News dal franchising

News dal franchising (890)

Imu, già 6.767 nuove delibere

Sospesa per qualche settimana la vicenda della Tasi, in attesa dell'acconto del 16 dicembre, è il caso di tornare a fare attenzione all'Imu. Entro questa sera scade il termine entro il quale i Comuni devono inviare al dipartimento Finanze le delibere con le nuove aliquote, altrimenti anche il saldo di dicembre sarà basato sui parametri utilizzati lo scorso anno, come già avvenuto per l'acconto.
L'invio della delibera è obbligatorio solo per i Comuni che hanno voluto ritoccare qualcosa rispetto alle regole del 2013, e di conseguenza molte amministrazioni locali avrebbero potuto disinteressarsi di questa scadenza. Il censimento ministeriale aggiornato a ieri sera, però, riportava già 6.767 delibere. Più dell'80% dei Comuni, insomma, ha trasmesso le proprie decisioni fiscali al dipartimento, e val la pena di notare che solo in una minoranza dei casi (1.391 su 6.767, cioè il 20,6% del totale) le delibere sull'Imu sono state unite a quelle relative a Tasi o Tari. In genere, quindi, le delibere Imu sono arrivate da sole, segno del fatto che in molti hanno deciso di cambiare uno o molti parametri dell'imposta municipale rispetto a quelli utilizzati dodici mesi fa.

Le ragioni di questi cambi di rotta possono essere molteplici, soprattutto nei tanti Comuni medio-piccoli che finora erano riusciti a tenere le aliquote Imu lontane dai tetti massimi. Le continue incertezze che hanno caratterizzato i numeri della finanza locale, insieme al nuovo capitolo della spending review che si è profilato con il decreto Irpef di aprile ma si è concretizzato in tagli definitivi solo poche settimane fa, possono aver in molti casi indotto gli amministratori locali a rivedere le proprie scelte fiscali. Lo stesso effetto può essere stato innescato dalla girandola dei meccanismi "compensativi" per gli sconti Imu introdotti in corso d'opera, per esempio sui terreni, che hanno prodotto cifre spesso diverse da quelle attese dalle singole amministrazioni.
Anche l'incrocio con la Tasi, naturalmente, ha dato il proprio contributo. Il tributo sui servizi indivisibili, tra l'altro, quando è applicato agli immobili strumentali è integralmente deducibile dal reddito Ires o Irpef dell'imprenditore o del negoziante, a differenza dell'Imu che può essere scontata dalla base imponibile solo per un quinto: qualche associazione territoriale di categoria, quindi, ha chiesto ai propri Comuni di riferimento di rivedere il mix fiscale, abbassando l'Imu e offrendo quindi più spazio alla Tasi, con l'obiettivo di ridurre il carico fiscale complessivo sui contribuenti. Dal punto di vista dei conti locali, la mossa è del tutto neutra, dal momento che la deducibilità si traduce in uno sconto sull'Ires o sull'Irpef, e quindi non mancano i Comuni che hanno dato ascolto a queste richieste.
Per un censimento aggiornato delle nuove scelte, come accennato sopra, è presto, ma un dato è certo. Per quasi 7mila Comuni (un numero che può crescere da qui al 28 ottobre prossimo), i contribuenti e i professionisti che li assistono saranno costretti a spulciare le nuove delibere, per poi scoprire in alcuni casi che le decisioni 2014 ricalcano per filo e per segno quelle dell'anno prima. La nuova verifica esclude ovviamente solo le abitazioni principali non di lusso (cioè non accatastate in categoria A/1, A/8 e A/9), alle prese con la sola Tasi.

Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20141021&startpage=1&displaypages=2

Vendita case Iacp, ok in conferenza unificata al primo Dm attuativo del decreto «Lupi»

Arriva finalmente l'ok al primo decreto attuativo previsto dal decreto legge n.47/2014 contro l'emergenza abitativa. Il decreto legge - promosso fortemente dal ministro delle infrastrutture, Maurizio Lupi, e varato a marzo dal governo - è rimasto finora inattuato, a dispetto serrate scadenze attuative fissate nel provvedimento.
Lo scorso 16 ottobre - dopo un serrato confronto tecnico durato oltre due mesi - la conferenza Stato, Regioni, città ha dato finalmente l'intesa allo schema del primo decreto attuativo finora definito e condiviso. Si tratta del decreto interministeriale (Mit-Economia, Affari regionali) previsto dall'articolo 3, comma 1 lettera a) sulle procedure di alienazione del patrimonio di comuni, Iacp, enti e aziende casa comunque denominati. A ben vedere, la previsione indicata nel Dl 47/2014 rappresenta il secondo tentativo rispetto al primo - andato a vuoto - fatto con il decreto legge del 2008 n.112, all'articolo 13 (peraltro modificato in parte dallo stesso Dl 47/2014).

L'ambito di applicazione
Il patrimonio interessato dall'alienazione è quello costituito dagli alloggi di proprietà di Iacp, Comuni ed enti pubblici, limitatamente però ai soli enti che dispongono di una «aggiornata anagrafe degli assegnatari» (peraltro prevista dalla legge 457/1978).
Una corsia preferenziale, a discrezione di ciascun ente gestore, deve essere attribuita agli alloggi dei cosiddetti condomini misti, «nei quali la proprietà pubblica è inferiore al 50%». Priorità nella vendita anche agli immobili «inseriti in situazioni estranee all'edilizia residenziale pubblica, quali aree di servizi» e «immobili fatiscenti». In vendita dovranno andare anche gli immobili i cui costi di manutenzione «siano dichiarati insostenibili dall'ente proprietario, sulla base di una stima documentata dei relativi costi da trasmettere alla regione».
Paradossalmente, viene invece scoraggiata la vendita degli immobili da cui possono arrivare i maggiori ricavi. Si tratta degli immobili con categoria catastale A1 (abitazioni di tipo signorile), A8 (ville), A9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici e storici) e A10 (uffici e studi privati). Questi immobili, recita lo schema di decreto, «possono essere inclusi nei programmi» di vendita. In altre parole il gestore può scegliere di non venderli. Non solo. Se decide di venderli occorre che sia dimostrata, dal gestore, l'insostenibilità dei costi di manutenzione.

I tempi
A partire dalla pubblicazione in «Gazzetta», gli enti avranno 4 mesi di tempo per predisporre «specifici programmi di alienazione». Programmi che devono essere approvati e poi sottoposti alla Regione per un «formale assenso», che si considera acquisito una volta passati 45 giorni. Poi i piani vanno inviati al ministero delle Infrastrutture. Infine, le aste.

Il prezzo di cessione
Il «prezzo base da assumere per i bandi di vendita» è quello di mercato, intendendo per tale il prezzo cosiddetto "normale" da calcolare in base al provvedimento dell'Agenzia delle Entrate del luglio 2007 (pubblicato sulla «Gazzetta» n.182 del 7 agosto 2007), «tenuto conto dei valori rilevati, per la medesima fascia e zona, dall'Agenzia delle Entrate - osservatorio del mercato immobiliare». Il valore finale a base d'asta «è determinato mediante perizia tecnica dal soggetto gestore».
«Le somme dovute a titolo di prezzo della vendita - prevede lo schema di Dm interministeriale - dovranno essere interamente versate agli enti proprietari contestualmente alla stipulazione del rogito di trasferimento della proprietà». Poco prima della discussione del testo nella conferenza unificata, il ministero dell'Economia ha chiesto di poter invece prevedere - in caso di aggiudicazione a soggetto diverso dall'assegnatario dell'alloggio - che il prezzo possa essere versato in modo più graduale, già a partire dalla fase di asta.

Gli acquirenti
Agli assegnatari degli alloggi viene riconosciuto il diritto di prelazione sul prezzo di aggiudicazione dell'immobile all'asta. La prelazione va esercitata entro 45 giorni dalla comunicazione dell'esito dell'asta. Una modifica dell'ultima ora al testo potrebbe accogliere la richiesta - avanzata ancora una volta dall'Economia - di estendere la facoltà della prelazione (in caso di rinuncia del titolare) anche al coniuge in regime di separazione di beni oppure dal coniuge more uxorio, purché la convivenza duri da almeno 5 anni, e dai figli (conviventi o non conviventi).

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2014-10-17/vendita-case-iacp-conferenza-173816.php?uuid=Abn4KvVK

Agenti immobiliari e antiriciclaggio: le Entrate aboliscono l’obbligo di comunicazione della Pec

«Bene allo stop da parte dell'Agenzia delle Entrate all’obbligo di comunicare gli indirizzi Pec (posta elettronica certificata) entro il 31 ottobre per gli agenti immobiliari. L'Agenzia delle Entrate ha accolto la nostra istanza di acquisizione degli indirizzi Pec direttamente dai registri pubblici, semplificando e alleggerendo gli adempimenti per i professionisti dell’intermediazione immobiliare interessati dalle nuove regole per il contrasto al riciclaggio e agli illeciti internazionali».

Così la Consulta interassociativa nazionale dell'intermediazione, organo di raccordo per i rapporti intersindacali tra Fimaa-Confcommercio, Fiaip e Anama-Confesercenti, commenta la Risoluzione 88/E del 14 ottobre 2014 della Direzione centrale zccertamento dell'Agenzia Entrate, che sancisce lo stop all'invio obbligatorio degli indirizzi Pec entro il 31 ottobre, stabilito dal provvedimento congiunto dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza n. 105953/2014 dell'8 agosto 2014, per tutti i soggetti, di cui agli articoli 11, 12, 13 e 14 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 (antiriciclaggio).



 

La precisazione dell'agenzia delle Entrate è avvenuta a seguito della richiesta di chiarimenti da parte di diverse associazioni di settore. Molti iscritti, infatti, lamentavano oggettive difficoltà nell'invio delle proprie Pec attraverso i sistemi messi a punto dall'agenzia delle Entrate, difficoltà che avrebbero ritardato notevolmente l'adempimento dell'obbligo stesso.
La Consulta, pertanto, al fine di evitare il protrarsi di tali problematicità ha chiesto al Dipartimento Finanze del Ministero dell'Economia di intervenire affinché l'Agenzia delle Entrate potesse acquisire gli indirizzi Pec degli Agenti immobiliari direttamente dagli archivi pubblici delle Camere di Commercio, ove essi sono tenuti per legge ad iscriversi.

Con la Risoluzione 88/E del 14 ottobre 2014 l'Agenzia delle Entrate accogliendo l'istanza della Consulta ha chiarito che «in un'ottica di semplificazione degli adempimenti prodromici alla comunicazione delle informazioni sulle operazioni intercorse con l'estero, sui rapporti ad esse collegate e sull'identità dei relativi titolari, è ragionevole ritenere che l'aggiornamento del registro degli indirizzi elettronici di cui al punto 7 del provvedimento del 22 dicembre 2005 possa essere effettuato dall'Agenzia delle entrate, acquisendo direttamente l'indirizzo Pec dal pubblico elenco denominato Ini-Pec», istituito presso il ministero dello Sviluppo Economico, che raccoglie tutti gli indirizzi di posta certificata delle imprese e dei professionisti presenti sul territorio italiano ed è liberamente accessibile, senza necessità di autenticazione, anche da parte delle pubbliche amministrazioni.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/real-estate/2014-10-16/agenti-immobiliari-autoriciclaggio-entrate-133029.php?uuid=Abdw0cVK

Legge di stabilità, bonus fiscali al recupero confermati ad aliquota massima nel 2015 (50 e 65%)

Conferma piena, almeno per tutto il prossimo anno, all'aliquota massima per gli sconti fiscali al recupero edilizio delle abitazioni (50%) e al risparmio energetico negli edifici (65%).
È prevalsa dunque nel governo la convinzione che in una manovra espansiva come quella varata ieri non fosse possibile rischiare di perdere nel 2015 l'effetto spinta garantito negli ultimi due anni dai super-bonus: secondo le stime Cresme 13-14 miliardi di euro di investimenti edilizi in più grazie all'aliquota al 50 anziché 36%, e almeno 1,5 miliardi in più grazie all'ecobonus al 65% anziché 55.

Gli sconti fiscali al recupero edilizio delle abitazioni, nati nel 1996 (governo Prodi) al 41% e poi scesi al 36%, sono saliti all'attuale 50% di spese detraibili (in dieci anni) dal 26 giugno 2012 (governo Monti). Le detrazioni al risparmio enmergetico negli edifici, nate nel 2006 (Prodi II) al 55% (scaricabili prima in tre, poi in cinque e poi in 10 anni) sono state alzate all'attuale 65% dal 6 giugno 2013 (governo Letta). Lo stesso esecutivo Letta ha prorogato entrambi gli sconti ad aliquota massima dal 31/12/2013 al 31 dicembre 2014, per poi prevedere una discesa al 40% per il recupero edilizio e al 50% per l'ecobonus nel 2015, e quindi ritornare in entrambi i casi al 36% ordinario dal 2016.
La decisione presa ieri dal governo Renzi con il Ddl di Stabilità 2014 è ora di prorogare di un altro anno le detrazioni alle attuali aliquote massime del 50 e 65%.
Secondo le stime Cresme-Camera dei deputati le detrazioni al recupero sono state utilizzate su interventi edilizi per 28,2 miliardi di euro nel 2014 (14,1 mld di detrazioni in 10 anni) e l'ecobonus a interventi per 4,85 miliardi (coibentazione edifici ma soprattutto pannelli solari termici e sostituzione di infissi e caldaie), di cui 2,668 mld di detrazione in 10 anni.

È tuttavia impossibile sapere con esattezza quanta parte di questi interventi di recupero edilizio (bonus 50%) o per il risparmio energetico (65%) siano stati effettivamente "spinti" dai bonus fiscali, cioè non sarebbero stati fatti senza le detrazioni o non sarebbero stati fatti senza le detrazioni al livello record.
Su quest'ultimo punto si può tuttavia fare qualche stima. Nel 2011 – tutto l'anno al 36% – gli interventi che hanno beneficiato delle detrazioni al recupero sono stati pari, come spesa, a 14,4 miliardi (dati Cresme-Camera), saliti nel 2012, con metà anno al 50%, a 16,3 miliardi, e nel 2013 (tutto l'anno al 50%) a 23,5 miliardi. A parità di altri fattori (e teniamo conto che in questi anni la crisi economica e dell'edilizia è peggiorata), sembrerebbe che il 14% in più di sconto abbia spinto 9,1 miliardi di interventi edilizi in più. E per quest'anno il Cresme stima un'ulteriore crescita a 28,2 miliardi, 13,8 in più rispetto al 2011.

Per quanto riguarda il bonus al risparmio energetico (case e altri edifici), l'ultimo anno al 55% (il 2012) valeva secondo i dati Enea-Cresme 2,883 miliardi di euro, saliti (stime Cresme) a 4,0 miliardi nel 2013 (metà anno al 65%) e al 4,8 miliardi quest'anno. Secondo i dati ufficiali Enea di alcuni giorni fa gli investimenti 2013 si sarebbe fermati a 3,5 miliardi di euro, ma ma si tratterebbe comunque di 700 milioni di euro in più di spesa con solo sei mesi di aliquota maggiorata.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/edilizia-privata/2014-10-15/legge-stabilita-bonus-fiscali-212439.php?uuid=AbN6aNVK

 

Riscaldamento e condizionatori, debutta oggi la «carta d’identità» degli impianti

 

Dal 15 ottobre diventa obbligatoria la “carta d'identità” per gli impianti presenti nelle abitazioni degli italiani. Non solo caldaie e sistemi di riscaldamento, ma anche sistemi di climatizzazione, impianti solari, pompe di calore o di teleriscaldamento. Le novità arrivano insieme all'entrata in vigore del Dm 10 febbraio 2014 (già previsto per giugno, ma la cui operatività è stata prorogata all'autunno, per consentire a tutti di aggiornarsi sulla norma), che attua il Dpr 74/2013.

I dati di identità dell'impianto saranno contenuti nel cosiddetto “libretto”, che fino a ieri era in uso per le caldaie, ma che da oggi cambia pelle e viene esteso a tutte le tipologie di sistemi. Sempre dal 15 ottobre, cambiano le modalità di controllo a carico dei manutentori sull'efficienza energetica dell'impianto: il sistema diventa più puntuale e stringente. Nell'auspicio che – insieme alle verifiche sul rendimento – aumenti anche l'attenzione degli installatori per i checkup sulla salubrità e sicurezza degli apparati, che sono diffusi nelle case e negli uffici del Paese.

Per le famiglie italiane, tuttavia, non parte la corsa per mettersi in regola. «Anche se il responsabile della compilazione del libretto è formalmente il cittadino – spiega infatti Lorenzo Epis, consulente di Domotecnica, rete nazionale indipendente in franchising per le aziende di installazione che operano nel campo dell'efficienza energetica e delle rinnovabili – ci si metterà in regola in occasione della prima verifica. La normativa prevede che, a partire da oggi, e secondo le scadenze di manutenzione degli impianti regolamentate dalle Regioni, via via vengano compilati i nuovi libretti. Che si affiancheranno, quando il documento è già presente, ai vecchi modelli, da conservare e da non buttare».

Il modello tipo di libretto può essere scaricato sul sito del Comitato Termotecnico Italiano (www.cti2000.it), anche nella versione a pagine singole. In alcune regioni, come Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, sono stati predisposti modelli locali del precompilato, obbligatori per chi vive su questi territori. Tocca al proprietario dell’abitazione o all’inquilino accertarsi che venga predisposto il libretto: nel caso dei condomini con impianto centralizzato, l'onere spetta all'amministratore.

I controlli di efficienza delle caldaie scattano, con periodicità differenti (in genere due o quattro anni), a seconda di quanto stabilito dalla normativa regionale. Si aggiungono a quelli sulla sicurezza e salubrità dell'impianto, definiti in genere dal manutentore.
«Per scegliere a chi affidare le verifiche – prosegue Epis – un consiglio utile per gli utenti può essere chiedere in visione il modulo della Camera di Commercio, che riporta i requisiti e la professionalità del tecnico. Per ciò che riguarda le spese, se fino ad oggi un intervento di controllo su un impianto domestico variava in media tra i 100 e i 120 euro, ora con l'aggiunta dei controlli e della sanificazione, prevista dal nuovo libretto, una famiglia con una caldaia collegata a 4 o 5 caloriferi e un impianto di climatizzazione con 2 o 3 split verrà a spendere mediamente 200 euro».

Al termine della diagnosi, il manutentore dovrà trasmettere agli enti preposti il cosiddetto rapporto di controllo. Le verifiche non verranno più effettuate a campione, ma si partirà da coloro che non hanno svolto gli interventi e del cui impianto non è arrivata alcuna notifica al catasto. Per chi non sarà in regola, è prevista una sanzione che parte dai 500 ai 3mila euro. Anche per l'installatore che comunica in maniera errata o incompleta l'esito del controllo scatta una multa che va dai mille ai 6mila euro.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2014-10-14/debutta-carta-didentita-impianti-192559.php?uuid=Ab9oZ5UK

Jobs act, il Governo apre ai tagli della contribuzione per l'edilizia

Il Jobs act, anche nella riformulazione del Governo, apre al taglio dei premi Inail, alla riduzione del versamento per la cassa integrazione ordinaria, alla rimodulazione dell'attuale sistema di sostegno alla disoccupazione. Il testo del Ddl delega approvato nella nottata di mercoledì, dopo una maratona al Senato durata fino all'una, conferma la volontà di approvare un decreto attuativo che riveda un tema strategico per l'edilizia, quello della contribuzione. Da anni, infatti, le imprese del settore versano più delle altre per ottenere garanzie e ammortizzatori sociali identici. Il disegno di legge, almeno nelle intenzioni, punta a rimediare a questa situazione, uniformando il trattamento di edilizia e industria.
La novità è stata inserita dal Governo all'articolo 1 del testo, in materia di ammortizzatori sociali. Il suo obiettivo è assicurare «tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori». Per centrarlo l'esecutivo è delegato ad adottare, entro sei mesi, una serie di decreti legislativi. In uno di questi andrà avviata un'operazione di "riduzione degli oneri contributivi ordinari e rimodulazione degli stessi tra i settori in funzione dell'utilizzo effettivo". Dietro questa formulazione oscura, almeno in teoria, si potrebbe nascondere un cambiamento storico per l'edilizia. Attualmente, infatti, il settore paga un carico superiore di dieci punti rispetto agli altri comparti.

La parte più odiata di questo fardello è, senza dubbio, quello che viene versata per la Cassa integrazione ordinaria: le costruzioni, infatti, contribuiscono con un'aliquota del 5,2%, superiore di tre punti rispetto al 2,2% degli altri settori. Un aggravio che non è giustificato da nessuna differenza di prestazioni. Questo, peraltro, ha comportato un avanzo di gestione presso l'Inps nel fondo per l'edilizia pari, in media, a circa 200 milioni di euro all'anno: attualmente siamo arrivati a circa 4 miliardi totali. Gli spazi per un taglio, insomma, ci sarebbero e sarebbero particolarmente ampi. Non a caso, in sede di audizione presso la commissione Lavoro del Senato, a giugno l'Ance ha chiesto che, nel quadro di questo articolo, si favorisca «il graduale allineamento delle aliquote contributive tra i diversi settori industriali, al fine di addivenire ad una equiparazione tra gli stessi». Anche se, questa ristrutturazione dei contributi potrebbe preludere a cattive notizie. Il Ddl, infatti, parla anche di «revisione dell'ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria», eventualmente anche in termini peggiorativi.

Ma non è tutto. A questo problema, si aggiunge il tema dei premi Inail, più alti di circa sei punti percentuali rispetto agli altri settori: un dato chiaramente ancorato all'incidenza degli infortuni sul lavoro, storicamente più alta in edilizia. Anche in questo caso l'Ance ha chiesto la parificazione del premio a prescindere dalla qualificazione giuridica dell'impresa». Il motivo sarebbe da ricercare nell'effettiva incidenza degli infortuni, in calo costante negli ultimi anni. L'equiparazione contributiva, allora, potrebbe toccare anche i premi Inail.
Il Ddl, comunque, non risolve il problema ma avvia un processo. Per l'approvazione definitiva dovrà ancora passare alla Camera, dove però è atteso da un lavoro molto più rapido, grazie ai numeri robusti del Pd. Poi, sarà il turno del decreti delegati, in attuazione dei principi fissati dalla legge. E' a quel punto che si giocherà la partita più importante, perché bisognerà stabilire se effettivamente ci saranno dei tagli e in quale entità.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/edilizia-privata/2014-10-09/jobs-governo-apre-tagli-115636.php?uuid=AbfAGmTK

Il settore immobiliare e l’innovazione tecnologica

Per gli agenti immobiliari l’uso delle tecnologie sta rappresentando davvero una svolta sia per la propria attività professionale che per il proprio successo. Dopo i droni, ormai largamente utilizzati anche nel campo del real estate, è il turno delle fotografie in 3D.

La nuova tendenza, nemmeno a dirlo, arriva dagli Stati Uniti, dove l’uso professionale di fotocamere in grado di creare immagini tridimensionali permette di unire poi i vari scatti per creare dei tour virtuali, ma sempre più vicini a quello che l’immobile è nella realtà, permettendo di interagire con ciò che si vede nel digitale.


Ovviamente questo comporta la necessità di una delicatezza e di un’attenzione molto particolari per il rispetto della privacy e della sicurezza dei proprietari dell’immobile che si vende, ma con un po’ di accortezza si riesce normalmente ad arginare il problema e a trarre solo benefici da questa innovazione.

Uno studio di fotografi immobiliari americani ha dimostrato che se dietro l’obiettivo, a scattare, c’è un professionista l’immobile viene venduto con tempi più veloci del 32%. Agli acquirenti, infatti, non bastano più poche immagini amatoriali che precedono la visita dal vivo con l’agente. Ormai il web impone a chi lavora nel settore del mattone di fare di più e, come sostengono gli esperti, un video o un’immagine fatti bene possono far innamorare qualcuno di una casa che mai avrebbe preso in considerazione. Certo è che la decisione di comprare arriverà sempre e comunque dopo una visita di persona all’immobile che, però, mai deve deludere rispetto alle aspettative create dalle immagini.

Fonte articolo: http://news.immobiliare.it/il-settore-immobiliare-e-linnovazione-tecnologica-20080

Mattone batte finanza immobiliare. Nel confronto con il rendimento dei fondi e dei titoli real estate, l'acquisto della casa resta (anche se di poco) quello vincente

Evelina Marchesini
 È bello crederci, ma la realtà della crisi mette a dura prova anche gli assiomi più forti, come quello dell'imbattibilità dell'investimento immobiliare. Puntare sul mattone mette al riparo dalle sorprese? Se la domanda è questa, la risposta non può che essere negativa. Impiegare il proprio denaro nella casa aiuta sì a mantenere il valore dell'investimento in caso di inflazione, ma questo non significa superare allegramente le fasi negative del ciclo immobiliare. Fase negativa, l'ultima che stiamo vivendo, che sembra essere una delle più lunghe della storia.
Precisiamo. Se l'orizzonte temporale è a dieci anni e l'investimento è "diretto" (cioè si acquista l'immobile), il bilancio si mantiene positivo, seppur con performance non entusiasmanti. Se invece l'orizzonte si riduce ai cinque anni, si prende in pieno l'ondata della crisi e solo i valori delle case nei centri città di Milano e Roma danno un margine di guadagno.
Fino a qui l'indagine sarebbe abbastanza semplice, ma è venuto il momento di chiedersi seriamente se l'alternativa finanziaria all'investimento immobiliare diretto possa esser giudicata, a posteriori, una buona scelta o non lo è.

L'investimento diretto; Abbiamo chiesto a Scenari Immobiliari (istituto di ricerche indipendente) di elaborare l'apprezzamento a oggi di un appartamento ipotetico acquistato dieci o cinque anni fa a Milano e a Roma, sia in centro che in periferia, e messo a reddito. Il risultato a dieci anni mostra che a Milano centro, nonostante la crisi che imperversa dal 2008, l'apprezzamento medio di un investimento immobiliare – tenendo conto del rendimento da affitto – sarebbe pari al 22,4%, ma in periferia il ritorno complessivo scende al 5,1% sui dieci anni, affitti inclusi. La situazione non si differenzia di molto a Roma, dove sui dieci anni il rendimento totale è del 21% e sui cinque anni del 4 per cento. Sempre meglio della media nazionale italiana, con una performance globale del 2% decennale.
Riducendo l'orizzonte di riferimento a cinque anni il bilancio è più critico, perché significa aver comprato quasi ai massimi (che sono stati nel 2007-2008) e rivendere oggi: a Milano centro ci si salva con un rendimento del 6,6% grazie soprattutto ai rendimenti da affitto, così come a Roma al 6,2%; in periferia ci si trova con una perdita (nell'ipotesi di andare a vendere) del 2,7% e del 4,9% rispettivamente.
«Evidentemente la qualità, nell'investimento immobiliare, dà risultati positivi – commenta Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari – così come vediamo per l'acquisto di appartamenti in centro città a Milano e Roma. Ma va anche tenuto conto che l'indice è ipotetico, perché se si va a vendere oggi, con un inquilino nell'appartamento, ci si trova a fare i conti con uno sconto sul prezzo. Ma a difesa dell'immobiliare va anche detto che gli altri prodotti di investimento sono andati pure peggio: azioni, fondi comuni d'investimento, titoli di Stato a lungo termine, se si deve vendere prima della scadenza. Persino ipotizzando di aver acquistato un titolo di Stato pluriennale che scada proprio in questi giorni, il risultato complessivo non sarebbe quello di un appartamento in centro nelle due principali città italiane». «Forse l'immobile non riesce più a tutelare come in passato – conclude Breglia – ma se messo a confronto con le alternative di investimento si comporta comunque bene». Va tenuto presente che nell'elaborazione non si tiene conto della fiscalità, bassa in passato ma decisamente più alta oggi.
Il mattone virtuale. Il cosiddetto "mattone di carta" ha avuto andamenti molto differenziati e ogni fondo immobiliare andrebbe analizzato a sé. Lo Studio Gottardo Casadei ha costruito un indice complessivo che, tenendo conto dei dividendi distribuiti (alti nei primi anni in cui sono stati lanciati i fondi), evidenzia un risultato complessivamente soddisfacente, pari al 19,4% a dieci anni e al 14,9% in cinque anni. Ma qui le obiezioni si elevano ad alta voce: o si ipotizza di aver acquistato la quota del fondo in emissione e di non aver bisogno di venderla e si guarda al valore degli immobili nella pancia del fondo, o questo rendimento significa poco. Molto peggio la situazione esaminando le performance delle quotazioni in Borsa dei fondi e delle azioni di società immobiliari quotate in Borsa (si veda l'altro articolo in questa pagina). Le performance negative superiori al 50%, purtroppo, sono molto comuni. E non solo negli anni della crisi.

Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20141009&startpage=1&displaypages=2

Comuni, tassa unica con sconti. Si lavora a una fusione di Imu e Tasi con detrazioni «standard» sulla prima casa

Il Governo fa sul serio: una tassa unica sulla casa ma solo se sarà "semplice". L'obiettivo irrinunciabile è dire addio alla Tasi e al caos di variabili e aliquote che la contraddistingue, puntando all'istituzione di una «tassa unica locale» lanciata nei giorni scorsi dal presidente del consiglio, Matteo Renzi: il tutto, però, semplificando la vita a contribuenti e Comuni e soprattutto chiarendo una volta per tutte ciò che il cittadino paga al suo sindaco e ciò che invece versa allo Stato.
Un'operazione di trasparenza su cui i tecnici di Palazzo Chigi e del ministero dell'Economia stanno ora incrociando le possibili soluzioni per arrivare a un'imposta da far nascere dalla fusione di Imu e Tasi che colpirebbe anche le prime case, naturalmente con un'aliquota più bassa rispetto a quella prevista per gli altri immobili. Nel cantiere è entrato anche un meccanismo per ridare progressività all'imposta, cancellando il problema dei cinque milioni di abitazioni che non hanno mai pagato né Ici né Imu mentre ora spesso devono versare la Tasi perché nelle delibere comunali le detrazioni sono assenti o troppo scarse. Questo vizio genetico della Tasi si supera alzando l'aliquota e introducendo detrazioni standard, proporzionali all'aliquota scelta: un meccanismo che avrebbe il pregio di cancellare o quasi l'imposta sulle case di valore minore, riportando il carico su quelle più "pregiate" (almeno per il Fisco), ma il difetto politico di assomigliare parecchio alla vecchia Imu semi-abolita meno di un anno fa.

Anche per queste ragioni, in campo c'è pure l'idea elaborata dal sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, di una revisione meno profonda, che prova a fare ordine cancellando l'etichetta della Tasi e riportandola in campo Imu, con un'aliquota standard al 2,5 per mille che i Comuni potrebbero aumentare di un punto oppure abbassare fino ad azzerarla. Anche in questa ipotesi non mancano i pregi, che si concentrano in un maggiore ordine con cui si evitano gli incroci multipli di Imu e Tasi sullo stesso immobile, e i difetti: uno più d'immagine, legato all'aumento dell'aliquota standard al 2,5 per mille dall'1 per mille attuale (alzato però dalla stragrande maggioranza dei Comuni), e uno sostanziale, determinato dal fatto che la nuova imposta riprodurrebbe fedelmente l'assenza di progressività e la variabilità delle detrazioni già sperimentate dalla Tasi. Si tratta, comunque, di un testo aperto, e lo stesso Zanetti spiega che l'obiettivo essenziale è «unificare anche le mille norme che riguardano le due imposte e anche le mille scadenze ora previste», ma «è un'ottima idea quella di prevedere a livello centrale delle detrazioni per le famiglie».
L'idea di una «tassa unica» incontra anche il benvenuto dell'Anci, «a patto che si assicuri un sistema semplice, sostenibile e duraturo per la generalità dei Comuni». Gli stessi sindaci rilevano che la grande varietà di aliquote e detrazioni, dovuta all'assenza di parametri centrali, «è tra i principali motivi della grande confusione» nei numeri elaborati dai diversi osservatori. La stessa Ifel, la fondazione Anci per la finanza e l'economica locale, rileva che per la media delle abitazioni nei capoluoghi il conto Tasi si assesta a 184 euro, ma in un panorama che «va dai 30 euro annui dei casi di minore impatto, ai circa 430 euro nei capoluoghi che hanno applicato un'aliquota relativamente elevata (intorno al 2,5 per mille, circa 15 casi)».
L'idea di «tassa unica», per essere realizzata del tutto, richiederebbe poi l'addio all'addizionale comunale Irpef, già ipotizzato dalla delega fiscale. Da questo punto di vista, le risorse compensative per i Comuni potrebbero arrivare dalla devoluzione del gettito Imu dai capannoni, che oggi va in parte allo Stato in base a un meccanismo da superare se la "tassa unica" deve essere davvero anche "comunale". A chiudere il cerchio, però, occorre una copertura anche per il bilancio dello Stato, per una partita che vale intorno ai 4,5 miliardi di euro.

 Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20141008&startpage=1&displaypages=2

Corte di Cassazione: stop ai vecchi pignoramenti sulla prima casa

Stop ai pignoramenti dell'abitazione principale, anche se iniziati prima del 21 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge 69/2013 (decreto «del fare»). L'ordine arriva dalla Corte di cassazione, con la sentenza 19270/2014, che ha dato ragione in sostanza all'interpretazione originaria di Equitalia, favorevole all'applicazione retroattiva delle nuove regole sui pignoramenti, e ha invece disatteso la posizione espressa in risposta all'interrogazione parlamentare del 7 maggio scorso. Di conseguenza, i pignoramenti già apposti devono essere cancellati, se la vendita dell'immobile non è ancora avvenuta.
Il decreto legge 69/2013 ha posto delle condizioni restrittive per poter procedere ai pignoramenti immobiliari. Si è pertanto stabilito che l'abitazione di residenza anagrafica del debitore, se a destinazione catastale abitativa e immobile non di lusso, e se si tratta dell'unico immobile posseduto, non può essere pignorata. Si è inoltre precisato che il possesso di eventuali pertinenze dell'abitazione principale non comporta il venir meno delle condizioni di impignorabilità.

Inoltre, le regole generali in materia di pignoramento immobiliare, dopo le modifiche del decreto «del fare», richiedono che: il credito a ruolo sia almeno pari a 120mila euro; siano decorsi almeno sei mesi dall'iscrizione di ipoteca.
Nulla è cambiato invece in materia di ipoteca. Ne deriva che tutti gli immobili, compresa l'abitazione principale, sono ipotecabili a condizione che l'importo a ruolo sia almeno pari a 20mila euro.

Con la direttiva del 1° luglio 2013 Equitalia aveva proposto l'interpretazione secondo cui le nuove regole dell'espropriazione dovessero trovare applicazione anche per i pignoramenti già disposti. In quest'ottica la società pubblica di riscossione aveva invitato le società del gruppo a sospendere le azioni esecutive, in particolare le vendite all'incanto degli immobili, in attesa di futuri chiarimenti.
Un improvviso ripensamento è intervenuto con la risposta delle Finanze del 7 maggio scorso a un'interrogazione parlamentare. In quell'occasione è stato infatti precisato che, non essendo la novella in esame retroattiva, la stessa avrebbe dovuto operare solo a partire dal 22 giugno 2013, e non anche dai pignoramenti antecedenti. Per questo motivo, si dava quindi notizia della ripresa delle attività esecutive, temporaneamente sospese dopo la nota del luglio 2013.
Con la sentenza 19270, la Suprema Corte ha nella sostanza validato la prima interpretazione di Equitalia. È stato infatti osservato come si sarebbe di fronte a una norma di carattere procedurale, volta non già a porre un divieto assoluto di pignorabilità dell'abitazione principale, ma a stabilire delle condizioni che regolano l'azione esecutiva dell'agente della riscossione. Rafforza tale conclusione la circostanza che la novella non impedisce a Equitalia di intervenire nelle procedure di esproprio avviate da altri creditori.

In considerazione di ciò, la modifica del decreto «del fare» incide anche sui procedimenti in corso al 21 agosto 2013, non ancora conclusi. In sostanza questo significa che, in presenza di un pignoramento già avviato, allo stesso non deve essere dato seguito. Pertanto, il vincolo di indisponibilità dell'immobile deve essere cancellato su ordine del giudice o su iniziativa dell'agente della riscossione. Va peraltro segnalato come, nella controversia decisa dalla Corte, la società di Equitalia avesse già provveduto spontaneamente a cancellare il pignoramento, chiedendo la cessazione della materia del contendere.
Sarebbe a questo punto di grande interesse stabilire se le medesime conclusioni possano essere estese all'intera disciplina dei pignoramenti immobiliari. Se così fosse, come pure segnalato sempre nella nota di Equitalia del luglio dell'anno scorso, allora dovrebbero ugualmente sospendersi tutte le procedure, aventi ad oggetto casi diversi dall'abitazione principale, nelle quali il credito a ruolo non superi 120mila euro e/o non vi sia stato il consolidamento dell'ipoteca per almeno sei mesi. Milita in favore della risposta positiva il fatto che, anche per tali fattispecie, resta salva la facoltà di Equitalia di intervenire in procedure promosse da terzi.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2014-10-06/corte-cassazione-stop-vecchi-205820.php?uuid=AbbjT4SK

All'estero sconti fiscali pur di vendere

Obiettivo vendere casa. Dall'Italia alla Francia, passando per la Germania, la necessità di dare ossigeno al mercato immobiliare è condivisa: negli ultimi cinque anni i governi di molti Paesi europei hanno messo a punto incentivi mirati per stimolare le compravendite.

Fa scuola, lo hanno ricordato i costruttori in occasione del via libera al decreto Sblocca Italia, l'esempio francese: la legge Scellier, approvata nel 2009 con l'obiettivo di sostenere l'acquisto di immobili nuovi (con meno di cinque anni) e il mercato degli affitti, ha introdotto a un bonus fiscale del 25% sul valore di compravendita sugli immobili destinati alla locazione. In questo caso l'incentivo (che nel 2013 è stato poi ridotto al 18% fino al 2016) viene spalmato su nove anni, fino ad un massimo di 300mila euro. A questa misura si sono ispirati i tecnici del Governo italiano per mettere a punto il bonus del 20% previsto nel Dl 133/2014 ora all'esame del Parlamento: anche in questo caso vale il limite dei 300mila euro, anche se i criteri sono più stringenti (si veda l'articolo sopra).

 Maglie più larghe negli altri Paesi. In Gran Bretagna, ad esempio, a partire dal 2008 è concessa l'esenzione Iva a chi investe in immobili destinati alla locazione. E nel 2012, oltre agli incentivi per l'acquisto della prima casa, l'iniziativa «New buy» ha introdotto un anticipo del 9% sul prezzo d'acquisto di una seconda casa da destinare all'affitto, sotto forma di prestito quinquennale ad interesse agevolato (anticipato in parte dal Governo e in parte dal costruttore).

In Spagna, dove Scenari Immobiliari stima la presenza di 700mila case nuove ancora invendute, nel 2008 è stata abolita l'imposta sul patrimonio netto delle persone fisiche e una linea di credito agevolata di 3 miliardi a favore degli operatori immobiliari che si impegnano ad affittare, per almeno sette anni, parte delle case invendute.

In Olanda nel 2012 è stata introdotta l'imposta di bollo sulla prima casa dal 6 al 2 per cento. La Germania ha abolito l'imposta sui trasferimenti e impone che gli incrementi ai canoni di locazione non possano superare il 10%, con un tetto massimo del 15% in tre anni. In Grecia, Irlanda, Spagna, Lettonia, Cipro e Portogallo si concede la residenza (di durata variabile, ma sempre rinnovabile) agli extracomunitari che acquistino (o in alcuni casi affittino) immobili oltre un certo importo.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2014-10-03/linvenduto2-estero-sconti-fiscali-173223.php?uuid=Ab7HXJSK



Dall’Agenzia Entrate le Guide per comprare, vendere o affittare casa

Ispezione ipotecaria, compromesso, imposte e detrazioni. Sono tanti gli adempimenti e le cose da sapere quando si acquista o si vende una casa. E lo stesso vale per gli affitti.

Per aiutare i cittadini, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato due nuove Guide fiscali, dedicate rispettivamente all’acquisto e vendita della casa e alla locazione a uso abitativo fra privati.
 
La Guida ‘Fisco e casa: acquisto e vendita’ assiste il contribuente nei passaggi chiave che conducono all’acquisto o alla vendita di un’abitazione. Si parte dall’ispezione ipotecaria, un controllo nei Registri immobiliari per verificare il legittimo proprietario e la presenza o meno di ipoteche o pendenze.
 
Sgombrato il campo da dubbi, si passa al contratto preliminare o ‘compromesso’, un accordo con cui le parti si obbligano reciprocamente a stipulare un successivo contratto definitivo di compravendita, e che mette al sicuro il compratore qualora il venditore cedesse l’immobile ad altre persone, o iscrivesse ipoteche.
 

Segue una disamina delle imposte da versare: Iva, imposte di registro, ipotecaria e catastale, che variano in relazione al venditore (privato o impresa). Se l’acquisto riguarda la prima casa (non di lusso), sono previste agevolazioni, variabili a seconda della tipologia di venditore, privato o impresa (esente da Iva o meno).
 
L’ultima parte della Guida riguarda gli adempimenti del neo-proprietario: trascrizione dell’atto nei Registri Immobiliari e voltura nella banca dati catastale; e ricorda che i compensi pagati all’agenzia immobiliare per l’acquisto della prima casa sono detraibili al 19%. Lo stesso vale per gli interessi passivi del mutuo ipotecario.

Inoltre, l’immobile acquistato produce un reddito, che è dato dalla rendita catastale rivalutata o dal canone d’affitto, che va dichiarato dal nuovo proprietario nel modello 730 o in Unico. Infine, nel caso in cui si decidesse di vendere la casa, l’eventuale plusvalenza va dichiarata tra i ‘redditi diversi’ e tassata con le normali aliquote Irpef; in alternativa, il venditore può optare per un’imposta sostitutiva di quella del reddito pari al 20%.

Il vademecum illustra anche il nuovo bonus fiscale - introdotto dal decreto Sblocca Italia - per chi acquista case nuove o ristrutturate, in classe energetica A o B, e le affitta a canone concordato per almeno 8 anni. Il bonus consiste in una deduzione dall’Irpef del 20% del prezzo di acquisto o delle spese di realizzazione, fino ad un massimo di spesa di 300mila euro, da ripartire in otto rate annuali.
 
La Guida ‘Fisco e casa: le locazioni’ è un vademecum per i contratti di locazione a uso abitativo fra privati, dalla registrazione del contratto fino alle detrazioni per gli inquilini, e fornisce tutte le informazioni per registrare un contratto di affitto o rimediare a eventuali errori.
 
Viene spiegato come effettuare la registrazione telematica o in ufficio dei contratti di locazione e sono elencati tutti i codici tributo da utilizzare per pagare le imposte di registro, di bollo, sanzioni e interessi, nel caso in cui non si opti per la cedolare secca.
 
Un capitolo specifico della Guida è dedicato alla registrazione con l’opzione della cedolare secca, che permette di non pagare l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe.

La procedura è incentrata sul software RLI, con il quale i contribuenti possono registrare online i contratti di locazione e affitto di immobili, pagare i tributi, comunicare proroghe, cessioni o risoluzioni, esercitare l’opzione e la revoca della cedolare secca.
 
La Guida fornisce inoltre chiarimenti sulle detrazioni legate al canone di locazione: dagli studenti universitari fuori sede ai dipendenti che si trasferiscono per motivi di lavoro, dai giovani fra i 20 e i 30 anni agli inquilini a basso reddito, fino alla detrazione per i titolari di contratti di locazione di alloggi sociali, beneficio introdotto dal Piano Casa del Governo Renzi e valido nel triennio 2014-2016 per i percettori di un reddito fino 30.987,41 euro.
 
L’ultima parte del vademecum è dedicata agli errori o dimenticanze (omessa registrazione del contratto di locazione, parziale occultamento del corrispettivo, omesso o tardivo versamento dell’imposta di registro) per i quali è prevista una sanzione amministrativa. È illustrato, infine, lo strumento del ravvedimento.
 
Una terza Guida di recente pubblicazione è ‘Fisco e casa: successioni e donazioni’, che spiega le procedure per dichiarare, calcolare e versare le imposte relative agli immobili ricevuti in seguito a una successione o una donazione e illustra, in particolare, le agevolazioni previste per la prima casa e i limiti al di sotto dei quali l’imposta non è dovuta.

Fonte articolo: http://www.edilportale.com/news/2014/09/normativa/dall-agenzia-entrate-le-guide-per-comprare-vendere-o-affittare-casa_41541_15.html

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