Mettere a reddito una casa comprata dà un netto del 2%

Sempre meglio di un bond. Con un po’ di fortuna. Mettere a reddito una casa comprata ora è una scelta che non promette scenari lusinghieri, ma che a conti fatti, e se non si incappa in gravi problemi, consente di avere una redditività netta intorno al 2% (a meno, certo, di imprevisti di ogni sorta). 


Discorso ben diverso, invece, quando la casa è stata comprata all’epoca d’oro dei valori immobiliari: la redditività attuale è infatti molto più bassa.

 

  • E stiamo parlando di canoni di mercato: chi sceglie il contratto concordato, pur contando sulla cedolare del 10% anziché del 21%, può eguagliare la redditività dell’accordo “libero” solo se la differenza tra i canoni non supera il 20-22 per cento. Per questo Il Sole 24 Ore del Lunedì – nel calcolare sette esempi concreti di affitti di mercato (quattro in grandi città e tre in centri minori), con l’aiuto di Confedilizia e del Centro studi Fiaip – è andato a verificare anche questi dati, che si aggiungono all’Imu, alla Tasi e alla pur generosa cedolare secca. Ebbene, in base a questo "affittometro", il 2% netto risulta un obiettivo quasi sempre raggiungibile.


  • Ma ciò che incide in modo diverso non è tanto l’affitto lordo quanto le tasse, i periodi di sfittanza e la morosità potenziale (talmente frequente da dover essere sempre messa in conto). In casi di ottima redditività lorda, come per esempio alla periferia di Roma, dove sfiora il 5%, il netto si riduce al 2,4 per cento. E nella periferia di Milano lo scarto è anche peggiore: da 5,7% a 2,6%, morosità media compresa. Mentre a Bergamo il reddito lordo è del 4,4% e quello netto del 2,6 per cento.

Le differenze possono anche avere una loro ragione di mercato; e tuttavia la penalizzazione dell’Imu non appare giustificabile. Ancor meno comprensibile è il peso della morosità: se in alcune città è minore e in altre maggiore, ciò è dovuto a un problema sociale e all’oggettiva impossibilità di riavere il canone “scontato” dall’inquilino. 


Proprio qualche giorno fa, Confedilizia ha reso nota la sentenza del Tribunale di Roma 21347/2017, che afferma un importante principio: il Ministero dell’Interno è stato dichiarato responsabile del mancato sgombero per occupazione abusiva di un ampio immobile, e condannato a pagare svariati milioni per i mancati affitti. Il principio va a tutela dei proprietari e sarebbe estensibile alle situazioni di sfratto, che si protraggono per mesi e anni.


"Sulla tassazione – spiega Gian Battista Baccarini, presidente Fiaip – resta il peso eccessivo a livello territoriale rappresentato dall’Imu sulle seconde case. Quanto al nodo della morosità, vorremmo che il contratto di locazione stesso diventasse titolo esecutivo, per accelerare il ritorno al possesso dell’immobile". Dall’altro lato, il segretario generale del Sunia, Daniele Barbieri, punta il dito contro il sistema degli aiuti: "Il Fondo per la morosità incolpevole dovrebbe intervenire in casi straordinari, e la “normalità” dovrebbe essere la leva del Fondo a sostegno dell’affitto. Purtroppo il primo vede tempi di erogazione troppo lunghi, e il secondo manca delle risorse necessarie, perché non viene rifinanziato".


Tornando al discorso della redditività, tra l’altro, non tutti gli oneri a carico del proprietario sono stati considerati: chi non riesce a destreggiarsi con la registrazione del contratto e il pagamento della cedolare, per esempio, dovrà rivolgersi a un professionista.


C’è poi un altro fattore, imponderabile ma ben presente: il costo dell’immobile. I calcoli sono stati infatti svolti sulla base dei valori attuali, che però, rispetto a otto-nove anni fa, risultano crollati del 30 per cento. E chi affitta ora una casa comprata all’epoca del picco massimo dei prezzi si troverà, inevitabilmente, una redditività ribassata anche fino allo “zero virgola”. Restando agli esempi, la casa nel semicentro milanese nove anni fa valeva 450mila euro e ora renderebbe meno del 2 per cento.


A parere di Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, "la media di redditività del 2% deriva da calcoli in parte ottimistici (i periodi di sfitto sono spesso di molti mesi, quando non di anni) e comunque presuppone un investimento fatto ora, dopo che il risparmio immobiliare è stato distrutto da un’imposizione fiscale scellerata". Per far ripartire il mercato "è necessario ridurre la tassazione sul settore e fornire maggiori garanzie ai proprietari, per rientrare in possesso del bene al termine della locazione".


Fonte articolo: IlSole24ore

I Bonus casa 2018 approdano in Senato

Da oggi, lunedì 6 novembre, entra nel vivo in Senato l'esame della manovra 2018.


Tra le audizioni previste c'è quella di Confedilizia (Confederazione italiana della proprietà edilizia), che, in una nota, analizza le misure positive già presenti nel testo della legge e gli aspetti su cui è auspicabile un intervento del Parlamento.

 

Per quanto riguarda gli affitti abitativi, viene prorogata fino al 2019 la speciale aliquota del 10% della cedolare secca per le locazioni a canone calmierato, che era stata prevista per un quadriennio con scadenza al 31 dicembre 2017. Proseguire con questo regime fiscale è indispensabile per mantenere un minimo di attrattività ad una modalità di affitto che è stata mortificata dall’aumento di tassazione patrimoniale avviato nel 2012. Tuttavia, considerata la durata quinquennale dei contratti interessati, limitare la proroga a due anni rischia di impedire l’effetto incentivante dell’aliquota e – come rilevato anche dal Sunia, il Sindacato inquilini della Cgil – il conseguente calmieramento dei canoni.


All’esame parlamentare, poi, è affidata l’elaborazione di una norma che – come richiesto dalla maggioranza e da gran parte dell’opposizione in sede di esame della nota di aggiornamento al Def – introduca anche nel settore non abitativo una tassazione sostitutiva dei redditi da locazione. Anche in questo caso, la prova del nove della giustezza della proposta è data dal fatto che a richiederla sono – oltre ai proprietari – le loro controparti nei contratti di locazione, in particolare attraverso Confcommercio e Confesercenti, consapevoli che la perdita di qualsiasi redditività dell’investimento in locali commerciali impedisce alle attività economiche di prossimità di tentare di riprendersi dalla crisi che le attanaglia.


Per il resto, sono da considerarsi positivamente misure come la sterilizzazione degli aumenti delle aliquote Iva, che si sarebbero applicati a molti interventi sugli edifici; la proroga delle detrazioni per ristrutturazioni edilizie e acquisto di mobili, oltre al nuovo bonus verde; l’estensione dei piani individuali di risparmio (Pir) alle società immobiliari, che ne erano inspiegabilmente escluse; la previsione di una detrazione per i premi delle polizze catastrofali riguardanti le abitazioni.


Fonte articolo: Idealista.it

Comprare casa nuova o da ristrutturare?

Se siete alla ricerca della casa dei vostri sogni sappiate che comprare un'abitazione nuova o ristrutturare una casa vecchia non è solo una questione di budget.


Sono da considerare, oltre ai costi, la qualità dell’abitare, le garanzie, l’estetica finale e l’attitudine personale.

Ecco un breve vademecum con 3 motivi per comprare nuovo, 3 motivi per acquistare da ristrutturare e le garanzie previste dal Codice Civile per chi compra.


ACQUISTARE IL NUOVO

1. Nuovo per minimizzare i tempi. Se per attitudine siete poco pazienti o andate in ansia di fronte alle incognite, comprare un’abitazione nuova direttamente dal costruttore è sicuramente la scelta più facile perché potrete visionare l’abitazione rendendovi conto della qualità dei materiali, dell’illuminazione degli ambienti, della grandezza dei vani e non avrete che da divertirvi a scegliere gli arredi.


2. Nuovo “sulla carta” per personalizzare risparmiando. Se l’edificio è ancora in fase di costruzione avrete la possibilità di comprare ad un prezzo leggermente inferiore rispetto al finito, mettendo in conto però il tempo necessario all’esecuzione dei lavori mancanti, e potrete anche effettuare modifiche ai materiali o alla disposizione delle pareti interne però senza alterare le strutture portanti e l’ubicazione degli scarichi condominiali per bagni e cucine.


3. Nuovo per un’abitazione moderna ed efficiente. Le nuove abitazioni sono più efficienti energeticamente e già dal 2021 saranno nZEB (a consumo quasi zero), sono sempre più tecnologiche e caratterizzate da materiali innovativi. Le soluzioni architettoniche delle costruzioni più moderne si spingono poi verso forme e proporzioni in grado di coniugare bellezza estetica e tecnologie intelligenti.


ACQUISTARE PER RISTRUTTURARE

1. Ristrutturare per creare ambienti dal fascino unico. Le vecchie case, costruite con tecniche e gusti di un’altra epoca, suscitano interesse perché ricoperte da una patina del tempo che non si può riprodurre in una nuova abitazione. Ristrutturare è una scelta ideale per i creativi che desiderano un’abitazione che rifletta il proprio gusto e che sia unica e inconfondibile.


2. Ristrutturare per godere di volumi e spazi più ampi. Le abitazioni costruite sino agli anni’60 del secolo scorso sono caratterizzate, rispetto a quelle più recenti, da stanze e finestre più ampie, soffitti più alti e dotate di spazi aggiuntivi come ingressi ripostigli e studi mentre le nuove costruzioni sono solitamente calibrate dalle dimensioni minime di legge. Per chi sta riscoprendo il piacere di vivere la casa, i grandi spazi di un’abitazione vecchia da ristrutturare sono l’ideale.


3. Ristrutturare per beneficiare delle agevolazioni fiscali. Le agevolazioni fiscali attive hanno lo scopo di invogliare le persone a recuperare l’esistente diminuendo il consumo di risorse non rinnovabili come il suolo, l’ambiente e l’energia. In quest’ottica il riuso e l’efficientamento delle vecchie abitazioni è la chiave della sostenibilità edilizia italiana per cui chi ristruttura nel 2017 può scegliere tra bonus ristrutturazioni al 50%, ecobonus al 65%, sismabonus dal 50% al 80%, I.V.A. agevolata, bonus arredi e conto termico 2.0.

LE GARANZIE

Ed infine… le garanzie del Codice Civile per chi compra (nuovo e da ristrutturare). Sia che acquistiate nuovo dal costruttore che da ristrutturare tenente presente che il Codice Civile prevede delle garanzie specifiche a tutela della bontà della cosa compravenduta.  In particolare gli articoli 1667 e 1669 del Codice Civile tutelano per dieci anni chi acquista nuovo dal costruttore da vizi occulti, ossia gli danno la possibilità di richiedere alla ditta il pagamento dei danni causati da errori nella costruzione che non erano visibili al momento dell’acquisto.


L’articolo 1490 del Codice Civile tutela invece chi compra per la durata di un anno (sia nuovo che da ristrutturare) da vizi che diminuiscano il valore della cosa ossia da condizioni non note all’acquirente al momento del rogito che incidono sulla qualità della casa a tal punto da diminuirne in maniera quantificabile il valore.  Attenzione: per non perdere le garanzie previste dal Codice Civile è necessario contestare il vizio tempestivamente dalla scoperta.

Fonte articolo: Idealista.it

Stabilità 2018: ecco le possibili misure sulle casa

Il ritorno dalle vacanze coincide con il tradizionale appuntamento con la legge di Stabilità, che, anche quest'anno, potrebbe contenere importanti novità per il settore immobiliare.


Vediamo quali sono le misure per la casa che potranno trovare spazio nella Finanziaria di quest'anno.

  • - Maggiori garanzie sulle ipoteche per le banche - la legge di Stabilità dovrebbe contenere l'obbligo di sfratto dell'immobile pignorato nel caso in cui venga messo in vendita. Adesso lo sfratto avviene solo nel momento in cui l'immobile viene aggiudicato;

  • - Proroga agevolazioni fiscali per chi compra un immobile all'asta e lo rivende entro cinque anni. Invece delle doppie imposte, catastali e di registro, ci sarebbe un'unica imposta forfettaria di 200 euro;

  • - Riconfermati anche il bonus per le detrazioni energetiche al 65% e il cosiddetto sisma-bonus, con diversi scaglioni che oggi possono arrivare anche al 70-80%;

  • - Rinnovo della cedolare secca del 10% sugli affitti abitativi a canone concordato in scadenza il prossimo 31 dicembre;

  • - Possibile estensione della cedolare secca sugli affitti anche agli immobili commerciale. Un'apertura alla misura è stata annunciata dal viceministro alla finanze Enrico Morando, che ha reso noto l'intenzione di proporre una sperimentazione della cedolare "per contrastare la desertificazione dei centri storici".

  • Fonte articolo: Idealista.it

Il sogno dei Millennials è la casa di proprietà

I giovani oggi affittano appartamenti in condivisione per non essere vincolati a un luogo fisso, ma quando pensano al futuro si immaginano di vivere in una casa di proprietà.


È quanto emerge dalle 2500 risposte degli studenti universitari intervistati da Uniplaces.

 

Per una generazione abituata a viaggiare e pronta a trasferirsi in un’altra città per cogliere potenziali opportunità lavorative, l’affitto risulta nell’immediato la soluzione più pratica. Il 35% evidenzia che vivere in affitto inoltre consente a un giovane di abitare in zone centrali della città che sarebbero altrimenti inavvicinabili.
Per gli studenti, un altro dei vantaggi dato dalla locazione è la possibilità di condividere l’esperienza con altre persone: il 78% dichiara infatti di essere felice di avere più coinquilini.


Per quanto riguarda i costi, il 46% afferma di essere disposto a spendere tra i 200 e i 300 euro per una stanza in appartamento condiviso, mentre il 29% si spinge fino a 400 euro; il 14% è pronto a spendere anche di più.


Se viene presa in considerazione la dimensione temporale, lo scenario cambia radicalmente. L’affitto in condivisione, visto come la scelta perfetta per studenti e giovani lavoratori, non è considerato una soluzione a lungo termine: il 79% degli intervistati prevede infatti di trovare una sistemazione diversa entro i 30 anni. Raggiunta quell’età, anche i Millennial ambiscono a trovare una maggiore stabilità che si traduce nel desiderio di comprare casa. Solo il 4% dichiara di non essere interessato ad avere una casa di proprietà.


Il 17% degli intervistati spera di riuscire a permettersi l’acquisto entro i 30 anni, mentre il 47% crede di poterlo fare tra i 31 e i 35 anni. Secondo il 31% il momento dell’acquisto non arriverà prima dei 36 anni.


I Millennial considerano il mattone un buon investimento per i propri risparmi (32%) e sono convinti che, nel lungo periodo, comprare casa si rivelerà più economico che affittare (32%). La maggioranza degli intervistati punta a finanziare l’acquisto con un mutuo (79%): il 16% si aspetta di poterlo estinguere in meno di 10 anni, il 25% pensa che ne serviranno fino a 15, mentre il 21% fissa il proprio orizzonte temporale a 20 anni. Il 32% crede invece che occorrerà ancora più tempo. Il canone mensile che i giovani si aspettano di dover pagare per il mutuo va dai 300 ai 400 euro secondo il 25% degli intervistati, mentre un altro 25% alza la stima a 500 euro. Il 31% prevede invece che la cifra sarà più alta.


Giampiero Marinò, country manager di Uniplaces per l’Italia: "Spesso si tende a credere che i ragazzi di oggi abbiano priorità totalmente diverse rispetto al passato, che siano concentrati sul presente e non si preoccupino a sufficienza di costruirsi un futuro stabile e solido. In realtà non è affatto così: come si può pensare che la generazione più istruita di sempre sia anche la più sprovveduta? Il fatto è che i Millennial non si fanno troppe illusioni: sanno che ci vorrà tempo per trovare un buon impiego e raggiungere la sicurezza economica. Però sono determinati a riuscirci, e l’intenzione pressoché universale a comprare casa è un forte segnale in questo senso. Certo è che un percorso tanto lungo deve per lo meno essere piacevole e stimolante: da qui la voglia di sfruttare al meglio gli anni dell’università e dell’ingresso del mondo nel lavoro, godendosi la libertà di spostarsi il più possibile e condividendo le proprie esperienze con coinquilini che, spesso e volentieri, diventano una seconda famiglia".


Fonte articolo: Monitorimmobiliare.it

Termovalvole obbligatorie da luglio. Le sanzioni per chi non è in regola

Dal 1° luglio 2017 è definitivamente in vigore l’obbligo di dotare gli impianti di riscaldamento centralizzati dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore.


Non si ritiene condivisibile l’interpretazione secondo la quale sia sufficiente la sola delibera di dare incarico all’impresa.

CHI E' ESENTATO

Per quanto giuridicamente non vincolante, sul punto si è pronunciato anche il Mise nella Faq del mese di giugno 2017 al punto n. 7. Chi non si è adeguato per tempo, pertanto, potrà essere assoggettato alla sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro per ciascuna unità immobiliare. Sono esentati dall’esecuzione di qualsiasi intervento, solo coloro che hanno ottenuto una relazione così detta “esimente” ai sensi dell’articolo 9 comma 5 lettera c) del Dlgs 102/2014.


Questa deve dimostrare che l’installazione di tali sistemi risulti essere non efficiente in termini di costi con riferimento esclusivamente alla metodologia indicata nella norma Uni En 15459. In questo caso la relazione deve essere firmata da un professionista abilitato. Non è richiesta l’asseverazione. Tale ultimo requisito è invece obbligatorio per la relazione necessaria ai fini della non applicazione della norma tecnica Uni 10200 per la ripartizione della spesa del riscaldamento.


CHI DEVE OTTEMPERARE ALL'OBBLIGO

L’obbligo di adozione dei sistemi di contabilizzazione e di termoregolazione riguarda i condominii e gli edifici polifunzionali. Questi ultimi dovrebbero essere intesi quali edifici appartenenti ad un solo proprietario le cui unità immobiliari sono occupate da soggetti diversi tra i quali deve essere ripartita la spesa del riscaldamento. Sul punto non vi è alcuna eccezione nemmeno nelle leggi regionali. Ne consegue che anche gli edifici di edilizia popolare devono essere adeguati. Si ricordi che ai sensi dell’articolo 26 comma 5 della legge 10/1991, gli interventi volti all’adozione dei sistemi di termoregolazione sono “innovazioni”. Ne consegue che di questi deve esserne data notizia presso il catasto degli impianti termici che le Regioni e le Province autonome, devono avere istituito ai sensi del Dpr 74/2013 articolo 10 comma 4. È quindi sufficiente che la Regione interroghi il sistema informatico per capire quali impianti centralizzati non siano stati adeguati alla normativa. Infatti, ai sensi dell’articolo 16 comma 14 Dlgs 102/2014, le sanzioni sono irrogate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano o enti da esse delegati.

Ciascuna Regione ha quindi regolamentato le modalità di inserimento di tali informazioni. In caso di mancata effettuazione degli interventi stante la relazione “esimente”, occorre verificare cosa prevede la piattaforma informatica. In Piemonte, ad esempio, non è previsto che la relazione venga inviata in forma ufficiale. Tuttavia, all’atto del caricamento del Rapporto di controllo, viene richiesto se l’impianto è di tipologia centralizzata e in questo caso se esiste o meno la termoregolazione/ contabilizzazione e, in caso negativo, viene data la possibilità di caricare una scansione della relazione.


Altra cosa è, invece, la sanzione da 500 a 2.500 euro per la ripartizione della spesa del riscaldamento non effettuata in base alla norma Uni 10200 o al criterio indicato nel Dlgs 102/2014 articolo 9 comma 5 lettera d). In tal caso la sanzione è riferita al condominio e non per ogni proprietario. L’amministratore deve conservare la relazione sottoscritta dal professionista o, in alternativa, la relazione asseverata.


Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Scenari Immobiliari: la crisi è finita. L'Italia cresce del 6%

La recessione è ormai alle nostre spalle, ma da Paese a Paese cambia l'intensità della crescita.


Questi alcuni dei dati che emergono dall’European Outlook 2018, presentato a Milano da Scenari Immobiliari, in seguito al quale si terrà il 25° Forum Scenari a S. Margherita Ligure il 15 e 16 settembre.

In tutti i comparti aumentano gli scambi e anche le quotazioni salgono più dell’inflazione. "Anche in Italia – ha detto Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, illustrando i dati dell’European Outlook 2018 – la crisi è finita, ma la ripresa appare più delicata, a causa delle debolezze strutturali del nostro Paese".

Il fatturato delle cinque principali nazioni europee in rialzo del 6% nel 2017

A livello delle cinque principali nazioni europee il fatturato dei mercati nel 2017 crescerà del 6% per arrivare quasi al 9% il prossimo anno. Spagna e Francia nel 2018 si troveranno in vero boom con fatturati in crescita superiore al 10 per cento. Anche l’Inghilterra dovrebbe recuperare dopo un cattivo biennio. La Germania crescerà in linea con l’Italia, poco più del 6 per cento.


La Germania, però, a differenza del nostro Paese e delle altre nazioni UE, ha superato indenne la crisi immobiliare. Il fatturato europeo è sceso (in termini monetari) del 7,3%, ma di oltre il 10% in quattro Paesi. I prezzi medi delle case sono scesi di quasi il 9% in Eu5, ma del 35,6% in Spagna e del 15,6% in Italia.
Milano e Roma hanno resistito alla crisi e ora si trovano con quotazioni medie leggermente superiori a dieci anni fa. Solo le città del nord Europa hanno registrato incrementi elevati.

Prezzi in ripresa in quasi tutti i settori

Dall’European Outlook 2018 di Scenari Immobiliari emerge che i prezzi sono in ripresa in quasi tutti i settori (salvo l’industriale) con punte superiori al 4% in Germania e Spagna. Anche in Italia il dato medio nazionale è di un incremento dello 0,3 % nel residenziale a fine anno e un più netto 1,1 % di previsione per il 2018. 


"È una media tra dati ancora molto diversi da città a città – commenta Breglia. Mentre a Milano, Venezia e in altre città le quotazioni sono in netto rialzo, nella maggior parte dei capoluoghi i prezzi sono ancora fermi o in lieve calo".

Dal 2000 il mercato italiano è cresciuto del 50%

Tra il 2000 e oggi il mercato immobiliare italiano è cresciuto di quasi il 50%, crescendo più della media europea (quasi il 30 per cento). La ripresa imboccata si consoliderà nel corso del prossimo anno, con un più 6,5% nel residenziale (attese 630mila compravendite) e in settori in pieno boom come l’alberghiero.

Breglia: Gli spazi di crescita del nostro mercato sono notevoli, nella locazione residenziale, nel terziario innovativo (come il co-working) e nell’area dei servizi

E aggiunge: "Sono necessari investimenti per la messa in sicurezza delle case. Non va dimenticato che c’è quasi un milione di case in corso di costruzione, bloccate dai fallimenti o dai concordati delle imprese edili. La tassazione allontana investitori istituzionali e privati. Ci troviamo così marginali in un contesto dove l’immobiliare è uno strumento di cambiamento urbano e di allocazione di grandi risorse".

Fonte articolo: Corriere.it

Che fare quando durante la compravendita si scoprono difetti dell'immobile?

Quando si acquista una casa si firma il preliminare (o compromesso), un vero e proprio contratto che obbliga entrambe le parti alla stipula dell’atto definitivo, che determinerà il trasferimento della titolarità dell’immobile.


Solo un grave inadempimento permette di sciogliersi dall’impegno assunto con il contratto, come stabilito dal Codice civile.

Come spiegato da La legge per tutti, la gravità viene valutata sulla base della prestazione e del suo valore economico. In caso di piccoli difetti della casa che ci si è impegnati ad acquistare, non è possibile rifiutarsi di rogitare.


Con la sentenza n. 2471/16 del 10 ottobre 2016, il Tribunale di Treviso ha stabilito illegittimo il rifiuto dell’acquirente di presentarsi dal notaio per la firma del contratto definitivo solo per aver scoperto, dopo la firma del compromesso, modeste infiltrazioni di acqua, la necessità di sostituire la cassetta del w.c. e di adeguare i locali caldaia e cucina con realizzazione dei fori di areazione. Secondo il giudice, infatti, una simile condotta è "contraria a buona fede" e costituisce una "reazione del tutto sproporzionata a fronte di problematiche facilmente risolvibili".


La sentenza del tribunale di Treviso ricorda che, nei contratti con prestazioni corrispettive – come la compravendita – quando le parti si addebitino inadempimenti reciproci o una di esse giustifichi la propria inadempienza per autotutelarsi da quella dell’altro contraente, il giudice deve prima procedere a valutare in modo unitario e comparativo i rispettivi comportamenti inadempienti. Questo significa che il tribunale deve giudicare se l’inadempimento è talmente grave da giustificare lo scioglimento, per l’altro contraente, dall’impegno assunto.


Nel caso deciso dalla sentenza in commento, i testimoni del venditore avevano confermato che l’acquirente aveva eseguito, prima di firmare il compromesso, visite accurate, anche con un impresario di sua fiducia, ed era stato informato della "vetustà dell’immobile".


Le possibili soluzioni sono:

  • - in presenza di difetti dell’immobile non nascosti dal venditore e ben noti dall’acquirente prima della firma del contratto, quest’ultimo non può far nulla e dovrà rogitare, diversamente perderà la caparra;
  • - in presenza di difetti dell’immobile nascosti e non conoscibili con l’ordinaria diligenza, ma facilmente eliminabili e di scarso valore in rapporto al valore dell’immobile, l’acquirente può agire contro il venditore per chiedere solo una riduzione del prezzo di acquisto;
  • - in presenza di difetti dell’immobile nascosti e non conoscibili con l’ordinaria diligenza, ma di entità tale da rendere l’inadempimento del venditore "grave", l’acquirente può chiedere al giudice la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento e ottenere il doppio della caparra versata.

Fonte articolo: Idealista.it

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