Anche chi vende è responsabile della revoca agevolazioni "prima casa"

Anche la parte venditrice è solidalmente responsabile della maggiore imposta dovuta per il caso del mancato conseguimento dell’agevolazione "prima casa" richiesta dall’acquirente di un’abitazione, ma negata dal Fisco per ragioni non imputabili alla parte acquirente.


È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 24400 del 30 novembre 2016. 



Il caso oggetto del giudizio giunto all’esame della Suprema Corte era quello della vendita di un appartamento che l’amministrazione ha giudicato avere caratteristiche "di lusso", revocando pertanto il beneficio fiscale di cui il contribuente si era avvalso in sede di registrazione del contratto di compravendita. 


La normativa sulle caratteristiche "di lusso" delle abitazioni, invero, non è più attualmente vigente, ma il caso è comunque interessante perché oggi l’agevolazione "prima casa" può essere domandata solo per abitazioni classificate in Catasto in categorie diverse dalle categoria A/1, A/8 e A/9. Quindi, la sentenza deve essere letta come se riguardasse il caso della vendita con agevolazione “prima casa” di un manufatto in ipotesi classificato (anche a seguito di una revisione che il Catasto effettui in data posteriore al contratto di compravendita) in un gruppo catastale diverso dal gruppo “A” oppure in una delle predette categorie del gruppo “A” per le quali l’agevolazione “prima casa” è inibita. 


Con riferimento alla responsabilità per il pagamento di imposte dovute a seguito di un accertamento, le regole da tenere in considerazione sono le seguenti: 
- l’articolo 57, comma 1, Dpr 131/1986 (testo unico dell’imposta di registro), secondo il quale i contraenti, verso il Fisco, "sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta" (è ovvio poi che, nei rapporti interni, la fiscalità indiretta della compravendita grava di regola sull’acquirente, verso il quale ha diritto di rivalsa il venditore che abbia pagato somme al Fisco, sempre che l’acquirente sia capiente); 
- il successivo comma 4 sancisce che "l’imposta complementare" (tale è la natura dell’imposta che il fisco pretende a seguito di una comminatoria di decadenza) "dovuta per un fatto imputabile solo a una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di questa". 


Ora, è ovvio che la decadenza dall’agevolazione “prima casa” è, in massima parte, dovuta al fatto dell’acquirente: ad esempio, perché ha dichiarato, difformemente dal vero, di risiedere o di lavorare nel Comune in cui è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato; oppure perché non ha rispettato l’impegno di trasferire la sua residenza in detto Comune entro 18 mesi dal rogito; oppure perché già è proprietario di un’altra casa nel medesimo Comune; oppure perché è proprietario, in qualsiasi parte del territorio nazionale di altra abitazione per il cui acquisto ha già richiesto l’abitazione (e non la aliena entro un anno dal nuovo acquisto). 


Però, come appunto insegna la sentenza n. 24400/2016, la decadenza dall’agevolazione "prima casa" può verificarsi anche per ragioni non imputabili alla parte acquirente. Cosicché anche la parte venditrice deve mettere in conto una sua possibile responsabilità in caso di mancata concessione dell’agevolazione al contratto con il quale il venditore ha alienato un’abitazione a un acquirente che ha domandato l’agevolazione "prima casa" e che ha poi visto revocarsi l’agevolazione per causa al medesimo non imputabile. 


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

 


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