L'amministrazione del condominio non va in vacanza


Il periodo estivo comporta alcuni problemi per la vita condominiale, che si trova solitamente “svuotata” da molti dei suoi usuali protagonisti, dai condòmini (salvo pochi superstiti) allo stesso amministratore. Ci si può pertanto trovare ad affrontare emergenze o situazioni che normalmente non si presentano nella restante parte dell'anno.


Va detto, anzitutto, che l’amministratore professionale, prima di lasciare lo studio, avrà l'accortezza (soprattutto se il condominio non usufruisce dei servizi di un portinaio) di tutelare i suoi amministrati anche nel periodo nel quale non sarà presente (e magari neppure reperibile) stilando (e lasciando in bella evidenza in condominio) una comunicazione con la lista e i riferimenti delle aziende e dei professionisti ai quali, di norma, ci si deve rivolgere per le riparazioni e la manutenzione dei vari impianti condominiali: pensiamo per esempio all'ascensore rotto o a una chiave che si spezza nel portone o ancora alla piscina condominiale con problemi di depurazione.

 

All'amministratore, ovviamente, non potrà essere richiesto di essere presente tutto l'anno senza interruzioni, ma di fare in modo che dalla sua assenza non derivino possibili danni per lo stabile certamente sì: quindi l'amministratore che venisse meno a tale avvertenza potrebbe certamente essere ritenuto (in forza del rapporto di mandato che lo lega ai suoi amministrati) responsabile e quindi chiamato a risarcire i danni occorsi allo stabile a causa di un suo comportamento omissivo.


Anche il condòmino
, ovviamente, prima di abbandonare temporaneamente la propria abitazione dovrà preoccuparsi (al pari dell'amministratore) di chi resta, e mettere in atto quei necessari accorgimenti volti ad evitare un possibile danno per i pochi che si trovino a trascorrere agosto in città. Anche perché di tali danni, al pari dell'amministratore, lo stesso condomino potrebbe poi essere chiamato a rispondere sia civilmente che, ricorrendone i presupposti, penalmente in base alla responsabilità delle “cose in custodia” regolata dal codice civile all''articolo 2051.
Come prima cosa, anzitutto, anche il condomino (al pari dell'amministratore) dovrà lasciare la propria reperibilità (al portinaio se presente, all'amministratore o piuttosto ad un condomino che resti sulla località), in modo che sia possibile avvisarlo in caso di emergenza.


Il condòmino, inoltre, potrebbe lasciare a persone di fiducia (amministratore, portinaio, vicini che non vadano in vacanza nel suo stesso periodo) il numero dell'azienda che ha installato l'allarme antifurto, dato che tutti conosciamo lo sgradevolissimo fenomeno di allarmi che suonano sino ad esaurimento o al ritorno dei diretti interessati. In questo modo, fatti ovviamente gli opportuni controlli, la ditta potrebbe intervenire a disinnescare la fonte di molestie sonore.
A questo proposito, va ricordata una recente decisione della Cassazione che ha stabilito che per considerare o meno illecita (e quindi vietata) una immissione sonora, occorre anche tenere presente il rumore “di fondo” presente sul posto: più tale rumore (come d'estate a città semi deserte) sarà attenuato, e più una singola fonte sonora potrà risultare molesta.


Altra avvertenza da seguire, per il condòmino che voglia allontanarsi dal proprio alloggio per un certo periodo, è quello di chiudere l'interruttore dell'acqua, assicurandosi così dal rischio di perdite indesiderate. Qualora avvenissero, infatti, è ovvio che l'amministratore (o persino altri condòmini) potrebbero intervenire per evitare che dall'acqua che fuoriesce derivino danni alle parti comuni o private dello stabile. Attenzione: a meno che ci si trovi in una fase tale di emergenza e pericolo assoluti, i condòmini dovranno evitare di agire di propria iniziativa e chiedere invece l'intervento della autorità pubblica (ad esempio vigili del fuoco) per segnalare quanto sta accadendo. Nonostante l'esistenza di una perdita d'acqua, infatti, nessun privato ha il diritto di introdursi in un altro appartamento e deve necessariamente richiedere l'intervento della forza pubblica.


L’amministratore, inoltre, inviterà i condòmini a staccare nei propri alloggi la corrente elettrica o almeno, se non è possibile, almeno tutte le spine di televisione computer e telefono dato che le prese elettriche sono conduttori di fulmini (tipici del periodo estivo) e per evitare il fenomeno ricorrente (d'estate) del blocco dell'elettricità.
Nel periodo estivo non viene, dunque, meno il legame (e le conseguenze che necessariamente ne derivano) che lega o in forza di un contratto di mandato (l'amministratore) o in forza di un diritto reale (il condomino) il singolo al bene immobile: per entrambi varrà quindi il principio di evitare o almeno circoscrivere le insidie che ne possono derivare.


Fonte articolo: ilsole24ore.com, edicola24web

Condòmino insolvente: l'amministratore deve fornire i dati


In caso di crediti imprevisti, l’amministratore deve fornire al creditore tutti i nominativi dei condomini con l’indicazione delle quote millesimali. Lo ha stabilito il Tribunale di Monza con l’ordinanza del 3 giugno 2015.


Il diritto di accesso nel Codice 
La legge impone all’amministratore di comunicare ai creditori non soddisfatti che lo interpellano i dati dei condomini morosi e consente di agire nei confronti degli adempienti solo dopo avere infruttuosamente escusso i morosi.

Si tratta per l’amministratore di un dovere legale di salvaguardia dell’aspettativa di soddisfazione dei titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale, che delinea un obbligo per lui di cooperazione con costoro a prescindere dal contenuto del programma interno del suo rapporto di mandato con i condomini.


Il tenore letterale del primo comma dell’articolo 63 delle disposizioni attuative del Codice civile limita però tale obbligo alla comunicazione dei dati dei soli condomini morosi e non legittima affatto l’amministratore a fornire al creditore i nomi e le quote dei condomini in regola con i pagamenti.


L’ordinanza del Tribunale
 
Il Tribunale di Monza è stato di diverso avviso e ha condannato l’amministratore a fornire al creditore l’anagrafe completa di tutti i nominativi con l’indicazione delle quote millesimali di ciascuno.


La decisione del giudice monzese opera una netta distinzione tra il credito già deliberato dall’assemblea da quello invece imprevisto che, come tale, non è stato ancora sottoposto ad approvazione. Per il primo trova perfetta applicazione il principio secondo cui il creditore non soddisfatto deve preventivamente escutere il condomino moroso e dunque è imposto all’amministratore solo l’obbligo di consegnargli il nominativo (e millesimi) di questi. Per i crediti invece non deliberati, tutti i condomini sono di fatto tenuti a pagare il credito pro quota millesimale, non sussistendo in tal caso la sussidiarietà di cui all’articolo 63, comma 2 delle disposizioni attuative del Codice civile: da qui il diritto del creditore di pretendere la consegna dell’intera anagrafica dei condomini.


L’ordinanza si spinge però oltre e ritiene che, non essendo dato di conoscere al creditore se rispetto al suo credito ci siano morosi ovvero se neppure si sia deliberato in merito, l’obbligo di comunicazione in capo all’amministratore si estende comunque anche alla intera anagrafica condominiale, ben potendo il creditore cercare tutela in via preventiva: "Sarà poi l’amministratore a dovergli comunicare se qualche condomino non sia moroso, avendo pagato la sua quota". Ed ancora: "L’espressione “dati” dei condomini morosi dell’articolo 63, comma 1 delle disposizioni attuative deve intendersi comprensiva anche delle quote millesimali", essendo esclusa la solidarietà tra i condomini (Cassazione, Sezione unite, 9148/2008) e dovendo il creditore agire pro quota.


I dubbi per la privacy 
Il ragionamento non convince del tutto, vuoi perché la ratio del comma 1 dell’articolo 63 è certamente quella di proteggere i condomini solventi e vuoi perché in contrasto con la normativa di tutela della privacy. Infatti, la superfluità del consenso dei condomini morosi al trattamento dei loro dati personali discende dall’articolo 24, primo comma, lettere a) del Dl 196/2003, non essendo richiesto ogni qualvolta il trattamento sia necessario per adempiere a un obbligo previsto dalla legge (appunto dall’articolo 63, comma 1 delle disposizioni attuative).


La riforma non autorizza invece l’amministratore a fornire al creditore il nominativo e le quote dei condomini in regola con i pagamenti, quindi il comunicarlo esula dagli obblighi legali e contrattuali dell’amministratore e impone pertanto il preventivo consenso dell’interessato in base all’articolo 23 del Dlgs 196/2003.


Fonte articolo: il quotidiano del condominio, il Sole24Ore web. 

Efficienza energetica dei condomini per far ripartire l'edilizia


"In Italia ci sono circa 1,1 milioni di condomini e si stima che per ogni intervento strutturato di efficientamento energetico serva un investimento di almeno un milione di euro. Ecco dove sta l’economia. Se poi consideriamo che ogni dieci anni saranno necessari interventi di manutenzione, abbiamo creato un’industria". Alessandro Ponti, A.D. di Harley&Dikkinson (H&D) e presidente di REbuilding Network, sottolinea le criticità del mercato italiano legate ad un gap culturale e al frazionamento della proprietà, ma si fa promotore di una squadra che ha già aggregato sei aziende che singolarmente sono impegnate sui temi dell’efficienza energetica.

 

Nella rete oggi si contano oltre a H&D Finance anche il distretto tecnologico Habitech, iGuzzini, Riello, Saint-Gobain Italia e Schneider Electric. "Il nostro obiettivo è mettere a fattor comune un sistema di tecnologie per efficientare gli edifici esistenti. Abbiamo fatto un primo test a Roma in via Ermete Novelli non lontano da Piazza delle Muse – racconta Ponti – e il cantiere partirà a breve. È un piano rigenerazione energetica per un edificio di proprietà dell’Inpgi (l’istituto previdenzialie dei giornalisti, ndr), una palazzina degli anni ’50 di sette piani, circa 4.500 mq di superficie, con 22 alloggi che passerà dalla classe energetica G alla A+". Il progetto è dello studio Freyrieflores Architettura e il business-plan prevede una spesa di circa 21 euro/mq per la manutenzione e di 100 euro/mq per la rigenerazione energetica. Se oggi ciascuna famiglia in quel palazzo consuma 2.700 euro all’anno, dopo l'intervento ne risparmierà 1500.


Il progetto romano dovrà passare i test del cantiere e della gestione ma la direzione è quella auspicata per le migliaia di edifici delle grandi e piccole città italiane e incentivata dal mondo Rebuild. "Bisogna lavorare al fianco degli amministratori di condominio – spiega Ponti – e nella nostra rete ne raccogliamo 18mila dei 25mila italiani. Speriamo di riuscire a trasmettere il messaggio che tramite loro dovrà arrivare ad ogni singolo condomino".


Sull’efficienza energetica e la valorizzazione del patrimonio costruito ci sono già alcuni prodotti finanziari studiati ad esempio da Ubi o dalla Popolare di Milano, con finanziamenti a tasso zero e senza garanzie, "prodotti che le banche ci rilasciano direttamente per conto dei nostri clienti – dice Ponti – proprio perché investono su una filiera efficientata". In molti sostengono che le risorse non siano un problema, ma il mercato non parte. Perché? "Banche e Fondi di investimento mettono i soldi – dice Ponti – ma manca la cultura sia da parte del progettista sistemico che dell’amministratore di condominio, due soggetti che oggi difficilmente dialogano tra loro".


L’edilizia italiana ha bisogno di cambiare marcia, superare le resistenze e darsi una prospettiva di esponenzialità sia nei numeri che nelle prestazioni da raggiungere. La creazione di nuovo valore passa dalla deep renovation dei condomini energivori e a Riva del Garda si dimostra che il mercato offre tutte le tecnologie, i materiali e le soluzioni per raggiungere gli obiettivi europei di ridurre dell'80% le emissioni di CO2 entro il 2050. Oltre confine a Parigi, è la società ferroviaria francese Sncf a fare scuola con un condominio di 87 appartamenti, occupato, degli anni 50, che è stato riqualificato abbattendo dell’80% i consumi. Il costo di intervento è stato dell'ordine dei 500 euro/mq. "Il punto di forza di questo progetto è la proprio sua replicabilità – sottolinea Alberto Ballardini, responsabile dei servizi per edifici esistenti di Habitech – e uno degli obiettivi di Rebuild è proprio quello di testare sul campo soluzioni che possano essere proposte su larga scala misurando il raggiungimento dei risultati".


Fonte articolo: http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/condominio/2015-06-24/condomini-crescita-sinergie-i-settori-182802.php?uuid=AC6yOWF

Bilancio della riforma del condominio che compie due anni

La riforma ha superato il tirocinio. Giovedì – 18 giugno – saranno due anni esatti dall’entrata in vigore della legge 220/2012, che ha profondamente modificato le norme sul condominio vecchie di 70 anni.


Nonostante la lunghissima gestazione, la legge conteneva parecchie disposizioni di difficile attuazione, tanto da richiedere una correzione quasi immediata con il decreto Destinazione Italia (Dl 145/2013). Valga per tutti l’esempio dell’obbligo di raccogliere i fondi tra i proprietari prima di avviare lavori straordinari: una disposizione che avrebbe potuto bloccare molti cantieri e che proprio con quel decreto è stata corretta consentendo agli amministratori di costituire la riserva finanziaria “per gradi”, in base ai diversi stati avanzamento lavori.

 

Ma insomma, bene o male, le novità sono state metabolizzate e – sotto molti aspetti – apprezzate: i nuovi doveri e responsabilità dell’amministratore, la sua formazione obbligatoria e il recepimento di molti indirizzi giurisprudenziali di semplificazione hanno fatto sì che la riforma fosse accolta positivamente dai proprietari. 
Restano, però, diverse incertezze nella lettura dei nuovi articoli del Codice civile, insieme a norme che suonano ridondanti e potrebbero dar vita a lunghi contenziosi, in attesa che la Cassazione arrivi a a mettere l’ultima parola. Cosa che – con i tempi della giustizia italiana – potrebbe richiedere anche un decennio di attesa. 


La prassi sembra dimostrare che le norme sul supercondominio vengono spesso disapplicate o adattate ai casi concreti: ci sono palazzi che non nominano il rappresentante all’assemblea del supercondominio, altri che si affidano all’amministratore in una veste impropria di “facente funzioni”. Per non parlare dei dubbi operativi: il rappresentante di un singolo condominio può esprimere un voto disgiunto? E se non lo fa i dissenzienti possono impugnare la decisione del supercondominio? E se un condominio non paga a chi va notificato il decreto ingiuntivo: ai singoli proprietari o all’amministratore? 

Altro fronte delicato è quello delle morosità. La riforma dice che i creditori del condominio devono rivolgersi prima ai morosi e solo dopo ai proprietari in regola. Ma molti giudici – anche se non tutti – consentono ai creditori di pignorare il conto condominiale, su cui si trovano le somme versate da chi paga con puntualità. Senza dimenticare che i fornitori più forti spesso riescono a farsi pagare a discapito degli altri semplicemente minacciando di staccare il gas o l’acqua, o magari di non riparare l’ascensore. In questi casi, i princìpi del Codice soccombono di fronte alla prassi.

Altre norme, come quelle sui limiti alle deleghe, sembrano aver creato più che altro un incentivo all’aggiramento dei vincoli con l’accaparramento di deleghe in bianco, difficilmente controllabile. Mentre altre, come la possibilità per gli interessati di accedere ai dati condominiali, addossano agli amministratori il compito di consentire agli "interessati" (così recita la norma) di accedere ai dati. Ma chi sono gli "interessati"? Il rischio è che creditori, agenzie di informazioni commerciali, banche cui è stato richiesto un finanziamento, siano a tutti gli effetti "interessati" ma il buon senso dell’amministratore a tutela della privacy dovrebbe arginare certe richieste, anche se una norma più precisa sarebbe opportuna.

Resta, nel complesso, come ha rilevato Confedilizia, la sensazione di una riforma generalmente positiva, che però avrebbe potuto essere più coraggiosa e innovativa. Lo dimostra, ad esempio, la norma che consente il cambio d’uso a maggioranza delle parti comuni: nessuno la usa, ma le cose sarebbero andate diversamente se la legge avesse previsto, come si era ipotizzato, la vendita a maggioranza. In altri casi, invece, come per il riscaldamento, è l’evoluzione della normativa – che imporrà la contabilizzazione – ad azzerare, o quasi, l’interesse per il distacco. Anche se il testo del Codice post-riforma non azzera, neppure in questo caso, tutti i rischi di contenzioso. 

Fonte articolo: ilsole24ore.com, edicola24web

Condominio: vige la Privacy sul rogito

Il garante si pronuncia sulla legittimità della richiesta al condòmino di copia del titolo di proprietà ai fini della compilazione dei registri previsti dall’dell'articolo 1130 n. 6 del Codice civile, ritenendo che l’amministratore non abbia il potere di pretendere tale documento e che pertanto la richiesta sia non fondata e il relativo trattamento di dati eccessivo rispetto alle finalità perseguite.

La pronuncia appare condivisibile, poiché la norma richiede che l’amministratore conosca i dati relativi al titolare di diritti reali e non autorizza affatto a richiedere più di tali elementi, rispetto ai quali la copia dell’atto di acquisto è sicuramente qualcosa di più, che contiene dati estranei alle finalità di compilazione dei registri. Anche ove il condòmino non adempia alla richiesta di comunicazione di tali dati, l’amministratore potrà ricavarli dai pubblici registri con una semplice visura e addebitandone i relativi costi, ma non potrà procurarsi copia del titolo se non eccedendo i limiti del Codice della privacy e, plausibilmente, anche quelli previsti dallo stesso codice civile.

L’indicazione di ragionevolezza e adeguatezza, con invito all’amministratore di attenersi a quanto strettamente indicato dalla legge, può essere spunto di riflessione interessante anche per ciò che attiene alla questione dei dati relativi alle condizioni di sicurezza.

Diversa è l’ipotesi prevista dall’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile che, all’ultimo comma, pone in capo al soggetto che vende l’unità immobiliare l’obbligo di trasmettere copia autentica dell’atto ove voglia liberarsi dal vincolo di solidarietà con l’acquirente. In tal caso l’obbligo è espressamente previsto dalla legge ed ha tutt’altra ragione, prima fra tutte quella di dare data certa al venir meno della responsabilità patrimoniale del cedente nei confronti del condominio.

Fonte articolo: quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web

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