L'amministratore può sostituire un condòmino in assemblea?

Si sta per tenere la riunione di condominio alla quale non potrai tuttavia partecipare.


L’unico modo per far valere la tua posizione in assemblea nonostante l’assenza e di votare sui punti all’ordine del giorno è di conferire a qualcuno una delega affinché ti sostituisca. 

 

Ma, in questo momento, ti fidi di una sola persona e solo a questa sei disposto a dare la delega: l’amministratore. Al contrario di molti altri condomini del tuo palazzo che, invece, vorrebbero sostituirlo, secondo te l’attuale amministratore è quello che meglio rappresenta i tuoi interessi. In una situazione del genere ti chiedi prima se l’amministratore di condominio può avere deleghe. Il tuo dubbio, infatti, è che non si possa fare e, in tale ipotesi, non solo la delega sarebbe illegittima ma ogni decisione in questo modo presa e, in definitiva, l’intera assemblea condominiale.

Come deve essere la delega

Per stabilire se è possibile dare una delega all’amministratore in sostituzione di uno o più condomini non si può non partire dalla riforma del condominio del 2012 che ha modificato anche le norme sulle deleghe. Viene stabilito, in particolare che la delega deve essere rilasciata per forza per iscritto.


Per uniformare le deleghe e facilitare l’adempimento, l’amministratore può inserire nell’avviso di convocazione di assemblea un prestampato da compilare a cura dei condomini che intendono rilasciare delega, che poi consegneranno al loro rappresentante (che a sua volta lo consegnerà all’amministratore).

Si può dare più di una delega alla stessa persona?

È possibile che la stessa persona riceva più di una delega e, quindi, rappresenti diversi condomini oltre ovviamente a se stesso. Esiste però un tetto: se nel condominio ci sono più di 20 condomini, ciascun rappresentante non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale.


Ciò evita che l’assemblea si riduca ad un incontro tra poche persone che rappresentano l’intero condominio, di fatto annullando il momento della discussione.
Il regolamento può prevedere ulteriori requisiti e modalità, ad esempio può stabilire che un condomino possa farsi rappresentare solo da determinate persone, come un parente o un altro condomino.


Si può dare la delega in assemblea all’amministratore di condominio?

Rispondiamo ora al quesito da cui siamo partiti: l’amministratore di condominio può avere deleghe? La risposta è negativa. La legge vieta espressamente che siano rilasciate deleghe, per la partecipazione a qualunque assemblea, all’amministratore del condominio. La norma è contenta nelle disposizioni di attuazione al codice civile che espressamente stabilisce: "All’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea". Questo perché l’amministratore potrebbe porsi in una condizione di conflitto di interesse.


Risultato: nessuna delega può essere conferita all’amministratore.
Questi pertanto non può rappresentare alcun condomino o votare per conto suo.

Se il delegato è in conflitto di interessi

Se il delegato risulta in conflitto di interessi con il condominio, la sua situazione di conflitto non si estende al delegante solo se quest’ultimo era a conoscenza di tale situazione e, nel conferire il mandato, abbia ritenuto il proprio interesse conforme a quello del delegato. In tal modo, secondo la Cassazione non è in conflitto di interessi il condomino che delega il condomino-amministratore a rappresentarlo in un’assemblea avente ad oggetto la nomina dell’amministratore stesso.

Quali requisiti deve avere la delega?

Una delega a partecipare in assemblea deve avere i seguenti requisiti per essere valida:

- non può essere rilasciata all’amministratore di condominio;
- deve essere scritta;
- non importa se indichi il volere del delegante, devono risultare con certezza i soggetti: delegante e delegato;
- può essere attribuita a un estraneo;
- nella proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante designato dai medesimi comproprietari;
- se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale;
- obbliga il delegato a eseguire quanto deciso dal delegante;
- è una procura che crea un rapporto interno tra delegato e delegante: se il delegato non rispetta il volere del delegante, l’eventuale controversia coinvolge solo loro e non anche il condominio. Per cui l’assemblea e la votazione resta valida.


Fonte articolo: Laleggepertutti.it

 

 

Nuovo o vecchio proprietario, chi paga le spese in condominio?

E' il condominio, il quale invochi in giudizio la responsabilità solidale dell'acquirente per le spese di straordinaria manutenzione, ad essere gravato della prova dei fatti costitutivi del proprio credito, fra i quali è certamente compresa l'inerenza della spesa all'anno in corso o a quelle precedente al subentro del nuovo proprietario.


È quanto ha stabilito la seconda sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 7395 del 22 marzo 2017.

 

La Corte ha rigettato il ricorso del Condominio contro i proprietari di un appartamento, chiamati a partecipare alle spese di straordinaria manutenzione (ristrutturazione della facciata condominiale) approvate dall'assemblea di condominio il 30 giugno 2008, antecedente all'acquisto della loro unità immobiliare, avvenuto il 23 luglio 2009.

Gli acquirenti si opponevano alla richiesta di pagamento, perché l'obbligo di spesa era insorto prima del loro subentro.
A loro dire, infatti, la spesa deliberata doveva rimanere estranea all'anno procedente entro cui opera la corresponsabilità dell'acquirente con l'alienante per il pagamento delle spese condominiali ex art. 63,disp. att. c.c., non avendo il Condominio provato che l'anno di gestione coincidesse con l'anno solare.


La Cassazione ha dato ragione ai condomini chiarendo ancora una volta le modalità di applicazione e funzionamento del c.d. vincolo di solidarietà tra venditore e acquirente nel pagamento delle spese condominiali.

Vincolo di SOLIDARIETA' passiva e diritto di rivalsa

La norma di riferimento è l'art. 63, comma 4, disp. att. c.c., ai sensi del quale chi subentra nei diritti di un condominio per effetto di una compravendita è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.


Come ha più volte precisato la giurisprudenza, il meccanismo del subentro dell'acquirente nei debiti condominiali del venditore opera unicamente nel rapporto tra il Condominio ed i soggetti che si succedono nella proprietà della singola porzione immobiliare, e non anche nel rapporto interno tra alienante ed acquirente. In tale ultimo rapporto, ognuno paga le spese sorte quando era condomino.


Questo vuol dire che l'acquirente risponde verso il venditore soltanto per le spese condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui sia divenuto condomino, mentre ha diritto di rivalsa nei confronti del suo dante causa allorché sia stato chiamato dal Condominio a rispondere di obbligazioni nate in epoca anteriore all'acquisto (Cass. civ., n. 1956/2000).


Quando sorge l'obbligo di pagare le spese?

È di fondamentale importanza, ai fini della corretta applicazione dell'art. 63 disp. att. c.c., individuare il momento in cui è sorto l'obbligo di partecipazione alle spese condominiale. Sul punto, si ritiene che:

per quanto riguarda le spese relative alla manutenzione ordinaria, l'obbligo di pagamento sorge nel momento in cui viene a compiersi effettivamente l'attività gestionale afferente la manutenzione, la conservazione ed il godimento dei beni comuni o la prestazione dei servizi.
L'erogazione di tali spese, infatti, non richiede la preventiva autorizzazione dell'assemblea (ma solo l'approvazione del consuntivo) trattandosi di esborsi aventi carattere fisso e rientranti nei poteri dell'amministratore (Cass. civ. n. 10235/2013);


per quanto riguarda le spese condominiali per l'esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione delle parti comuni (nella fattispecie, ristrutturazione della facciata dell'edificio condominiale), deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l'esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione (Cass. civ. n. 24654/2010).


Questo momento – sottolinea la Corte – “rileva sia per imputare l'obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, sia per accertare l'inclusione del medesimo obbligo nel periodo biennale di responsabilità solidale di entrambi verso il condominio”.


L'anno in corso e quello precedente

L'anno cui fa riferimento l'art. 63 disp. att. c.c. deve essere inteso con riferimento al periodo annuale costituito dall'esercizio della gestione condominiale, non necessariamente coincidente, perciò, con l'anno solare.

In altri termini il vincolo di solidarietà tra acquirente e alienante funziona con riferimento all'anno “contabile”.


Nel caso preso in esame
dalla sentenza in commento, avendo gli opponenti contestato che l'anno di gestione in corso al momento della compravendita (23 luglio 2009) era quello corrente dal 1.7.2009 al 30.6.2010, e che l'anno di gestione precedente comprendeva il periodo dal 1.7.2008 al 30.6.2009, la spesa deliberata il30 giugno 2008 doveva rimanere estranea all'anno antecedente entro cui opera la corresponsione dell'acquirente dell'unità immobiliare, non avendo peraltro il condominio dato prova, neppure mediante la produzione di un rendiconto, che l'anno di gestione coincidesse, piuttosto, con l'anno solare.


Trasmissione del titolo di acquisto

La sentenza in commento ha applicato al caso di specie, rationetemporis, il testo dell'art. 63 disp. att c.c. precedente alla legge di riforma del 2012.

Nel testo vigente, occorre coordinare il vincolo di solidarietà sopra esaminato con quanto stabilito dal nuovo quinto ed ultimo comma dello stesso art. 63, in base alquale “Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.


In altri termini, anche dopo la sottoscrizione del contratto di compravendita, il venditore rimane, lui solo, obbligato in prima persona per il pagamento dei contributi condominiali, fino a quando non trasmette all'amministratore copia autentica del titolo ablativo. Solo da questo momento l'alienante perde definitivamente lo status di condomino, che passa in capo all'acquirente, e può trovare applicazione la “solidarietà passiva” prevista dal comma precedente.


Ricordiamo, infine, che il vincolo di solidarietà passiva tra venditore e acquirente è derogabile solo con accordo unanime dei condomini. Un recente sentenza del Tribunale di Roma, n. 2265 del 7 febbraio 2017, ha dichiarato nulla (e non semplicemente annullabile) la delibera che attribuisce esclusivamente all'acquirente le spese maturate negli anni precedenti l'acquisto dell'unità immobiliare in condominio e nell'anno in corso.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Contabilizzatori di calore in condominio obbligatori e detraibili



Entro il 31 dicembre 2016, tutti i condomini hanno l'obbligo di installare i sistemi di contabilizzazione del calore al fine di misurare l'effettivo consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda delle singole unità immobiliari o di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore. 


Per spiegare come fare a ottenere le detrazioni fiscali per l'installazione dei nuovi contatori di calore, l'Agenzia delle Entrate ha diffuso, il 6 maggio, la circolare n. 18/E, fornendo risposte ad alcuni quesiti relativi alle spese detraibili, formulati dai Caf e dagli operatori del settore.


 

Tali spese sono ammesse alla detrazione prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio dal momento che sono finalizzare al risparmio energetico. opportuno ricordare, a tal proposito, che per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2016, vi è una detrazione pari al 50% per un importo massimo di spesa di 96mila euro.


IL TESTO DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

3.1 Detrazione per l'installazione del sistema di contabilizzazione del calore

D. Si chiede se le spese sostenute per i sistemi di contabilizzazione del calore - che devono essere obbligatoriamente installati nei condomini e negli edifici polifunzionali entro il 31 dicembre 2016, ai sensi del decreto legislativo n. 102 del 2014 - rientrino tra quelle ammesse alla detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici.


R. L'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, prevede che per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi individuali e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi di ciascun centro di consumo individuale, nei condomini e negli edifici polifunzionali, riforniti da una fonte di riscaldamento o raffreddamento centralizzata o da una rete di teleriscaldamento o da un sistema di fornitura centralizzato che alimenta una pluralità di edifici, è obbligatoria l'installazione, entro il 31 dicembre 2016, di contatori individuali per misurare l'effettivo consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda per ciascuna unità immobiliare, nella misura in cui sia tecnicamente possibile, efficiente in termini di costi e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali. Qualora, l'uso di tali contatori non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi, sono installati sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali per misurare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun radiatore posto all'interno delle unità immobiliari.


Se i dispositivi in questione sono installati in concomitanza con la sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione - e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione - ovvero con pompe di calore ad alta efficienza o con impianti geotermici a bassa entalpia, le relative spese sono già ammesse alla detrazione spettante per gli interventi di riqualificazione energetica ai sensi dell'articolo 1, comma 347 della legge n. 296 del 2006 pari, attualmente, al 65% delle spese stesse per un valore massimo della detrazione di 30.000 euro.


Se, invece, i dispositivi in argomento sono installati senza che sia sostituito, integralmente o parzialmente, l'impianto di climatizzazione invernale ovvero nel caso in cui quest'ultimo sia sostituito con un impianto che non presenta le caratteristiche tecniche richieste ai fini della citata detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica, le relative spese sono ammesse alla detrazione spettante ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 1, lett. h) del TUIR nella misura attuale del 50% trattandosi di intervento finalizzato al conseguimento di risparmio energetico.


In conclusione: la detrazione pari al 65% spetta solo se installati "in concomitanza" con la sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione ovvero con pompe di calore ad alta efficienza o con impianti geotermici a bassa entalpia (articolo 1, comma 347 della legge 296/2006). In alternativa queste spese sono detraibili solo al 50% (36% dal 2017), ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del Tuir, in quanto rientrano nella categoria degli interventi per il risparmio energetico non qualificato.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Chi paga le spese straordinarie dell'immobile appena acquistato?

Nel caso di vendita di un appartamento la giurisprudenza di legittimità ha stabilito, già da qualche anno, che per stabilire il soggetto sul quale grava l'onere di partecipare alle spese straordinarie occorre verificare il momento in cui è stata approvata la delibera che approva i lavori definitivi con la commissione del relativo appalto e la ripartizione dei relativi oneri.


Pertanto se questa è stata adottata dopo la vendita dell'appartamento il soggetto obbligato a partecipare alla spesa è l'acquirente “non rilevando l'esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria adottata anteriormente a tale stipula”. (Cass. 2.5.2013 n. 10325).


IL CASO

Gli acquirenti di un appartamento ubicato in un edificio condominiale impugnano la sentenza di primo grado che li ha condannati al pagamento delle spese straordinarie approvate, a loro parere, con delibera assembleare adottata prima della compravendita dell'immobile avvenuta in data 27 ottobre 2011. Gli acquirenti, pertanto, si oppongono al pagamento di tale spesa sostenendo che doveva restare a carico di parte venditrice.


In realtà, nel giudizio di primo e secondo grado, è emerso che la delibera adottata prima della compravendita aveva solo natura preparatoria, mentre la delibera definitiva che conferiva incarico all'impresa per l'esecuzione dei lavori straordinari (sostituzione dell'impianto di ascensore) era stata adottata dopo la compravendita e pertanto la stessa doveva considerarsi a carico del proprietario dell'immobile e cioè dell'acquirente.


Tale principio è stato ampliamente condiviso dalla sentenza del Tribunale di Mantova che ha effettuato un'articolata ricostruzione dei criteri che governano la riscossione dei contributi condominiali, ed aderendo ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha osservato che l'obbligo di contribuire alle spese comuni grava sul soggetto proprietario dell'immobile al momento dell'esecuzione dei lavori indipendentemente da chi fosse il proprietario al momento dell'adozione della delibera preparatoria che approva l'opera (Cass. 26.1.2000 n. 857; Cass.18.4.2003 n. 6223; Cass. 9.9.2008 n. 23345; Cass. 9.11.2009 n. 23686).


Un ulteriore contributo chiarificatore per stabilire il soggetto su cui grava l'onere di contribuire alle spese condominiali è stato fornito, nel corso degli ultimi anni, sempre dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale assume rilevanza anche la natura delle spese necessarie per la manutenzione delle parti comuni dell'edificio.
Infatti stando alle pronunce più recenti occorrerebbe fare distinzione fra spese ordinarie necessarie per la manutenzione, conservazione e godimento delle parti e dei servizi comuni, e spese straordinarie che comportino, ad esempio, un'innovazione oppure un onere particolarmente rilevante.


LE SPESE ORDINARIE 

Per quanto riguarda le spese ordinarie l'obbligazione sorge al momento del compimento dell'intervento ritenuto necessario dall'amministratore, a prescindere dal momento in cui è stata adottata la delibera assembleare. Mentre per le spese straordinarie solo la deliberazione dell'assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell'intervento, assumerebbe altresì valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino. (Cass., 3 dicembre 2010, n. 24654; Cass., 11 novembre 2011, n. 23682; Cass., 2 maggio 2013, n. 10235).


LE SPESE STRAORDINARIE

In base a tale ragionamento non vi è alcun dubbio, quindi, che se occorre stabilire chi è il soggetto sul quale grava l'onere di partecipare alle spese straordinarie (venditore o acquirente) bisogna verificare chi è il proprietario al momento dell'adozione della delibera assembleare definitiva che conferisce l'incarico anche all'impresa appaltatrice che eseguirà i lavori.


Tanto è bastato al Tribunale di Modena per respingere l'appello e confermare la sentenza di primo grado condannando l'acquirente, già proprietario dell'immobile al momento dell'approvazione della delibera assembleare che ha approvato definitivamente i lavori straordinari (sostituzione dell'impianto di ascensore), a partecipare pro quota alla spesa.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Come detrarre le ristrutturazioni dei condomini

L'Agenzia delle Entrate mette online anche il documento aggiornato a marzo 2016 sugli interventi di ristrutturazioni edilizie. Rispetto alla versione precedente, contiene novità anche sugli sgravi fiscali di cui possono usufruire i cosiddetti condomini minimi, ossia composti da soli due proprietari. Tuttavia, nella prassi, il concetto si estende anche a quegli immobili detenuti da un numero di proprietari inferiore a cinque.


Oltre quattro proprietari, infatti, il codice civile prevede l'obbligo di nomina di un amministratore. Sotto tale limite, invece, non vi è alcun obbligo di avere un amministratore, ma semplicemente una facoltà.

 

Bonus ristrutturazioni Agenzia Entrate

È possibile detrarre dall’Irpef una parte degli oneri sostenuti per ristrutturare le abitazioni e le parti comuni degli edifici residenziali situati nel territorio dello Stato. In particolare, i contribuenti possono usufruire delle seguenti detrazioni:

- 50% delle spese sostenute (bonifici effettuati) dal 26 giugno 2012 al 31dicembre 2016, con un limite massimo di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare;

- 36%, con il limite massimo di 48.000 euro per unità immobiliare, delle somme che saranno spese dal 1° gennaio 2017.

L’agevolazione può essere richiesta per le spese sostenute nell’anno, secondo il criterio di cassa, e va suddivisa fra tutti i soggetti che hanno sostenuto la spesa e che hanno diritto alla detrazione.


Condominio minimo detrazione fiscale

La guida aggiornata ricorda che con la circolare n. 3/E del 2 marzo 2016, per quanto riguarda i condomini minimi (senza amministratore, né codice fiscale):

- il pagamento deve essere sempre effettuato mediante l’apposito bonifico bancario/postale; 

- in assenza del codice fiscale del condominio, i contribuenti possono inserire nei modelli di dichiarazione le spese sostenute riportando il codice fiscale del condomino che ha effettuato il bonifico.

Il contribuente dovrà dimostrare, in sede di controllo, che gli interventi sono stati effettuati su parti comuni dell’edificio. Se per la presentazione della dichiarazione si rivolge a un Caf o a un intermediario abilitato, è tenuto ad esibire, oltre alla documentazione generalmente richiesta, un’autocertificazione che attesti i lavori effettuati e che indichi i dati catastali degli immobili del condominio.

 


Fonti articolo: Idealista.it, Professionisti.it

Per il condominio minimo abolito CF su interventi edilizi

Con circolare 21 maggio 2014, n. 11/E (paragrafo 4.3), l'Agenzia delle Entrate haprecisato che in presenza di un “condominio minimo”, e cioè di un edificio composto da un numero non superiore a otto condomini (prima delle modifiche apportate dalla legge n. 220 del 2012 all'articolo 1129 c.c. il riferimento era a quattro condòmini), rimangono applicabili le norme civilistiche sul condominio, ad eccezione degli articoli 1129 e 1138 c.c., che disciplinano, rispettivamente, la nomina dell'amministratore (nonché l'obbligo da parte di quest'ultimo di apertura di un apposito conto corrente intestato al condominio) e il regolamento di condominio (necessario in caso di più di dieci condomini).

Allo stesso modo, il predetto Agente ha ricordato che per gli interventi realizzati sulle parti comuni di tali edifici residenziali, la fruizione dell'agevolazione rimaneva subordinata – e ciò, bene inteso, fin dall'entrata in vigore della legge n. 449 del 1997 (che ha introdotto la detrazione in esame) - alla circostanza che il condominio sia intestatario delle fatture ed esegua, nella persona dell'amministratore o di uno dei condòmini, tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa, compreso quello propedeutico della richiesta del codice fiscale.


Ci si è chiesti allora se la fruizione della detrazione nei condomini minimi rimanga subordinata, anche per il nuovo periodo di riferimento, alla cura di questo ultimo adempimento. L'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n 74/E del 02 febbraio 2016 ha dato risposta al quesito, cambiando la prassi che si è seguita sino ad oggi. L'esigenza di semplificare gli adempimenti dei contribuenti ha, in particolare, condotto a riconsiderare le istruzioni precedentemente fornite, enfatizzandosi la peculiarità strutturale dei condomini minimi e le modalità con cui essi vengono in genere autogestiti dai singoli partecipanti.


Ed invero, nel presupposto che il pagamento sia stato effettuato mediante l'apposito bonifico bancario/postale e che, quindi, non vi sia stato pregiudizio al rispetto da parte delle banche e di Poste Italiane Spa dell'obbligo di operare la ritenuta disposta dall'art. 25 del D.L. n. 78 del 2010 all'atto dell'accredito del pagamento, l'Agenzia delle Entrate ritiene, a questo punto e per tali fattispecie, che non sia più necessario acquisire il codice fiscale del condominio.


Nel qual caso, per beneficiare della detrazione per gli interventi edilizi e per gli interventi di riqualificazione energetica realizzati su parti comuni di un condominio minimo, i condòmini, per la quota di spettanza, possono inserire nei modelli di dichiarazione le spese sostenute utilizzando il codice fiscale del condòmino che ha effettuato il relativo bonifico.
In sede di eventuale controllo – ricorda sempre la risoluzione -il condòmino/contribuente sarà poi tenuto a dimostrare che gli interventi sono stati effettuati su parti comuni dell'edificio, e, laddove si avvalga dell'assistenza fiscale, è tenuto ad esibire, a monte, ai CAF o agli intermediari abilitati, oltre alla documentazione ordinariamente richiesta per comprovare il diritto alla agevolazione, una autocertificazione che attesti la natura dei lavori effettuati e indichi i dati catastali delle unità immobiliari facenti parte del condominio.


Fonte articolo: condominioweb.com

Le insidie che rimandano il distacco dal centralizzato


Il "distacco" piace ancora molto. Nonostante l’approssimarsi della scadenza dell’obbligo di installare i contabilizzatori di calore, che renderanno più individuale il consumo, la Cassazione e la legge (da ultimo la riforma del 2012) si sono assiduamente dedicate al problema.


Anzitutto va richiamata l’attenzione sull’articolo 4 del Dpr 59/09 che afferma "in tutti gli edifici esistenti con più di quattro unità abitative e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell’impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW è preferibile il mantenimento di impianti centralizzati laddove esistenti".

 

La norma precisa anche che le cause tecniche o di forza maggiore per ricorrere a eventuali interventi finalizzati alla trasformazione dei centralizzati in impianti con generatore di calore separata per singola unità abitativa devono essere dichiarate nella relazione di cui al successivo comma 25 dello stesso Dpr 59/09, cioè nella relazione attestante la rispondenza delle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici e relativi impianti termici che, come prescritto dall’articolo 28, comma 1, della legge 10/91, il proprietario dell’edificio deve depositare presso le amministrazioni competenti insieme alla denuncia dell’inizio dei lavori relativi alle opere di cui agli articoli 25 e 26 della stessa legge n.10/91.


Nonostante tale esplicita dichiarazione legislativa di preferenza per il centralizzato, una successiva pronuncia della Cassazione (5331/2012) riaffermava il principio secondo cui "il condomino può legittimamente rinunciare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le proprie diramazioni della sua unità abitativa senza necessità di autorizzazione e approvazione degli altri condomini. Fermo restando il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini".
Veniva così affermato con questa pronuncia anche un altro principio: quello della possibilità del rinunciante a distaccarsi, anche in presenza di aggravi di spesa per gli altri utenti, previo accollo di tale maggior onere derivante dal distacco. 


Tali principi, ispirati come già detto a un evidente favore per il “distaccante”, sembrano poi, sostanzialmente anche se non completamente, recepiti dalla legge 220/2012 che, modificando l’articolo 1118 del Codice civile, quarto comma, statuisce che : "il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunciante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma".


Molti punti della norma sono tuttavia parsi subito poco chiari dando luogo a sostanziali contrasti interpretativi.
In primo luogo ci si è chiesti e ci si chiede se l’aggettivo "notevoli" si riferisca solo agli squilibri o anche agli aggravi di spesa: se l’aggettivo si riferisce solo agli squilibri, interpretazione che sarebbe preferibile alla luce dell’uso del disgiuntivo “o” anzichè della congiunzione “e”, si arriverebbe a un’interpretazione che rende di fatto il distacco irrealizzabile o difficilmente realizzabile, poiché un aggravio qualsivoglia deriva sempre e comunque dal distacco del singolo.


Resta anche un altro dubbio sostanziale: se possa trovare applicazione anche oggi l’orientamento della Cassazione, formatosi quando non esisteva alcuna norma sul distacco, sul fatto che, in presenza di aggravi di spesa per gli altri condòmini, il distacco stesso possa ritenersi legittimo qualora l’aspirante ”distaccante” si accolli l’aggravio, di qualunque entità esso sia, notevole o minimo. 


Va infine aggiunto che nel frattempo molte legislazioni regionali (per esempio la legge della Regione Piemonte 13/2007), accogliendo il suggerimento del legislatore del 2009 e mostrando di aderire in modo netto e incondizionato all’orientamento contrario all’installazione di impianti autonomi individuali (in quanto contrari alla finalità del risparmio energetico e del contenimento dei consumi), hanno emanato normative che vietano tale installazione quando le unità immobiliari nel condominio siano superiori a un certo numero, di volta in volta diverso, a seconda della legislazione regionale. 


Fonte articolo: IlSole24Ore.vetrina web.

Nullità delibera condominiale nelle spese di ripartizione

È nulla la delibera dell'assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condòmini, si modificano i criteri legali di ripartizione delle spese comuni stabiliti dall'art. 1123 c.c. o dal regolamento di condominio contrattuale.


Lo ha ribadito il Tribunale di Perugia con la sentenza n. 602 del 24 marzo 2015. 

Il giudice umbro ricorda che eventuali deroghe alle regole di ripartizione delle spese per beni e servizi comuni, venendo ad incidere sui diritti individuali dei singoli condòmini, possono essere ammesse solo con l'unanimità dei consensi. Ne consegue la radicale nullità della delibera, anche se approvata a maggioranza qualificata. La stessa potrà essere dunque impugnata senza limiti di tempo e da chiunque, anche dai condòmini che abbiano espresso voto favorevole alla deroga.


La sentenza in commento riguarda l'impugnazione della delibera condominiale con la quale l'assemblea aveva approvato, a maggioranza, il bilancio consultivo e il relativo riparto, entrambi predisposti utilizzando criteri difformi da quelli contenuti nel regolamento condominiale. L'attore, in particolare, contestava il comportamento dell'amministratore, che aveva ripartito le spese con criteri diversi da quelli previsti nel regolamento, senza la preventiva convocazione sullo specifico punto dell'assemblea e senza, dunque, l'unanimità dei consensi di tutti i condòmini.


Il Tribunale, in accoglimento della domanda, ha stabilito che l'introduzione di un nuovo e diverso criterio di ripartizione delle spese, diverso da quello previsto dal regolamento condominiale e di tabelle ad esso allegate, comporta la nullità della delibera, ai sensi dell'art. 1123 c.c. e 68 disp. att. c.c.
Esula dalle attribuzioni dell'assemblea l'adozione di criteri di ripartizione delle spese diversi da quelli legali ex art. 1123 o da quelli previsti nel regolamento di condominio.


Tale modifica può avvenire infatti solo con il consenso unanime dei condòmini, cioè attraverso un vero e proprio accordo contrattuale, con il quale tutti i partecipanti al condominio esprimono la volontà di procedere alla ripartizione delle spese comune con criteri differenti. In mancanza di tale accordo, la delibera, anche se adottata a maggioranza qualificata, è nulla. Ciò significa che, ai sensi dell'art. 1421 c.c., l'invalidità della delibera “può essere fatta valere dal condòmino che vi abbia interesse, presente o assente, consenziente o dissenziente che sia stato all'approvazione della delibera impugnata, e non è soggetta a termine di impugnazione”.


La sentenza in commento non rappresenta certo una novità nel panorama giurisprudenziale, ponendosi in linea con l'orientamento seguito dalla Corte di Cassazione.
I giudici di legittimità, infatti, hanno più volte affermato che: “deve ritenersi affetta da nullità, che può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all'assemblea ancorché nella stessa abbia espresso parere favorevole e quindi sottratta al termine di impugnazione di giorni trenta previsto dall'art. 1137 c. c., la delibera dell'assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali ex art. 1123 c.c. o di regolamento contrattuale di riparto delle spese, per la prestazione di servizi nell'interesse comune. Ciò in quanto eventuali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca. Ne consegue che la modifica a maggioranza, sia pure qualificata, del criterio di ripartizione delle spese, e non all'unanimità, si deve considerare nulla e l'azione può essere proposta in ogni tempo anche da chi abbia partecipato con il suo voto favorevole alla formazione della delibera nulla (Cass. civ. n. 15042 del 14.6.2013).


Fonte articolo: Condominioweb.com

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