Bando periferie: i progetti finanziati per ciascuna città

È stata inviata nei giorni scorsi dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai Comuni la comunicazione del finanziamento dei progetti candidati al Bando per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane, dei comuni capoluogo di provincia e della città di Aosta.


Si tratta del Bando Periferie lanciato dal Governo nel maggio 2016 con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro poi incrementata a 2,1 miliardi di euro dalla Legge di Bilancio 2017 per finanziare tutti i 120 progetti presentati.

Ecco un primissimo elenco delle città e dei relativi progetti finanziati:

BARI

41 milioni di euro andranno a ‘Periferie Aperte’, il progetto della Città metropolitana di Bari finalizzato alla riqualificazione di spazi pubblici aperti tra cui piazze, giardini, campi da gioco, con la creazione di percorsi di mobilità sostenibile e nuovi parchi urbani. Nel capoluogo sono previsti interventi nei quartieri San Paolo e Libertà, dove sarà riqualificata Piazza del Redentore.
 
Nel complesso sono previsti 37 interventi strategici di riqualificazione dello spazio pubblico in 36 Comuni, tra cui: la creazione di un’area sportiva in Piazza Trieste ad Adelfia, la pedonalizzazione e riqualificazione di Piazza Disfida a Barletta, la rigenerazione di un’area sottoutilizzata e la creazione di un parco multifunzionale attrezzato in Piazza Sacro Cuore a Cassano delle Murge, la riqualificazione delle piazze e dei percorsi di connessione con il centro storico a Terlizzi, intervento di greening urbano su Largo 2 Giugno a Valenzano.


BOLOGNA

Dei 58 milioni di euro ottenuti dal capoluogo emiliano, 18 sono destinati al Comune di Bologna per due progetti: ‘Paesaggio Pilastro’ per dotare il quartiere Pilastro di nuove piste ciclabili, orti urbani, laboratori e una nuova stazione del Sfm, e il progetto di riconversione dell’ex parcheggio Giuriolo, all’Arcoveggio, per trasformarlo in un polo per la conservazione e il restauro delle pellicole, in collaborazione con la Cineteca.
 
Gli altri 40 milioni di euro andranno ai Comuni dell’hinterland per numerosi interventi, tra cui: il restyling dell’area Nord della ferrovia a Imola, dell’ex stazione ferroviaria di Medicina e dell’area produttiva del Bargellino a Calderara di Reno; la realizzazione di percorsi ciclopedonali intercomunali; la ristrutturazione della Casa della Cultura e della Memoria e la riqualificazione delle aree urbane di Marzabotto.


MILANO

È di 40 milioni di euro lo stanziamento per la rigenerazione urbana e riqualificazione delle periferie di circa 30 comuni coordinati dalla Città metropolitana di Milano. I progetti sono volti al potenziamento e alla riqualificazione delle infrastrutture del trasporto pubblico e della mobilità.
 
Tra gli interventi in programma ci sono i lavori sulle stazioni della metropolitana MM2 nei Comuni di Bussero, Cernusco sul Naviglio, Cassina de’ Pecchi, Gorgonzola, Gessate, Vimodrone, il centro sportivo e lo sportello di sostegno all’abitare di Pioltello, la scuola Bauer a Cinisello Balsamo, l’elettrodotto a Sesto San Giovanni, la costruzione di piste ciclabili, ciclostazioni e connessioni ciclabili in nodi di interscambio rilevanti. 


TORINO

Con 18 milioni di euro la Città di Torino realizzerà progetti di mobilità sostenibile, attività educative e culturali, servizi a sostegno dell’inclusione sociale e welfare, in aree periferiche della città. I 18 milioni di euro di stanziamento statale integreranno altri investimenti pubblici e privati per un importo complessivo di 41 milioni di euro.
 
I progetti sono contenuti nel piano “AxTO (azioni per le periferie torinesi) 2017-2019” che prevede cinque assi: spazio pubblico, casa, lavoro e commercio, scuola e cultura, comunità e partecipazione. Gli interventi riguarderanno la manutenzione di strade e marciapiedi, di scuole, mercati, parchi e campi sportivi, il bike sharing e l’edilizia popolare, un polo tematico a Parco Dora.


VICENZA

Alla città veneta andranno poco meno di 18 milioni di euro per progetti di riqualificazione individuati lungo un ‘percorso verde’ che parte dall’ex colonia Bedin Aldighieri, per procedere verso Campo Marzo, via Torino, il PP7, il PP6, via Cengio, l’area ex Zambon, il parco della Pace, l’ex scuola elementare di Laghetto, fino all’ex centrale del Latte, per complessivi 4 milioni di euro.
 
Poi le ex serre di parco Querini con il parco dell’Astichello. Particolare attenzione è riservata alla ciclabilità e al trasporto pubblico, in particolar modo verso le frazioni, poco servite dai mezzi pubblici.


GENOVA

I 18 milioni di euro in arrivo, aggiunti a 6 milioni stanziati dal Comune di Genova, consentiranno di recuperare edifici storici e non, ridisegnare spazi pubblici meno assediati dal traffico, ampliare la fibra ottica a Sampierdarena, Campasso e Certosa.
 
Molti i progetti in campo: l’ex biblioteca Gallino sarà demolita per lasciare il posto ad una piazza; il Centro Civico Buranello e gli ex Magazzini del Sale saranno recuperati per ospitare atelier per artisti, artigiani, grafici; il mercato Tre Ponti sarà ristrutturato; l’ex mercato del Campasso sarà in parte demolito per poi ospitare una scuola dell’infanzia e un centro sportivo; l’antico Chiostro di Certosa sarà restaurato.


BERGAMO

Sono 41 (di cui 34 su strutture comunali) i progetti che il Comune realizzerà con 18 milioni di euro: la rifunzionalizzazione della ex Centrale di via Daste e Spalenga, della pista ciclopedonale da Boccaleone al centro città, la passerella sopra la ferrovia in via Rosa, la connessione tra la parte nord e sud del quartiere di Grumello del Piano, il parcheggio all’ex Gasometro.
 
E ancora: il wifi e oasi digitali nelle piazze, la riconversione del vecchio Palaghiaccio alla Malpensata, la riqualificazione di parchi e di edilizia residenziale pubblica, la sistemazione dell’ex convento del Galgario per l’accoglienza delle persone senza fissa dimora e il potenziamento e la valorizzazione delle reti sociali di quartiere.


Fonte articolo: Edilportale.com

Aosta è la provincia dove si vive meglio

E' Aosta a salire sul gradino più alto nell’edizione 2016 della Qualità della vita, la ricerca del Sole 24 Ore che mette a confronto le province italiane su un’ampia serie di indicatori (aggiornati in gran parte al 2015 e in qualche caso a ottobre 2016) articolati in sei settori d’indagine.


All’ultimo posto sempre una realtà del Mezzogiorno, Vibo Valentia.

 

Molte le novità di quest’anno, volte a rendere più completo il check della vivibilità sul territorio, con una maggiore attenzione alle esigenze e ai problemi più attuali della collettività: il valore della casa, il lavoro per i giovani, la capacità di innovare, l’integrazione degli stranieri, l’offerta di welfare, la partecipazione civile. Le sei aree hanno così acquisito una denominazione più inclusiva e i parametri da 36 sono saliti a 42.


Nonostante questa “ristrutturazione” – che un po’ distorce il confronto con i risultati della scorsa edizione – non cambia molto la fotografia che emerge dalla pagella finale: il divario tra Nord e Sud, le province di maggiori dimensioni frenate dai nodi sicurezza e ambiente nel loro slancio in avanti, le realtà medie o piccole – spesso beneficiate dall’autonomia – in evidenza come modelli di vivibilità.


Così Aosta per la terza volta in 27 anni di indagine (le precedenti nel 1993 e nel 2008) svetta come la “migliore”, forte soprattutto delle performance nei capitoli relativi all’economia, alla demografia e all’ordine pubblico. Tris, negativo, anche per Vibo Valentia (ultima già nel 1997 e nel 2005). Basta qualche esempio per dare conto della distanza non solo geografica tra le due realtà: il valore del patrimonio immobiliare residenziale supera ad Aosta i 100mila euro pro capite, il triplo rispetto a quello di Vibo; la disoccupazione giovanile è al 32% sotto il Monte Bianco e quasi il doppio nella provincia calabrese; il 9% degli stranieri residenti ha acquisito la cittadinanza nel 2015 ad Aosta, meno dell’1% a Vibo; nel territorio in testa per Qualità della vita si contano sette rapine ogni 100mila abitanti, e per il fanalino di coda si arriva a 44. Al contrario, la provincia alpina, in cui è la Regione a garantire gran parte dei posti, non rifulge nel capitolo Affari, lavoro e innovazione (è 70ª), in particolare nell’impiego dei risparmi e nei brevetti; a consolazione della provincia calabrese, vanno invece segnalati i piazzamenti soddisfacenti per quanto riguarda gli affitti accessibili, lo scarso numero di protesti, il basso indice di separazioni e le rare denunce di scippi e borseggi.


Sul podio si confermano Milano e Trento, mentre l’altra frequente protagonista della ricerca, Bolzano, ottiene un onorevole settimo posto. In fondo si affollano province della Calabria, della Campania e della Puglia. Per uscire dal gruppo del Sud bisogna risalire alle posizioni tra il 70° e l’80° posto (dove si trovano le laziali Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, le lombarde Pavia e Lodi, la piemontese Asti); invece le meridionali con il posizionamento migliore sono Oristano (55° posto), forte nei settori demografia e sicurezza, e altre realtà della Sardegna come Cagliari e Olbia Tempio.

Il gruppo delle province di maggiori dimensioni come nella scorsa edizione è guidato da Milano, che ancora una volta sfiora il primato grazie alle ottime performance nei settori economici, occupazionali, dei servizi e del tempo libero, ma è appesantita dai dati sui reati, seppure in calo (si veda «Il Sole 24 Ore» dello scorso 3 ottobre).

Quanto alle altre province oltre il milione di abitanti bene fanno anche Firenze e Bologna (entrambe nella top ten), Roma ( 13° posto, spinta dal valore del patrimonio immobiliare e dai flussi turistici legati al Giubileo) e Torino (35ª). Tutte nella parte finale della vivibilità le grandi del Sud: Bari (85° posto), Catania (94°), Palermo (99°) e Napoli (107°).


Fonte articolo: Ilsole24ore.com

Londra vs UE: perchè le città europee possono avvantaggiarsi con Brexit



Rischi oppure opportunità? Quali sono gli scenari che Brexit mette sul tavolo per il mercato immobiliare? I pareri sono concordi nell’individuare incertezza nel breve periodo ma occasioni di acquisto ed equilibrio a lungo termine.


Premesso che molto dipende dalle mosse di Mario Draghi e dalla tenuta dell’Unione Europea, gli operatori del segmento immobiliare sono abbastanza concordi nel ritenere che, nel medio termine, ne possono essere avvantaggiate le principali capitali europee e il settore delle costruzioni.

 

 

In un primo momento Londra, così come altre città del Regno Unito che hanno catalizzando investimenti nell’ultimo periodo, potrebbero non risentirne più di tanto, anzi: secondo un sondaggio svolto a caldo da Scenari Immobiliari tra operatori del settore in Italia e in Europa, oltre tre quarti del campione ritiene che il deprezzamento della sterlina, il conseguente calo dei prezzi e la minore concorrenza tra investitori dovrebbe comportare un notevole aumento degli investimenti opportunistici a breve termine nel Regno Unito. Molti investitori che hanno puntato su Londra negli ultimi 36 mesi dovranno mettere in conto perdite, anche pesanti, nel breve.


"Il valore dei patrimoni immobiliari è sceso in pochi giorni per la svalutazione della sterlina – dice Paola Gianasso, vicepresidente di Scenari Immobiliari -. E chi ha liquidità si butterà sull’acquisto. Anche se molte società europee traslocheranno e cominceranno a licenziare". E la stessa immigrazione di qualità che Londra ha visto finora potrebbe ridursi. Il che significa meno domanda di case e di uffici. Secondo Credit Suisse, Brexit provocherà una immediata crescita dei rendimenti per gli uffici a Londra, conseguenza del taglio delle stime di crescita dei canoni. Non solo. Negli ultimi sei mesi la costruzione di uffici è salita del 28%, secondo un report di Deloitte, di cui il 48% non è affittato (il 6% dello stock). Una corsa dovuta alla domanda in crescita esponenziale degli ultimi anni. E se molte banche e gruppi sposteranno uffici e personale – alcune decisioni sono già state prese – in altre città come Parigi, Francoforte e Amsterdam (qui per i vantaggi fiscali che la città offre) lo sfitto nella capitale inglese aumenterà.


Anche Milano potrebbe beneficiare dalla situazione. Se saprà creare una infrastruttura fiscale, giuridica e tecnologia per accogliere nuove imprese. La concorrenza oggi non è più tra Stati ma tra città. E Milano ha le carte in regola per fare concorrenza a capitali come Madrid, ma sconta l’obsolescenza dello stock real estate. Ma anche Roma, potrebbero acquisire una maggior centralità nella vision degli investitori internazionali e delle multinazionali interessate ad avere headquarters nell’area UE.
Più difficile prevedere cosa accadrà nel lungo termine. Molti esperti ritengono che il mercato ritroverà il suo equilibrio. Sono la minoranza a credere che si verificherà un crollo degli investimenti nel Regno Unito.


Secondo Jll per i mercati immobiliari, la correzione iniziale potrebbe essere più severa, ma dovrebbe essere seguita da una ripresa quando riemergeranno opportunità nei mercati core (a reddito) del Regno Unito e i benefici di una sterlina debole saranno riconosciuti. "È probabile che ci sia una rettifica dei capital value negativa nei prossimi due anni (stimata fino al -10% con rendimenti che si potranno scostare di circa 50 punti base) - dice Chris Ireland, ceo di Jll UK -. È previsto anche che il mercato residenziale si raffreddi, nonostante i tassi di interesse più bassi". Ma il mercato immobiliaresi sa ha cicli lunghi.


Fonti articolo: Ilsole24ore.com, Quifinanza.it

Politica e periferie: un quadro a pochi giorni dal voto

Sono le aree più problematiche delle grandi metropoli, destinazione dei nuovi immigrati e dei cittadini che tendono a lasciare il centro. Con uno sviluppo dei collegamenti e dei servizi che non sempre riesce a tenere il passo della crescita demografica.


Per questo le periferie di Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna sono finite sotto la lente di tutti i candidati sindaco che si confronteranno al ballottaggio del 19 giugno. Anche perché sono i cambiamenti dei flussi elettorali in queste zone popolose a decidere in molte realtà i destini nell’urna. 



Se a Milano non ci sono aree abbandonate, a Napoli Scampia, con le sue Vele, è diventato un quartiere-riparo per la malavita. Ma anche l’ex zona operaia della Bolognina, nel capoluogo dell’Emilia Romagna, è ora il simbolo locale del degrado e dell’illegalità. È da qui che è partito il piano per riqualificare il sistema di illuminazione e videosorveglianza che entro il 2017 porterà alla sostituzione di 46mila lampioni e 5mila semafori in tutta la città. Il Sindaco uscente Virginio Merola (Pd) punta a completare il piano, mentre la candidata della Lega Lucia Borgonzoni propone «tolleranza zero» contro il degrado.
Per Scampia il Comune di Napoli ha redatto uno studio di fattibilità da 120 milioni che prevede l’abbattimento di tre delle quattro Vele e una rigenerazione diffusa. Ma a fine 2015 l’intesa interistituzionale che stava per essere siglata si è bloccata. Il Sindaco uscente Luigi de Magistris punta a promuovere l’edilizia popolare, mentre Gianni Lettieri (centrodestra) annuncia nei primi cento giorni un progetto per ogni territorio.


Sul fronte delle criticità di Torino, da una parte c’è area dell’ex Moi, i vecchi mercati generali di Torino, con le palazzine costruite durante le Olimpiadi del 2006 oggi occupate da un migliaio di profughi e rifugiati provenienti dall’Africa. Si aggiunge poi il fardello delle vecchie aree industriali dismesse. Il Sindaco uscente Piero Fassino rilancia il “distretto della cultura”, mentre la candidata Sindaco Chiara Appendino (M5S) parte dalla necessità di creare spazi per le piccole imprese. 


A Milano, la questione che più si identifica con i problemi delle periferie è l’emergenza case popolari: ci sono 23mila domande in lista di attesa, mentre dei 30mila appartamenti di proprietà del Comune almeno 1.500 sono inagibili (nel frattempo ci sono 20mila case private sfitte). Un argomento che è stato al centro anche del confronto tra i candidati che si sfideranno al ballottaggio: Giuseppe Sala (centrosinistra) e Stefano Parisi (centrodestra). Sala, in caso di vittoria punta ad avere sotto la sua diretta responsabilità la gestione delle periferie e intende proseguire con la gestione pubblica della casa popolare. Per Parisi nelle periferie c’è bisogno di avere più controlli, con più mezzi tecnologici come le telecamere e la certezza di interventi e sanzioni. E sull’edilizia popolare, Parisi non esclude l’intervento di privati specializzati. 


A Roma sono ancora in alto mare tante iniziative volte a sanare i tanti abusi edilizi realizzati nelle periferie romane. Nel bilancio della città, poi, non ci sono più le risorse per le opere pubbliche a servizio delle case. Case che invece oggi sono in corso avanzata di realizzazione o in molti casi già realizzate. Per completare 20 Piani di Zona servono circa 100 milioni di euro. Giachetti (Pd) promette il completamento l’attuazione dei Piani di Zona; ha anche parlato di riqualificare il lungomare di Ostia. Propone inoltre di costruire dei poli aggregativi a partire dalle stazioni di metrò e ferrovia leggera nei punti periferici della città. Virginia Raggi (M5S) non ha mai citato progetti specifici per le periferie, con due eccezioni: si è detta a favore della realizzazione del vecchio progetto di funivia urbana tra Casalotti e Battistini. E si è detta invece contraria allo stadio nell’area di Tor di Valle. 


Fonti articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Più della metà delle città ha un "profilo verde"

Secondo la rilevazione dell'Istat, nel 2014 il verde urbano rappresenta il 2,7% del territorio dei capoluoghi di provincia (oltre 567 milioni di m2). Il 16,1% della superficie comunale è inclusa in aree naturali protette mentre la superficie agricola utilizzata (Sau 2010) è pari in media al 44,3% della superficie.


Ogni abitante dispone mediamente di 31,1 mq di verde urbano. Le dotazioni più elevate si rilevano tra le città del Nord-est (50,1 mq), più che doppie rispetto a quelle del Centro, del Nord-ovest e delle Isole. La media del Sud (42,5 mq per abitante) risente delle elevate disponibilità dei capoluoghi lucani. Nel 17,2% delle città la dotazione pro capite è pari o superiore ai 50 mq per abitante, mentre nel 16,4% non si raggiunge la soglia, prevista dalla norma, dei 9 mq pro capite.

 

Calcola la superficie di verde della tua città e scopri se è diminuita nel corso degli anni al link de IlSole24Ore. 


PROFILO VERDE URBANO

Più della metà delle città hanno uno specifico "profilo verde", definito da dotazioni superiori alla media delle superfici destinate a verde urbano (18 città), delle aree naturali protette (19 città) o delle superfici destinate a uso agricolo (ulteriori 28 città). Pavia, Lodi, Cremona e Matera si collocano sopra la media per tutte le caratteristiche considerate.


ORTI URBANI

Gli orti urbani, sono in continua crescita nelle città, attivati in 64 amministrazioni nel 2014 (+4,9% rispetto all'anno antecedente).


VERDE STORICO

Le aree del verde storico e dei parchi ville e giardini di non comune bellezza – che distinguono i paesaggi urbani nazionali – rappresentano in media circa un quarto del verde urbano, le aree boschive oltre il 20%, quelle a verde attrezzato il 14%, i grandi parchi urbani e le aree di arredo entrambe circa il 10%. Gli alberi monumentali (una delle componenti del verde tutelata dal Codice dei beni culturali) sono presenti in 67 città capoluogo.


PIANTUMAZIONE ALBERI

Sono 55 i comuni che alla fine del 2014 hanno classificato gli alberi piantati in area di proprietà pubblica. 30 comuni hanno messo a dimora nuovi alberi, 15 hanno reso pubblico un bilancio arboreo e 29 hanno avviato iniziative locali per lo sviluppo di spazi verdi urbani.
Nel secondo anno dall'istituzione, 55 comuni hanno attuato iniziative in occasione della Giornata nazionale degli alberi.


CENSIMENTO DEL VERDE

Lo strumento di gestione del verde urbano più utilizzato dalle amministrazioni è il censimento del verde (lo realizzano circa 3 città su quattro). In 25 capoluoghi viene svolto un monitoraggio finalizzato alla messa in sicurezza delle alberature.


Fonte articolo: Casaeclima.com

Giovani Ance: necessità di investire in innovazione nell'edilizia

Un ripensamento dell’approccio al panorama urbano, un modello innovativo di città, in cui un nuovo afflato di politiche urbane porti a sinergie più efficienti tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione.


Il tutto condito da un incremento degli investimenti in infrastrutture stimato in almeno l’1% nel 2016, un pil che sembra essere pronto a riprendere il proprio cammino e un generale clima di fiducia che rasserena le imprese. Sono i dati più significativi presentati dai Giovani Ance nei giorni scorsi a Roma.

 

INNOVAZIONE A SOSTEGNO DELL'EDILIZIA

“Dobbiamo ripensare il paesaggio urbano promuovendo la rigenerazione del costruito, la tutela dell’ambiente e l’economia circolare”. Lo ha dichiarato la Presidente dei Giovani Ance, Roberta Vitale (in foto), aprendo i lavori del XVII Convegno Giovani Imprenditori Edili. Temi chiave sui quali i vicepresidenti dei Giovani si sono confrontati, nel corso della giornata, con esperti e rappresentanti del mondo della cultura, della politica e delle istituzioni, sono stati un modello innovativo di città, di impresa e di pubblica amministrazione, attraverso un deciso cambio di rotta sia nelle politiche urbane, che nei processi produttivi.


E per raggiungere questo obiettivo, l’associazione di categoria ha le idee chiare. In primo luogo serve una profonda rigenerazione del costruito, attraverso edilizia sostenibile e tutela dell’ambiente, favorendo al contempo l’economia circolare e quindi il riutilizzo di ogni materiale. La riqualificazione, infatti, è stata l’unico comparto dell’edilizia – anche grazie a stimoli fiscali compresi tra il 50% e il 65% - che ha mantenuto un segno + (+19,4%) anche negli anni di crisi.


È l’innovazione il punto da cui partire per immaginare e gestire il mercato di domani: il bene casa non è più solo una necessità, ma è soprattutto fonte di benessere”, ha sottolineato il vicepresidente Nicola De Santis nel corso della prima tavola rotonda, dialogando con Pietro Adduci (Tecma solution) e Massimiliano Fadin (referente Protocolli sostenibilità). Sul tema delle città è intervenuta la vicepresidente Regina De Albertis che si è soffermata  sulla necessità di “riqualificare i luoghi in cui viviamo con un piano strategico di lungo periodo, rinnovando le aree degradate con interventi semplici e convenienti, come accade nel resto d’Europa”.


Ma per i giovani dell’Ance occorre inserire una forma di premialità che garantisca di offrire condizioni migliori a chi spreca meno energia. È necessario, insomma, consentire una detrazione fiscale più alta per chi effettua interventi volti a incrementare l’efficienza e il risparmio energetico. Inoltre, serve incentivare la sostituzione edilizia, prevedendo meno oneri per chi demolisce e ricostruisce, magari con un taglio degli oneri stimato in almeno il 20%. Infine, sempre dal punto fiscale, sarebbe utile secondo i Giovani dell’Ance estendere fino al 2019 la riduzione dell’Iva per l’acquisto di abitazioni ad alta efficienza energetica.


LE IMPRESE E IL BIM

Per quanto riguarda le imprese, devono riguadagnare il loro ruolo centrale del processo di costruzione, riportando il focus sulla qualità delle costruzioni. Possono venire in soccorso delle aziende del settore le nuove tecnologie digitali, attraverso il Bim (Building Information Modelling/Management), uno strumento che permette la gestione integrata e informatizzata di tutte le attività del processo edilizio. Uno strumento che consente di realizzare opere di ingegneria in tutto il mondo, ma che in Italia è ancora quasi sconosciuto, nonostante si tratti di uno strumento rivoluzionario.


La Commissione Ue, proprio lo scorso 19 aprile, ha lanciato un piano da oltre 50 miliardi – tra fondi pubblici e privati – per sostenere iniziative per la digitalizzazione dell’industria. La Gran Bretagna ha stanziato, da qui al 2019, investimenti per 20 milioni di sterline per la diffusione del Bim che, a regime, potranno generare risparmi per le casse pubbliche di 800 milioni di sterline. Serve che anche il nostro paese si doti degli strumenti più innovativi per dare nuovo vigore a un settore che ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella creazione di ricchezza.


GREEN E SHARING ECONOMY

Infine grande spazio anche al tema della green economy: “il futuro dell’edilizia deve passare per un utilizzo più efficiente dei materiali che devono essere a chilometri zero, recuperabili e trasformabili”, ha sottolineato il vicepresidente Andrea Bonifacio, che si è confrontato con l’europarlamentare Pd, Simona Bonafè, il presidente dei giovani di Confindustria, Marco Gay, e il coordinatore dell’osservatorio green economy IEFE, Università Bocconi, Edoardo Croci.
Un focus anche sui fenomeni economici che stanno emergendo con forza nell’economia mondiale. In particolare, la sharing economy: “Questo è un mercato dalle grandi potenzialità”, ha sottolineato il vicepresidente Angelo Turco, “che può creare opportunità per il nostro settore attraverso adeguate sinergie”.


Fonti articolo: Ilghirlandaio.com, Monitorimmobiliare.it

Rapporto Abi-Entrate sul mercato immobiliare; migliora capacità d'acquisto delle famiglie


Gli italiani tornano a investire sulla casa. Riparte, infatti, il mercato delle abitazioni che, dopo il +3,5% registrato nel 2014, accelera la ripresa segnando nel 2015 un +6,5% rispetto all’anno precedente, per un totale di circa 449mila unità compravendute.


A fare da traino sono soprattutto le compravendite nei Comuni capoluogo e nelle aree del nord, specie nelle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia. Aumenta anche il ricorso ai mutui per l’acquisto della casa, grazie anche al trend positivo dell’indice di affordability, che misura la possibilità di accesso delle famiglie italiane all’acquisto di un’abitazione e che a fine 2015 segna un miglioramento di 2,1 punti percentuali segnando un nuovo massimo storico.

 

Sono alcuni dei dati presentati oggi e contenuti nel Rapporto immobiliare residenziale 2016, lo studio realizzato dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con Abi, l’Associazione Bancaria Italiana, che analizza l’evoluzione delle compravendite del settore residenziale e che quest’anno si arricchisce anche di una parte dedicata alle locazioni.


Il 2015 delle abitazioni 

Dopo la lunga e ripida discesa, osservata dal 2007, nel 2015 il mercato delle abitazioni è tornato su un sentiero di crescita (+6,5%), confermando e superando il dato positivo dell’anno precedente. Segno positivo anche per il mercato delle pertinenze, con gli scambi di magazzini che segnano un aumento del 3,8% e del 4,5% per gli scambi di box e posti auto. Nel 2015 la superficie media per unità abitativa compravenduta è stata di circa 106 metri quadri, in crescita del 7,4% rispetto al 2014, leggermente più alta nei Comuni non capoluogo (110 mq) rispetto a quelli capoluogo (99 mq). Il valore di scambio delle abitazioni è cresciuto dai 72,1 miliardi di euro registrati nel 2014 ai 76 miliardi del 2015, in aumento del 5,4%.


La classifica delle regioni 

L’analisi dell’andamento delle compravendite nelle Regioni italiane mostra una ripresa generalizzata guidata dalla Lombardia (+9%), che da sola rappresenta circa un quinto dell’intero mercato nazionale. Sul fronte degli incrementi, le Regioni che mostrano i più alti tassi di crescita rispetto al 2014 sono il Veneto (+12,1%), la Toscana e il Friuli Venezia Giulia (+10,8%), e la Basilicata (+10,2%). Seguono la Sardegna (+8%), l’Abruzzo (+7,2%), l’Emilia-Romagna (+6,8%), le Marche (+6,6%), il Piemonte (+4,9%), la Campania (+5,6%), la Sicilia (+4,8%), l’Umbria (+3,9%), la Puglia (+3,3%), la Liguria (+2,9%) e il Lazio (+2,2%). Stabile la Calabria, mentre mostrano un tasso negativo la Valle d’Aosta (-1%) e il Molise (-5,4%).


I mutui

Gli acquisti di abitazioni tramite mutuo ipotecario ammontano a 193.350 unità, circa il 45% delle abitazioni acquistate da persone fisiche, guadagnando quasi un quinto degli scambi rispetto all’anno precedente. Il capitale complessivo erogato cresce del 19,4%, passando dai 19,3 miliardi di euro del 2014 ai 23 miliardi del 2015. L’area che detiene la maggior quota del capitale è il nord-ovest (37%) seguita dal centro (25%), mentre le isole registrano la minor quota (6%). Stabili il capitale medio erogato, pari a 119mila euro, e la durata media del mutuo (22,5 anni), mentre continua il calo del tasso d’interesse, che nel 2015 perde ancora 0,65 punti percentuali, portandosi al 2,75%. Grazie a questi fattori, diminuisce mediamente la rata mensile, passando dai 631 euro del 2014 ai 592 euro del 2015.


Gli affitti 

Nel 2015 la superficie media dell’abitazione locata è stata pari a circa 92 mq e il canone annuo medio pari a 60,6 €/mq, in calo del 2,3% rispetto al 2014. Complessivamente, le abitazioni oggetto di nuovo contratto di locazione nel 2015 sono state circa il 6% dello stock potenzialmente disponibile, a cui corrispondono quasi 4,6 miliardi di euro di canone annuo complessivo. Il 60% del mercato riguarda il segmento dei contratti ordinari di lungo periodo, il 18% i contratti ordinari transitori, il 20% quelli a canone concordato e solo il 2% quelli per studenti. Tra le grandi città, gli affitti di importo più elevato si pagano a Milano, Roma, Firenze e Bologna.


QUATTRO CAUSE PER UNA RIPRESA

Le cause di questa ripresa, secondo il rapporto delle Entrate, dipendono da quattro fattori:

  1. In primo luogo dal fatto che per un bene d’uso come l’abitazione è inevitabile che oltre certi livelli è difficile scendere, in quanto le necessità alla base dell’acquisto, per quanto rinviabile, imporranno prima o poi la realizzazione dell’acquisto medesimo.
  2. In secondo luogo, la complessiva congiuntura economica inizia a dare segnali, seppure non esaltanti, di ripresa che si riflettono, in particolare, sui diversi indicatori che misurano la fiducia delle famiglie; al riguardo, un indice utile a comprendere la propensione ad affrontare acquisti che richiedono una forte esposizione nel lungo periodo, come è tipicamente l’acquisto di un’abitazione, è quello che l’ISTAT elabora come Clima Futuro2. Tale indice è passato da una media di 108,7 nel 2014, ad una 120,7 nel 2015.
  3. In terzo luogo, i tassi di interessi sono ulteriormente diminuiti ed il credito delle banche è aumentato. I dati contenuti nel Rapporto al riguardo mostrano che nel 2015 gli acquisti effettuati con mutuo ipotecario (limitando l’osservazione a quegli acquisti effettuati con ipoteca iscritta sull’abitazione acquistata) sono incrementati del 19,5% ed il tasso di interesse medio (calcolato sulla prima rata) si è ridotto di 0,65 punti percentuali attestandosi al 2,75% in media nel 2015.
  4. Infine, l’ulteriore flessione dei prezzi delle abitazioni, seppure avvenuta nel corso del 2015 a tassi inferiori rispetto agli anni precedenti, disincentiva il “rinvio” all’acquisto potendo essere percepita dai potenziali acquirenti come una condizione “da non perdere” per la previsione di una ripresa anche dal lato dei prezzi e questo induce ad una maggiore propensione all’acquisto.
L’indice di affordability

Elaborato dall’Ufficio Studi Abi secondo le prassi metodologiche di matrice anglosassone, sintetizza l’analisi dei vari fattori (reddito disponibile, prezzi delle case, andamento, tassi di interesse sui mutui) che influenzano la possibilità per le famiglie di comprare casa indebitandosi e ne descrive l’andamento. Nel 2015 l’indice continua nel suo trend positivo, registrando un significativo miglioramento che nel secondo semestre dell’anno lo porta a stabilire il nuovo massimo storico; secondo le proiezioni mensili, a marzo del 2016 l’indice sarebbe ulteriormente migliorato raggiungendo il valore dell’11,9%.


In quest’ultimo anno la dinamica positiva è principalmente dovuta ad una forte riduzione del costo dei mutui (che spiega l’80% del miglioramento intervenuto), mentre continua ad essere positivo anche il contributo dovuto al miglioramento del prezzo relativo delle case rispetto al reddito disponibile.
In miglioramento anche gli aspetti distributivi: nel secondo semestre del 2015, la quota di famiglie che dispone di un reddito sufficiente a coprire almeno il 30% del costo annuo del mutuo per l’acquisto di una casa è pari al 69%, nuovo massimo storico, superiore di 7 p.p. al dato di inizio 2004.


Il miglioramento delle condizioni di accesso all’acquisto di una abitazione è risultato piuttosto omogeneo a livello territoriale: per la prima volta la condizione di accessibilità è presente in tutte le regioni ed inoltre sono 15 su 19 le regioni in cui nel 2015 l’indice ha registrato un massimo storico.


Il Rapporto immobiliare 2016 può essere scaricato gratuitamente dal sito internet dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione Pubblicazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare.


Fonti articolo: Agenziaentrate.gov.it, Idealista.it

La rinascita del box come investimento in città

Il box auto potrebbe essere una buona scelta. A patto, però, di trovarlo nella zona giusta e a prezzi adeguati ai nuovi livelli di mercato. Senza cedere a facili entusiasmi, gli operatori confermano come il mercato dei garage sia in decisa ripresa, a causa soprattutto dell’appetibilità dei rendimenti.


I box hanno subìto uno stop della domanda ancora più marcato rispetto a quello delle abitazioni. Si calcola che dal 2007 i prezzi siano scesi di almeno il 30-35%, con una contrazione di qualche punto percentuale proseguita ancora per tutto il 2015.

A livello di interesse una dinamica positiva era invece già partita l’anno scorso quando quasi il 60% di chi aveva acquistato il box lo aveva fatto con finalità di investimento. "Dall'inizio del 2016 notiamo una domanda sempre crescente", conferma Guido Lodigiani, Responsabile dell’ufficio studi di Immobiliare.it, così che anche i prezzi nel corso del 2016 potrebbero ritrovare il segno positivo. A che cosa di deve questa rinascita? "Il box è un investimento abbastanza liquido, che si riesce ad affittare e rivendere con meno problemi di una casa. E soprattutto, permette di investire a una platea molto più ampia di persone rispetto alle abitazioni, che saranno anche deprezzate rispetto a dieci anni fa, ma richiedono pur sempre un impegno sostanzioso e hanno bisogno di più manutenzione e riservano spese di condominio ben più alte".


Il rendimento medio lordo nelle città italiane è compreso fra il 5,3% e il 6,4%, ma con punte che arrivano al 7-10%. Si tratta di una resa superiore al residenziale – che, secondo Lodigiani, oggi non offre più del 2-3% – ma anche migliore dei principali strumenti finanziari a rischio zero (o quasi), come i conti deposito. Certo, le cose cambiano quando dal lordo si passa a calcolare il rendimento netto. Il peso di spese e imposte finisce in media per dimezzarlo, e portarlo fra il 2,5% e il 3%, ma è una riduzione fisiologica anche negli investimenti immobiliari in abitazioni.


Su cosa puntare? "Meglio concentrarsi su quartieri in cui ci sia poca disponibilità di parcheggio e una bassa presenza di box rispetto alle abitazioni – suggerisce Fabiana Megliola Responsabile dell’ufficio studi del gruppo Tecnocasa –. Da valutare anche le zone ad alta presenza di uffici, soprattutto se non ben collegate con i mezzi pubblici".


Guardando al dettaglio delle principali città emergono dati interessanti. I rendimenti migliori si spuntano nelle zone di periferia, dove si riesce ad acquistare a buon mercato e affittare a canoni non troppo distanti da quelli del centro. Ecco perché, ad esempio, secondo Immobiliare.it i quartieri esterni di centri come Bari e Verona promettono una resa superiore a quelli di Milano e Roma.


A livello di prezzo, invece, più che il “blasone” della città è la scarsità dell’offerta a determinare i valori più alti, che si trovano quasi sempre nei centri storici. Roma è in testa e in alcune zone, come Campo dei Fiori, si incontrano annunci di vendita anche sui 100mila euro. Napoli e Firenze, invece, battono Milano. La media in pieno centro è sui 45-50mila euro, ma ci sono box in vendita al Vomero a 65mila euro e nel capoluogo toscano, attorno a Santa Croce, anche a 70mila. Mentre la particolarità di Genova – "tipica delle città di mare" secondo Lodigiani – è che molte zone esterne costino più di quelle interne alla città. È il caso ad esempio di Voltri o di Quinto, dove si rintracciano prezzi superiori ai 45mila euro. "


La fascia su cui concentrarsi, comunque, è quella compresa fra i 20 e i 30mila euro.
In questo range si ottiene il risultato migliore come rapporto spesa-rendimento – osserva Lodigiani –. E va sempre considerato che una cosa è la domanda iniziale del proprietario, un’altra il prezzo finale, scontato anche del 15-20 per cento".

 

Fonti articolo: Ilsole24ore.com, vetrina web

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