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News dal franchising (890)

Nuove regole di Certificazione energetica in vigore da oggi

Entrano in vigore oggi 29 giugno le nuove norme UNI/TS 11300 relative alle prestazioni energetiche degli edifici e UNI 10349 sui dati climatici relativi al riscaldamento e raffrescamento degli edifici.


Le norme sono state pubblicate tre mesi fa ed entrano in vigore oggi (90 giorni dopo la pubblicazione) per garantire il necessario aggiornamento dei sistemi di calcolo della prestazione energetica degli edifici.
 

 

COSA CAMBIA PER GLI APE

Quali impatti avranno le nuove norme nella redazione dell’APE? I certificatori energetici dovranno utilizzare le nuove norme UNI nel processo di redazione degli Attestati di Prestazione Energetica degli edifici. Ad esempio diventa obbligatorio stimare anche i consumi derivanti da ascensori, scale mobili e marciapiedi mobili (per le categorie di edifici dove la stima è prevista), da calcolare secondo la UNI/TS 11300-6.


Le nuove UNI/TS 11300

Le revisione delle parti 4, 5 e 6 della UNI/TS 11300 seguono quelle dell’ottobre 2014.
- La revisione della UNI/TS 11300-4 (fonti rinnovabili e altri metodi di generazione) calcola il fabbisogno di energia per la climatizzazione invernale e la produzione di acqua calda sanitaria nel caso vi siano sottosistemi di generazione (impianti solari termici, generatori a combustione alimentati a biomasse,  pompe di calore, impianti fotovoltaici, cogeneratori, sottostazioni di teleriscaldamento) che forniscono energia termica utile da energie rinnovabili o con metodi di generazione diversi dalla combustione a fiamma di combustibili fossili trattata nella UNI/TS 11300-2.

- La UNI/TS 11300-5 fornisce metodi di calcolo per determinare in modo univoco e riproducibile il fabbisogno di energia primaria degli edifici sulla base dell’energia consegnata ed esportata e la quota di energia da fonti rinnovabili, applicando la normativa tecnica citata nei riferimenti normativi. La UNI/TS 11300-5 sostituisce la “Raccomandazione CTI 14:2013”.

- La UNI/TS 11300-6 fornisce dati e metodi per la determinazione del fabbisogno di energia elettrica per il funzionamento di impianti destinati al sollevamento e al trasporto di persone o persone accompagnate da cose in un edificio (ascensori, scale mobili e marciapiedi mobili), sulla base delle caratteristiche dell’edificio e dell’impianto. I suddetti metodi di calcolo tengono in considerazione solo il fabbisogno di energia elettrica nei periodi di movimento e di sosta della fase operativa del ciclo di vita.


Le norme UNI 10349

La nuova versione della norma UNI 10349 è la revisione delle parti 1, 2 e 3 dell’edizione precedente, che risale al 1994. Le nuove norme sono dunque:
 
- la UNI 10349-1 riguarda le medie mensili per la valutazione della prestazione termo-energetica dell’edificio e metodi per ripartire l’irradianza solare nella frazione diretta e diffusa e per calcolare l’irradianza solare su di una superficie inclinata;
 
- il rapporto tecnico UNI/TR 10349-2 riguarda i dati di progetto. Il rapporto tecnico fornisce, per il territorio italiano, i dati climatici convenzionali necessari per la progettazione delle prestazioni energetiche e termoigrometriche degli edifici, inclusi gli impianti tecnici per la climatizzazione estiva ed invernale ad essi asserviti. I dati di progetto contenuti nel rapporto tecnico sono rappresentativi delle condizioni climatiche limite, da utilizzare per il dimensionamento degli impianti tecnici per la climatizzazione estiva e invernale e per valutare il rischio di surriscaldamento estivo;
 
- la UNI 10349-3 riguarda le differenze di temperatura cumulate (gradi giorno) ed altri indici sintetici. La norma fornisce metodi di calcolo e prospetti di sintesi relativi a indici sintetici da utilizzarsi per la descrizione climatica del territorio. La UNI 10349-3 completa la UNI EN ISO 15927-6 fornendo la metodologia di calcolo per la determinazione, sia nella stagione di raffrescamento, sia nella stagione di riscaldamento degli edifici, dei gradi giorno, delle differenze cumulate di umidità massica, della radiazione solare cumulata su piano orizzontale e dell’indice sintetico di severità climatico del territorio. Gli indici possono anche essere utilizzati per una prima verifica di massima degli impianti.


Il pacchetto normativo sulla prestazione energetica nell’edilizia

È dunque completo il pacchetto normativo a supporto della Legge 90/2013 (di conversione del DL 63/2013 che ha recepito in Italia la Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia) e dei relativi decreti attuativi:
- Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici (DM 26 giugno 2015);
- Metodologie di calcolo delle prestazioni e requisiti minimi (DM 26 giugno 2015)
- Schemi per la relazione tecnica di progetto (DM 26 giugno 2015). 


Fonte articolo: Edilportale.com

Dopo 7 anni il Pil dell'edilizia torna a crescere anche al Sud

L'Istat non lo dice, ma la lettura sembra evidente: l'accelerazione della spesa per investimenti legati all'ultimo anno della programmazione 2007-2013 (in gran parte concentrati nelle Regioni "convergenza": Sicilia, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata) ha invertito la rotta dell'edilizia nel Mezzogiorno. 
Dopo sette anni di cali ininterrotti il Pil nel Sud Italia ha registrato per la prima volta, lo scorso anno, un recupero in valori reali, pari al +1,0%, leggermente superiore al dato nazionale del Pil (+0,8%).


I dati emergono dalla "Stima preliminare del Pil e dell'occupazione a livello territoriale", dati resi noti ieri dall'Istat. 



Nei numeri complessivi del Pil le variazioni fra territori sono modeste: nel 2015 il Prodotto interno lordo (Pil), a valori concatenati, ha infatti registrato un aumento identico a quello nazionale nel Nord-est (+0,8%), più modesto nel Centro (+0,2%) e lievemente superiore alla media nazionale nel Nord-ovest (+1,0%) e nel Mezzogiorno (+1,0%).


Le differenze si fanno invece marcate nel settore delle costruzioni. Nel Centro-Nord la crisi dell'edilizia è proseguita, con -1,4% nel valore aggiunto (Pil), mentre nel Sud la situazione è stata speculare, con una crescita del +1,4% rispetto al 2014. La media nazionale delle costruzioni è del -0,7%, dunque il Sud ha fatto meglio per 2,1 punti percentuali.
In realtà, per le costruzioni, il Nord non è stato tutto uguale. Nel Nord-Ovest la ripresa è già partita nel 2015, con Pil a +1,2%, un dato simile al +1,4% del Sud. Forti invece i cali del Nord-Est (-2,7%) e ancora peggio al Centro (-4,1%).


Per quanto riguarda l'occupazione, invece, la situazione in edilizia (ancora perdita di occupati per l'1,6%) è peggiore della media nazionale (+0,6%). 
Ancora una volta, però, il Sud fa da locomotiva, con +1,6% di occupazione in edilizia nel 2015, mentre il Centro-Nord nel suo complesso (sempre edilizia) ha fatto -2,9%. Con differenze regionali, ma senza eccezioni al segno meno: il Nord-Ovest, che pure nel Pil delle costruzioni è cresciuto dell'1,2%, nell'occupazione è sceso dello 0,2%. Ancora peggio nel Nord-Est (occupazione -4,2%) e al Centro (-5,3%).


Fonti articolo: Ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com

Scenari immobiliari possibili a pochi giorni dalla Brexit

L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ha lasciato tutti senza parole.


Una data che passerà alla storia, quella del 23 giugno 2016, e che inizia a riscrivere il domani del Vecchio Continente.

Le ripercussioni a livello finanziario le abbiamo sentite in questi giorni dai tg di tutto il mondo. Ma cosa accadrà al mercato italiano delle costruzioni? L’immobiliare, già da anni in un vortice di crisi profonda, come ne uscirà? Certo si presentano rischi ma anche nuove opportunità, soprattutto per chi avrà voglia di rischiare.


L’exit della Gran Bretagna dall’Europa avrà certamente un impatto, negativo o positivo a seconda dei punti di vista, sul mercato immobiliare, ha sottolineato Alessandro Ghisolfi, Responsabile del Centro Studi di Casa.it.


Londra è reputata da sempre il punto di riferimento per gli investimenti nel mattone, sia da parte dei top spender privati che dei principali fondi di equity (privati e pubblici) mondiali. Il valore degli investimenti immobiliari è ovviamente legato all’economia del Paese e ora, soprattutto, al tasso di cambio della Sterlina.


Sarà indispensabile analizzare le possibili reazioni, non appena superato lo shock dell’esito del referendum. E’ abbastanza facile intuire che se la Sterlina perderà molto terreno nei confronti di Dollaro e Euro, per chi ha investito in questi anni si presenterà uno scenario poco attraente, mentre per chi avrà voglia di rischiare, le occasioni per fare shopping immobiliare non mancheranno.


Se davvero i danni all’economia reale si avverassero, come da sempre sostengono i contrari alla Brexit, allora il mercato del mattone ne subirebbe le conseguenze peggiori. Intanto, già oggi non pochi potenziali acquirenti di case si sono fermati e hanno rinviato la loro decisione, in attesa di capire meglio cosa succederà. Il fatto è che il percorso di uscita di un Paese membro dall’Ue va negoziato. Si tratta di un processo che durerà, nella migliore delle ipotesi, almeno due anni. Due anni di incertezza, quindi non il meglio per i mercati, durante i quali, peraltro, il Regno Unito continuerà a essere contributore netto dell’Ue.


Sul fronte delle case vacanza, gli impatti peggiori li potremo subire sul nostro territorio nell’ipotesi che la Sterlina si svaluti fortemente. Il flusso di inglesi alla ricerca della casa da comprare in Italia si ridurrebbe notevolmente così come di chi viene in affitto.
Potrebbe diventare invece un momento positivo per noi italiani che cercassimo di trascorrere le vacanze in Inghilterra, perchè diminuirebbero i canoni così come il costo della vita in genere.


Fonte articolo: Infobuild.it

Italia leader in Europa per riqualificazione; proposte ENEA per condomìni

Le famiglie italiane hanno investito, tra il 2007 e il 2015, quasi 28 miliardi di euro sull’efficienza energetica delle proprie case e realizzato 2,5 milioni di interventi di riqualificazione anti-spreco.


È quanto emerge dal V Rapporto sull’Efficienza energetica presentato dall’Enea al Ministero dello Sviluppo Economico. Il Rapporto pone il nostro Paese tra "i leader in Europa in questo campo, con un livello d'intensità energetica del 18% inferiore della media Ue".

 

Secondo il report dell'Enea questo tipo di scelta green "sostiene una filiera da 50mila posti di lavoro in media l'anno" e "complessivamente nel periodo 2005-2015, con le misure per l'efficienza energetica, sono stati risparmiati quasi 10 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) l'anno, evitando 26 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 e 3 miliardi di euro di spese per importare fonti fossili", petrolio e gas.


Il Rapporto evidenzia che nel 2014 la domanda di energia è calata del 3,4% rispetto all’anno precedente, attestandosi sui 151 Mtep. Il 37,1% dei consumi finali è stato assorbito dal settore civile, seguito da trasporti (33,3%) e industria (21,3%).
Nel 2014 il settore residenziale ha visto scendere i consumi del 15% rispetto al 2013 con 25,5 Mtep. Nel settore non residenziale i consumi hanno registrato un calo del 6,7% attestandosi a 19,2 Mtep. Anche nei trasporti l’utilizzo di combustibili fossili è sceso al 95,7% rispetto al 99% del 2007.


L'Italia ha raggiunto "il 32% dell’obiettivo di risparmio al 2020 fissato dal Piano nazionale di efficienza energetica 2014"; tra gli strumenti più efficaci "i certificati bianchi e le detrazioni fiscali per le riqualificazioni energetiche".
Neo di questo processo virtuoso sono forse i grandi condomini: alla ristrutturazione dei singoli alloggi infatti spesso non si riescono ad affiancare lavori di riqualificazione energetica dell’intero edificio. Che sono poi quelli che portano ai maggior risparmi.


In questo contesto nasce l’idea di un “bonus condomini” garantito da un fondo pubblico che spinga la riqualificazione energetica e aiuti le famiglie meno abbienti. L’Enea ha proposto l’attivazione di un Fondo pubblico e il coinvolgimento delle Esco. Si tratta di società che effettuano interventi di efficientamento energetico sostenendo il rischio dell’investimento, ma che poi usufruiscono del risparmio che l’intervento genera. Cedendo il bonus a queste società, i condòmini potrebbero riqualificare le proprie abitazioni senza sostenere le spese iniziali.


"Abbiamo fatto una proposta tecnica, che parte da quello che non ha funzionato, e il Governo la sta valutando – ha dichiarato il Presidente dell'Enea, Federico Testa –. Con la legge attuale che prevede un bonus per la ristrutturazione e l'efficienza energetica al 65%, sono stati fatti importanti interventi ma che hanno coinvolto solo alcune tipologie (finestre e caldaie a condensazione) e tipologie di edilizia (appartamenti singoli, villette). Non si è arrivati ai condomìni anni '50 e '60, all'edilizia popolare, per questo bisogna inventarsi un meccanismo".


Efficienza energetica, il ruolo degli incentivi

Sul risultato raggiunto hanno pesato positivamente i certificati bianchi e gli Ecobonus per la riqualificazione energetica degli edifici, che sono stati utilizzati prevalentemente per interventi di isolamento termico, sostituzione degli infissi e installazione di impianti di riscaldamento più efficienti.


Per far conoscere meglio a cittadini e imprese le potenzialità degli interventi di efficientamento energetico è stato avviata la Campagna nazionale “Italia in classe A”.
Nel primo anno della campagna, particolare attenzione sarà dedicata alla PA dato che gli oltre 13mila edifici pubblici consumano circa 4,3 TWh di energia/anno, con una spesa complessiva di 644 milioni di euro. Con gli interventi di efficientamento questi consumi potrebbero essere ridotti fino al 40%.


Fonti articolo: Casa24.ilsole24ore.com, Edilportale.com

Mercato immobiliare e capacità d'acquisto delle famiglie

Un tempo dicevano: con il "mattone" non si sbaglia mai. Eppure, ai tempi della crisi, alle famiglie italiane qualche dubbio inizia a sorgere.


Anche perché il mutuo da pagare è una spesa importante, che non tutti riescono ad affrontare. Soprattutto tra i giovani. 

Una famiglia su quattro fatica a pagare il mutuo per l’acquisto della casa 

Se l’anno scorso a dichiarare grosse difficoltà sulle spese era il 14,4% delle famiglie, oggi la percentuale è salita al 22,8% con il rischio che i casi di sofferenze bancarie possano aumentare ancora. È quanto emerge da uno studio realizzato dall’istituto di ricerca Nomisma sulla situazione delle famiglie italiane nel 2016. 


CreScono le seconde case ad uso familiare 

Perché, se i giovani non possono dare garanzie alla banche, a comprare loro casa – quando possibile – sono mamma e papà. Quella che appare è la "fotografia di un processo di polarizzazione in cui si rafforza in maniera preoccupante la dipendenza tra il background familiare e la capacità reddituale delle giovani generazioni”. Insomma, nel nostro paese sono sempre di più i ragazzi che, non guadagnando abbastanza, dipendono ancora - nei fatti - dalle entrate dei genitori.


Tra i paesi Ocse l’Italia è uno dei paesi in cui maggiormente i redditi dei figli sono correlati a quelli delle loro famiglie. Anche per questo è altissima la percentuale di studenti delle scuole secondarie che sognano di vivere all'estero: a voler migrare oltre confine è quasi la metà di loro, con percentuali che si aggirano intorno al 40 per cento


La ripresa c'è, ma non si vede 

Pur confermando "i modesti miglioramenti delle condizioni economiche delle famiglie osservati da Istat – spiega Nomisma - nella prima parte dell’anno sembra essere aumentata la consapevolezza delle fragilità del sistema Paese e della transitorietà di alcuni innegabili segnali positivi registrati nell'ultimo anno". E se l'anno scorso il clima di fiducia aveva fatto impennare le richieste di prestiti alla banche, ora le famiglie si trovano in difficoltà a restituire le somme agli istituti di credito.   


Se si guarda quindi all'intenzione delle famiglie di fare investimenti a lungo termine, come acquistare una casa, il clima che si rileva è di sostanziale congelamento: cresce il numero di famiglie che non riesce a risparmiare e, quel poco che ha, lo spende. Quel piccolo aumento dei redditi insomma finisce per alimentare i consumi a scapito di investimenti a lungo termine. A farne le coseguenze proprio il mercato immobiliare: l’anno scorso gli acquisti di abitazioni hanno riguardato l'1,8% delle famiglie (464.000) mentre quello di chi è interessato a comprare casa si è ridotto addiritura di 500 mila unità.


Fonte articolo: Rainews.it

 

Pignoramento illegittimo: il creditore risarcisce i danni da stress


La domanda al risarcimento dei danni subiti dal debitore per una procedura illegittima da parte del creditore o dell'Ente, può essere avanzata ai sensi dell'art. 96, comma secondo, cod. proc. civ. e presuppone perciò l'istanza di parte, nonché l'accertamento dell'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito il provvedimento viziato e della mancanza della normale prudenza in capo all'Agente della riscossione. Ne consegue che, però, non sono risarcibili le insoddisfazioni costituenti conseguenze non gravi ed insuscettibili di essere monetizzate perché bagatellari”. 


Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12413 del 16 giugno 2016 in merito alla responsabilità del creditore per aver attivato una procedura illegittima. 



IL CASO

Il Tribunale di Taranto, accogliendo le domande di Tizia nei confronti della Società Gestione Entrate e Tributi, dichiarava la nullità dell'iscrizione di un atto amministrativo e condannava la società al pagamento della somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Avverso tale pronuncia, la società proponeva impugnazione in appello; la corte territoriale, con sentenza rigettava la domanda e confermava la condanna della società al pagamento del risarcimento del danno dovuto ai sensi dell'art. 96 cod. proc. civ. Per le ragioni esposte, la società proponeva ricorso per cassazione.


Il pignoramento immobiliare 

È una procedura che permette, nei casi in cui il debitore sia intestatario di uno o più beni immobili, di pignorare e vendere all'asta il bene per soddisfare il credito. In linea generale, i creditori possono intraprendere una procedura esecutiva per qualsiasi importo (sempre che ne abbiano una reale convenienza economica), tuttavia bisogna distinguere se ad azionare l'esecuzione forzata è un agente della riscossione (Equitalia) oppure un privato.


Nel caso di pignoramento del creditore privato, in base all'art.2740 c.c. “il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”, quindi, i creditori privati (come banche, fornitori, ecc.) potranno ipotecare e procedere alla vendita di un bene immobile del debitore, come un terreno o la casa (anche se sia la prima dove egli ha stabilito la propria residenza). In tale situazione, non esiste alcun limite quando si tratta di tali soggetti, che possono procedere, così come avviene per i pignoramenti mobiliari e presso terzi per qualunque importo, anche di basso ammontare, sempre che ne ravvisi l'utilità.


Nel caso di pignoramento di Equitalia, in questo caso sono presenti dei limiti: in base al “genere”, sarà pignorabile l'immobile, anche unico, adibito a studio professionale, oppure dato in affitto a terzi ma non l'unica casa adibita ad abitazione; in base al “valore”, prima del pignoramento dovrà sempre iscrivere ipoteca; tale ipoteca potrà essere iscritta solo per un debito superiore a 20.000 euro e, infine, il pignoramento potrà essere avviato solo per un debito superiore a 120mila euro.


Il pignoramento illegittimo. In generale, il pignoramento di un immobile è sempre lecito quando sorretto da un valido titolo esecutivo (ossia una sentenza, un contratto di mutuo, un decreto ingiuntivo, ecc.). Diverso è, però, il discorso quando il titolo esecutivo viene revocato a seguito di un'opposizione, perché ritenuto insussistente o illegittimo. In tal caso, non solo l'eventuale pignoramento deve essere revocato, ma al debitore che, per causa di tale pignoramento, non abbia potuto pagare i propri debiti con lo stesso o altri soggetti, è dovuto anche un risarcimento del danno (Cass. sent. n. 10518/2016).


L'orientamento della responsabilità aggravata. In giurisprudenza è ormai pacifico che l'art. 96 c.p.c. disciplina una responsabilità in capo al soccombente che, all'interno del processo, abbia compiuto un'attività qualificabile quale "illecito processuale", quando il comportamento assume modalità illecite sostanziandosi nell'abuso del diritto di agire o resistere in giudizio. Una responsabilità speciale rispetto alla generale norma di cui all'art. 2043 c.c. e devoluta al giudice cui spetta conoscere il merito della controversia (Cass. n. 17523 del 2011). Sicché, per le su esposte considerazioni, secondo una recente sentenza (Corte di Cassazione con la sentenza n. 6533 del 5 aprile 2016) "non sussiste alcuna ragione per cui le norme sulle responsabilità patrimoniali non possano trovare un limite nell'abuso del diritto".


A dire della Cassazione, il novellato art. 111 Costituzione (giusto processo) comporta l'ingiustizia di un processo che sia esito di un abuso del diritto, derivante dall'utilizzo, in modo sproporzionato, dei mezzi di tutela. Quindi il mancato utilizzo della "normale prudenza" nell'aggressione dei beni del debitore - prevista dall'articolo 96 c.2 del codice di procedura, - e cioè il superamento di un terzo del valore del credito (articolo 2875 del codice civile), farà scattare le sanzioni processuali; ne discende che iscrivere un'ipoteca sproporzionata comporta la responsabilità aggravata del creditore.


I precedenti del risarcimento del danno da stress da Fisco 

Nel momento in cui viene provato che l' ha agito per negligenza (colpa), attivando in questo senso una serie di attività a danno del contribuente (pignoramento), deve essere risarcito il danno da stress. Questo è il principio di diritto emerso dalla Ctp di Roma con la sentenza 52/26/08 che ha condannato l' per lite temeraria. Nel caso in esame il debito riveniva dalle imposte non pagate da una signora la cui eredità era stata esplicitamente rifiutata dalla figlia. I giudici, pertanto, oltre a rifarsi all'articolo 2043 del Codice civile e 96 co. 2 c.p.c. , hanno voluto riconoscere al contribuente anche un danno morale connesso al "patema d'animo e allo stress" determinati dalla tenace resistenza delle Entrate, nonché dell'impossibilità di rinegoziare il contratto di mutuo sull'immobile a causa della illegittima iscrizione ipotecaria.


In altra pronuncia Ctp di Milano n. 314/15/07 è stato evidenziato che l'Ufficio, pur trovandosi dalla parte del torto, ha continuato ad avanzare in maniera scriteriata le pretese verso il cittadino. Tuttavia, le argomentazioni delle Entrate, "sono state considerate come inopportune e gravemente pregiudizievoli per la conservazione di un corretto rapporto tra e contribuente, trattato senza il doveroso rispetto e addirittura con ironia in deciso contrasto, quindi, con quanto previsto dallo Statuto del contribuente".


Il ragionamento della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12413 del 16 giugno 2016. La sentenza in esame non esclude a priori il risarcimento da stress, ma lo elimina solo in quei casi in cui non vi sia un pregiudizio effettivo e percepibile. Invece, laddove le conseguenze del comportamento illegittimo di Equitalia siano gravi e possano essere quantificate, allora è possibile chiedere l'indennizzo al giudice, insieme all'atto di ricorso. Questo è il tipico caso di un pignoramento immobiliare illegittimo (es. ipoteca su una casa che blocca le trattative di vendita).


Affinché sia possibile richiedere il risarcimento, occorre chi vi sia la c.d. responsabilità processuale aggravata dell'Ente intesa come mala fede o colpa grave. In questi casi, ne discende che “il giudice tributario può conoscere anche la domanda risarcitoria proposta dal contribuente ai sensi dell'art. 96 cod. proc. civ., , potendo, altresì, liquidare in favore di quest'ultimo, se vittorioso, il danno derivante dall'esercizio, da parte dell' finanziaria, di una pretesa impositiva "temeraria", in quanto connotata da mala fede o colpa grave, con conseguente necessità di adire il giudice tributario, atteso che il concetto di responsabilità processuale deve intendersi comprensivo anche della fase amministrativa che, qualora ricorrano i predetti requisiti, ha dato luogo all'esigenza di instaurare un processo ingiusto”. (In tal senso Cass. S.U. n. 13899/13, nonché da Cass. n. 3003/14, n. 27534/14 e, da ultimo, ord. n. 3376/16).


Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto,la Corte di Cassazione con la pronuncia in commenti ha rigettato il ricorso della contribuente in quanto, per i giudici, "non erano risarcibili comunque i danni consistenti in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altra espressione di insoddisfazione, costituenti conseguenze non gravi e insuscettibili di essere monetizzate perché bagatellari".


Fonte articolo: Condominioweb.com

Il direttore dei lavori è responsabile dei difetti di costruzione

Tutti responsabili per i difetti di costruzione del condominio: lo stabilisce l’articolo 1669 del Codice civile in materia di rovina e difetti di cose immobili, che presuppone un genere di responsabilità nella quale incorre certamente l’appaltatore che ha materialmente edificato il fabbricato, ma anche tutti quei soggetti che, a vario titolo, hanno concorso alla realizzazione dell’opera, in particolare, il progettista e il direttore dei lavori che hanno concorso alla determinazione dell’evento dannoso.


Un principio richiamato dalla Cassazione con la sentenza 8700/2016.

 

Con specifico riferimento a quest’ultima figura professionale, infatti, per il direttore dei lavori - nominato dal committente o dall’appaltatore - la responsabilità assume i contorni di quella extracontrattuale, pertanto, può anche concorrere con quella di questi ultimi ma solo quando le rispettive azioni o omissioni, costituiscono autonomi fatti illeciti che hanno contribuito causalmente a produrre l’evento dannoso.


Il direttore dei lavori, quindi, in particolare quando viene nominato dall’appaltatore, risponde del fatto dannoso cagionato sia qualora non si accorga del pericolo, sulla scorta dell’esigibile capacità tecnica e perizia applicabile al caso concreto, ma anche qualora ometta di assegnare le dovute direttive, eventualmente esprimendo anche il suo dissenso nella prosecuzione dei lavori qualora non venissero concretamente seguite.
Tali principi sono stati espressi dalla II sezione civile della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8700, pubblicata in data 3.05.2016, relatore Orilia.


IL CASO

Il condominio citava in giudizio l’impresa costruttrice, nonché venditrice dell’immobile in condominio, per ottenere il risarcimento dei danni da infiltrazioni d’acqua e umidità. Nel costituirsi in giudizio, questa negava ogni responsabilità ritenendo che i danni, ove effettivamente esistenti, fossero imputabili in via esclusiva al progettista nonché direttore dei lavori, chiedeva pertanto la sua chiamata in causa.


Dopo i gradi di merito la causa arriva in Cassazione, che afferma: "Costituisce obbligazione del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica e pertanto egli non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente".


E queste responsabilità sarebbero emerse chiaramente dalla Ctu, né il direttore dei lavori si sarebbe potuto avvalere del "principio dell’esclusione di responsabilità per danni in caso di soggetto ridotto a mero esecutore di ordini (...) si attaglia, ricorrendone determinate condizioni, alla figura dell’appaltatore, ma non a quella del direttore dei lavori il quale - come si è visto - assume, per le sue peculiari capacità tecniche, precisi doveri di vigilanza correlati alla particolare diligenza richiestagli: ragionare diversamente significa negare in radice la figura del direttore dei lavori".


Inoltre, prosegue la Cassazione, con riferimento al direttore dei lavori nominato dall’appaltatore "è stato altresì precisato che egli risponde del fatto dannoso verificatosi sia se non si è accorto del pericolo, percepibile in base alle norme di perizia e capacità tecnica esigibili nel caso concreto, che sarebbe potuto derivare dall’esecuzione delle opere, sia se ha omesso di impartire le opportune direttive al riguardo nonché di controllarne l’ottemperanza, al contempo manifestando il proprio dissenso alla prosecuzione dei lavori stessi ed astenendosi dal continuare la propria opera di direttore se non venissero adottate le cautele disposte".


Siamo, quindi, davanti a una responsabilità extracontrattuale da valutare alla stregua della diligenza e competenza professionale esigibile in questi casi, che può anche concorrere con quella del committente e dell’appaltatore "se le rispettive azioni o omissioni, costituenti autonomi fatti illeciti, hanno contribuito causalmente a produrlo". 


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Detrazione 20% su acquisto di qualunque immobile da affittare

Il Dl 133/2014 ha introdotto una deduzione del 20% sull'acquisto di immobili da affittare per un periodo minimo di otto anni.


Nelle risposte a Telecatasto, l'Agenzia delle Entrate ha sottolineato come tale bonus sussiste anche nel caso in cui a vendere la casa non sia un'impresa costruttrice o una cooperativa edile. Non solo, viene ribadito che gli otto anni della durata della locazione possono essere comprensivi anche dell'eventuale rinnovo per legge, come nel caso di un contratto 4+4.

Acquisto da imprese costruttrici o cooperative edili

Sebbene la prima formulazione dell'articolo 21 del dl 133/2014 prevedeva che gli immobili dovessero essere venduti da imprese costrtturici o cooperative edili, tale requisito non esiste nel testo di conversione in legge. Infatti, afferma il Fisco, rispetto all’originaria formulazione dell’art.21, nella quale venivano individuati quali soggetti cedenti le imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, le cooperative edilizie o le imprese esecutrici degli interventi di recupero incisivo, l’attuale norma non pone alcun vincolo alla qualifica del soggetto cedente. Sul tema, neanche il DM attuativo dell’8 settembre 2015 ha imposto una specifica qualifica in capo al cedente, cosicché si può ritenere che il beneficio è riconosciuto a prescindere dal soggetto cedente l’unità immobiliare.


Durata contratto di affitto

Secondo il Fisco, l'ambito di applicazione della norma dell'articolo 21 del dl 133/2014 riguarda tutti i contratti di locazione che abbiano una durata di anni otto, ricomprendendo anche le ipotesi in cui il contratto abbia tale periodo di efficacia per effetto di proroghe, previste per legge o concordate tra le parti.


Fonte articolo: Idealista.it

L'economia circolare per edifici smart e le proposte dell'Ance

Una casa circolare. Costruita (o recuperata) con strutture prefabbricate e riutilizzabili. Progettata con moduli a strati, intercambiabili, che permettono flessibilità nella disposizione delle pareti, dell’impiantistica degli arredi. Modificabile nel taglio degli spazi, nell’ottica di rendere possibile una nuova eventuale suddivisione delle stanze.


Efficiente e capace di riciclare e trattare le acque piovane. Domotica, smart e dotata di elettrodomestici intelligenti, che dialogano fra di loro. Abitata condividendo una parte degli spazi, in modo innovativo. In grado di produrre al suo interno il cibo, come una vertical farm.

È il risultato che potrebbe scaturire dall’applicazione dell’economia circolare all’edilizia. Un’opportunità che, tradotta in termini di mercato e dopo anni di pesante crisi del settore, potrebbe generare ricavi per 1.010 miliardi entro il 2030, secondo le stime di una ricerca sviluppata quest’anno da McKinsey, Ellen McArthur Foundation e Sun. Di questo valore, circa 90 miliardi potrebbero interessare il comparto immobiliare italiano: spalmato negli anni, significa circa 6 miliardi l’anno di risparmi traducibili in potenziali investimenti.


Che il recupero e la riqualificazione siano la strada maestra per il futuro del mattone è un dato ormai assodato. Che occorra spingere sull’efficienza è addirittura un diktat. Rispetto a questi orizzonti, però, l’economia circolare si spinge più in là. Applicata alla costruzione e riqualificazione degli immobili significa mettere a punto nuovi processi produttivi, che impiegano la tecnologia per garantire alti gradi di efficienza a costi sostenibili.


L'IDEA DELL'ECONOMIA CIRCOLARE APPLICATA ALL'EDILIZIA

"Oggi l’industria delle costruzioni spreca il 57% del proprio tempo produttivo mentre in media, in Europa, il 54% dei materiali che derivano dalla demolizione vengono conferiti in discarica", spiega Thomas Miorin, fondatore di REbuild, evento che si occupa di innovazione per la riqualificazione e gestione immobiliare e che nell’edizione in programma il 21 e 22 giugno prossimi a Riva del Garda metterà al centro della riflessione proprio il tema dell’economia circolare nell’edilizia e che avrà fra i suoi ospiti David Cheshire, autore della pubblicazione Building Revolutions.


"Riutilizzare i materiali già esistenti e progettare pensando all’edificio come fosse una banca di materiali e di componenti e immaginando già una flessibilità futura è uno dei grandi obiettivi da raggiungere – prosegue Miorin -. Così come pensare a nuovi modelli anche per la gestione degli spazi". Sempre secondo la ricerca realizzata da McKinsey, il 60% degli immobili utilizzati per ufficio e il 50% delle abitazioni sono ritenute, dalle persone che li occupano, spazi troppo grandi per l’uso effettivo che se ne fa.


Esistono già esempi concreti. La F87 (Efficiency house plus with electromobility), inaugurata un anno fa nel cuore di Berlino è il frutto di anni di ricerca di un team interdisciplinare di architetti, ingegneri e universitari, capeggiato dal professor Werner Sobek, direttore Ilek (Institut für Leichtbau Entwerfen und Konstruieren) ed è un esempio di immobile realizzato con un sistema costruttivo che ne permette lo smantellamento e il riciclaggio completo al termine del suo ciclo di vita.


LE PROPOSTE DELL'ANCE

Durante il convegno "Verso il futuro. Idee e strategie per governare il cambiamento", organizzato in occasione del Settantennale della fondazione dell'Ance, è emersa la necessità di una nuova politica urbana in Italia, per far recuperare competitività ai nostri territori e migliorare la qualità della vita dei cittadini. L'associazione ha colto l'occasione per illustrare una serie di proposte - da inviare al governo - per trasformare le città in motori di sviluppo.


L'Ance ha individuato alcune proposte per delineare strumenti utili all'avvio di una nuova politica urbana in Italia che punti alla riqualificazione del patrimonio esistente e alla trasformazione delle città.


Tre leve per la rigenerazione urbana

- Risorse: programmazione organica e efficace dei fondi pubblici disponibili;
- fisco: misure per garantire la convenienza economica degli interventi di riqualificazione;
- norme: semplificazione delle procedure urbanistiche e certezza dei tempi.


Un nuovo approccio per l’utilizzo dei fondi pubblici

- Cambiare approccio e ragionare in termini di veri fabbisogni e non di finanziamenti disponibili;
- evitare logiche di distribuzione a pioggia delle risorse;
- realizzare interventi in grado di migliorare la qualità della vita e far crescere l’attrattività delle città.


Fisco come motore della riqualificazione urbana

Si deve premiare la domanda di prodotti nuovi o riqualificati di elevata qualità energetica, strutturale e architettura:

- sostituzione edilizia. Occorre incentivare fiscalmente la sostituzione edilizia estendendo il bonus irpef per la riqualificazione agli interventi di demolizione e ricostruzione anche in presenza di aumenti volumetrici, purché comportino un miglioramento dell’efficienza energetica dell’edificio;

- rottamazione vecchi edifici. bisogna ridurre il carico fiscale (imposte di registro e ipo catastali fisse) nelle operazioni di permuta tra gli edifici vecchi e nuovi e nel trasferimento di immobili a imprese che si impegnino a realizzare o riqualificare edifici ad elevati standard energetici;

- case ad alta efficienza energetica. E’ necessario prorogare la detrazione irpef pari al 50% dell’iva sull’acquisto di abitazioni in classe a o b, per eliminare la disparità di trattamento fiscale tra abitazioni vecchie ed energivore e quelle nuove e più efficienti.Vanno stabilizzati e rimodulati gli incentivi sulla riqualificazione e gli ecobonus premiando gli interventi che consentono di ottenere i migliori risultati di risparmio energetico;

- capitali privati per la riqualificazione. Detassare i dividendi di chi investe nel capitale di rischio di imprese impegnate in operazioni di rigenerazione delle città.


Semplificazione delle procedure e certezza dei tempi

Per incentivare l’attività sulla città costruita è necessario rendere gli interventi di demolizione e ricostruzione agevoli, diffusi ed economicamente sostenibili e c​oncepire la sostituzione del patrimonio edilizio come strumento ordinario di intervento sul territorio, essenziale nella prospettiva di contenere il consumo di nuovo suolo attraverso:

​- demolizione e ricostruzione per rendere semplici e convenienti gli interventi di sostituzione edilizia bisogna superare la rigidità delle disposizioni in tema di altezze, distanze, densità edilizia e prevedere una riduzione degli oneri concessori da versare al comune;

- ristrutturazione edilizia: consentire che la modifica dei prospetti sia classificata come «ristrutturazione leggera» e determinare i costi di costruzione da versare al comune in proporzione al miglioramento dell’efficienza energetica degli immobili;

- cambi di destinazione d’uso: ripensare l’utilizzo degli immobili in linea con le nuove esigenze dei cittadini, rendendo più flessibili i cambi di destinazione d’uso o eliminando quelle prescrizioni che di fatto li rendono impossibili;

- frazionamenti/accorpamenti: superare le possibili esclusioni previste dalle regolamentazioni locali per l’esecuzione di interventi di frazionamento/accorpamento delle unità immobiliari.


Fonti articolo: Idealista.it, Casa24.ilsole24ore.com

Il condomino che effettua i lavori risarcisce in caso di infiltrazioni


La mancata locazione di un immobile per cause imputabili al condominio (infiltrazioni di acqua nell’appartamento, proveniente dalle coperture condominiali) ne comporta il mancato godimento per colpa altrui e, quindi, il dovere di risarcire il danno.


In una recente sentenza (la 10870/2016) la Corte di cassazione ha dato ragione ad un condòmino che aveva citato in giudizio il condominio per sentirlo condannare al rifacimento dei lavori di alcune coperture condominiali e al risarcimento dei danni derivanti dalle infiltrazioni presenti all’interno di un suo immobile di proprietà che non avevo potuto locare, causandogli un notevole pregiudizio economico.

I GRADI DEL GIUDIZIO

Condannato, in primo grado, il condominio al rifacimento dei lavori indicati dalla Ctu nonché al pagamento dei danni in favore dell’attore ed estromessa la "terza chiamata (ditta che aveva eseguito i lavori)" in base all’articolo 1667 del Codice civile, la Corte di appello rigettava la domanda di risarcimento danni in quanto, pur essendo un danno derivante dal mancato godimento di un diritto reale, l’attore non aveva fornito alcun elemento per la sua quantificazione.


La ditta appaltatrice veniva così obbligata al risarcimento, al posto del condominio, delle spese che avrebbe dovuto affrontare per il rifacimento delle opere ordinate dai giudici. E veniva confermata la legittimazione passiva del condominio in quanto l’attore non aveva agito in giudizio per far valere i diritti derivanti dal contratto di appalto ma in qualità di condòmino per la realizzazione dei lavori necessari alla tutela delle parti comuni dell’edificio e per il risarcimento dei danni derivanti dalle parti comuni stesse.


I giudici di legittimità, riguardo al risarcimento del danno, ribaltavano però la sentenza della Corte di appello. Appurato che le infiltrazioni lamentate avevano impedito al condòmino danneggiato - che non si era disinteressato all’utilizzo del bene - di locare l’immobile, per i giudici di legittimità il pregiudizio andava risarcito mediante ricorso ad elementi di carattere presuntivo, tra i quali quelli che emergevano dalla Ctu, con i quali poter procedere al calcolo, a sua volta presuntivo, del valore locativo dell’immobile.


Riguardo, invece, al difetto di legittimità passiva del condominio, osservava la Corte che, dagli atti di causa, si evinceva che il danneggiato non aveva inteso far valere in giudizio le garanzie e le azioni discendenti dal contratto di appalto, bensì aveva agito in qualità di condòmino per ottenere l’esecuzione dei lavori per la tutela delle parti comuni, nonché per il risarcimento dei danni derivati dalle stesse parti. Per queste motivazioni la Cassazione rigettava il ricorso incidentale del condominio e dava pienamente ragione al condòmino danneggiato.


Fonte articolo: Quotidianocondominio.ilsole24ore.com, vetrina web

Imu-Tasi in scadenza: il decalogo per non sbagliare

Con la scadenza di domani debutta l’esenzione totale dell’abitazione principale, da Imu e Tasi. Si tratta, però, di una esenzione la cui portata non coincide con la nozione di prima casa, valevole per le agevolazioni in materia di imposta di registro.


Non è esente, infatti, l’unica unità immobiliare in possesso di un soggetto che risiede in un immobile in affitto. Deve pertanto trattarsi della casa in cui il contribuente dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Condividono la medesima sorte le pertinenze, nella misura massima di una unità per ciascuna categoria catastale C2, C6 e C7. 

GLI IMMOBILI DI PROPRIETA' DEI DUE CONIUGI E IN COMODATO

Occorre porre attenzione all’ipotesi di residenze distinte tra coniugi non separati. In tale eventualità, se i due coniugi risiedono ciascuno in un immobile di proprietà e le due case sono ubicate nello stesso comune, solo una delle due avrà diritto all’esenzione. Se vi sono dei figli, in linea di principio, l’abitazione principale coincide con quella dove questi risiedono. 
Se invece le due residenze separate sono ubicate in Comuni diversi, sarà possibile esentare entrambe, a condizione, ovviamente, che nelle due unità i due coniugi effettivamente dimorino abitualmente. Un caso particolare si verifica in presenza di due unità contigue, autonomamente accatastate, utilizzate unitariamente come abitazione principale. In questa ipotesi, di regola, l’abitazione principale è solo una di esse, a scelta del contribuente, a meno questi non provveda alla fusione catastale delle due case.


Se tuttavia la fusione è impedita dalla distinta titolarità dei due immobili (ad esempio, ciascuno in proprietà di uno dei due coniugi), allora si è dell’avviso che sia possibile procedere alla fusione ai soli fini fiscali. Si tratta di una procedura tipizzata che conserva la distinta annotazione in catasto delle due case, ma genera due rendite catastali determinate considerando ciascuna unità come una porzione di un unico fabbricato. In questo modo, è possibile fruire dell’esonero per l’intero compendio immobiliare, sempre che questo, ovviamente, non venga classificato come immobile di lusso (A1).
Non sono soggetti a Tasi neppure i detentori di immobili adibiti a propria abitazione principale, limitatamente alla loro quota d’imposta. 


Con riferimento all’esenzione della dimora coniugale, si ritiene che la stessa operi anche se l’immobile è detenuto in comodato mentre in caso di fabbricato detenuto in locazione, assegnato al coniuge separato o divorziato, dovrebbero valere le regole ordinarie. Per quanto attiene infine alle assimilazioni regolamentari, queste riguardano le unità non locate di anziani o disabili residenti in istituti di ricovero. Trattandosi, peraltro, di una decisione rimessa alla libera scelta del Comune, in assenza di delibera i suddetti fabbricati sono regolarmente soggetti a imposta. 


Un diverso trattamento è previsto per il comodato gratuito a figli o genitori. In questo caso, trova applicazione la riduzione dell’imponibile a metà, in presenza di una pluralità di condizioni. Deve trattarsi di parenti in linea retta entro il primo grado e il comodatario deve adibire la casa a propria abitazione principale. Il comodante, inoltre, deve risiedere nel medesimo comune in cui è sita la casa in comodato e non deve possedere altra unità immobiliare ad uso abitativo in tutto il territorio nazionale, con esclusione dell’abitazione principale. Occorre, infine, che il contratto sia registrato, seppure in ritardo. 


1. ESENZIONE DELL’ABITAZIONE PRINCIPALE 

Si tratta dell’unità immobiliare non di lusso (diversa quindi da A1, A8 e A9) in cui il possessore risiede e dimora abitualmente con la sua famiglia. L’esenzione si estende alle pertinenze, nella misura massima di tre unità, purchè appartenenti ciascuna ad una diversa categoria, tra C2, C6 e C7. L’esenzione Tasi spetta anche al detentore che utilizza l’immobile come propria abitazione principale. In caso di immobile in proprietà di più soggetti, dei quali solo uno è residente, l’esenzione compete solo alla quota del residente.

L’esenzione totale riguarda anche le fattispecie equiparate per legge o per regolamento all’abitazione principale. Le assimilazioni legali riguardano: 
a) le unità immobiliari delle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale dei soci; 
b) gli alloggi sociali, come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture del 22 aprile 2008; 
c) la dimora coniugale assegnata in sede di separazione o divorzio con provvedimento del giudice; 
d) l’unità immobiliare non locata posseduta dai soggetti appartenenti alle Forze armate e dagli altri soggetti indicati nell’articolo 13, comma 2, lettera d), Dl n. 201/11. 
A queste, si aggiungono le case non locate, né concesse in comodato, in proprietà di cittadini italiani iscritti all’Aire, pensionati nel Paese di residenza. 


2. ASSIMILAZIONI LEGALI

L’esenzione si estende: a) alle case delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci; b) agli alloggi sociali; c) alla dimora coniugale assegnata al coniuge separato o divorziato con provvedimento del giudice; d) all’unità non locata del personale delle Forze armate e degli altri soggetti previsti dalla legge; e) le case non locate e non concesse in comodato dei soggetti Aire, pensionati nei Paesi di residenza.


3. ASSIMILAZIONI REGOLAMENTARI 

Sono ugualmente esenti le unità immobiliari non locate appartenenti a anziani o disabili residenti in istituti di ricovero. Si tratta, tuttavia, di una scelta discrezionale del Comune, in assenza della quale le suddette unità immobiliari scontano le imposte secondo le regole ordinarie. Se invece il Comune ha deliberato l’assimilazione l’anno scorso la stessa non può essere revocata per il 2016. La legge di Stabilità 2016 ha, infatti, vietato ai comuni di elevare la pressione fiscale locale.


4. CALCOLO DELL’IMPONIBILE 

Si parte dalla rendita catastale risultante al primo gennaio 2016, rivalutata del 5%, e la si moltiplica per il coefficiente di legge previsto per la specifica categoria catastale. Per i fabbricati abitativi il coefficiente è pari a 160. In caso di variazioni di rendita dipendenti da lavori eseguiti sull’immobile, la nuova rendita produce effetti dalla data di ultimazione dei lavori. Il conteggio deve essere eseguito per i mesi di possesso, calcolando un mese in caso di possesso di almeno 15 giorni.


5. INDIVIDUAZIONE DELL’ALIQUOTA

In linea di principio, si assumono le aliquote deliberate dal Comune nel 2015. Si ritiene, tuttavia, che trattandosi di previsione posta nell’interesse del contribuente questi possa comunque applicare l’aliquota deliberata nel 2016, se più favorevole. Nessun dubbio, invece, sulla immediata applicabilità delle nuove esenzioni e riduzioni. Si ricorda che, in assenza di delibera, trovano automatica applicazione le aliquote dell’anno scorso.


6. COMODATO GRATUITO

Per le case concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado compete la riduzione a metà dell’imponibile Imu/Tasi, alle seguenti condizioni: a) il comodatario deve adibire l’immobile ad abitazione principale; b) il comodante deve risiedere nello stesso comune ove è sita la casa concessa in comodato; c) il comodante non deve possedere altra unità abitativa, fatta eccezione per l’abitazione principale; d) il comodato deve essere registrato


7. RESIDENZE SEPARATE DEI CONIUGI 

In caso di coniugi non separati con residenze autonome, occorre distinguere. Se le due case sono ubicate nello stesso comune, solo una delle due è esente da imposte. Se le due unità si trovano in comuni diversi, l’esenzione raddoppia. Non rileva in alcun modo la residenza autonoma dei figli che può anche essere nello stesso comune dei genitori, senza che si perda l’esonero per questi ultimi.


8. LOCAZIONI A CANONE CONCORDATO

A partire da quest’anno, gli immobili concessi in locazione a canone concordato hanno diritto alla riduzione del 25% dell’imposta Imu/Tasi.Questa riduzione si applica all’aliquota deliberata dal Comune, anche se a sua volta agevolata. 
La riduzione compete anche nei comuni che non sono ad alta tensione abitativa, all’unica condizione che il contratto di locazione sia qualificabile come a canone concordato.


9. I TERRENI AGRICOLI 

Novità da quest’anno anche per i terreni agricoli. L’esenzione per i terreni agricoli collinari e montani torna ad essere correlata alla elencazione dei terreni contenuta nella circolare delle Finanze n. 9 del 1993. Questa agevolazione prescinde dal soggetto che possiede i terreni e vale anche per i terreni incolti. Per i terreni diversi da questi, l’esonero è limitato ai terreni posseduti e condotti da Iap e coltivatori diretti iscritti alla previdenza agricola.


10. LE AREE EDIFICABILI

L’individuazione delle aree edificabili è correlata agli strumenti urbanistici vigenti nel comune. I Comuni possono deliberare valori di orientamento per i contribuenti, ma non si tratta di un obbligo. I contribuenti che si adeguano a tali valori, in linea di principio, non possono essere accertati. Il contribuente può,tuttavia, disattendere gli importi deliberati, se ritenuti troppo elevati rispetto all'effettivo valore del suolo al primo gennaio 2016.


Fonti articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Regole definitive sull'agevolazione "prima casa" e vendita della precedente

L'agevolazione per l’acquisto della “prima casa” spetta anche all’acquirente che già sia proprietario di un’altra abitazione (ovunque ubicata) acquistata con la medesima agevolazione, a condizione che quest’ultima sia ceduta entro un anno dal nuovo acquisto; il beneficio fiscale non spetta invece a chi compra una casa ubicata in un Comune nel quale il compratore stesso già abbia la proprietà di un’altra abitazione (per effetto di un acquisto al quale non venne applicata l’agevolazione “prima casa”), anche nel caso in cui essa venga alienata entro un anno dal nuovo acquisto.


In quest’ultimo caso, per avere l’agevolazione “prima casa” occorre anzitutto vendere la precedente “prima casa” e, una volta effettuata questa vendita, comprare una nuova “prima casa”.

 

È questa la definitiva conferma (contenuta nella circolare n. 27/E del 13 giugno 2016) che l’Agenzia delle Entrate fornisce sull’interpretazione da compiere relativamente all’assai complicato testo della norma della legge di Stabilità per il 2016 (articolo 1, comma 55) che appunto estende l’applicabilità dell’agevolazione “prima casa” (a talune condizioni) anche nell’ipotesi che il compratore effettui un nuovo acquisto essendo già titolare di un’altra abitazione.
Infatti, fino al 31 dicembre 2015, non poteva beneficiare dell’agevolazione “prima casa” né il compratore che fosse proprietario di altra casa nel medesimo Comune né il compratore che fosse proprietario di altra abitazione, ovunque ubicata, per il cui acquisto egli avesse beneficiato dell’agevolazione “prima casa” (in entrambi i casi il contribuente in questione era “costretto” a vendere prima l’abitazione preposseduta, se avesse voluto beneficiare dell’agevolazione “prima casa” in sede di nuovo acquisto).


Dal 1° gennaio 2016, invece, occorre distinguere:

- se il contribuente è già proprietario di un’altra abitazione, ovunque ubicata, acquistata con l’agevolazione “prima casa”, egli può compiere un nuovo acquisto agevolato, ma a condizione che la casa già di sua proprietà sia alienata entro un anno dal nuovo acquisto agevolato (o prima di esso);

- se il contribuente è già proprietario di un’altra abitazione, non acquistata con l’agevolazione “prima casa”, ubicata in un Comune diverso da quello nel quale si trova l’abitazione oggetto del nuovo acquisto, egli può compiere un nuovo acquisto agevolato senza dover alienare la casa già di sua proprietà (né prima né dopo il nuovo acquisto agevolato);

- se il contribuente è già proprietario di un’altra abitazione, acquistata con l’agevolazione “prima casa”, ubicata nel medesimo Comune nel quale si trova l’abitazione oggetto del nuovo acquisto, egli può bensì compiere un nuovo acquisto agevolato, ma a condizione che la casa già di sua proprietà sia alienata entro un anno dal nuovo acquisto agevolato;

- se il contribuente è già proprietario di un’altra abitazione, non acquistata con l’agevolazione “prima casa”, ubicata nel medesimo Comune nel quale si trova l’abitazione oggetto del nuovo acquisto, egli può compiere un nuovo acquisto agevolato solo a condizione che la casa già di sua proprietà sia alienata prima del nuovo acquisto agevolato.


La circolare 27/E si occupa anche del caso in cui il contribuente che abbia effettuato un acquisto agevolato con l’intento di alienare entro un anno la casa già di sua proprietà non riesca in questo intento. La legge, in questo caso, prevede l’obbligo di versare la differenza tra l’imposta ordinaria e l’imposta agevolata, i relativi interessi e una sanzione pecuniaria pari al 30% di detta differenza.
Tuttavia: prima della scadenza del termine annuale, presentando una apposita istanza, il contribuente può chiedere di versare la differenza tra l’imposta ordinaria e l’imposta agevolata (oltre agli interessi), evitando con ciò il pagamento della sanzione; dopo la scadenza del termine annuale, il contribuente può approfittare del ravvedimento operoso: con ciò deve sempre pagare la differenza tra l’imposta agevolata e l’imposta ordinaria, ma limita l’importo della sanzione.


Fonte articolo: Ilsole24ore.com

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