Le tabelle millesimali si possono modificare anche per un solo condòmino

Dopo la legge di riforma, anche le tabelle millesimali redatte secondo criteri convenzionali di ripartizione delle spese, al pari di quelle redatte secondo i criteri legali, possono essere rettificate o modificate dall'assemblea nei casi previsti dall'art. 69 disp. att. c.c., con la maggioranze di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., ovvero modificate dal giudice su richiesta anche di uno solo dei condòmini.


È questo il principio espresso dalla sentenza del Tribunale di Cagliari del 10 febbraio 2016, che fa il punto sulla disciplina in materia di rettifica o modifica delle tabelle millesimali contrattuali,alla luce delle modifiche introdotte dalla legge di riforma del 2012.

IL CASO

La questione affrontata dal giudice riguardava, in particolare, la domanda giudiziale proposta dal proprietario di quattro distinte unità immobiliari in condominio, di cui un piano pilotis, per la modifica delle tabelle millesimali in uso in detto condominio fin dalla sua costrizione, predisposte dal costruttore e richiamate all'art. 3 del regolamento condominiale.
Secondo l'attore, il valore assegnatogli dalle tabelle (n.251 millesimi) era errato nella parte in cui:

a) Attribuiva ingiustificatamente al lastrico solare di copertura del fabbricato, di proprietà ed uso comune, un valore millesimale pari a 10/1000, così alterando l'intera ripartizione delle spese;

b) Attribuiva al piano pilotis un valore proporzionale pari a n. 104 millesimi, palesemente esorbitante l'effettiva consistenza e valore del bene.


Il condominio si opponeva alla domanda sostenendo che le tabelle avevano natura contrattuale e, pertanto, non potevano essere modificate su istanza di un solo condòmino; inoltre, dette tabelle erano in uso da quasi trent'anni, il che consentiva di ritenerle tacitamente approvate dall'unanimità dei condòmini.
In ogni caso, le stesse tabelle non erano viziate da alcun errore apprezzabile che potesse giustificare la revisione ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c.


LE TABELLE MILLESIMALI

Prima della legge di riforma del condominio n. 220/2012, era di fondamentale importanza distinguere tra tabelle di natura contrattuale e tabelle di carattere assembleare, al fine di individuare le maggioranze necessarie per la loro approvazione e modifica.


- Le tabelle millesimali hanno natura contrattuale (tabelle convenzionali) quando derogano ai parametri di legge nella individuazione dei criteri di riparto delle spese comuni (art. 1123 e ss. c.c.).
In tal caso, possono essere adottate e (si affermava) modificate solo con l'unanimità dei consensi, e potevano essere opposte ai terzi acquirenti solo ove trascritte ovvero espressamente richiamate nei singoli atti d'acquisto.

- Le tabelle hanno invece carattere assembleare quando si limitano a fare applicazione dei parametri di legge in relazione ai criteri di calcolo dei millesimi di proprietà e di riparto delle spese comuni.
Non avendo carattere dispositivo e negoziale, possono essere approvate e modificate secondo le maggioranze di legge ex art. 1136, comma 2, c.c., ed inoltre rettificate in sede giudiziale anche a richiesta e nell'interesse di uno solo dei condòmini.


Tale impostazione è stata sostanzialmente confermata dalle Sezioni Unite n. 14487 del 2010, le quali, proprio sul presupposto che l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura dispositiva né negoziale, hanno ribadito come lo stesso non debba essere approvato con il consenso unanime dei condòmini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.


Invero, la deliberazione che approva le tabelle millesimali non si pone come fonte diretta dell'obbligo contributivo del condomino – risiedendo sempre tale fonte nella legge stessa – ma unicamente come parametro di quantificazione di detto obbligo, determinato in base a criteri tecnici e aritmetici attinti dalla rilevazione dello stato dei luoghi.
Sempre che, naturalmente, le tabelle si limitino a quantificare l'obbligo di pagare le spese facendo applicazione dei parametri di legge.


Diversamente, per introdurre parametri diversi è necessaria l'approvazione delle tabelle all'unanimità.
La riforma del 2012 è intervenuta in materia modificando l'art. 69 disp. att. c.c., di cui è opportuni riportare il testo vigente:

".. (I). I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all'articolo 68 possono essere rettificati o modificati all'unanimità.

Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione. (II).

Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell'articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell'amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.

L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni. (III).

Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali …”.


LA SENTENZA

Ora, il Tribunale di Cagliari - aderendo alla lettura della norma avallata dalla Cassazione successiva al2012 – ritiene che la riforma abbia in parte innovato il quadro giurisprudenziale sopra delineato.
Infatti, il terzo comma dell'art. 69 citato (evidenziato in neretto) prevede ora, espressamente, che anche le tabelle redatte con criteri convenzionali possano essere rettificate o modificate a maggioranza, non essendo più necessario il consenso unanime dei condòmini.

In altri termini, anche le tabelle convenzionali possono essere rettificate per errore ovvero modificate per sopravvenuti mutamenti dello stato dei luoghi anche con le maggioranze qualificate di cui all'art. 1136 comma 2° c.c. ovvero, in sede giudiziale, anche nell'interesse di uno solo dei condòmini che ponga tali presupposti a fondamento della domanda. Con la precisazione che la verifica dell'asserito errore dovrà in tal caso essere riferita ai parametri convenzionali a suo tempo fissati nella delibera di approvazione.


Applicando tali principi al caso di specie, il Tribunale di Cagliari ha concluso per l'accoglimento parziale della domanda di rettifica, con riferimento ai millesimi di proprietà ingiustamente attribuiti al condòmino in relazione al lastrico solare. Quest'ultimo, infatti, ex art. 1117 c.c., deve ritenersi parte comune, salvo che il contrario risulti dal titolo. E nel caso di specie, non risulta allegata o dimostrata l'esistenza di atti negoziali idonei a superare la presunzione di bene comune del lastrico solare.


Respinte, sul punto, le difese del condominio circa la natura contrattuale delle tabelle millesimali e la conseguente impossibilità di rettifica o modifica su domanda di un solo condòmino. Anche ipotizzando sussistente tale presupposto – conclude il giudice sardo – esso sarebbe comunque superato dall'ultimo comma dell'art. 69 disp. att. c.c., che estende alle tabelle millesimali di carattere convenzionale la nuova disciplina in materia di rettifica e modifica giudiziale.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Italia leader in Europa per riqualificazione; proposte ENEA per condomìni

Le famiglie italiane hanno investito, tra il 2007 e il 2015, quasi 28 miliardi di euro sull’efficienza energetica delle proprie case e realizzato 2,5 milioni di interventi di riqualificazione anti-spreco.


È quanto emerge dal V Rapporto sull’Efficienza energetica presentato dall’Enea al Ministero dello Sviluppo Economico. Il Rapporto pone il nostro Paese tra "i leader in Europa in questo campo, con un livello d'intensità energetica del 18% inferiore della media Ue".

 

Secondo il report dell'Enea questo tipo di scelta green "sostiene una filiera da 50mila posti di lavoro in media l'anno" e "complessivamente nel periodo 2005-2015, con le misure per l'efficienza energetica, sono stati risparmiati quasi 10 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) l'anno, evitando 26 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 e 3 miliardi di euro di spese per importare fonti fossili", petrolio e gas.


Il Rapporto evidenzia che nel 2014 la domanda di energia è calata del 3,4% rispetto all’anno precedente, attestandosi sui 151 Mtep. Il 37,1% dei consumi finali è stato assorbito dal settore civile, seguito da trasporti (33,3%) e industria (21,3%).
Nel 2014 il settore residenziale ha visto scendere i consumi del 15% rispetto al 2013 con 25,5 Mtep. Nel settore non residenziale i consumi hanno registrato un calo del 6,7% attestandosi a 19,2 Mtep. Anche nei trasporti l’utilizzo di combustibili fossili è sceso al 95,7% rispetto al 99% del 2007.


L'Italia ha raggiunto "il 32% dell’obiettivo di risparmio al 2020 fissato dal Piano nazionale di efficienza energetica 2014"; tra gli strumenti più efficaci "i certificati bianchi e le detrazioni fiscali per le riqualificazioni energetiche".
Neo di questo processo virtuoso sono forse i grandi condomini: alla ristrutturazione dei singoli alloggi infatti spesso non si riescono ad affiancare lavori di riqualificazione energetica dell’intero edificio. Che sono poi quelli che portano ai maggior risparmi.


In questo contesto nasce l’idea di un “bonus condomini” garantito da un fondo pubblico che spinga la riqualificazione energetica e aiuti le famiglie meno abbienti. L’Enea ha proposto l’attivazione di un Fondo pubblico e il coinvolgimento delle Esco. Si tratta di società che effettuano interventi di efficientamento energetico sostenendo il rischio dell’investimento, ma che poi usufruiscono del risparmio che l’intervento genera. Cedendo il bonus a queste società, i condòmini potrebbero riqualificare le proprie abitazioni senza sostenere le spese iniziali.


"Abbiamo fatto una proposta tecnica, che parte da quello che non ha funzionato, e il Governo la sta valutando – ha dichiarato il Presidente dell'Enea, Federico Testa –. Con la legge attuale che prevede un bonus per la ristrutturazione e l'efficienza energetica al 65%, sono stati fatti importanti interventi ma che hanno coinvolto solo alcune tipologie (finestre e caldaie a condensazione) e tipologie di edilizia (appartamenti singoli, villette). Non si è arrivati ai condomìni anni '50 e '60, all'edilizia popolare, per questo bisogna inventarsi un meccanismo".


Efficienza energetica, il ruolo degli incentivi

Sul risultato raggiunto hanno pesato positivamente i certificati bianchi e gli Ecobonus per la riqualificazione energetica degli edifici, che sono stati utilizzati prevalentemente per interventi di isolamento termico, sostituzione degli infissi e installazione di impianti di riscaldamento più efficienti.


Per far conoscere meglio a cittadini e imprese le potenzialità degli interventi di efficientamento energetico è stato avviata la Campagna nazionale “Italia in classe A”.
Nel primo anno della campagna, particolare attenzione sarà dedicata alla PA dato che gli oltre 13mila edifici pubblici consumano circa 4,3 TWh di energia/anno, con una spesa complessiva di 644 milioni di euro. Con gli interventi di efficientamento questi consumi potrebbero essere ridotti fino al 40%.


Fonti articolo: Casa24.ilsole24ore.com, Edilportale.com

Il direttore dei lavori è responsabile dei difetti di costruzione

Tutti responsabili per i difetti di costruzione del condominio: lo stabilisce l’articolo 1669 del Codice civile in materia di rovina e difetti di cose immobili, che presuppone un genere di responsabilità nella quale incorre certamente l’appaltatore che ha materialmente edificato il fabbricato, ma anche tutti quei soggetti che, a vario titolo, hanno concorso alla realizzazione dell’opera, in particolare, il progettista e il direttore dei lavori che hanno concorso alla determinazione dell’evento dannoso.


Un principio richiamato dalla Cassazione con la sentenza 8700/2016.

 

Con specifico riferimento a quest’ultima figura professionale, infatti, per il direttore dei lavori - nominato dal committente o dall’appaltatore - la responsabilità assume i contorni di quella extracontrattuale, pertanto, può anche concorrere con quella di questi ultimi ma solo quando le rispettive azioni o omissioni, costituiscono autonomi fatti illeciti che hanno contribuito causalmente a produrre l’evento dannoso.


Il direttore dei lavori, quindi, in particolare quando viene nominato dall’appaltatore, risponde del fatto dannoso cagionato sia qualora non si accorga del pericolo, sulla scorta dell’esigibile capacità tecnica e perizia applicabile al caso concreto, ma anche qualora ometta di assegnare le dovute direttive, eventualmente esprimendo anche il suo dissenso nella prosecuzione dei lavori qualora non venissero concretamente seguite.
Tali principi sono stati espressi dalla II sezione civile della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8700, pubblicata in data 3.05.2016, relatore Orilia.


IL CASO

Il condominio citava in giudizio l’impresa costruttrice, nonché venditrice dell’immobile in condominio, per ottenere il risarcimento dei danni da infiltrazioni d’acqua e umidità. Nel costituirsi in giudizio, questa negava ogni responsabilità ritenendo che i danni, ove effettivamente esistenti, fossero imputabili in via esclusiva al progettista nonché direttore dei lavori, chiedeva pertanto la sua chiamata in causa.


Dopo i gradi di merito la causa arriva in Cassazione, che afferma: "Costituisce obbligazione del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica e pertanto egli non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente".


E queste responsabilità sarebbero emerse chiaramente dalla Ctu, né il direttore dei lavori si sarebbe potuto avvalere del "principio dell’esclusione di responsabilità per danni in caso di soggetto ridotto a mero esecutore di ordini (...) si attaglia, ricorrendone determinate condizioni, alla figura dell’appaltatore, ma non a quella del direttore dei lavori il quale - come si è visto - assume, per le sue peculiari capacità tecniche, precisi doveri di vigilanza correlati alla particolare diligenza richiestagli: ragionare diversamente significa negare in radice la figura del direttore dei lavori".


Inoltre, prosegue la Cassazione, con riferimento al direttore dei lavori nominato dall’appaltatore "è stato altresì precisato che egli risponde del fatto dannoso verificatosi sia se non si è accorto del pericolo, percepibile in base alle norme di perizia e capacità tecnica esigibili nel caso concreto, che sarebbe potuto derivare dall’esecuzione delle opere, sia se ha omesso di impartire le opportune direttive al riguardo nonché di controllarne l’ottemperanza, al contempo manifestando il proprio dissenso alla prosecuzione dei lavori stessi ed astenendosi dal continuare la propria opera di direttore se non venissero adottate le cautele disposte".


Siamo, quindi, davanti a una responsabilità extracontrattuale da valutare alla stregua della diligenza e competenza professionale esigibile in questi casi, che può anche concorrere con quella del committente e dell’appaltatore "se le rispettive azioni o omissioni, costituenti autonomi fatti illeciti, hanno contribuito causalmente a produrlo". 


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Il condomino che effettua i lavori risarcisce in caso di infiltrazioni


La mancata locazione di un immobile per cause imputabili al condominio (infiltrazioni di acqua nell’appartamento, proveniente dalle coperture condominiali) ne comporta il mancato godimento per colpa altrui e, quindi, il dovere di risarcire il danno.


In una recente sentenza (la 10870/2016) la Corte di cassazione ha dato ragione ad un condòmino che aveva citato in giudizio il condominio per sentirlo condannare al rifacimento dei lavori di alcune coperture condominiali e al risarcimento dei danni derivanti dalle infiltrazioni presenti all’interno di un suo immobile di proprietà che non avevo potuto locare, causandogli un notevole pregiudizio economico.

I GRADI DEL GIUDIZIO

Condannato, in primo grado, il condominio al rifacimento dei lavori indicati dalla Ctu nonché al pagamento dei danni in favore dell’attore ed estromessa la "terza chiamata (ditta che aveva eseguito i lavori)" in base all’articolo 1667 del Codice civile, la Corte di appello rigettava la domanda di risarcimento danni in quanto, pur essendo un danno derivante dal mancato godimento di un diritto reale, l’attore non aveva fornito alcun elemento per la sua quantificazione.


La ditta appaltatrice veniva così obbligata al risarcimento, al posto del condominio, delle spese che avrebbe dovuto affrontare per il rifacimento delle opere ordinate dai giudici. E veniva confermata la legittimazione passiva del condominio in quanto l’attore non aveva agito in giudizio per far valere i diritti derivanti dal contratto di appalto ma in qualità di condòmino per la realizzazione dei lavori necessari alla tutela delle parti comuni dell’edificio e per il risarcimento dei danni derivanti dalle parti comuni stesse.


I giudici di legittimità, riguardo al risarcimento del danno, ribaltavano però la sentenza della Corte di appello. Appurato che le infiltrazioni lamentate avevano impedito al condòmino danneggiato - che non si era disinteressato all’utilizzo del bene - di locare l’immobile, per i giudici di legittimità il pregiudizio andava risarcito mediante ricorso ad elementi di carattere presuntivo, tra i quali quelli che emergevano dalla Ctu, con i quali poter procedere al calcolo, a sua volta presuntivo, del valore locativo dell’immobile.


Riguardo, invece, al difetto di legittimità passiva del condominio, osservava la Corte che, dagli atti di causa, si evinceva che il danneggiato non aveva inteso far valere in giudizio le garanzie e le azioni discendenti dal contratto di appalto, bensì aveva agito in qualità di condòmino per ottenere l’esecuzione dei lavori per la tutela delle parti comuni, nonché per il risarcimento dei danni derivati dalle stesse parti. Per queste motivazioni la Cassazione rigettava il ricorso incidentale del condominio e dava pienamente ragione al condòmino danneggiato.


Fonte articolo: Quotidianocondominio.ilsole24ore.com, vetrina web

Le spese condominiali gravano sul proprietario e non sull'affittuario


È il proprietario dell’immobile che deve pagare le spese condominiali e non l’inquilino, a prescindere dagli accordi tra questi intercorsi e formalizzati nel contratto di affitto; per cui, se anche il conduttore non rispetta i patti e non versa all’amministratore le quote condominiali che ricadono su di lui, il decreto ingiuntivo andrà effettuato e notificato contro il padrone di casa.


Spetterà poi a quest’ultimo, eventualmente, agire contro l’inquilino ed, eventualmente, chiederne lo sfratto. Lo ha chiarito il Tribunale di Bari con una recente sentenza (n. 1355/2016). 

 

L’obbligo del pagamento delle spese di condominio grava solo sul locatore, mentre gli accordi sulla divisione di tali spese, fatti tra questi e il conduttore all’interno del contratto di locazione, hanno effetti solo tra le parti e non anche per il condominio medesimo. La conseguenza è che l’azione giudiziaria non si potrà mai intraprendere contro l’inquilino che pur continua a vivere dentro l’appartamento e si rifiuta di pagare.


Qualora il decreto ingiuntivo dovesse essere notificato al conduttore, quest’ultimo potrebbe opporsi (dovrebbe farlo entro e non oltre 40 giorni dalla notifica dell’atto) e ottenere, così, dal giudice, l’annullamento dell’obbligo di pagamento. Resta però il fatto che un secondo decreto ingiuntivo glielo potrà notificare – questa volta legittimamente – il padrone di casa, per via dell’inadempimento degli accordi contrattuali. In alternativa, potrebbe arrivare anche un ordine di sfratto per morosità. Difatti lo sfratto non consegue solo al mancato pagamento del canone di affitto, ma anche agli oneri accessori come appunto le spese condominiali (almeno per quanto riguarda la gestione ordinaria).


Tali indicazioni sono state fornite anche dalla Cassazione che, sull’argomento, ha affermato in passato che è tenuto a pagare gli oneri condominiali solo il proprietario dell’unità immobiliare e non il conduttore, anche se questi si comporta in apparenza come se fosse il proprietario, generando negli altri condomini la convinzione di avere la titolarità dell’immobile. L’apparenza del diritto, infatti, non rileva, ma contano solo le carte in catasto.


Fonte articolo: Laleggepertutti.it

Contabilizzatori di calore in condominio obbligatori e detraibili



Entro il 31 dicembre 2016, tutti i condomini hanno l'obbligo di installare i sistemi di contabilizzazione del calore al fine di misurare l'effettivo consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda delle singole unità immobiliari o di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore. 


Per spiegare come fare a ottenere le detrazioni fiscali per l'installazione dei nuovi contatori di calore, l'Agenzia delle Entrate ha diffuso, il 6 maggio, la circolare n. 18/E, fornendo risposte ad alcuni quesiti relativi alle spese detraibili, formulati dai Caf e dagli operatori del settore.


 

Tali spese sono ammesse alla detrazione prevista per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio dal momento che sono finalizzare al risparmio energetico. opportuno ricordare, a tal proposito, che per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2016, vi è una detrazione pari al 50% per un importo massimo di spesa di 96mila euro.


IL TESTO DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

3.1 Detrazione per l'installazione del sistema di contabilizzazione del calore

D. Si chiede se le spese sostenute per i sistemi di contabilizzazione del calore - che devono essere obbligatoriamente installati nei condomini e negli edifici polifunzionali entro il 31 dicembre 2016, ai sensi del decreto legislativo n. 102 del 2014 - rientrino tra quelle ammesse alla detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici.


R. L'articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, prevede che per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi individuali e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi di ciascun centro di consumo individuale, nei condomini e negli edifici polifunzionali, riforniti da una fonte di riscaldamento o raffreddamento centralizzata o da una rete di teleriscaldamento o da un sistema di fornitura centralizzato che alimenta una pluralità di edifici, è obbligatoria l'installazione, entro il 31 dicembre 2016, di contatori individuali per misurare l'effettivo consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda per ciascuna unità immobiliare, nella misura in cui sia tecnicamente possibile, efficiente in termini di costi e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali. Qualora, l'uso di tali contatori non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi, sono installati sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali per misurare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun radiatore posto all'interno delle unità immobiliari.


Se i dispositivi in questione sono installati in concomitanza con la sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione - e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione - ovvero con pompe di calore ad alta efficienza o con impianti geotermici a bassa entalpia, le relative spese sono già ammesse alla detrazione spettante per gli interventi di riqualificazione energetica ai sensi dell'articolo 1, comma 347 della legge n. 296 del 2006 pari, attualmente, al 65% delle spese stesse per un valore massimo della detrazione di 30.000 euro.


Se, invece, i dispositivi in argomento sono installati senza che sia sostituito, integralmente o parzialmente, l'impianto di climatizzazione invernale ovvero nel caso in cui quest'ultimo sia sostituito con un impianto che non presenta le caratteristiche tecniche richieste ai fini della citata detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica, le relative spese sono ammesse alla detrazione spettante ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 1, lett. h) del TUIR nella misura attuale del 50% trattandosi di intervento finalizzato al conseguimento di risparmio energetico.


In conclusione: la detrazione pari al 65% spetta solo se installati "in concomitanza" con la sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione ovvero con pompe di calore ad alta efficienza o con impianti geotermici a bassa entalpia (articolo 1, comma 347 della legge 296/2006). In alternativa queste spese sono detraibili solo al 50% (36% dal 2017), ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del Tuir, in quanto rientrano nella categoria degli interventi per il risparmio energetico non qualificato.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Chi paga le spese straordinarie dell'immobile appena acquistato?

Nel caso di vendita di un appartamento la giurisprudenza di legittimità ha stabilito, già da qualche anno, che per stabilire il soggetto sul quale grava l'onere di partecipare alle spese straordinarie occorre verificare il momento in cui è stata approvata la delibera che approva i lavori definitivi con la commissione del relativo appalto e la ripartizione dei relativi oneri.


Pertanto se questa è stata adottata dopo la vendita dell'appartamento il soggetto obbligato a partecipare alla spesa è l'acquirente “non rilevando l'esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria adottata anteriormente a tale stipula”. (Cass. 2.5.2013 n. 10325).


IL CASO

Gli acquirenti di un appartamento ubicato in un edificio condominiale impugnano la sentenza di primo grado che li ha condannati al pagamento delle spese straordinarie approvate, a loro parere, con delibera assembleare adottata prima della compravendita dell'immobile avvenuta in data 27 ottobre 2011. Gli acquirenti, pertanto, si oppongono al pagamento di tale spesa sostenendo che doveva restare a carico di parte venditrice.


In realtà, nel giudizio di primo e secondo grado, è emerso che la delibera adottata prima della compravendita aveva solo natura preparatoria, mentre la delibera definitiva che conferiva incarico all'impresa per l'esecuzione dei lavori straordinari (sostituzione dell'impianto di ascensore) era stata adottata dopo la compravendita e pertanto la stessa doveva considerarsi a carico del proprietario dell'immobile e cioè dell'acquirente.


Tale principio è stato ampliamente condiviso dalla sentenza del Tribunale di Mantova che ha effettuato un'articolata ricostruzione dei criteri che governano la riscossione dei contributi condominiali, ed aderendo ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha osservato che l'obbligo di contribuire alle spese comuni grava sul soggetto proprietario dell'immobile al momento dell'esecuzione dei lavori indipendentemente da chi fosse il proprietario al momento dell'adozione della delibera preparatoria che approva l'opera (Cass. 26.1.2000 n. 857; Cass.18.4.2003 n. 6223; Cass. 9.9.2008 n. 23345; Cass. 9.11.2009 n. 23686).


Un ulteriore contributo chiarificatore per stabilire il soggetto su cui grava l'onere di contribuire alle spese condominiali è stato fornito, nel corso degli ultimi anni, sempre dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale assume rilevanza anche la natura delle spese necessarie per la manutenzione delle parti comuni dell'edificio.
Infatti stando alle pronunce più recenti occorrerebbe fare distinzione fra spese ordinarie necessarie per la manutenzione, conservazione e godimento delle parti e dei servizi comuni, e spese straordinarie che comportino, ad esempio, un'innovazione oppure un onere particolarmente rilevante.


LE SPESE ORDINARIE 

Per quanto riguarda le spese ordinarie l'obbligazione sorge al momento del compimento dell'intervento ritenuto necessario dall'amministratore, a prescindere dal momento in cui è stata adottata la delibera assembleare. Mentre per le spese straordinarie solo la deliberazione dell'assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell'intervento, assumerebbe altresì valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino. (Cass., 3 dicembre 2010, n. 24654; Cass., 11 novembre 2011, n. 23682; Cass., 2 maggio 2013, n. 10235).


LE SPESE STRAORDINARIE

In base a tale ragionamento non vi è alcun dubbio, quindi, che se occorre stabilire chi è il soggetto sul quale grava l'onere di partecipare alle spese straordinarie (venditore o acquirente) bisogna verificare chi è il proprietario al momento dell'adozione della delibera assembleare definitiva che conferisce l'incarico anche all'impresa appaltatrice che eseguirà i lavori.


Tanto è bastato al Tribunale di Modena per respingere l'appello e confermare la sentenza di primo grado condannando l'acquirente, già proprietario dell'immobile al momento dell'approvazione della delibera assembleare che ha approvato definitivamente i lavori straordinari (sostituzione dell'impianto di ascensore), a partecipare pro quota alla spesa.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Come detrarre le ristrutturazioni dei condomini

L'Agenzia delle Entrate mette online anche il documento aggiornato a marzo 2016 sugli interventi di ristrutturazioni edilizie. Rispetto alla versione precedente, contiene novità anche sugli sgravi fiscali di cui possono usufruire i cosiddetti condomini minimi, ossia composti da soli due proprietari. Tuttavia, nella prassi, il concetto si estende anche a quegli immobili detenuti da un numero di proprietari inferiore a cinque.


Oltre quattro proprietari, infatti, il codice civile prevede l'obbligo di nomina di un amministratore. Sotto tale limite, invece, non vi è alcun obbligo di avere un amministratore, ma semplicemente una facoltà.

 

Bonus ristrutturazioni Agenzia Entrate

È possibile detrarre dall’Irpef una parte degli oneri sostenuti per ristrutturare le abitazioni e le parti comuni degli edifici residenziali situati nel territorio dello Stato. In particolare, i contribuenti possono usufruire delle seguenti detrazioni:

- 50% delle spese sostenute (bonifici effettuati) dal 26 giugno 2012 al 31dicembre 2016, con un limite massimo di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare;

- 36%, con il limite massimo di 48.000 euro per unità immobiliare, delle somme che saranno spese dal 1° gennaio 2017.

L’agevolazione può essere richiesta per le spese sostenute nell’anno, secondo il criterio di cassa, e va suddivisa fra tutti i soggetti che hanno sostenuto la spesa e che hanno diritto alla detrazione.


Condominio minimo detrazione fiscale

La guida aggiornata ricorda che con la circolare n. 3/E del 2 marzo 2016, per quanto riguarda i condomini minimi (senza amministratore, né codice fiscale):

- il pagamento deve essere sempre effettuato mediante l’apposito bonifico bancario/postale; 

- in assenza del codice fiscale del condominio, i contribuenti possono inserire nei modelli di dichiarazione le spese sostenute riportando il codice fiscale del condomino che ha effettuato il bonifico.

Il contribuente dovrà dimostrare, in sede di controllo, che gli interventi sono stati effettuati su parti comuni dell’edificio. Se per la presentazione della dichiarazione si rivolge a un Caf o a un intermediario abilitato, è tenuto ad esibire, oltre alla documentazione generalmente richiesta, un’autocertificazione che attesti i lavori effettuati e che indichi i dati catastali degli immobili del condominio.

 


Fonti articolo: Idealista.it, Professionisti.it

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