News dal franchising

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Previsioni di stabilità e fiducia per il 2016



Prospettive dell’investimento nel mattone e tenuta del valore nel medio-lungo periodo. Sono le due domande chiave per capire se vale la pena oggi mettere i propri soldi in una casa, sia essa la prima, la seconda o la terza. Per questo risultano determinanti le previsioni per il prossimo anno.


Per il quale tutti puntano sulla stabilità, da ultimo Moody’s che la scorsa settimana ha decretato per il mercato residenziale italiano l’uscita dalla crisi.



"Oggi il passaggio in un ciclo positivo è confermato, ma con alcune zone d’ombra che ne minano la certezza – dice Alessandro Ghisolfi, Responsabile ufficio studi di Casa.it -. Per provare a capire come andrà il mattone del 2016 bisogna essere estremamente realisti e basarsi su quelli che sono i dati a disposizione sull’evoluzione del mercato". Il 2015 si chiuderà positivamente con una crescita degli scambi rispetto al 2014 del 6%, probabilmente anche qualche punto in più per arrivare quasi a 450mila compravendite.


"Il dato più significativo è la ripresa delle compravendite anche nei comuni medio-piccoli della provincia italiana - continua Ghisolfi - che fino alla fine del 2014 erano tutti largamente in negativo –. I dati positivi sulla crescita dei mutui erogati (al netto delle surroghe) fa intuire che anche nel 2016 il mercato rimarrà in territorio positivo".
Mediamente oggi, rispetto a dicembre 2006 (la fine del ciclo positivo di inizio anni 2000) siamo sotto del 42% di volumi e probabilmente il gap non verrà colmato nei prossimi cinque anni. 


"Tuttavia il 2016 in termini di scambi, sarà positivo - spiega -. Con prudenza possiamo prevedere una nuova risalita verso le 500mila compravendite". Secondo casa.it, in base ai dati del portale, i prezzi di vendita si stanno lentamente stabilizzando, soprattutto nelle grandi città come Milano e Roma. In alcune Regioni del Sud, come Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, i prezzi in media saranno ancora in calo del 2-4% almeno. Si tratta di Regioni con un mercato ancora debole.
L’ottimismo oggi lo infonde la domanda. "La vivacità delle richieste è un indice importante per capire che il ritorno di interesse è concreto e non concerne poche realtà urbane, ma un numero sempre maggiore di città" conclude.


Per Nomisma è importante che venga scongiurato il rischio che "iniziative di dismissione massiva di asset immobiliari a garanzia di crediti pesantemente svalutati accentuino ancora una volta la pressione ribassista dei prezzi". L’istituto diretto da Luca Dondi prevede compravendite in crescita dell’8% l’anno prossimo e prezzi fermi. Ma da Nomisma puntano sulla cautela, soprattutto nella lettura troppo positiva dei dati sui mutui, che comprendono una fetta estesa di surroghe.


Secondo Idealista.it i dati sui prezzi delle case indicano che da ottobre la tendenza ribassista si è fermata. Da due mesi i valori si sono riportati timidamente in terreno positivo e questo fa pensare che il 2016 sarà all’insegna della stabilità. Le quotazioni al mq oscilleranno tra il -1% e il +1% (una tendenza già in atto nei grandi centri). La ripresa dei prezzi dipenderà dal contesto economico e dall’andamento del mercato del lavoro.


Anche dalla rete di agenzie Tecnocasa arrivano segnali positivi: c’è desiderio di acquistare casa grazie alla fiducia ritrovata e a un accesso al credito decisamente migliorato negli ultimi mesi e che dovrebbe confermarsi anche per il futuro. "Non dimentichiamo, però, che quello delle banche resta comunque un atteggiamento prudente e attento" spiega Fabiana Megliola, Responsabile dell’ufficio studi del network.


Fonte articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2015-12-16/nel-2016-compravendite-reidenziali-oltre-450mila--190009.php?uuid=ACZWMvsB

Tornano a crescere i canoni d'affitto: +1,7% nel 2015

Dopo 5 anni di contrazione, tornano a crescere i canoni d’affitto in Italia che nel 2015 registrano un +1,7% trainati soprattutto dalla domanda di appartamenti trilocali (+2,4%) e quadrilocali (+3,3%) adibiti sempre più ad abitazione “principale” da famiglie con figli.


E’ quanto emerge dal Rapporto sulle locazioni 2015 di Solo Affitti elaborato con il supporto di Nomisma.

 

Se a livello nazionale l’aumento dei prezzi d’affitto nell’ultimo anno risulta inferiore al 2%, ci sono città dove l’incremento raggiunge la doppia cifra come a Bologna (+11,6%), Perugia (+9%) e Bari (+8,5%). Oltre la media nazionale l’aumento a Napoli (+6,3%), Genova (+5,5%) e Catanzaro (+5,2%). A Milano, che già nel 2014 aveva anticipato il trend in risalita sotto la spinta dell’Expo, si registra un +2,4%.
In altre 'piazze' invece persiste il segno meno.
A Palermo la contrazione più consistente degli affitti: -7,7%. Seguono Potenza e Campobasso (-5% ciascuno), Roma (-2,2%), Trieste (-1,9%) e Trento (-1,2%).
Una generale stabilità si rileva ad Aosta (+0,8%), Ancona (+0,1%) e Cagliari (-0,4%).


Sono le grandi metrature comunque a spingere il mercato locativo. I quadrilocali tirano soprattutto a Bologna (+15,2%), Perugia (+14,3%), Bari (+11,6%), Genova (+11,5%) e Venezia (+10,4%). I trilocali sono molto richiesti a Perugia (+11,4%), Bari (+11,3%) e Bologna (+10,6%). In altre città gli appartamenti di maggiori dimensioni sono meno appetibili: i quadrilocali fanno registrare canoni in calo ad Aosta (-5,9%), Campobasso (-4%) e Palermo (-3,9%), i trilocali a Palermo e Potenza (-4,9% ciascuno), e Campobasso (-4,8%). Locazioni stabili per mono e bilocali (+0,1% ciascuno).


La casa in affitto diventa abitazione principale.
Il 2015 inoltre, registra sempre la ricerca di Solo Affitti, rileva un significativo cambio dei costumi da parte degli italiani: rispetto all’ultimo anno le famiglie che prendono in affitto un appartamento come abitazione principale sono aumentate di quasi 10 punti percentuali, dal 50,3% del 2014 al 59,8% del 2015. 
Il trend è ancora più marcato in città come Palermo e Trento (80% ciascuno), Campobasso (75%) e Roma (70,4%). Sotto la media nazionale Trieste (45%), Milano (49%) e Genova (45%), dove più importante è la richiesta di trasfertisti e studenti. Diminuisce leggermente, a livello nazionale, la quota di richieste di locazione provenienti da lavoratori in trasferta (da 25,1% nel 2014 a 22,6% nel 2015) e studenti fuori sede (da 22,9% a 16,1%).


I prezzi della locazione. 
Per prendere in affitto un appartamento in Italia occorrono mediamente 516 euro, che salgono a 558 euro se l’appartamento è ammobiliato e a 572 se dotato di garage. Milano si conferma anche nel 2015 la città più cara per gli affitti (canone medio di 916 euro) superando Roma (809) di oltre un centinaio di euro. Seguono Firenze (645 euro), Bologna (568 euro), Venezia (566 euro), Napoli (546 euro). Vivere in affitto costa meno che altrove a Potenza (379 euro), Campobasso (381 euro), Perugia (396 euro) e Catanzaro (399 euro).


Dal punto di vista del proprietario invece la ricerca certifica il successo della cedolare secca rispetto alla tassazione Irpef: la nuova tassazione viene impiegata mediamente infatti nell’87% dei casi, con punte del 97% a Perugia, del 95% a Napoli, del 93% ciascuno a Roma, Venezia e Firenze. Ed è al top anche l'utilizzo dei canoni concordati, dal 37,1% del 2014 al 43,1% del 2015 che superano per la prima volta quelli liberi 4+4, passati dal 39,8% dello scorso anno al 42,1% del 2015. In calo invece rispetto al 2014 il tempo medio necessario a trovare un appartamento: 2,3 mesi.


I tempi di locazione. 
Se in centro e semicentro occorre un periodo inferiore per arrivare alla firma del contratto (2 mesi), in periferia ci vogliono 2,7 mesi. Si trova casa più velocemente a Perugia (1,5 mesi), Milano e Firenze (1,7 ciascuno) mentre la ricerca dura di più a Napoli (3,8), Bari (3,5), Palermo e Aosta (3,3 ciascuno).


I locatari. 
Aumentano le coppie senza figli che vivono in affitto (dal 36,9% del 2014 al 40,2% del 2015) mentre diminuiscono quelle con figli che restano comunque numerose (25,8%). Stabile la quota di single in affitto che rappresentano più di un quinto del totale (21,9%). In calo il fenomeno della condivisione di uno stesso appartamento da parte di più persone (12,1% del totale) che si mantiene vivo nelle città universitarie come Catanzaro (35%), Firenze (21,7%), Bologna (21%) e Venezia (17,5%), così come a Milano dove quasi un appartamento locato su cinque è utilizzato da tre e più soggetti (17%). 


Fonti articolo: http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2015/12/17/casa-dopo-anni-tornano-crescere-canoni-affitto_WTxkXyfyCBdmHWqIZ90k9L.html?refresh_ce;

http://www.monitorimmobiliare.it/affitti-crescono-i-canoni-17-nel-2015_201512171030

Le nuove linee guida Abi sulla valutazione immobiliare

Sono pronte le Linee Guida Abi per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie.


Il testo definitivo, che fornisce indicazioni omogenee in fatto di perizie immobiliari, è stato presentato a Roma dall’associazione delle banche italiane e dagli altri soggetti che hanno contribuito alla stesura (Tecnoborsa, Assovib e sette ordini delle categorie professionali coinvolte).

Come anticipato, il documento elenca gli standard da seguire per la definizione del corretto valore di mercato degli immobili, definisce la caratteristiche del perito idoneo ed elenca nei dettagli i tre metodi principali di valutazione (confronti di mercato, metodo finanziario e metodo dei costi), riprendendo i principi degli standard internazionali Evs e Ivs.
Non si tratta di un obbligo di legge, ma di una sorta di autoregolamentazione richiesta alla luce della direttiva mutui 2014/17/UE, che secondo l’Abi diventa un punto di riferimento per almeno 172 banche o gruppi bancari, rappresentative in termini di sportelli a circa il 73% del mercato.


Tra i punti di maggior attenzione del testo c’è la figura del perito. Può essere un dipendente della banca o esterno (oggi circa il 75% delle perizie è affidato a società esterne o ai circa mezzo milione di professionisti individuali). In entrambi i casi, si prescrive con chiarezza che vadano evitati conflitti di interesse: quindi il perito non può essere un agente immobiliare o aver svolto attività di intermediazione sull’immobile in oggetto; non può avere rapporti di parentela o professionali con il richiedente il finanziamento; non può essere portatore di altro tipo di interesse nell’operazione.


Altro punto importante: ai fini dell’erogazione di un mutuo la perizia va sempre svolta con un sopralluogo fisico interno ed esterno, mentre può essere fatta “a tavolino” solo nel caso di aggiornamento del valore. "In passato si è visto di tutto, ma ora dovrebbe essere finita l'epoca del direttore di banca che diceva: firmiamo la perizia, va bene perché lo dico io", ammette una fonte di mercato.


Per quanto riguarda le competenze professionali dei periti, fatto salvo il diritto a operare di chiunque sia iscritto agli appositi ruoli delle Camere di Commercio o agli Albi professionali, le Linee guida consigliano alla banca committente di richiedere prova delle competenze acquisite tramite certificazioni come la UNI 11558:2014, ISO 17024, oppure la qualifica REV del TEGoVA.
In una nota voluta dall’Abi, però, si sottolinea che per i dipendenti delle banche che già svolgono l'attività di valutazione immobiliare è sufficiente che abbiano una formazione scolastica tecnica specifica ed abbiano maturato esperienza nel settore riconosciuta dallo stesso istituto. Altro punto importante riguarda l'aggiornamento professionale. Le Linee guida consigliano per il perito almeno 60 ore di formazione ogni tre anni, da documentare opportunamente.


Generalmente positivi i commenti da parte del mercato, anche se con alcuni distinguo. 
Assoimmobiliare considera queste Linee guida solo un primo passo: "Il lavoro svolto costituisce una sintesi utile, vi è però la necessità di perfezionarne i contenuti affinché siano più aderenti al contesto internazionale e in linea con i working-paper realizzati da Rics e dalla nostra associazione», ha detto Carlo Vernuccio, direttore generale di Italfondiario e membro della Giunta Assoimmobiliare, che ha colto l’occasione per aprire un nuovo fronte, legato alla valutazione degli immobili ad uso ufficio. Rics, infatti, ha da poco lanciato in Italia gli standard Ipms. «Anche questi rappresentano uno sforzo verso l'adozione di un linguaggio comune tra i principali mercati. Di questi principi globali non si potrà che tenere conto anche nelle prossime edizioni delle linee guida Abi".


Tiepida anche l'accoglienza da parte di Rics (Royal Institution of Chartered Surveyors), promotore di altri standard di valutazione. "Speriamo che queste Linee guida siano solo un punto di partenza – ha affermato Daniele Levi Formiggini, membro del board italiano –. Gli standard accolti dall’Abi sono molto diffusi a livello di residenziale, ma nel contesto internazionale c’è tutto un pezzo di mercato, soprattutto di tipo corporate, che parla un altro linguaggio, quello appunto di Rics. Speriamo che l'Abi voglia presto riaprire un confronto per adattare davvero le practice italiane a quanto avviene nel mercato".


L’Abi, in un comunicato, sottolinea come questi principi consentiranno di eseguire valutazioni secondo parametri di chiarezza e trasparenza nei confronti di tutti i referenti sia privati (clienti mutuatari, agenzie di rating) sia istituzionali (Banca d'Italia, Agenzia delle Entrate, Tribunali delle esecuzioni immobiliari).
Soddisfatta anche Assovib, che plaude al passaggio in cui si riconosce al valutatore il diritto a un giusto compenso e a svolgere l'attività in tempi adeguati: meglio una perizia completa, piuttosto che affrettata insomma. “Però, adesso, è necessario che le banche implementino un processo che garantisca reale competenza e indipendenza dei valutatori, nonché audit su processi e valutazioni” dice ancora l'associazione.



Fonti articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mutuo-casa/2015-12-15/perizie-immobiliari-i-mutui-approvate-via-definitiva-linee-guida-abi-130012.php?uuid=ACjw0otB

Cos'è il leasing immobiliare?


Dal prossimo anno uno strumento in più potrebbe consentire di “aggirare” le difficoltà nell'ottenere un mutuo per acquistare immobili, prima abitazione compresa. Che diverrebbe di proprietà, però, solo più in là nel tempo.


Attraverso il “leasing immobiliare”, già esistente, ma finora riservato alle aziende ed esteso alle persone fisiche da un emendamento alla legge di Stabilità, approvato ieri in commissione bilancio alla Camera.

 

 

 

Come funziona il leasing immobiliare.
La locazione finanziaria dell'immobile funziona esattamente come quella che siamo abituati a conoscere per automobili e macchinari. La banca o altro intermediario, presso la quale il soggetto interessato a entrare in possesso dell'abitazione, raccolgono le indicazioni di quest'ultimo e sottoscrivono l'obbligazione ad acquistare il bene (o, anche, a farlo costruire se ancora non esiste e vi siano tutti i permessi del caso).


La contro-obbligazione del soggetto, che assume il diritto di utilizzare l'immobile per un tempo predefinito, è il pagamento di un canone che tenga conto del prezzo d'acquisto (o di costruzione) e della durata del contratto. Al termine dello stesso starà a lui decidere se sborsare il corrispettivo per divenire effettivo proprietario dell'abitazione, una “maxirata finale” che si calcola scontando dalla cifra complessiva l'ammontare dei canoni pagati nel corso degli anni.

Vantaggi leasing immobiliare.
Indubbi i vantaggi all'inizio: niente spese di istruttoria, né iscrizioni di ipoteche, dato che non viene concesso un vero e proprio finanziamento, niente notaio per il possibile futuro acquirente. Interverrà solamente in caso di effettivo riscatto finale.


Tra le altre caratteristiche favorevoli attribuite al leasing c'è quella di consentire un “finanziamento” (anche se il termine non è totalmente appropriato) pari al 100% del valore dell'immobile. Cosa non del tutto vera, perché di solito si configura anche con una rata iniziale, che varia tra il 10 e il 30 per cento del prezzo pagato dall'intermediario acquirente. Somma di cui occorre disporre, dunque, per poter entrare nell'immobile.


Deducibilità leasing immobiliare.
Vantaggi ci sono anche in tema fiscale. In particolar modo per gli under 35 con redditi sotto i 55mila euro, per i quali i canoni sono deducibili ai fini Irpef nella misura del 19% fino a 8mila euro l'anno e il riscatto finale fino a 20mila euro.


Svantaggi del leasing.
Svantaggioso è, invece, l'orizzonte temporale. Negli ultimi anni i mutui sono diventati pressoché per la vita, con durate trentennali o, addirittura, quarantennali. La locazione finanziaria non supera i 20 anni, ma generalmente si attesta tra i 12 e i 15 anni. Questo significa pagamenti (mensili, ma più spesso bimestrali o trimestrali) più elevati. Durate più lunghe, inoltre, farebbero di sicuro perdere il confronto, sotto il profilo economico, con un mutuo.


Leasing o mutuo?
Con i tassi fissi ai minimi storici è difficile prevedere uno spostamento in massa verso il leasing. Ma potrebbe comunque essere una soluzione per chi proprio non ha i requisiti in regola per un mutuo ma è sicuro della sua solvibilità futura e tornare utile anche per altri, in differenti fasi di mercato.


Fonte articolo: http://www.idealista.it/news/finanza-personale/fisco/2015/12/15/118518-legge-di-stabilita-leasing-immobiliare-anche-per-i-privati

 

Prima casa "inidonea"? Agevolazioni replicabili al nuovo immobile

Se l’abitazione comprata con l’agevolazione prima casa diventa “non più idonea”, si può può ottenere la tassazione ridotta sull’acquisto di un altro immobile? Secondo la Ctr Lombardia, che segue un orientamento già espresso dalla Cassazione, sì.


È il caso, ad esempio, di una persona non sposata, che compra un monolocale usufruendo dell’agevolazione prima casa. Successivamente si sposa e ha figli: il monolocale diventa dunque inidoneo per le esigenze abitative della famiglia. Ad avviso della Commissione tributaria regionale della Lombardia (sentenza 4272 del 1° ottobre 2015), il contribuente, in questo caso, può avvalersi nuovamente dell’agevolazione prima casa anche se è già proprietario di un’abitazione (quella divenuta inidonea).

L’esito di questo giudizio non è sorprendente, poiché in giurisprudenza, anche a livello di giudizio di legittimità, già ci sono state decisioni analoghe. È però importante registrare che questa sentenza consolida una tendenza su una fattispecie (quella dell’inidoneità sopravvenuta della casa di abitazione) assai spinosa.


I presupposti di legge. 
La legge indica come presupposto per ottenere l’agevolazione prima casa la non titolarità (e cioè la cosiddetta “impossidenza”), da parte dell’acquirente: 
1. del diritto di proprietà di altra casa di abitazione ubicata nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile oggetto del nuovo acquisto; 
2. del diritto di proprietà di altra casa di abitazione acquistata con l’agevolazione "prima casa". 
La legge punta dunque l’obiettivo sulla mera "prepossidenza" di un’altra casa di abitazione, e cioè senza null’altro aggiungere per qualificare questa prepossidenza: e quindi indipendentemente dal fatto che la casa preposseduta sia bella o brutta, larga o stretta, alta o bassa, nuova o vecchia, elegante o degradata sofisticata o fatiscente, strutturalmente in ordine o diroccata, e così via.


La giurisprudenza. 
Sennonché, all’improvviso, per effetto di una sentenza della Cassazione (la 18128 del 7 agosto 2009) il tema della idoneità della casa preposseduta è venuto alla ribalta. La Corte ha ritenuto che "il requisito della “impossidenza di altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato ad abitazione" sussista nel caso di carenza di un altro alloggio concretamente idoneo a sopperire ai bisogni abitativi, e, quindi, non resta escluso dalla proprietà di un altro appartamento, ove l’interessato deduca e dimostri che non sia in grado, per dimensioni e complessive caratteristiche, di soddisfare dette esigenze". 


A questa sentenza se ne sono aggiunte subito alcune altre, sia in sede di legittimità (Cassazione 100/2010 e 3931/2014), sia in sede di merito (Ctp Alessandria, 1 febbraio 2010, n. 22; Ctp Matera, 24 novembre 2011, n. 820; Ctr Lombardia, 6 giugno 2014, n. 2970) e non risultano sentenze di segno contrario.
L’Agenzia delle Entrate non è intervenuta in materia, se non con la risoluzione 86/E del 20 agosto 2010, con la quale ha negato la rilevanza dell’idoneità o meno della casa preposseduta.
In altri termini, secondo l’attuale orientamento della Cassazione una casa non è considerata tale (al fine di impedire la concessione dell’agevolazione prima casa in occasione di un nuovo acquisto) se non è idonea per un utilizzo abitativo.

Pertanto, se la casa preposseduta (ovunque ubicata e anche se acquistata con l’applicazione dell’agevolazione prima casa) non è idonea, la sua presenza non impedirebbe l’ottenimento o la reiterazione dell’agevolazione prima casa in occasione di un nuovo acquisto.


La prassi quotidiana. 
Questa svolta interpretativa (che è senz’altro favorevole al contribuente) rende però irta di difficoltà la prassi professionale quotidiana: se, infatti, si deve mettere sul tavolo una valutazione (in termini di idoneità) della casa già in possesso dell’acquirente, per giudicare se sia adatta o meno alle sue attuali esigenze abitative, si finisce per introdurre un criterio talmente discrezionale da non essere praticamente gestibile. 


Inidonea potrebbe essere una casa divenuta troppo piccola per l’aumento del numero dei familiari del contribuente o troppo grande a causa della loro diminuzione; oppure potrebbe essere inidonea una abitazione in precedenza tranquillamente utilizzabile ma che poi si renda inaccessibile (per essere ubicata in un piano elevato non servito da un ascensore) a chi resti vittima di un incidente che ne comprometta la deambulazione.
Inidonea potrebbe essere, infine, una casa posizionata in un luogo insalubre per il mutamento delle condizioni di salute del proprietario o che si renda inutilizzabile per la distanza dal suo luogo di studio o di lavoro. Infine, potrebbe essere inidonea la casa fatiscente o priva di impianti o servizi. E si potrebbe proseguire pressoché all’infinito, dai quali si evince che la gestione di questa materia è assai complicata.


Fonti articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2015-12-14/-aiuti-prima-casa-replicabili-se-l-abitazione-e-inidonea-073931.shtml?uuid=ACkSolsB

Moody's: la ripresa (timida) dell'immobiliare italiano

Il mercato immobiliare italiano mostra i primi segnali di una timida ripresa. È quanto sostiene il team di Moody’s in un report pubblicato oggi. 


Grazie a condizioni macroeconomiche timidamente positive e ai bassi tassi di interesse che stimolano la domanda e la sottoscrizione di mutui per l’acquisto della casa. Anche il ritorno al segno più per il Pil (anche se molto contenuto), dopo 14 trimestri negativi, supporterà la ripresa del mercato abitativo. Sul quale peraltro influisce la fiducia nel Paese ritrovata dai grandi investitori esteri. 

“Alcuni segnali positivi stanno emergendo - dice Carole Bernard, Vice Presidente e senior analyst di Moody's -. La crescita dei mutui e la caduta dei prezzi negli anni di crisi, circa il 19% dal 2008, suggeriscono che il mercato si trovi sulla strada della stabilizzazione. Anche se a lungo termine, una crescita della popolazione in decelerazione (è prevista una crescita dell’1,7% per i prossimi cinque anni contro il +3% dell’ultimo quinquennio) e l’elevata disoccupazione peseranno sulla domanda residenziale”. Persistono quindi in Italia alcune debolezze strutturali.


Ad incidere in maniera determinante sono, in particolare, i tassi di interesse sui mutui casa ai minimi storici, che stanno stimolando la domanda e la sottoscrizione di finanziamenti e, quindi, l’acquisto di immobili residenziali.
Nel 2016, secondo Moody’s, il mercato delle case in Italia resterà stabile. Una ripresa più sostenuta è da rinviare agli anni futuri. E dal team che ha redatto il report fanno notare che nel periodo del boom immobiliare, il mercato residenziale italiano ha vissuto una fase più cauta che in Spagna e Irlanda. Gli italiani a oggi risultano molto meno indebitati rispetto agli abitanti di altri Paesi europei.


La vendita di case è comunque in salita. Moody’s indica del 6,2% nel secondo trimestre 2015. I dati dell’Agenzia delle Entrate registrano un aumento di compravendite di case dell’8,2% per il secondo quarter 2015 e dell’10,8% nel terzo quarter, con città come Milano e Napoli dove l’aumento delle transazioni nel trimestre è stato superiore al 18 per cento. 


Fonti articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2015-12-08/moody-s-mercato-immobiliare-italiano-piu-stabile-121509.php?uuid=ACVmkFpB

http://news.immobiliare.it/moodys-per-litalia-un-2016-di-stabilita-24928

Consumo di suolo e riqualificazione urbana: che fare?


Il riscaldamento globale avrà effetti sulle nostre città anche per come sono pianificate e costruite. Attualmente la superficie urbanizzata procapite è di circa 350 metri quadrati per abitante, praticamente un deserto di cemento che annulla ogni capacità di adattamento e di resilienza dei sistemi naturali e trasforma gli insediamenti urbani in aree a maggior rischio. 


Le città ‘impermeabili’ amplificano i fenomeni legati ai cambiamenti climatici, come gli incrementi delle temperature massime, la concentrazione delle piogge a fronte di lunghi periodi di siccità, innalzamento del livello del mare.

 

Alla vigilia della Giornata mondiale del Suolo, celebratasi il 5 dicembre, il WWF ha proposto di dotare al più presto il Paese di norme e regole efficaci che interrompano il consumo del suolo consentendo ai Comuni di compiere scelte urbanistiche che individuino aree verdi e libere dedicate all’adattamento climatico e consentire la mitigazione/riduzione degli impatti e la resilienza dei sistemi naturali, mettendo in grado le nostre aree urbane di far fronte adeguatamente ai fenomeni estremi che le flagellano.
Il tema si collega a quanto dovrebbe scaturire dal Vertice sul clima in corso a Parigi e soprattutto all’incontro con i 1.000 sindaci delle maggiori città del mondo che hanno chiesto un Accordo vincolante ai negoziati in corso. 


Anche in Italia si cominciano a compiere i primi passi positivi. Basti pensare alla proposta di nuovo Regolamento edilizio del Comune di Milano che indica la riqualificazione sociale e funzionale delle aree ai fini anche della difesa dell’incolumità pubblica quale valore di interesse pubblico da tutelare o al Programma per la riqualificazione diffusa del territorio urbano strutturato del Comune di Bologna che ha come primo obiettivo  quello di incentivare il recupero e la riqualificazione urbanistica finalizzati ad un minore consumo di suolo, alla riduzione della impermeabilizzazione, al risparmio energetico e alla sicurezza degli edifici esistenti, favorendo la formazione di un ambiente urbano a elevate prestazioni.


La parola d’ordine che lancia il WWF nei giorni di Parigi è “consapevolezza” degli amministratori, dei tecnici e dei cittadini che sia necessario affrontare caso per caso, in ogni nostra realtà urbana,  valutando nei Piani e Programmi  urbanistici il problema della capacità di resilienza dei nostri sistemi naturali, tutelandone l’integrità, progettando e rigenerando spazi liberi, verdi non impermeabilizzati, avendo come riferimento seri studi sulla magnitudine degli impatti climatici prevedibili nelle diverse realtà urbane.


Se la conversione urbana e il consumo del suolo continua ai ritmi che abbiamo seguito per 50 anni in Italia, rischiamo che (con un trend di crescita della popolazione vicino a quello registrato dal 2001 al 2011) con quasi 3 milioni di abitanti in più nel prossimo decennio si abbiano altri 1000 kmq di territorio urbanizzato aggiuntivo corrispondente alla sparizione dell’intero Agro Pontino. Questi i dati forniti dal WWF sulla base della ricerca “Terra rubata” (a cui l’associazione partecipa) coordinata da Bernardino Romano (Università dell’Aquila) e da Francesco Zullo.


Lo studio sul suolo.
Il WWF dunque propone di bloccare questo modello ipertrofico di consumo del suolo (in soli 50 anni, dal 1950 al 2000,  si è passati in Italia dal 2% ad oltre il 7% di densità di urbanizzazione, cioè tre volte di più nonostante un incremento della popolazione che è stato di solo il 20%) e di adottare l’approccio all’adattamento climatico indicato sin dal 2007 dallo IPCC (Commissione intergovernativa sui cambiamenti climatici) che indica la strada maestra della “modifica dei sistemi naturali o umani in risposta a stimoli climatici in atto o attesi o ai loro effetti, che riduce i danni o sfrutta le opportunità più vantaggiosi”, alla base anche della Strategia Nazionale sull’Adattamento Climatico, approvata il 30 ottobre 2014 ma non ancora divenuta operativa. Questa è un’opportunità che non abbiamo ancora saputo sfruttare, come emerge dalla ricerca “Terra rubata” (che ha compiuto analisi originali approfondite sulle carte IGM e le mappature regionali) consentendo che la grigia epidemia dell’asfalto e del cemento si diffondesse ad una velocità media di 82 ettari al giorno (10 mq al secondo) colpendo in particolare le nostre coste e le nostre pianure.


Dalla ricerca “Terra rubata” emerge anche che le nostre coste (peninsulare, Sicilia e Sardegna)  sono state cementificate ad un ritmo di circa 10 km/anno, facendo registrare un dato sostanzialmente e singolarmente omogeno per la costa adriatica, tirrenica e per ambedue le coste delle isole maggiori. La sola Pianura Padana ha contribuito per oltre un terzo (30 ha/g) al fenomeno nazionale (82 ha/g) pur occupando un sesto del territorio italiano. Anche i parchi, le zone tutelate per eccellenza dove più alto è il grado di naturalità,  sono sotto assedio in Italia: si calcola, valutando cosa è successo in un buffer di immediata adiacenza largo 1 km, che il territorio attualmente urbanizzato sia al 10% (quasi 5 volte in più degli anni '50), cioè più della media nazionale (7%).


Dalla ricerca emerge inoltre che il modello insediativo in Italia rispetto all’Europa occidentale è molto più dispersivo e funzionalmente disorganico (definito “sprinkling” a fronte dello standard internazionale “sprawl”). Per questi motivi il WWF chiede un salto di qualità nella cultura amministrativa e urbanistica del nostro Paese, ritenendo che per ridurre gli impatti climatici sugli insediamenti urbani (il WWF ricorda che la letteratura ne individua ben 13) non siano più sufficienti gli interventi, seppur virtuosi, di riuso e rigenerazione urbana basati su infilling (collocazione dei siti dismessi di funzioni sostitutive economicamente vantaggiose) o di densificazione (utilizzando i singoli spazi interstiziali inutilizzati o dismessi) ma sia necessario dare negli strumenti di pianificazione spazio e respiro ai sistemi naturali, ampliando la dotazione di verde ed orti urbani (green and blue infrastructure), promuovendo la diffusione di tetti verdi e di greening delle superfici artificializzate.  


E’ dalla pianificazione che bisogna partire per contrastare il cambiamento climatico e prevenire il rischio idrogeologico, lo hanno dimostrato le più grandi metropoli del mondo: è dal 2013 che Londra ha sviluppato il progetto Green Grid per far fronte al rischio inondazione e nel contempo garantire le connessioni delle reti ecologiche, mentre New York si è dotato di un Green Infrastructure Plan.


Fonte articolo: http://www.guidaedilizia.it/Articoli.asp?ID=11528&Click=y

Deduzione Irpef a chi acquista per affittare



ll regolamento di attuazione della norma che concede la deduzione Irpef del 20% sul prezzo di acquisto degli appartamenti destinati alla locazione è stato pubblicato nella "Gazzetta Ufficiale" n. 282 del 3 dicembre 2015 (si tratta del decreto del ministero delle Infrastrutture 8 settembre 2015).


La norma (l’articolo 21, Dl 133/2014, convertito con legge 164/2014) concede all’acquirente persona fisica (non esercente attività commerciale) una deduzione dal reddito complessivo pari al 20% del prezzo di acquisto (effettuato tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2017) di unità immobiliari a destinazione residenziale, di nuova costruzione o oggetto di interventi di restauro o di ristrutturazione che:

 

• fossero "invendute" alla data del 12 novembre 2014;

• abbiano conseguito il requisito dell’agibilità tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2017 mediante il rilascio dell’apposita certificazione da parte del Comune o per intervenuta formazione del silenzio assenso di cui all’articolo 25 del Dpr 380/2001.


La definizione.
Per unità immobiliari "invendute" si intende che deve trattarsi di abitazioni che fossero già interamente o parzialmente costruite ovvero quelle per le quali, sempre alla data del 12 novembre 2014, fosse stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio comunque denominato; nonchè quelle per le quali era stato dato concreto avvio agli adempimenti propedeutici all’edificazione quali la stipula di una convenzione tra il Comune e il soggetto attuatore dell’intervento.


Deve inoltre trattarsi di unità immobiliari destinate, entro sei mesi dall’acquisto o dal termine dei lavori di costruzione, alla locazione (ma non tra genitori e figli) per un periodo continuativo di almeno otto anni (seguendo norme specifiche sull’entità massima del canone), non classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, non ubicate in zone agricole e con prestazioni energetiche certificate in classe A o B.


La deduzione.
Il 20%di deduzione può essere calcolato:
- sulla parte del prezzo non eccedente i 300mila euro (Iva compresa); nonché:
- sugli interessi passivi dipendenti da mutui contratti per l’acquisto delle unità immobiliari in questione.

La deduzione è ripartita in otto quote annuali di pari importo, a partire dal periodo d’imposta nel quale avviene la stipula del contratto di locazione e non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste da altre disposizioni di legge per le medesime spese.


I beneficiari.
Nel regolamento attuativo viene specificato che la deduzione spetta "ai soggetti titolari del diritto di proprietà dell’unità immobiliare in relazione alla quota di proprietà": in sostanza, in caso di acquisto per quota di comproprietà (ad esempio: l’acquisto di due fratelli, rispettivamente per il 70 e per il 30 per cento cadauno), a ciascun comproprietario spetta una detrazione commisurata alla rispettiva quota (e, quindi, nell’esempio, una detrazione rapportata a massimo 210mila euro per il primo fratello; e a massimo 90mila euro per il secondo fratello).


La medesima deduzione fin qui commentata spetta anche per le spese sostenute dal contribuente per contratti d’appalto stipulati al fine della costruzione di un’unità immobiliare a destinazione residenziale su aree edificabili già possedute dal contribuente stesso prima dell’inizio dei lavori (si deve trattare della costruzione di unità immobiliari che devono essere ultimate entro il 31 dicembre 2017, per le quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio anteriormente alla data del 12 novembre 2014).
Sempre entro il limite massimo complessivo di 300mila euro, la deduzione spetta anche per l’acquisto o la realizzazione di ulteriori unità immobiliari da destinare alla locazione.


Fonte articolo: Il Quotidiano del Condominio, Il Sole24Ore, vetrina web.

La Guida al saldo Imu-Tasi


Vicina la scadenza per il saldo di Imu e Tasi 2015: il calcolo dell'importo da pagare per la seconda rata dei due tributi è ancora una volta affidato ai contribuenti stessi. Non essendo tale calcolo semplicissimo, ecco una guida passo dopo passo per calcolare Tasi e Imu correttamente in occasione della scadenza del 16 dicembre 2015, entro la quale andrà versato il saldo dei due tributi.


Calcolo Tasi 2015, tra aliquote, detrazioni e inquilini: tutti i passaggi.
Per calcolare la Tasi 2015 per pagare la seconda rata in scadenza a dicembre occorre partire dalla rendita catastale dell'immobile, che può essere trovata nella visura o nel rogito. Se si vive in affitto la si può trovare indicata anche nel contratto di locazione; rimandiamo comunque gli inquilini all'articolo dedicato al pagamento Tasi per chi vive in affitto.

 

Il calcolo della Tasi per il saldo inizia rivalutando la rendita catastale del 5%, moltiplicando ovvero la cifra per 1,05.
Il secondo passaggio consiste nel moltiplicare la cifra per uno dei coefficienti fissi correlati al tipo di immobile per il quale si deve pagare la tassa. I coefficienti sono 160 per case e altri fabbricati in gruppo catastale A, 140 per quelli dei gruppi B, C3, C4 e C5, 55 per i negozi, 80 per gli immobili dei gruppi A10 e D5, 65 per gli altri immobili del gruppo catastale D.


Terzo step per calcolare la Tasi 2015 è la moltiplicazione della cifra ottenuta per l'aliquota appropriata decisa dal comune in cui si trova l'immobile. Per trovare le delibere contenenti le aliquote di qualsiasi comune è possibile effettuare una ricerca sul sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Il calcolo continua sottraendo dalla cifra ottenuta l'importo delle detrazioni Tasi 2015 alle quali si ha eventualmente diritto (anch'esse indicate nella delibera comunale).
L'importo complessivo da pagare va diviso per due per conoscere l'importo della seconda rata Tasi, in caso di inquilini a essi spetterà pagare una quota di tributo compresa tra il 10 e il 30% (in quasi tutti i casi).


Calcolo Imu 2015 per la seconda rata di dicembre: la guida essenziale.
Per calcolare la base imponibile dell'Imu 2015 si possono seguire i primi step indicati per la Tasi, ovvero: rivalutazione rendita catastale, moltiplicazione della cifra per i coefficienti fissi degli immobili per l'Imu, moltiplicazione della cifra per l'aliquota Imu appropriata, decisa sempre dal comune e reperibile sempre sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze. Una volta fatto questo si deve sempre controllare nel caso (più raro per l'Imu) dell'esistenza di detrazioni o sconti decisi dal comune, quindi dividere per due per ottenere l'importo da pagare per la seconda rata Imu 2015.


Occorre pagare il saldo Imu e Tasi 2015 entro il 16 dicembre per non incorrere in more e sanzioni; nel caso si debba pagare l'Imu sui terreni agricoli ricordiamo che a seconda della classificazione dei Comuni (montani, parzialmente montani, non montani), variano gli obblighi da parte dei contribuenti.


Consigliamo a tutti coloro che devono pagare i due tributi di controllare i calcoli di Imu e Tasi 2015 effettuati passo dopo passo con gli importi da pagare restituiti dai calcolatori online dedicati ai due tributi, per essere certi di non aver commesso errori. Tra i migliori calcolatori online di Imu e Tasi ricordiamo qui quello presente su Amministrazionicomunali.it e quello presente su Riscotel.it. 


Fonte articolo: http://it.blastingnews.com/tasse/2015/12/calcolo-imu-e-tasi-2015-per-l-importo-da-pagare-per-la-seconda-rata-00686493.html

L'Italia del 2015 si rifugia nel mattone

Nell’Italia "dello zero virgola", in cui le variazioni congiunturali degli indicatori economici sono ancora minime, "continua a gonfiarsi la bolla del risparmio cautelativo e non si riaccende la propensione al rischio".


Ma c’è "una piattaforma di ripartenza del Paese che gioca sul driver dell’ibridazione di settori e competenze tradizionali, che così si trasformano: è il nuovo Italian style".

Sono alcuni dei passaggi più significativi del 49° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. Un rapporto nelle cui "Considerazioni generali" si parla di "letargo esistenziale collettivo", di "pericolosa povertà di progettazione per il futuro, di disegni programmatici di medio period"», di "prevalere dell’interesse particolare e dell’egoismo individuale", nonché di "crescita delle diseguaglianze, con una caduta della coesione sociale e delle strutture intermedie di rappresentanza che l’hanno nel tempo garantita".


Propensione al risparmio in crescita. 
Nel corso dell’anno i principali indicatori economici hanno cambiato segno ed evidenziano movimenti verso l’alto nell’ordine di qualche decimale di punto percentuale. Ma nell’Italia "dello zero virgola" continua a gonfiarsi la bolla del cash cautelativo. "Lo dimostra - scrive il Censis - il tasso di inflazione, inchiodato intorno allo zero nonostante il poderoso sforzo della Bce con il quantitative easing, così come gli investimenti nulli".


Ammonta a più di 4.000 miliardi di euro il valore del patrimonio finanziario degli italiani. "In quattro anni (giugno 2011-giugno 2015) ha registrato un incremento di 401,5 miliardi: +6,2% in termini reali". Negli anni della crisi la composizione del portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie ha sancito il passaggio a una opzione fortemente difensiva degli italiani: il contante e i depositi bancari sono saliti da una quota pari al 23,6% del totale nel 2007 al 30,9% nel 2014, mentre sono crollate le azioni (dal 31,8% al 23,7%) e le obbligazioni (dal 17,6% al 10,8%). 


Negli ultimi dodici mesi (giugno 2014-giugno 2015) si conferma l’opzione cautelativa degli italiani, con un incremento di 45 miliardi di euro della liquidità (+6,3%) e di 73 miliardi in assicurazioni e fondi pensione (+9,4%), e con la rinnovata contrazione di azioni e partecipazioni (10 miliardi in meno, pari a una riduzione dell’1,2%). D’altro canto, il risparmio è ancora la scialuppa di salvataggio nel quotidiano, visto che nell’anno trascorso 3,1 milioni di famiglie hanno dovuto mettere mano ai risparmi per fronteggiare gap di reddito rispetto alle spese mensili. 


Riguardo agli investimenti, il mattone ha ricominciato ad attrarre risorse. Lo segnala il boom delle richieste di mutui (+94,3% nel periodo gennaio-ottobre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014) e l’andamento delle transazioni immobiliari (+6,6% di compravendite di abitazioni nel secondo trimestre del 2015 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). E si diffonde la propensione a mettere a reddito il patrimonio immobiliare: 560.000 italiani dichiarano di aver gestito una struttura ricettiva per turisti, come case vacanza o bed & breakfast, generando un fatturato stimabile in circa 6 miliardi di euro, in gran parte sommerso.


In questa fase, l’esigenza della riallocazione del risparmio in modo più funzionale all’economia reale si lega strettamente alla richiesta di scongelare quote del proprio reddito aspirate dalla fiscalità: il 55,3% degli italiani vuole il taglio delle tasse, anche a costo di una riduzione dei servizi pubblici.


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-12-04/censis-italia-zero-virgola-che-non-ritrova-gusto-rischio-093355.shtml?uuid=AC19k1mB&refresh_ce=1

Ripartizione spese nel rent to buy

Prendere in “affitto” un immobile, con la possibilità di diventarne proprietari entro una certa data, imputando a prezzo di acquisto una parte del canone indicata nel contratto.


Se questa è in sintesi la definizione del cosiddetto rent to buy, il decreto Sblocca Italia (Dl 133/14, art.23, che ha introdotto la formula nel nostro ordinamento) disegna in realtà uno schema nuovo, che non è la semplice somma di locazione e compravendita. 

Con un assetto autonomo rispetto al contratto di affitto “ordinario”, e slegato ad esempio dalle norme vincolistiche imposte su durata minima, rinnovo automatico, disdetta, eccetera. Uno schema nel quale i rapporti tra concedente e conduttore sono regolati con il richiamo alla disciplina dell’usufrutto.


Quali sono allora gli obblighi e i diritti delle parti? Il tema è tra quelli affrontati all’interno della Guida pratica per il cittadino presentata ieri a Roma dal Consiglio nazionale del Notariato insieme alle principali associazioni dei consumatori.
Il contratto di rent to buy (rtb) contiene una precisa descrizione dell’immobile. Se questo è arredato, il conduttore deve fare l’inventario: ma non si tratta di un compito inderogabile, così come si può anche evitare di fornire un’idonea garanzia. Che di solito, è la stessa prevista per la locazione, cioè un deposito cauzionale non superiore a tre mensilità: questa cauzione si calcola sulla sola parte di canone relativa all’uso dell’immobile, e alla fine va restituita con gli interessi legali, o eventualmente imputata al prezzo di cessione. 


Delle due fasi in cui si articola il rtb – concessione del “godimento” della casa e trasferimento della proprietà – la seconda è infatti solo eventuale; e l’inquilino, al termine del periodo stabilito (“garantito” dalla trascrizione, vedi schede in alto), è libero di scegliere se acquistare o meno. Nel frattempo a carico del conduttore sono le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria dell’immobile, comprese le parti comuni in condominio. Nell’ordinaria manutenzione sono incluse le riparazioni di elementi accessori degli immobili, che si deteriorano per il loro normale uso, e quindi le spese relative per esempio a interruttori, rivestimenti, sanitari, rubinetterie, eccetera.


Di regola, invece, le riparazioni straordinarie dell’immobile e delle eventuali parti condominiali sono a cura del proprietario. Tranne quelle "rese necessarie dall’inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione" da parte del conduttore (art. 1004 c.c.). Per riparazioni straordinarie si intendono quelle per assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, per la sostituzione delle travi, il rinnovamento anche solo di una parte dei tetti, solai, scale, acquedotti, muri di sostengo o di cinta; e anche tutti gli interventi su parti strutturali degli edifici, e per la sostituzione degli impianti (elettrico, idraulico, di riscaldamento, e così via). 


Sulle somme spese, tuttavia, il conduttore deve corrispondere al proprietario gli interessi, come previsto dall’articolo 1005 c.c., per tutta la durata del rapporto (in mancanza di diverso accordo, il saggio di interesse è fissato dalla legge e attualmente pari allo 0,5%).
Ma se il proprietario si rifiuta di eseguirle o le ritarda senza giusto motivo? Dopo averlo comunicato, il conduttore può farle eseguire di tasca sua, con diritto a vedersele rimborsate alla fine del rapporto. Le parti rispondono in solido degli oneri condominiali: se una delle due non paga la propria quota, insomma, l’amministratore può rivolgersi all’altra e pretendere il pagamento complessivo. Le legge non disciplina invece la ripartizione del compenso dovuto all'amministratore stesso; ma il servizio può farsi rientrare tra le spese ordinarie e quindi a carico del conduttore.


Il proprietario deve assicurare (e non pregiudicare) al conduttore il godimento dell’immobile. E procedere alla vendita nel caso questi intenda acquistare entro i termini convenuti. Se non lo fa, l’inquilino può portare a termine l’affare chiedendo una sentenza sostitutiva del rogito. O domandare la risoluzione del contratto e ricevere la parte dei canoni pagati quale corrispettivo del prezzo di vendita, più gli interessi legali (oltre a una penale aggiuntiva, se prevista). 


Da parte sua, il conduttore ha il principale obbligo di pagare il canone stabilito. Se ci ripensa, o interrompe il versamento per un numero minimo di rate pattuito (non inferiore a un ventesimo del loro ammontare complessivo), il proprietario ha diritto alla restituzione dell’immobile e – se non previsto diversamente – acquisisce per intero i canoni versati, a titolo di indennità. Mentre può chiedere l’adempimento in forma specifica (art.2931 c.c., cioè un’esecuzione forzata) nel caso l’inosservanza dell’inquilino riguardi un “obbligo di fare”, come quello di curare la manutenzione ordinaria.


Quando l’affare non si conclude, l’immobile va infine restituito nello stato in cui lo si è trovato. Se alla riconsegna si riscontrano dei guasti, può esser trattenuto l’eventuale deposito cauzionale, con diritto del proprietario a pretendere il maggior danno. La descrizione puntuale di cauzioni, diritti di recesso, penali, e altre clausole “cautelative”, che la legge lascia liberi di inserire, si intreccia con il problema di definire la parte di canone “imputabile a corrispettivo”. È quello, sottolineano i notai, l’aspetto più delicato da affrontare in fase di trattativa contrattuale, visti i contrapposti interessi in gioco.

Sito di riferimento: www.notariato.it


Fonte articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2015-12-03/ecco-come-si-dividono-spese-rent-to-buy-113911.php?uuid=ACqKbMmB&refresh_ce=1

Edifici in legno sicuri, efficienti, economici


"Ormai possiamo dirlo: non siamo più una nicchia, ma un segmento di mercato a tutti gli effetti". Per il Presidente di Assolegno, Emanuele Orsini, le ragioni della crescita delle costruzioni in legno in Italia non possono più essere circoscritte all’incremento fisiologico di un settore che muove i primi passi.


Certo, i numeri in Italia sono ancora minoritari se confrontati a quelli dell’edilizia tradizionale, ma di tutto rispetto in termini assoluti, come emerge dal Rapporto Case ed edifici in legno 2015 realizzato dal centro studi di FederlegnoArredo Eventi, che sarà diffuso oggi. 

 

 

Lo scorso anno sono state ultimate nel nostro Paese 3.025 costruzioni in questo materiale, per un fatturato complessivo di 658 milioni. Il dato più interessante è che – confermando una tendenza in atto ormai da alcuni anni – questo settore ha continuato a crescere proprio nel periodo in cui, viceversa, l’industria italiana delle costruzioni registrava perdite anche pesanti. 


Tra il 2010 e il 2014 il numero di abitazioni in nuovi fabbricati a uso residenziale (esclusi ampliamenti) è diminuito del 60%, mentre gli investimenti complessivi nel comparto edilizia sono crollati di quasi il 35% dal 2008 a oggi (stime Ance). Viceversa, la produzione di edifici prefabbricati in legno (anche a uso non residenziale) è cresciuta del 7,7% dal 2010 al 2014, passando da 559 milioni a 602,5 milioni di euro. Dei 54mila permessi di costruire rilasciati nel 2014 (stime Ance), le abitazioni in legno rappresentano il 6,4%. Una quota importante, se si considera che, fino a una decina di anni fa, tale percentuale si aggirava attorno al 2% del costruito.


Ma, al di là dei numeri, sono alcuni fattori qualitativi che decretano, secondo le parole di Orsini, "il successo del legno nell’edilizia". Il suo utilizzo, infatti, va ormai ben oltre il settore residenziale, a cui fino a pochi anni fa era limitato. Questo ampliamento delle sue applicazioni è insieme il risultato sia dell’impiego di nuove tecnologie (come i pannelli in legno massiccio a strati incrociati X-lam), sia di un cambio di mentalità nei consumatori, che hanno diffuso un po’ in tutta la Penisola questo genere di edifici. 
La maggior parte è concentrata al Nord (Trentino-Alto Adige, Lombardia e Veneto sul podio), ma sempre più progetti interessano anche le regioni del Centro e del Sud dove, secondo il vicepresidente del gruppo altoatesino Rubner Holzbau (tra le aziende leader del settore), si aprono importanti potenzialità per i prossimi anni.
L’Italia sta inoltre recuperando rapidamente il ritardo rispetto ai Paesi del Centro e Nord Europa e oggi è al quarto posto in Europa per produzione di edifici in legno, con una quota del mercato dell’8,4%, preceduta da Germania (25,4%), Regno Unito (19,2%) e Svezia (15,6%).


Nonostante il 90% delle nuove costruzioni in legno realizzate in Italia sia a uso residenziale, "sempre più spesso anche imprese, catene della grande distribuzione ed enti pubblici scelgono il legno per realizzare stabilimenti, centri commerciali, impianti sportivi ed edifici scolastici", spiega il presidente di Assolegno. Le ragioni sono le più diverse: la possibilità di ottenere in tempi rapidi strutture ad alto risparmio energetico (circa il 40%) di classe energetica A; ma anche la maggiore sicurezza sul fronte antisisimico e in caso di incendi. Tanto che, spiega Stefan Rubner, rispetto al passato sono molto cambiati anche i clienti: non più soltanto una nicchia di consumatori con alta disponibilità economica e alto grado di istruzione, ma un mix di consumatori di ogni fascia sociale e reddituale.


E la tendenza alla crescita non sembra fermarsi, osserva Emanuele Orsini, sebbene il fatturato si sia stabilizzato (anche in conseguenza della stagnazione generale del settore immobiliare): "il dinamismo del mercato delle costruzioni in legno che appare nella ricerca è confermato dall’ottimo andamento degli ordinativi: numerose aziende del settore hanno già ordini vicini al 60% della produzione programmata nel 2016.


Fonte articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2015-12-01/risparmio-e-sicurezza-spingono-case-legno--134844.php?uuid=ACHXVDkB

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