esito del controllo dei fumi.

 

Se sei il proprietario di una casa la risposta è presto detta. Ma se la casa non è tua e tu sei solo l’inquilino in affitto, a chi spetta e chi paga il controllo periodico della caldaia?

 

Non pensare di svignartela solo perché non è casa tua. Le spese e la responsabilità della manutenzione e del controllo della caldaia spettano per legge al responsabile dell’impianto (Art. 6 Dpr n. 74/16 del 16 aprile 2016) : quindi al proprietario che abita in una casa di proprietà e all’inquilino in una casa presa in affitto (o al comodatario).

Quindi se abiti in una casa presa in affitto sarai tu a dovertene occupare. E devi anche occuparti di chiamare il tecnico manutentore. Questo perché rientra tra le spese di manutenzione ordinaria dell’impianto (che spettano a chi occupa l’appartamento).

Diverso sarebbe se dovessi sostituire completamente la caldaia, effettuare una manutenzione straordinaria o installarla. In questi casi spetta al proprietario di casa farlo a sue spese, perché sono interventi straordinari.

Innanzitutto non si devono sentire coinvolti da questa domanda solo quelli che come impianto hanno la tradizionale caldaia, perché dal 2016 qualunque impianto termico, installato in una casa o in un edificio (caldaia, climatizzatore, pannelli solari, ecc), deve possedere il suo libretto d’impianto (D.M. 10 febbraio 2014.): un documento unificato per tutti, all’interno del quale sono presenti 14 schede da compilare in base agli interventi di controllo e manutenzione che vengono effettuati sul proprio impianto.

 

Questo nuovo libretto sostituisce a tutti gli effetti quello vecchio che – attenzione – non è da buttare, ma da affiancare a quello nuovo. È una sorta di documento d’identità del vostro impianto termico. Ecco perché conterrà tutte le informazioni utili (sostituzioni, manutenzioni, controllo dell’efficienza energetica) a chi verrà eventualmente a fare ispezioni.

Il libretto della caldaia è assolutamente obbligatorio. Anzi, attenzione a non perderlo, perché questo è l’unico modo per accertare che tu sia effettivamente in regola con tutte le questioni riguardanti il tuo impianto di riscaldamento. Manutenzione e controllo compresi.

In caso di installazione di una nuova caldaia, il libretto ti sarà fornito direttamente dall’installatore. Se invece la caldaia è già installata, sarà il responsabile dell’impianto (quindi tu) a dover procurarsi il nuovo libretto d’impianto: in autonomia oppure chiedendo al manutentore.

 

Non gettare nel cestino il vecchio libretto e i vecchi documenti relativi ai precedenti controlli delle caldaie. Allegali piuttosto al nuovo libretto d’impianto.

Ci sono diversi modi per procurarsi il libretto della caldaia:

 

  • nel caso di nuovo installazione, ti sarà rilasciato direttamente dall’installatore;
  • se hai già la caldaia installata dovrai essere tu (in quanto responsabile dell’impianto) a procurarti il libretto da tenere in casa: puoi farlo scaricandolo dal sito del Ministero dello sviluppo economico (Mise), oppure chiedendolo al tuo manutentore, che in occasione del primo controllo te lo porterà a casa, compilandolo nelle apposite schede riferite al tuo specifico impianto;
  • puoi inoltre compilare il libretto della caldaia direttamente online (solo in riferimento alle schede pertinenti al tuo impianto) sul sito del Comitato Termotecnico Italiano (Cti). Dopo la compilazione dovrai però stamparlo e custodirlo in casa, pronto a esibirlo in caso di ispezioni.

 

Ma tutta questa trafila ha un costo? Chi paga per il libretto della caldaia?

 

Diciamo che puoi tranquillamente scaricare il libretto in modo gratuito dai siti del Mise e del Cti. E in linea teorica devi essere tu, in quanto responsabile dell’impianto, a compilarlo nelle schede pertinenti.

In alternativa, le ditte installatrici e manutentrici che effettuano i controlli delle caldaie offrono questo servizio: cioè su richiesta tua ti portano a casa il libretto e te lo compilano dopo ogni intervento. Essendo un servizio offerto, ti chiederanno di pagarlo. Sulla cifra da pagare dipende dalla ditta. Ti possono essere chiesti 15 euro come anche 50 euro (ovviamente in aggiunta all’intervento di manutenzione).

Chi paga? 

Ovviamente a pagare questo servizio di compilazione è il responsabile dell’impianto: il proprietario di casa se ci vive oppure l’inquilino in affitto o il comodatario. Se quindi sei in affitto o sei in comodato d’uso, sarai tu a doverti occupare di pagare i controlli e la manutenzione ordinaria dell’impianto.

 

Se però hai appena stipulato un contratto d’affitto, il proprietario di casa ha l’obbligo di consegnarti già le carte in regola: quindi gli ultimi controlli effettuati e il libretto della caldaia compilato fino ad allora. Quindi appena entri in un appartamento in affitto il libretto dovrà dartelo il conduttore. Dopodiché sarai tu a sobbarcarti le spese ordinarie successive (controlli e compilazione).

Quindi:

 

  • sei in affitto e ti installano la caldaia nuova: il proprietario di casa sosterrà il costo della caldaia, dell’installazione, fornitura libretto compresa;
  • sei in affitto da tempo: tu inquilino sosterrai le spese ordinarie di controllo e manutenzione con relativa compilazione del libretto;
  • casa è tua e ci vivi tu: ovviamente sarai tu a doverti occupare di tutto. A meno che tu non abiti in condominio e ci sia un impianto centralizzato (in quel caso la compilazione della caldaia centralizzata spetta di norma all’amministratore e le spese per la manutenzione ordinaria spettano ai condomini).

Assodata l’importanza del libretto caldaia e del non perderlo per nessun motivo (essendo la carta d’identità da esibire nel caso di ispezioni), aggiungiamo che l’obbligo di custodire gelosamente questo documento ricade sul responsabile dell’impianto: proprietario di casa o terzo delegato (inquilino o comodatario); amministratore di condominio.

 

 

fonte https://www.laleggepertutti.it/198335_libretto-caldaia-chi-paga

 

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