Gli italiani investono negli immobili commerciali

Aumenta a buon ritmo il numero delle compravendite del settore commerciale che, secondo quanto reso noto dall’Agenzia delle Entrate, ha registrato nel primo semestre di questo 2017 un bel +5,9% su base annua.


Segnali dunque decisamente positivi per un comparto che aveva risentito non poco degli effetti della dura crisi economica che ha colpito il nostro Paese ma che adesso sembra lasciare gradualmente il posto al ritrovato interesse per l’acquisto di attività sia da parte di investitori che degli stessi imprenditori.

 

Contratti di vendita, ma non solo

Se gli investitori preferiscono in linea di massima l’acquisto, gli utilizzatori si sentono invece più orientati verso l’affitto di immobili che registrano dal 2008 una riduzione del canone di locazione piuttosto accentuata, attorno al -42,6%.
In tutti i casi la metratura più gettonata per le attività commerciali sembra essere attorno ai 100 mq, quasi sempre con una predilezione maggiore nelle vie di passaggio.


A preferire zone meno battute sono più in generale negozi di vendita al dettaglio o comunque attività specifiche che non richiedono necessariamente una posizione di visibilità come anche, ad esempio, uffici o studi.
È il settore della ristorazione ad evidenziare una domanda sempre più vivace e dinamica, in particolar modo nelle grandi città ad alta vocazione turistica come Milano, Roma, Firenze, Verona e Torino che stanno polarizzando sempre di più l’attenzione dei retailer a caccia di affari immobiliari.


Fonte articolo: Immobiliare.it

Commerciale: in quali immobili conviene investire?

Se gli investimenti in immobili d’impresa rispecchiano il fermento dell’economia, il mercato attuale conferma in pieno gli ultimi decisi segnali di ripresa (Pil all’1,5% per fine anno stimato da Confindustria).


Che si tratti di raddoppiare i capannoni o affittare nuovi uffici e negozi, piccole e grandi imprese sono tornate a spendere risorse sugli spazi di lavoro.

 

I dati dell’Agenzia delle Entrate sono chiari: gli acquisti di edifici destinati all’uso commerciale o produttivo sono cresciuti nell’ultimo semestre del 6,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In più, secondo Nomisma, nello stesso arco temporale si sono accorciati di circa il 5-10% i tempi di vendita e locazione degli spazi vuoti. Altro indicatore importante della reattività del settore produttivo. 


La maggior parte delle richieste riguarda gli affitti, non gli acquisti: il 72% nel caso dei capannoni, l’85% per i negozi e l’80% per gli uffici. Questo perchè, soprattutto in ambito commerciale, il proprietario dell’edificio è quasi sempre chi investe per mettere a reddito. 


A livello territoriale il Nord corre di più. Lombardia, Veneto e Piemonte sono in testa, ma il trend positivo è diffuso in tutta Italia, specialmente quando è mosso da alcune specificità. 
Quali sono i settori più dinamici? Pmi industriali, attività artigianali e autofficine sono i più attivi nella ricerca di nuovi capannoni, ma è il food a dominare tra i negozi. Nuove attività di ristorazione e di vendita di alimentari coprono da sole un terzo del mercato. Sul fronte uffici, le richieste provengono da due direttrici: da un lato, ci sono i liberi professionisti, come gli studi legali, che ancora prediligono le zone centrali delle città.


"A livello di aziende, invece, i grandi gruppi o le multinazionali cercano in prevalenza sedi direzionali in cui accorpare tutto il personale, ben collegate a infrastrutture logistiche e collegamenti pubblici, realizzate secondo standard moderni che permettano di ottimizzare gli spazi e ridurre i costi a livello di efficienza energetica, a prescindere che si trovino in centro o fuori", spiega Alessandro Mazzanti, amministratore delegato di Cbre Italia. 


Ma quanto si spende per una nuova sede di lavoro? La forbice è molto larga e dipende da zona e tipologia d’attività. Per prendere in affitto un ufficio nuovo, c’è ampia disponibilità in tutta Italia in un range compreso tra 80 e 150 euro al metro quadro all’anno, con punte che toccano i 400-500 a Milano e Roma.
Per i capannoni, invece, si resta tra i 50 e gli 80 euro in affitto e in una media di 500-800 euro al metro quadro come prezzo d’acquisto (con differenze del 20% se si è vicini o lontani dalle principali arterie). Come locazione per i negozi si può passare da 100 euro al metro quadro annui in periferia ai 1.500-2.000 euro in centro a Roma, Milano, Firenze e Napoli, mentre per l’acquisto con 1.000-2.000 euro al metro si può comprare in molte zone d’Italia, ma nei principali centri città si parte almeno da 2.500-3.000 per salire al top, come 10mila/15mila. E nel caso dei negozi, costa il doppio trovarsi su una via di grande passaggio o in una zona esclusiva.


Fonte articolo: IlSole24ore, vetrina web

 

 

Cedolare secca sugli affitti dimezza l'evasione; si spera in riconferma

Confedilizia e Fiaip in vigile attesa ma con un po’ di ottimismo sulla proroga della cedolare affitti con estensione anche alle locazioni commerciali.


"Diamo atto alla maggioranza - si legge nel comunicato di Confedilizia - di aver accolto le istanze di Confedilizia in materia di cedolare secca sugli affitti".

 

Il Comunicato prosegue così: "I dati contenuti nella nota di aggiornamento al Def dimostrano che la tassazione sostitutiva dei redditi da locazione ha dimezzato l'evasione tributaria nel settore abitativo e aumentato la tax compliance. Si deve, quindi, proseguire su questa strada. Il rinnovo dell'aliquota del 10% per i contratti a canone calmierato si impone per sostenere una tipologia di affitto che consente l'accesso alla casa da parte delle fasce sociali più deboli. L'introduzione, poi, di una cedolare anche per le locazioni non abitative, a partire da quelle dei negozi, restituirebbe redditività ad un investimento che l'ha del tutto persa, contribuendo a ridare fiato al commercio. Ora attendiamo il Governo".

A partire dall'introduzione della cedolare secca sugli affitti abitativi – ricorda Confedilizia – l'evasione tributaria (tax gap) è diminuita del 42% e la propensione all'inadempimento si è ridotta del 40%. In particolare, tra il 2010 ed il 2015 il tax gap è passato da 2,3 a 1,3 miliardi di euro, mentre la propensione al gap è scesa dal 25,3% al 15,3%.


Sulla stessa lunghezza d’onda la Fiaip (agenti immobiliari), che però è meno ottimista: ribadire l'obiettivo della cedolare secca nelle risoluzioni di maggioranza non è ancora sufficiente - dicono alla Fiaip - se non c'è una vera disponibilità da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Governo, che al momento non si è manifestata nella cornice politico economica alla Legge di Bilancio illustrata ieri al Senato dal Ministro delle Economie e delle Finanze Pier Carlo Padoan. 


"L'estensione della cedolare secca per gli affitti commerciali - spiega il neo Presidente Gian Battista Baccarini -, così come inserita nella risoluzione della maggioranza alla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2017, è una misura che chiediamo da anni per far ripartire il mercato immobiliare ed è un primo segnale da parte del Senato. Sarebbe, inoltre, un passo importante nel contrasto alla desertificazione commerciale delle nostre realtà urbane, per ovviare al degrado di molte città che hanno visto allontanare, sempre più, le attività produttive dai centri storici. Un intervento che gli agenti immobiliari Fiaip chiedono ormai da tempo, insieme alla Confedilizia e che riteniamo fondamentale per rilanciare il mercato e il tessuto delle attività produttive e del terziario".


Fonte articolo: IlSole24ore.com, Condominio 

Crescono i rendimenti in tutto il comparto immobiliare

Secondo uno studio realizzato da Idealista, l’investimento immobiliare in Italia è sempre più redditizio, doppiando – nel peggiore dei casi – il rendimento dei Titoli di Stato a 10 anni.


A parte i box, il cui rendimento annuo lordo è rimasto invariato al 4,9% rispetto a un anno fa, tutti gli altri segmenti property hanno segnato incrementi negli ultimi 12 mesi.

 

L’analisi, che mette in relazione i prezzi di vendita e affitto delle diverse tipologie immobiliari per calcolare il loro rendimento lordo, evidenzia il balzo maggiore nel residenziale, che passa da una redditività del 5% al 5,7%, determinata dal calo tendenziale del prezzo delle abitazioni e dal positivo andamento del mercato degli affitti. Il commerciale (negozi) resta l’investimento immobiliare più redditizio. Acquistare un locale commerciale per affittarlo offre una redditività pari all’8,1%, contro il 7,8% dell’anno scorso. In crescita anche gli uffici, dal 6,9% al 7,4%.

 
Rendimenti nel residenziale

Con un tasso pari al 7,9%, Biella e Belluno sono al top dei rendimenti delle abitazioni, seguite da Brindisi e Siracusa, entrambe al 7,1%. All’opposto, Siena (3,3%) è il fanalino di coda, precedendo Caserta e Pesaro con il 3,6%.
Tra i grandi mercati, Milano (5,7%) primeggia davanti a Torino (5,6%) e Bologna (5,4%). Roma si ferma al 4,8%, mentre Napoli chiude la graduatoria con un 3,8%.

 
Rendimenti dei locali commerciali (no capannoni)

Milano (16,3%) sale al primo posto del ranking dei rendimenti nel settore retail, che resta il prodotto con i maggiori tassi di rendimento. Alle spalle del capoluogo meneghino troviamo Genova (15,7%) e Bologna (12,9%). A Roma la redditività ammonta al 9,9%, mentre a Napoli scende al 9,3%. 

Dal lato opposto, i rendimenti meno attrattivi per gli investitori si registrano a Padova (5,5%), Bergamo (5,2%) e Piacenza (4,8%).

Rendimenti degli uffici

Registra un incremento il settore degli uffici, che vede Modena (8,3%) e Reggio Emilia (7,6%) in testa ai rendimenti. Con ritorni superiori al sette per cento si segnalano anche Catania (7,4%), Bergamo (7,2%), Milano (7,1%) e Prato (7,1%).

Genova (4,1%), Brescia (5,1%) e Piacenza (5,3%) presentano i rendimenti più bassi tra i centri rilevati. Il mercato non è così uniforme come gli altri prodotti immobiliari, per cui è impossibile rilevare i dati statistici di oltre la metà dei capoluoghi italiani.

Rendimento dei box

I box auto sono il prodotto meno profittevole per gli investitori in quasi tutti i mercati monitorati, con rendimenti lordi comunque nettamente superiori ai buoni a 10 anni, anche nel “caso limite” di Genova (3%), la città dove i box rendono meno. Delle 12 città monitorate è Monza (5,1%) la più profittevole, seguita da Bari (4,7%) e Bologna (4,6%). Stabili i valori rispetto a un anno fa a Milano (4,4%) e a Roma (4,3%), alle loro spalle sale Napoli al 3,9%.


Fonte articolo: Idealista.it

+8,6% le compravendite ad inizio 2017; bene anche il commerciale

Il mercato immobiliare italiano sale nei primi tre mesi del 2017: le compravendite immobiliari crescono dell’8,6% nel settore delle abitazioni, del 10,8% nel settore terziario-commerciale e del 12,2% in quello produttivo.


Questi alcuni dati relativi alle compravendite immobiliari del periodo gennaio-marzo 2017, elaborate dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.
 

Compravendite: in crescita nel residenziale

Nel primo trimestre di quest’anno le abitazioni compravendute sono state 122 mila, quasi 10 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2016, con una crescita dell’8,6%.
A mostrare un tasso di variazione più elevato, seppur riferito ad un più basso numero di scambi, sono state le isole, con un +11,9%. Nelle aree del nord, i rialzi sono stati vicini al 10%, prossimi all’8% al centro, mentre al sud gli scambi sono saliti del 5,1%.


Nelle otto maggiori città italiane, la crescita delle compravendite di abitazioni ha sfiorato il 10%, con 22.170 transazioni. Il risultato migliore è stato raggiunto da Firenze (+16,5%), seguita da Genova (+15%), Milano (+13,8%) e Roma (+10,2%).


Risulta in aumento del 9,8% la superficie complessiva delle abitazioni compravendute, segno di uno spostamento degli acquisti su abitazioni di maggiore dimensione. Infatti, la superficie media dell’abitazione compravenduta, che è pari a circa 105 mq, aumenta di un metro quadro. In assoluto, le abitazioni più scambiate sono state quelle con superficie superiore a 85 mq (circa il 60%).


Gli scambi di cantine e soffitte (depositi pertinenziali) sono stati circa 13.700, in crescita, rispetto al primo trimestre 2016, del 17%, con una superficie media di 14,5 mq.
 

Compravendite nel terziario-commerciale

Il settore terziario-commerciale, che comprende per la maggior parte uffici, istituti di credito, negozi, edifici commerciali, depositi commerciali e autorimesse, mostra nel periodo gennaio-marzo 2017 un incremento del 10,8%, superando 20 mila unità immobiliari compravendute.


A livello geografico, i tassi di crescita risultano piuttosto simili nelle diverse aree del Paese, con l’eccezione delle isole, dove il rialzo sfiora il 15%. In particolare, gli uffici scambiati sono stati 2.363, in aumento del 19,2%, i negozi e i laboratori 6.216 (in crescita del 3,2%), i depositi commerciali e le autorimesse 10.867, con un incremento dell’11,5%.


Aumenta del 12,2% il settore produttivo (capannoni e industrie), anche se la crescita è ridimensionata rispetto ai tre trimestri precedenti.
 
Infine, le unità immobiliari produttive connesse alle attività agricole oggetto di transazione sono state 582, in rialzo di circa il 35% rispetto all’analogo periodo del 2016.


Fonte articolo: Edilportale.com

 

Compravendite immobiliari IV trimestre 2016: +10,5% la media nazionale



Un'ulteriore conferma del buono stato di salute del mercato immobiliare arriva dai dati Istat su compravendite e mutui di fonte notarile, entrambi cresciuti del 17% nel 2016.


Un dato di poco al di sotto di quello registrato dall’Agenzia delle Entrate.

 

Secondo l’Istituto di statistica i trasferimenti immobiliari sono stati 728.817, 105.742 in più sul 2015.
"L'aumento dei trasferimenti di proprietà si registra in tutti i settori: +16,8% nell’abitativo (con 680.836 unità); +19,9% nell'economico (con 44.079 unità); +8,4% nel settore ad uso speciale e multiproprietà (con 3.902 unità esclusi i posti barca)".


"Il 93,7% delle transazioni – precisa la nota – riguarda trasferimenti di proprietà di immobili ad uso abitativo ed accessori (189.899), il 5,7% quelli ad uso economico (11.607) e lo 0,6% quelli ad uso speciale e multiproprietà (1.146)".
"La crescita tendenziale interessa tutte le ripartizioni geografiche, con variazioni superiori alla media nazionale nel Nord-ovest (+10,5%)".


Il settore dell’abitativo segue lo stesso andamento di quello generale con valori sopra la media nazionale nel Nord-est (+14,7%) e nel Nord-ovest (+12,5%) e con aumenti più modesti nel Centro (+7,9%) e nel Sud e Isole (+7,3% per entrambe). Il comparto economico si attesta su valori sopra la media nazionale al Sud (+7,6%) e nel Nordovest (+5,7%); incrementi più lievi caratterizzano il Centro (+3,2%), le Isole (+2,8) e il Nord-est (+1,4).


"Le convenzioni notarili per mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare stipulati con banche o soggetti diversi dalle banche (108.584) registrano un incremento dell’8,1% rispetto al IV trimestre del 2015". Mentre la crescita a livello annuale è del 17%.


Come già notato dalle Entrate, anche l’Istat certifica un rallentamento della crescita nell’ultimo trimestre dello scorso anno. Ma, in attesa dei dati sul primo trimestre 2017 che saranno diffusi dalle Entrate martedì prossimo 6 giugno, gli operatori prevedono aumenti degli scambi anche per quest’anno. Si stimano per il 2017 circa 600 mila transazioni, accompagnate da un lieve risveglio dei prezzi (1-2%), ma solo nelle grandi città.


Fonti articolo: 1. IlSole24ore.com, 2. Idealista.it

La rinascita del box come investimento in città

Il box auto potrebbe essere una buona scelta. A patto, però, di trovarlo nella zona giusta e a prezzi adeguati ai nuovi livelli di mercato. Senza cedere a facili entusiasmi, gli operatori confermano come il mercato dei garage sia in decisa ripresa, a causa soprattutto dell’appetibilità dei rendimenti.


I box hanno subìto uno stop della domanda ancora più marcato rispetto a quello delle abitazioni. Si calcola che dal 2007 i prezzi siano scesi di almeno il 30-35%, con una contrazione di qualche punto percentuale proseguita ancora per tutto il 2015.

A livello di interesse una dinamica positiva era invece già partita l’anno scorso quando quasi il 60% di chi aveva acquistato il box lo aveva fatto con finalità di investimento. "Dall'inizio del 2016 notiamo una domanda sempre crescente", conferma Guido Lodigiani, Responsabile dell’ufficio studi di Immobiliare.it, così che anche i prezzi nel corso del 2016 potrebbero ritrovare il segno positivo. A che cosa di deve questa rinascita? "Il box è un investimento abbastanza liquido, che si riesce ad affittare e rivendere con meno problemi di una casa. E soprattutto, permette di investire a una platea molto più ampia di persone rispetto alle abitazioni, che saranno anche deprezzate rispetto a dieci anni fa, ma richiedono pur sempre un impegno sostanzioso e hanno bisogno di più manutenzione e riservano spese di condominio ben più alte".


Il rendimento medio lordo nelle città italiane è compreso fra il 5,3% e il 6,4%, ma con punte che arrivano al 7-10%. Si tratta di una resa superiore al residenziale – che, secondo Lodigiani, oggi non offre più del 2-3% – ma anche migliore dei principali strumenti finanziari a rischio zero (o quasi), come i conti deposito. Certo, le cose cambiano quando dal lordo si passa a calcolare il rendimento netto. Il peso di spese e imposte finisce in media per dimezzarlo, e portarlo fra il 2,5% e il 3%, ma è una riduzione fisiologica anche negli investimenti immobiliari in abitazioni.


Su cosa puntare? "Meglio concentrarsi su quartieri in cui ci sia poca disponibilità di parcheggio e una bassa presenza di box rispetto alle abitazioni – suggerisce Fabiana Megliola Responsabile dell’ufficio studi del gruppo Tecnocasa –. Da valutare anche le zone ad alta presenza di uffici, soprattutto se non ben collegate con i mezzi pubblici".


Guardando al dettaglio delle principali città emergono dati interessanti. I rendimenti migliori si spuntano nelle zone di periferia, dove si riesce ad acquistare a buon mercato e affittare a canoni non troppo distanti da quelli del centro. Ecco perché, ad esempio, secondo Immobiliare.it i quartieri esterni di centri come Bari e Verona promettono una resa superiore a quelli di Milano e Roma.


A livello di prezzo, invece, più che il “blasone” della città è la scarsità dell’offerta a determinare i valori più alti, che si trovano quasi sempre nei centri storici. Roma è in testa e in alcune zone, come Campo dei Fiori, si incontrano annunci di vendita anche sui 100mila euro. Napoli e Firenze, invece, battono Milano. La media in pieno centro è sui 45-50mila euro, ma ci sono box in vendita al Vomero a 65mila euro e nel capoluogo toscano, attorno a Santa Croce, anche a 70mila. Mentre la particolarità di Genova – "tipica delle città di mare" secondo Lodigiani – è che molte zone esterne costino più di quelle interne alla città. È il caso ad esempio di Voltri o di Quinto, dove si rintracciano prezzi superiori ai 45mila euro. "


La fascia su cui concentrarsi, comunque, è quella compresa fra i 20 e i 30mila euro.
In questo range si ottiene il risultato migliore come rapporto spesa-rendimento – osserva Lodigiani –. E va sempre considerato che una cosa è la domanda iniziale del proprietario, un’altra il prezzo finale, scontato anche del 15-20 per cento".

 

Fonti articolo: Ilsole24ore.com, vetrina web

Piani casa, cambi d'uso e bonus ampliamenti immobili

In 16 Regioni i piani casa vanno oltre gli immobili residenziali e permettono di sfruttare il bonus di cubature, con condizioni e percentuali diverse, anche per edifici a destinazione terziaria, produttiva e persino in alcuni casi per gli alberghi. 


Alcune Regioni, come il Veneto, la Basilicata, le Marche, la Puglia hanno ampliato i confini dei propri piani alla generalità degli immobili con destinazioni d’uso non residenziali. In altri casi, non tutti gli immobili per le attività economiche sono trattati allo stesso modo. Qui sono le leggi regionali, le circolari e i regolamenti emanati dal 2009 a stabilire criteri, modalità e limiti operativi e specifici ambiti settoriali nei quali per realizzare gli interventi di ampliamento o di demolizione e ricostruzione degli edifici ci si può avvalere degli aumenti di superficie o di volume. Infine, va ricordato che il piano casa è scaduto per tutti gli immobili in Lombardia ed Emilia Romagna.

Gli immobili commerciali 
Alcuni piani - per esempio quelli di Campania, Valle d’Aosta e Marche - elencano esplicitamente gli immobili destinati allo svolgimento delle attività commerciali tra quelli sui quali possono essere concessi i premi in diritti edificatori. Ma il fatto che nelle altre leggi regionali non siano citati, non significa necessariamente che non ne possono beneficiare.
In altri casi, però, le attività commerciali sono escluse dai benefici dei piani oppure possono usufruirne solo a particolari condizioni. In Veneto gli interventi sugli immobili con destinazione commerciale sono esclusi se con gli ampliamenti realizzati si aggirano o si deroga alle norme regionali in materia di programmazione delle attività commerciali; anche la regione Piemonte condiziona la concessione dei premi al rispetto della disciplina di settore.


La misura degli incrementi 
Quasi sempre le regioni hanno stabilito un limite del 20% per l’incremento di superficie o di volume concesso per favorire gli ampliamenti e del 30-35% nel caso di abbattimento e ricostruzione di un capannone o di una struttura ricettiva; queste percentuali sono sostanzialmente le stesse previste per gli immobili con destinazione residenziale. 
Un poco più prudente della media delle altre regioni è la Basilicata: la superficie non può aumentare più del 15% di quella esistente, che a sua volta non può essere superiore a 250 metri quadri. Molto generoso è, di contro, il Veneto. Gli imprenditori che vogliono demolire e ricostruire i loro immobili possono quasi raddoppiarne la superficie: fino al 70% se la ricostruzione porta la prestazione energetica del nuovo edificio alla classe A; percentuale che può arrivare all’80% quando la realizzazione dell’intervento avviene ricorrendo alle tecniche costruttive dell’edilizia sostenibile definite dalle norme regionali. Anche in Friuli Venezia Giulia il premio per le demolizioni e ricostruzioni è elevato: arriva al 50% della superficie per rilocalizzare gli edifici incongrui con l’ambiente circostante.


Soppalchi a sagoma identica 
Per aumentare la superficie utile di una fabbrica o di un ufficio non è sempre necessario costruire un nuovo piano o nuovi muri. 
In Piemonte gli edifici possono essere soppalcati per aumentare la superficie utile esistente fino al 30%; se non dovesse essere sufficiente allora si può anche ampliare l’immobile di un altro 20%, purché questo secondo incremento non superi i 2mila metri quadrati. Ai soppalchi si può ricorrere anche in Friuli Venezia Giulia. 
Un aumento delle superfici senza modificare la dimensione dell’immobile è possibile anche per gli edifici non residenziali della Campania: con la realizzazione di opere interne possono essere recuperati per l’attività economica volumi già esistenti, anche cambiandone la destinazione d’uso urbanistica.


Cambi d’uso anche a tempo 
Per beneficiare dei premi previsti dai piani casa non è necessario dimostrare che i nuovi spazi sono necessari per ampliare la produzione delle merci prodotte o per allargare l’officina. In Piemonte non è, però, consentito trasformare in abitazione un edificio non residenziale. In altri casi il cambiamento non è possibile per un certo numero di anni. Per 10 anni nel Lazio, per 20 in Liguria (dove, in caso di delocalizzazione, ciò è possibile destinando a edilizia sociale il 20% della superficie). Questa possibilità è prevista, invece, dalla regione Molise. 


Nel dettaglio, ciascuna Regione e scadenze del bonus ampliamenti (pdf): 
http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/Online/_Oggetti_Correlati/Documenti/Norme%20e%20Tributi/2015/09/Piano_casa2.pdf?nmll=2707

Fonte articolo: ilsole24ore, vetrina web.

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