Che fare quando durante la compravendita si scoprono difetti dell'immobile?

Quando si acquista una casa si firma il preliminare (o compromesso), un vero e proprio contratto che obbliga entrambe le parti alla stipula dell’atto definitivo, che determinerà il trasferimento della titolarità dell’immobile.


Solo un grave inadempimento permette di sciogliersi dall’impegno assunto con il contratto, come stabilito dal Codice civile.

Come spiegato da La legge per tutti, la gravità viene valutata sulla base della prestazione e del suo valore economico. In caso di piccoli difetti della casa che ci si è impegnati ad acquistare, non è possibile rifiutarsi di rogitare.


Con la sentenza n. 2471/16 del 10 ottobre 2016, il Tribunale di Treviso ha stabilito illegittimo il rifiuto dell’acquirente di presentarsi dal notaio per la firma del contratto definitivo solo per aver scoperto, dopo la firma del compromesso, modeste infiltrazioni di acqua, la necessità di sostituire la cassetta del w.c. e di adeguare i locali caldaia e cucina con realizzazione dei fori di areazione. Secondo il giudice, infatti, una simile condotta è "contraria a buona fede" e costituisce una "reazione del tutto sproporzionata a fronte di problematiche facilmente risolvibili".


La sentenza del tribunale di Treviso ricorda che, nei contratti con prestazioni corrispettive – come la compravendita – quando le parti si addebitino inadempimenti reciproci o una di esse giustifichi la propria inadempienza per autotutelarsi da quella dell’altro contraente, il giudice deve prima procedere a valutare in modo unitario e comparativo i rispettivi comportamenti inadempienti. Questo significa che il tribunale deve giudicare se l’inadempimento è talmente grave da giustificare lo scioglimento, per l’altro contraente, dall’impegno assunto.


Nel caso deciso dalla sentenza in commento, i testimoni del venditore avevano confermato che l’acquirente aveva eseguito, prima di firmare il compromesso, visite accurate, anche con un impresario di sua fiducia, ed era stato informato della "vetustà dell’immobile".


Le possibili soluzioni sono:

  • - in presenza di difetti dell’immobile non nascosti dal venditore e ben noti dall’acquirente prima della firma del contratto, quest’ultimo non può far nulla e dovrà rogitare, diversamente perderà la caparra;
  • - in presenza di difetti dell’immobile nascosti e non conoscibili con l’ordinaria diligenza, ma facilmente eliminabili e di scarso valore in rapporto al valore dell’immobile, l’acquirente può agire contro il venditore per chiedere solo una riduzione del prezzo di acquisto;
  • - in presenza di difetti dell’immobile nascosti e non conoscibili con l’ordinaria diligenza, ma di entità tale da rendere l’inadempimento del venditore "grave", l’acquirente può chiedere al giudice la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento e ottenere il doppio della caparra versata.

Fonte articolo: Idealista.it

Nuova norma compravendite: arriva il deposito prezzo dal notaio

Denaro al sicuro se affidato al notaio: è questo il titolo che potrebbe essere dato alle nuove norme, contenute nei commi 63 e seguenti dell’articolo 1 della legge sulla concorrenza, le quali disciplinano la corresponsione di somme al notaio, vuoi con finalità di pagamento di tributi vuoi con finalità di deposito.


La nuova normativa sul "Deposito prezzo dal notaio" sancisce diversi fondamentali principi. Ecco quali.

- il notaio deve avere un conto corrente dedicato sul quale far confluire il denaro ricevuto dai clienti per il pagamento di imposte; il notaio non può lucrare interessi che quel conto corrente produca e non può utilizzare quel denaro per altro fine se non per il pagamento di imposte;

- sul predetto conto corrente devono affluire anche tutte le somme che il notaio sia incaricato di custodire;

- le giacenze di quel conto corrente sono impignorabili dai creditori personali del notaio, non fanno parte della successione del notaio che muoia, non entrano nel regime di comunione dei beni in cui il notaio si trovi;

- se ne sia "richiesto da almeno una delle parti", il notaio deve (e non può rifiutarsi di farlo) tenere in deposito il saldo del prezzo che l’acquirente deve corrispondere al venditore fino a quando non sia eseguita la formalità pubblicitaria con la quale si acquisisce la certezza che l’acquisto si è perfezionato senza subire gravami (ipoteche giudiziali, sequestri, pignoramenti, domande giudiziali, eccetera);

- al notaio può essere richiesto di tenere in deposito le somme che occorrono per estinguere eventuali passività gravanti sul venditore (si pensi al classico caso della vendita di una casa che venne acquistata con un mutuo ancora in corso di ammortamento).

LA REAZIONE DELLA FIAIP ALLA NUOVA LEGGE

La Fiaip (Federazione italiana agenti immobiliari professionali) tramite una nota ha commentato l’entrata in vigore del deposito del prezzo al notaio. Righi ha parlato di una legge che crea disparità tra le parti.


La Fiaip ha fatto sapere: "Entra in vigore il deposito del prezzo al notaio. Secondo quanto previsto dalla "Legge annuale per il mercato e la concorrenza" le parti o anche una di loro potrà richiedere al notaio di aderire al deposito del prezzo: in questo caso il pubblico ufficiale al momento del trasferimento immobiliare tratterrà la somma pattuita per la compravendita e la depositerà su un apposito conto corrente fino alla trascrizione del trasferimento dell’immobile.


Gli interessi maturati sul conto non saranno incassati dal proprietario, ma dallo Stato italiano, che li destinerà ad un fondo per le piccole e medie imprese. La norma varata nel 2013, fino ad oggi non aveva mai trovato esecuzione per la forte opposizione della Fiaip e di tutta la filiera dell’immobiliare. Il Governo è comunque riuscito a farla passare, introducendo la volontarietà delle parti.


Il Presidente nazionale Fiaip, Paolo Righi, ha poi sottolineato: "Il deposito del prezzo al notaio è da ascriversi alla già nutrita schiera delle leggi "inutili e dannose" varate per il nostro comparto. La legge crea una disparità fortissima tra le parti, che fino ad oggi erano bilanciate e tutelate, mentre ora il venditore diventa parte debole del contratto. Inoltre, la sua applicazione creerà notevoli problemi a quei venditori che intendono vendere la propria abitazione per comprarne subito un’altra: sarà quasi impossibile per chi vende casa impegnarsi all’acquisto di una nuova abitazione, non potendo contare sul denaro proveniente dalla vendita del proprio immobile. Quasi esilarante il fatto che gli interessi maturati sul conto corrente del notaio anziché essere restituiti al venditore vengano trattenuti dallo Stato, che di fatto ha varato una nuova tassa sulla proprietà immobiliare".

ALTRI POSSIBILI PROBLEMI ORIGINATI DALLA NUOVA NORMATIVA

Anzitutto, con riguardo ai contratti preliminari stipulati prima del 29 agosto (data di entrata in vigore della legge 124/2017), sorgeranno inevitabili conflitti tra gli acquirenti che chiederanno il deposito del prezzo al notaio e i venditori che sosterranno l’inapplicabilità retroattiva delle nuove norme alle contrattazioni nate prima della legge. Ma è abbastanza ovvio che quest’ultima tesi ha poco senso, perché tutte le volte che una legge impatta su un rapporto che dura nel tempo, inevitabilmente si applica anche a esso (se Tizio e Caia si sposano in assenza di una legge sul divorzio, che poi entra in vigore, devono evidentemente poter divorziare anch’essi; se il possesso dura da 13 anni e l’usucapione viene ridotta da 20 a 10 anni, essa è evidentemente compiuta).


Ancor più in generale, senz’altro sarà avanzata con forza (da quegli operatori immobiliari, notai compresi, che diano maggior rilievo al fastidio della inevitabile maggior complessità rispetto a un lungimirante favore per la massima trasparenza possibile del mercato) la tesi della derogabilità pattizia di questa normativa in sede di contrattazione preliminare.
Ma, anche in questo caso, è abbastanza prevedibile ritenere che essa sia qualificata come norma inderogabile perché appartenente al cosiddetto "ordine pubblico di protezione" finalizzata a tutelare il contraente reso debole dal sistema della pubblicità immobiliare il quale, per far funzionare la contrattazione nel suo complesso, giustamente sconta il rischio dell’incertezza in cui ci si trova nel periodo compreso dal momento dell’ultima ispezione dei Registri immobiliari fino al momento della trascrizione.


D’altronde, se l’acquirente potesse pattiziamente rinunciare a questa protezione, non solo la rinuncia al deposito del prezzo diventerebbe immediatamente una "clausola di stile" della contrattazione preliminare e, paradossalmente, impatterebbe solo sugli sfortunati che abbiano stipule "a cavallo" dell’entrata in vigore della legge 124/2017; ma anche, e soprattutto, perché la nuova legge non servirebbe a nulla. 


Fonti articolo: IlSole24ore.comIdealista.it

Con l'home staging più brevi i tempi di vendita, aumenta il valore dell'immobile

Cambiare la disposizione dei mobili, dare un tocco di colore -quello giusto però-, scegliere i complementi perfetti e curare l’illuminazione.


E poi un servizio fotografico realizzato da un professionista. 

 

Bastano questi interventi, non strutturali e temporanei, per cambiare volto a una casa e far scattare il colpo di fulmine con i compratori: è questa la filosofia dell’home staging, una nuova strategia di valorizzazione immobiliare arrivata in Italia da qualche anno.
Dai sondaggi svolti periodicamente fra i soci dell’Associazione Nazionale Home Staging Lovers risulta che, dopo un intervento di home staging, il tempo di vendita si riduce a 58 giorni.


L’home stager è un professionista che unisce conoscenze di arredamento d’interni, decorazione, fotografia e marketing immobiliare per presentare al meglio un immobile destinato alla vendita. Non ristruttura la casa, né la arreda in modo definitivo.
"L’home stager, lo dice la parola stessa, mette in scena l’abitazione con il preciso obiettivo di svelarne tutte le potenzialità a un target di compratori ben individuato –spiegano la presidente e vicepresidente dell’associazione–. Possibili acquirenti che vedranno prima di tutto la casa attraverso le foto sul web, fondamentali per suscitare l’interesse iniziale fra mille proposte a portata di click, e poi visiteranno gli spazi allestiti ad hoc". 


In un mercato immobiliare che si sta risvegliando, ma che è ancora piuttosto fermo, è fondamentale che la propria casa in vendita possa spiccare fra le altre, "e, soprattutto, essere venduta a un prezzo non troppo inferiore rispetto a quello proposto. Per le case oggetto di home staging si riduce al 5%" sottolineano de Luca e Galletti Presidente e Vicepresidente dell'Associazione Nzionale Home Staging Lovers.


Ecco perché l’intervento di un home stager viene caldeggiato sempre più spesso ai proprietari dagli stessi agenti immobiliari. "Negli USA si contatta un home stager addirittura prima di mettere in vendita la casa –spiegano de Luca e Galletti–, da noi invece troppo spesso si aspetta di avere un immobile invenduto da tempo prima di decidersi. Ma l’investimento viene subito ripagato".


I prezzi, naturalmente, variano moltissimo in base all’abitazione: metratura, numero di locali, stato in cui si trova, se è arredata o vuota. "Orientativamente, si parte da qualche centinaio di euro se sono necessari solo piccoli interventi in una casa già arredata. Dai mille euro a salire se l’abitazione va allestita da zero. L’home stager fa un preventivo di prezzi e tempi di intervento, da poche ore a qualche giorno. Il proprietario non acquista nulla, né arredi né complementi. Tutto è temporaneo e rimane nella casa per il tempo della vendita. Compresi nel servizio ci sono gli scatti fotografici professionali che saranno il biglietto da visita della casa".


Sembra facile a dirsi, ma per fare tutto questo serve un esperto che conosce il mercato immobiliare e le strategie di vendita. Solo così pochi e semplici tocchi sono in grado di rivoluzionare il volto di un’abitazione. E di fare innamorare all’istante i compratori.


Fonte articolo: Infobuild.it

Prima e seconde case a confronto: il carico fiscale è 5 volte superiore

Cresce il numero di compravendite immobiliari in Italia.


Nel 2016 il dato complessivo ha superato quota 500mila (533.741), il 18,9% in più del 2015. 

 

Di queste circa la metà (246.182) sono state finanziate con l’aiutino della banca, attraverso il ricorso ai mutui ipotecari che nel frattempo sono cresciuti del 27,3%.

LE IMPOSTE SUL MUTUO

Nella maggior parte dei casi si tratta di acquisto di prime case da parte di chi compra effettivamente la “prima casa”. Ma nel calcolo si inserisce anche chi possiede già una casa e ne acquista una nuova facendola passare (in termini fiscali) come prima casa. Questo è possibile dal 2016, da quando è stata introdotta una normativa che consente di usufruire delle agevolazioni “prima casa” anche a chi già ne ha già usufruito attraverso un precedente acquisto, a patto che venda l’immobile per cui ne ha già usufruito entro 12 mesi dall’acquisto della “nuova prima casa”.


Per quanto non sia algebricamente calcolabile, è ragionevole ipotizzare che questa norma - unitamente alla maggiore propensione delle banche ad erogare mutui ipotecari anche in via indiretta per le politiche espansive adottate nel frattempo dalla Bce - abbia effettivamente dato slancio alle compravendite immobiliari negli ultimi trimestri. Certo, siamo lontani dal picco di oltre 800mila transazioni del 2006 ma se non altro il punto più basso (sotto le 400mila nel 2013) pare messo alle spalle in un trend che torna a vedere nuova luce all’orizzonte.


La normativa può aver certamente dato una mano. Ma resta il fatto che in Italia c’è oggi un abisso fiscale tra la “prima casa”e l’universo delle “non prime case” (dal punto di visto del Fisco che sia la seconda, la terza o la quarta non cambia).

CONFRONTO FISCALITA' “PRIMA CASA” VERSUS “NON PRIMA CASA” 

Ipotesi: acquisto, soggetto ad imposta di registro, di immobile con valore (catastale rivalutato) pari a 300.000 euro. Il contribuente ottiene un mutuo ipotecario di 150.000 euro.

In questa tabella proviamo a sintetizzare tutte le imposte relative all’acquisto di una casa (Iva, registro, catastale, ipotecaria) e quelle (imposta sostitutiva) da aggiungere nel caso molto frequente in cui l’acquisto venga finanziato in parte da un prestito ipotecario.
Le condizioni di base cambiano anche in funzione del venditore (che può essere un privato o un’impresa con vendita esente o soggetta ad Iva), allo stato dell’immobile (se è di lusso l’Iva balza dal 10 al 22%).


A conti fatti - ed è quello che abbiamo provato a fare in questa simulazione tratta di una ricerca dell’Abi - in termini fiscali una “non prima casa” costa circa cinque volte in più rispetto a una “prima casa”. La grande differenza la fanno nel dettaglio tre imposte: quella di registro (che si calcola sul valore catastale dell’immobile e che oscilla dal 2% al 9%), l’Iva (che oscilla dal 4% al 10% nei casi in cui si applica), e l’imposta sostitutiva del mutuo (lo 0,25% dell’importo finanziato in caso di “prima casa”, altrimenti balza al 2%).


Così, acquistando un immobile di 300mila euro (ipotizzando che questo sia anche il suo valore catastale) e chiedendo un mutuo per la metà (quindi 150mila euro) alla fine pagheremo un carico di imposte di 6.475 euro se si tratta di “prima casa” e di 30.100 euro se non sarà possibile usufruire di questo bonus. Mica briciole.


Questa distanza ha sicuramente il beneficio di rendere più accessibile l’acquisto di un immobile ma in parte rischia di disincentivare le operazioni di investimento immobiliare (gli acquisti di “non prime case” da mettere a reddito) che nell’attuale era dei tassi bassi (in cui i tassi offerti dagli investimenti cartacei sono ai minimi termini) potrebbe rappresentare (soprattutto se agevolato da operazioni immobiliari a leva) una valida alternativa a Borse e dintorni.


Fonte articolo: IlSole24Ore.com

Passaggio di proprietà di un immobile: quando avviene?

Quando avviene, in termini giuridici, il passaggio di proprietà di una casa o più in generale di un bene immobile?

Al momento dello scambio dei consensi, alla firma del contratto preliminare, alla consegna materiale dell'abitazione?

 

La questione ha dei risvolti di non poco conto sia in relazione ai diritti che le parti possono vantare sui beni, nonché verso le controparti, sia in relazione a rischi e responsabilità connessi al possesso/detenzione degli immobili.
Partiamo da dato certo: in relazione alla compravendita immobiliare, nel nostro ordinamento, vale il così detto principio consensualistico, previsto dall'art. 1376 c.c., rubricato Contratto con effetti reali, che recita:

Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.


In buona sostanza per la legge italiana è sufficiente formalizzare, nei modi specificamente previsti, i consensi delle parti affinché la proprietà di un bene, meglio il diritto di proprietà su di esso, possa dirsi trasferita dal venditore all'acquirente.
Si badi: consenso espresso nelle forme previste dalla legge.


Così, ad esempio, in relazione agli immobili, il codice civile prevede che per la compravendita sia necessario – a pena di nullità – concludere il contratto o mediante scrittura privata o mediante atto pubblico.
Ciò vuol dire che se Tizio intende vendere a Caio la propria unità immobiliare dovrà farlo con un contratto scritto dal quale emergano gli elementi fondamentali dall'accordo (consensi, oggetto e causa).


Nel momento in cui l'accordo è raggiunto, cioè il contratto è siglato, la vendita è da ritenersi perfezionata e di conseguenza la proprietà passata in capo all'acquirente.

Due considerazioni sulla vicenda:

a) per il passaggio di proprietà di un immobile la trascrizione non è necessaria, essa ha mera finalità di pubblicità notizia, ossia di rendere opponibile a terzi il trasferimento;

b) la consegna dell'immobile da parte del venditore rappresenta un'obbligazione connessa al contratto non avendo alcuna rilevanza in relazione al passaggio di proprietà del bene.

In questo contesto il contratto preliminare non ha alcun valore in relazione al passaggio di proprietà: con il contratto preliminare le parti s'impegnano a stipulare, successivamente, un contratto di cessione del bene.
Nel così detto preliminare, quindi, sono stabiliti una serie di elementi volti a disciplinare modalità e termini di stipula del contratto definitivo. Il contratto preliminare può essere oggetto di esecuzione giudiziale (art. 2932 c.c.) volta ad ottenere la vendita, ma non è capace di trasferire la proprietà.


Un effetto della cessione al momento dello scambio dei consensi riguarda anche i rischi connessi al perimento del bene prima della sua consegna. Il primo comma dell'art. 1476 c.c. rende ancor più chiaro quanto sia determinante il consenso più che la consegna in relazione al passaggio di proprietà.

Recita la norma:

Nei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali, il perimento della cosa per una causa non imputabile all'alienante non libera l'acquirente dall'obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Il ruolo e i doveri del notaio nella compravendita immobiliare

Nelle compravendite immobiliari l’attività del notaio non si esaurisce solo nella redazione dell’atto pubblico, ma impone l’adempimento di una serie di oneri accessori come ad esempio la valutazione dell’atto di provenienza del bene compravenduto, l’obbligo di effettuare le visure catastali nonché quello di informare il cliente delle conseguenze fiscali che possono derivare dalla vendita  dell’immobile.


Gli obblighi gravanti su tale professionista scaturiscono dal contratto di prestazione d’opera professionale che sorge in virtù dall’incarico che riceve dal suo cliente.

 

Obblighi gravanti sul notaio

Il notaio incaricato di rogare un contratto di compravendita assume un duplice obbligo:

  1. l'obbligo di informazione, che comporta l'onere di informare le parti di tutte le conseguenze che possono derivare  dalla stipulazione di un atto;
  2. l'obbligo di effettuare gli accertamenti ipocatastali.

Nella prassi si utilizza il termine visure “ipocastali”, ma è bene precisare che con tale espressione si intende fare riferimento all’obbligo del notaio di effettuare adempimenti diversi fra di loro. Infatti è bene distinguere fra:

a) le visure catastali che si effettuano presso il catasto del Comune in cui si trova l'immobile ed hanno lo scopo di identificare correttamente il bene oggetto dell'atto. Inoltre la pubblicità catastale è mera pubblicità-notizia senza valore probatorio, poiché serve a dare semplice notizia di determinati fatti, ma la sua omissione non influisce né sulla validità né sull'efficacia dei fatti stessi. Va però rammentato che dal 1° luglio 2010 i dati catastali, la loro conformità alle planimetrie e allo stato di fatto assumono rilevanza a pena di nullità dell'atto;

b) le visure ipotecarie che si effettuano, invece, presso la Conservatoria dei Registri immobiliari del luogo ove è sito l'immobile hanno lo scopo di far conoscere l'effettiva titolarità del bene e la sua libertà da vincoli, pesi, iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli.


Tali adempimenti rivestono la massima importanza dato che per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei registri immobiliari attraverso la loro visura, costituisce, salvo espressa dispensa per concorde volontà delle parti, un obbligo derivante dall'incarico conferitogli dal cliente e, quindi, fa parte dell'oggetto della prestazione d'opera professionale.


Responsabilità del notaio ed orientamento della giurisprudenza

La giurisprudenza ormai da oltre un decennio ha puntualizzato che la responsabilità gravante sul notaio, nell’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale, implica che su tale professionista non grava solo l’obbligo di predisporre un atto che produca gli effetti voluti dalle parti, formalmente e sostanzialmente valido, ma anche quello di osservare l’ obbligo contrattuale di correttezza e di informazione che discende  dall’incarico che egli riceve dal suo cliente che obbliga il professionista ad osservare un comportamento diligente.  (Cass. Civ. sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733).


Oltre all’onere di stipulare un atto che persegua l’interesse voluto dalle parti, la giurisprudenza osserva che sul notaio grava anche l’onere di compiere una serie di attività accessorie alla stipula dell’atto che possono consistere nella valutazione della provenienza del bene, nell’obbligo di effettuare le visure ipocatastali, etc..( Cass. Civ. sez. I, 29 novembre 2007 n. 24939 ed anche Cass. Civ. sez. III, 11 gennaio 2006, n, 264).


Notaio: responsabilità per mancata acquisizione delle visure catastali

Il notaio richiesto della rogazione di un atto di alienazione avente ad oggetto un bene immobile, tra gli oneri accessori indispensabili per il raggiungimento del risultato perseguito dalle parti, ha, di fatto, quello di compiere appunto le visure.  

La fonte dell’obbligo gravante sul notaio trae origine:

  1. dal contratto d’opera professionale che impone a tale professionista una particolare diligenza nello svolgimento della sua attività (Cass. civ. Sez. III, 27-11-2012, n. 20991; Cass. civ. Sez. III, 28-09-2012, n. 16549);
  2. nonché dal principio sancito dall’art. 1374 del codice civile rubricato “Integrazione del contratto” così dispone “Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità“.

L’inosservanza dell’obbligo di effettuare le visure catastali fa sorgere in capo al professionista una responsabilità per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, obbligandolo al risarcimento degli eventuali danni sopportati dal suo cliente, se non dimostra che il mancato adempimento scaturisce da causa ad egli non imputabile.


La mancata acquisizione delle visure catastali, quindi, obbliga il professionista al risarcimento del danno che il cliente ha sopportato. A tal proposito, è doveroso precisare che il cliente che sostiene di aver subito un danno per la mancata acquisizione delle visure da parte del notaio, dovrà dimostrare e quantificare l’effettivo danno sopportato. 


Fonte articolo: Idealista.it

Quanto vale la "nuda proprietà" per usufruttuario ed acquirente


Con il mercato in risalita, riprende appeal anche la soluzione della nuda proprietà.


Quel contratto in cui si compra un immobile, lasciandone però l’usufrutto, ossia, semplificando, il diritto di abitarci, a chi già lo occupa. 



Un segmento di nicchia, che copre circa il 5% sul totale delle compravendite, ma con punte comprese fra il 7 e il 10% a Milano, Roma e Torino; e che può rivelarsi un investimento azzeccato ora che i valori immobiliari si sono sgonfiati rispetto al passato, soprattutto se si riesce a mettere le mani su appartamenti centrali e di buona qualità.


Da parte dei potenziali venditori ci sono ancora forti resistenze culturali all’idea di privarsi della proprietà dell’abitazione. "Ma in tanti decidono per quest’operazione, magari per pagare una badante senza problemi, per aiutare i i figli nell’acquisto della prima casa, o semplicemente perché senza eredi", spiega Omar Confalonieri, amministratore delegato dell’agenzia specializzata CasaNuda.it.


E il mercato degli acquirenti sembra esserci. "Negli ultimi tre anni la domanda è cresciuta in media del 35%, con picchi da regioni come Veneto (+45%), Liguria (+44%) e Toscana (+38%) – testimonia Luca Rossetto, amministratore delegato del portale Casa.it –. È un mercato praticamente inesistente in provincia, ma che funziona soprattutto nel centro delle principali città, per un mix di fattori demografici e immobiliari. Infatti, queste sono le zone con la maggior concentrazione di anziani che ormai vivono soli e che, in questo modo, possono ottenere liquidità. Allo stesso tempo, sono persone che spesso vivono in appartamenti ampi, con stanze grandi, che fanno gola sia all’investitore puro, che potrebbe anche decidere di frazionarli in futuro, sia a quello mosso dallo scopo abitativo, che vuole magari lasciare l’alloggio a disposizione per i figli".


Non a caso, da un report di Tecnocasa relativo al 2016, emerge che in cima alle preferenze dei pezzi acquistati con la nuda proprietà figura il quadrilocale, con una quota del 34 per cento. Soltanto un anno prima era il trilocale, con il 45 per cento.


Sul fronte dell’investitore, ad attirare sono soprattutto lo sconto rispetto al prezzo di mercato e i vantaggi fiscali. "Il primo aspetto da tenere a mente è che si tratta di un acquisto fatto ragionando sul lungo periodo. Ma uno dei benefici di questa operazione è che il valore sale costantemente anche se il mercato resta debole, perché man mano che l’usufruttuario invecchia il valore della nuda proprietà aumenta", aggiunge Confalonieri.


Il vantaggio fiscale è che la base imponibile su cui è calcolata l’imposta di registro è solo la quota di proprietà assegnata alla proprietà sulla base di apposite tabelle ministeriali, appena aggiornate con il nuovo anno. Questa varia in funzione delle durata: può esserci un termine stabilito dalle parti (soluzione meno usata) oppure la cosiddetta “riserva vitalizia”, cioè fino alla permanenza in vita di chi abita. Restando su quest’ultimo caso, oggi il valore della nuda proprietà è fissato al 65% per un venditore di 75 anni, che sale al 75% quando il venditore supera gli 80 anni e passa all’85% dopo gli 87 anni.


Queste proporzioni, in teoria, possono essere mutuate sul piano della trattativa commerciale, per stabilire ad esempio che un venditore 75enne debba concedere uno sconto del 35% rispetto all’ipotetico prezzo pieno commerciale. Ma la pratica è molto meno rigida. E ascoltando gli operatori, si comprende come in realtà si possano spuntare valori ancora più bassi.


"Intanto le tabelle non sono precise perché non fanno differenza tra uomini e donne, mentre invece il genere influisce sensibilmente sull’aspettativa di vita – precisa Roberto Trevisio, titolare dell’agenzia specializzata torinese Viager e autore di seminari sul tema per la Fimaa –. In ogni caso, chi vende deve essere consapevole che l’investitore ha diverse alternative. Se compra per abitare, c’è abbondanza di offerta su tutte le fasce di prezzo. Se investe, potrebbe acquistare un alloggio occupato e già in questo modo, in media, otterrebbe uno sconto del 30% rispetto al valore pieno. Pagherebbe più tasse e potrebbe esporsi al rischio morosità, ma avrebbe il ritorno dei canoni di affitto. Inoltre, va aggiunto che la nuda proprietà, essendo destinata a un godimento futuro, darà in mano al compratore un oggetto comunque più vetusto, benché tenuto bene. Quindi, se davvero si vuole concludere l’affare, l'offerente deve accettare uno sconto di almeno il 50%, che può arrivare anche al 70% se particolarmente giovane. Allo stesso tempo, anche i soggetti più anziani non dovrebbero pretendere più del 70% del valore commerciale, a prescindere da quale sia l’indicazione delle tabelle".


Fonte articolo: Ilsole24ore.com

 

Donazione senza notaio possibile? In due modi


La donazione è un contratto che prevede sempre l'accettazione del beneficiario e la firma dell'atto in presenza di due testimoni davanti a un notaio.


Notaio che si dovrà occupare anche di alcune verifiche preliminari e della successiva trascrizione e registrazione del contratto.


Ci sono due casi, pero', in cui la donazione dell'immobile puo' avvenire anche senza presenza del notaio.Vediamo quali sono.



Donazione indiretta immobile 

La donazione di un immobile può avvenire anche la cosiddetta intestazione della casa in nome altrui. Si tratta della cosiddetta donazione indiretta. Il caso più frequente è quello di un genitore che acquista un immobile pagando il prezzo e intestandolo al figlio o di chi acquista una casa in un contratto preliminare però al momento del rogito sostituisce a sé il proprio figlio fornendo lui il denaro.

In questo caso oggetto della donazione è il denaro con cui si acquista l'immobile. La presenza del notaio non è necessario e questi interviene solo per la redazione dell'atto di vendita.

Però, come appunto insegna la sentenza n. 24400/2016, la decadenza dall’agevolazione "prima casa" può verificarsi anche per ragioni non imputabili alla parte acquirente. Cosicché anche la parte venditrice deve mettere in conto una sua possibile responsabilità in caso di mancata concessione dell’agevolazione al contratto con il quale il venditore ha alienato un’abitazione a un acquirente che ha domandato l’agevolazione "prima casa" e che ha poi visto revocarsi l’agevolazione per causa al medesimo non imputabile. 

Usucapione + donazione indiretta

L'alternativa è seguire la strada dell'usucapione a favore del donatario.  Questa può essere fatta dichiarare dal tribunale o attraverso un processo di mediazione. Nel primo caso, i due soggetti, donante e donatario, possono dare inizio a una causa che, considerando l'accordo esistente, non dovrebbe avere tempi lunghi. Compito del giudice sarà accertare che il donatario ha posseduto l'immobile per oltre 20 anni. La sentenza avrà effetto retroattivo e sarà trascritta nei pubblici registri immobiliari.

Nel caso in cui si scelga la mediazione il processo sarà più corto e meno costoso. Un mediatore si occuperà di redigere un verbale in cui si dichiarerà l'effettiva usucapione del donatario. Solo successivamente il notaio dovrà autenticare le firme e si dovrà procedere alla trascrizione del verbale davanti al conservatore dei pubblici registri.


Fonte articolo: Idealista.it

 
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