Anche chi vende è responsabile della revoca agevolazioni "prima casa"

Anche la parte venditrice è solidalmente responsabile della maggiore imposta dovuta per il caso del mancato conseguimento dell’agevolazione "prima casa" richiesta dall’acquirente di un’abitazione, ma negata dal Fisco per ragioni non imputabili alla parte acquirente.


È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 24400 del 30 novembre 2016. 



Il caso oggetto del giudizio giunto all’esame della Suprema Corte era quello della vendita di un appartamento che l’amministrazione ha giudicato avere caratteristiche "di lusso", revocando pertanto il beneficio fiscale di cui il contribuente si era avvalso in sede di registrazione del contratto di compravendita. 


La normativa sulle caratteristiche "di lusso" delle abitazioni, invero, non è più attualmente vigente, ma il caso è comunque interessante perché oggi l’agevolazione "prima casa" può essere domandata solo per abitazioni classificate in Catasto in categorie diverse dalle categoria A/1, A/8 e A/9. Quindi, la sentenza deve essere letta come se riguardasse il caso della vendita con agevolazione “prima casa” di un manufatto in ipotesi classificato (anche a seguito di una revisione che il Catasto effettui in data posteriore al contratto di compravendita) in un gruppo catastale diverso dal gruppo “A” oppure in una delle predette categorie del gruppo “A” per le quali l’agevolazione “prima casa” è inibita. 


Con riferimento alla responsabilità per il pagamento di imposte dovute a seguito di un accertamento, le regole da tenere in considerazione sono le seguenti: 
- l’articolo 57, comma 1, Dpr 131/1986 (testo unico dell’imposta di registro), secondo il quale i contraenti, verso il Fisco, "sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta" (è ovvio poi che, nei rapporti interni, la fiscalità indiretta della compravendita grava di regola sull’acquirente, verso il quale ha diritto di rivalsa il venditore che abbia pagato somme al Fisco, sempre che l’acquirente sia capiente); 
- il successivo comma 4 sancisce che "l’imposta complementare" (tale è la natura dell’imposta che il fisco pretende a seguito di una comminatoria di decadenza) "dovuta per un fatto imputabile solo a una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di questa". 


Ora, è ovvio che la decadenza dall’agevolazione “prima casa” è, in massima parte, dovuta al fatto dell’acquirente: ad esempio, perché ha dichiarato, difformemente dal vero, di risiedere o di lavorare nel Comune in cui è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato; oppure perché non ha rispettato l’impegno di trasferire la sua residenza in detto Comune entro 18 mesi dal rogito; oppure perché già è proprietario di un’altra casa nel medesimo Comune; oppure perché è proprietario, in qualsiasi parte del territorio nazionale di altra abitazione per il cui acquisto ha già richiesto l’abitazione (e non la aliena entro un anno dal nuovo acquisto). 


Però, come appunto insegna la sentenza n. 24400/2016, la decadenza dall’agevolazione "prima casa" può verificarsi anche per ragioni non imputabili alla parte acquirente. Cosicché anche la parte venditrice deve mettere in conto una sua possibile responsabilità in caso di mancata concessione dell’agevolazione al contratto con il quale il venditore ha alienato un’abitazione a un acquirente che ha domandato l’agevolazione "prima casa" e che ha poi visto revocarsi l’agevolazione per causa al medesimo non imputabile. 


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

 

Sondaggio Agenti FIMAA: momento favorevole per comprare casa

Per il 64% degli agenti immobiliari aderenti a Fimaa-Confcommercio la domanda di acquisto di abitazioni nelle grandi città italiane è in aumento: gli ultimi sei mesi del 2016, rispetto alla prima parte dell’anno, la maggioranza degli operatori rileva segnali positivi, che riguardano anche una nuova spinta alla messa in vendita degli immobili.


Secondo il 71% degli agenti intervistati, infatti, sono in aumento le abitazioni sul mercato, perlomeno per ciò che riguarda le grandi città e continuerà anche la fase di crescita dell’offerta immobiliare.

 

Per l’Ufficio Studi Fimaa Italia, che ha elaborato l’indagine, ci troviamo in una congiuntura decisamente vantaggiosa per chi intende comprare casa (per sé o per investire). E non è un caso che la percezione della domanda salga, soprattutto a Cagliari e Firenze, mentre l’ottimismo sulle compravendite è sentito maggiormente in città più grandi come Roma (64%), Milano (62%) e Torino (58% di giudizi positivi).

QUALI SONO GLI APPARTAMENTI PIU' COMPRAVENDUTI?

Solo 16 appartamenti venduti su 100 sono nuovi. Il numero delle compravendite di appartamenti nuovi costituisce il 16% di quelli scambiati. Per quelli recenti il dato è pari al 31%, mentre per quelli vecchi tocca quota 53%.
I bilocali e i trilocali costituiscono gli appartamenti più richiesti. Poco compravenduti i monolocali, i pentalocali e oltre.
Per la città di Bari le tipologie maggiormente compravendute risultano monolocali e bilocali, per Firenze, Milano, Roma e Torino oltre ai bilocali permane una discreta richiesta anche dei trilocali. 

PERCHE' COMPRARE CASA?

Tra le motivazioni che guidano la compravendita della casa, la maggioranza degli Agenti immobiliari Fimaa sostiene che derivino dal primo acquisto, mentre l’indice relativo alla domanda di sostituzione tocca in media il 29% delle transazioni con le sole eccezioni, tra le città monitorate, di Bari (67%) e Firenze (75%) dove il mercato di sostituzione supera quello della “prima casa”. 
L’acquisto immobiliare per investimento ha ottenuto la quota residuale rispetto alle due modalità evidenziate, ad eccezione di Bologna, Cagliari, Firenze e Milano.


E’ il mutuo la modalità di finanziamento più impiegata per acquistare un immobile, nell’80% dei casi, merito dell’incremento delle erogazioni da parte delle banche. I risparmi privati sono utilizzati in media per il 16% del costo di un immobile, mentre la permuta viene segnalata con una percentuale del 4% dei casi.

MERCATO AFFITTI

Per quanto riguarda il mercato dell’affitto, il sentiment ha rilevato un ulteriore incremento della domanda per il 75% degli operatori interpellati, l’offerta di locazione risulta in ulteriore aumento (per il 58% degli intervistati) con canoni in riduzione per il 56% degli operatori Fimaa. Una tendenza alla stabilizzazione viene indicata nelle città di Milano, Firenze, Bari, Bologna e Cagliari.

PREVISIONI FUTURE FIMAA

Commentando l’indagine, il presidente nazionale Fimaa, Santino Taverna, ha sottolineato: "I dati del primo sentiment del mercato immobiliare residenziale sulle città metropolitane italiane realizzato da Fimaa evidenziano un settore in leggera crescita che lascia presagire una ripresa anche verso altre città ed altri territori. Gli acquisti degli immobili residenziali stanno aumentando, soprattutto nelle grandi città, mentre i prezzi, tranne qualche rara eccezione, si stanno stabilizzando. All’incremento della domanda continua a far da contraltare la numerosa offerta".


Il Presidente nazionale Fimaa ha quindi spiegato che "l’attuale ripresa del settore immobiliare è in una fase da consolidare. Se i segnali di ripresa non saranno supportati da un’attenta politica di detassazione per il comparto, oltre che per imprese e famiglie, che faticano ad arrivare alla fine del mese e pertanto si trovano in difficoltà per pagare la rata di un mutuo, sarà comunque difficile vedere la fine del tunnel".


Taverna ha poi concluso affermando: "Per i prossimi mesi il mercato immobiliare dovrebbe continuare a mostrare un trend di positività con compravendite in leggero aumento e una stabilizzazione dei prezzi. E’ indubbiamente un buon momento per chi ha la necessità di acquistare una propria abitazione, ma anche per chi intende investire nel mattone a fronte delle quotazioni più vantaggiose registrate negli ultimi dieci anni". 


Fonte articolo: Immobiliare.itIdealista.it

Decreto mutui: più trasparenza ed efficienza per chi stipula

Più tutele per chi sottoscrive mutui. È quanto prevede il decreto del Cicr, Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio del 29 settembre 2016 per dare attuazione alle norme del Testo unico bancario in tema di credito immobiliare ai consumatori.


Sui mutui immobiliari il cliente deve essere ragguagliato in tutti gli aspetti, compreso il tanto discusso “patto marciano” (ovvero la restituzione della casa quando non ce la si fa a pagare le rate). Insomma, il debitore deve sapere a che cosa va incontro.

 

 

 

E’ la prima attuazione del decreto 72/2016, che ha riscritto le regole per i mutui ipotecari per i consumatori, con l’idea di realizzare un mercato trasparente e efficiente per il credito immobiliare, una garanzia per i mutuatari di un elevato livello di protezione. Le informazioni e le spiegazioni devono essere rese in modo corretto, chiaro, comprensibile e non ingannevole, adeguato allo strumento di comunicazione utilizzato, alle caratteristiche del contratto di credito e, quando personalizzate, alle esigenze del consumatore, così da favorire il confronto tra  le diverse offerte di credito sul mercato e consentire al consumatore di valutarne le implicazioni e assumere una decisione informata e consapevole in merito alla conclusione del contratto di credito. 


Se le informazioni e le spiegazioni sono contenute in documenti, questi devono essere leggibili, curando la grafica, semplicità sintattica, chiarezza lessicale, logicità di struttura e sono presentati in modo coerente con lo strumento di comunicazione utilizzato. Gli annunci pubblicitari devono presentare un esempio chiaro, conciso e realistico. E se non c’è l’informazione su tassi e costi, l’annuncio deve precisare che è a disposizione della clientela la documentazione prevista per l’informativa precontrattuale.


Il decreto dedica particolare attenzione anche all'informativa precontrattuale: prima della conclusione del contratto di credito, la banca deve assicurarsi che il consumatore possa ottenere agevolmente e gratuitamente chiarimenti che gli consentano di valutare se il contratto proposto sia adatto alle proprie esigenze e alla propria situazione finanziaria. La banca deve poi rispondere alle domande formulate dal consumatore sulla documentazione precontrattuale fornitagli, sulle caratteristiche del contratto proposto e sugli effetti che possono derivargli a seguito della sua conclusione.


La trasparenza è informazione puntuale al cittadino. Più informati: rappresenta la chiave del futuro perché è il mezzo che consente di rendere i cittadini consapevoli.


Fonte articolo: Mutuisupermarket.it

Come modificare il compromesso sottoscritto e registrato?

Nel caso in cui si voglia modificare un compromesso già registrato, occorre redigere un’integrazione al contratto preliminare originario: la correzione di quest’ultimo, quindi, è pienamente possibile.


Attenzione però, perché anche l’integrazione va dichiarata all’Agenzia delle entrate, con conseguente obbligo di ripagare tutte le imposte previste per la registrazione.

Il contratto preliminare e la sua registrazione

Il contratto preliminare (cosiddetto compromesso) è l’accordo con cui le parti si impegnano a stipulare il contratto definitivo e a compiere tutti gli adempimenti necessari in vista del rogito. É uno strumento frequentemente utilizzato nel campo vendita immobiliare, in quanto consente alle parti di gestire eventuali sopravvenienze e di porsi nelle condizioni di concludere definitivamente l’affare.
Si pensi in questo senso all’acquirente che abbia necessità di sottoscrivere un mutuo o al venditore che deve a sua volta cercare una nuova casa prima di cedere definitivamente la propria. In ogni caso, il passaggio di proprietà avviene solo con la stipulazione del contratto definitivo.


È noto che il compromesso deve essere registrato presso l’Agenzia delle Entrate. La registrazione va effettuata entro venti giorni oppure, se il preliminare è stato redatto presso un notaio (scrittura privata autenticata o atto pubblico) entro trenta giorni da parte dello stesso pubblico ufficiale. Anche i mediatori immobiliari hanno l’obbligo di registrare i compromessi sottoscritti presso le loro agenzie. Inoltre, va evidenziato che l’accettazione della proposta eventualmente effettuata presso un’Agenzia immobiliare è soggetta a registrazione qualora le clausole in essa presenti siano sufficienti ad integrare la stipula di un preliminare.
Le imposte da pagare per la registrazione del compromesso sono:

  • - imposta di registro in misura fissa (200 euro);
  • - imposta di bollo (16 euro ogni quattro facciate o comunque ogni 100 righe dell’atto).

Se il preliminare prevede un pagamento, occorre inoltre versare:

  • - lo 0,50% del valore della caparra confirmatoria eventualmente prevista;
  • - il 3% dell’eventuale acconto sul prezzo finale di vendita.

Questi ultimi importi, tuttavia, saranno detratti dall’imposta che si andrà a pagare per la registrazione del contratto definitivo. Qualora nel compromesso siano previste somme da corrispondere ma queste non siano espressamente qualificate, si considerano come acconto sul prezzo conclusivo.

 
La modifica del compromesso e la nuova registrazione

Si è detto che il preliminare viene stipulato al fine di gestire le sopravvenienze che possono sorgere prima dell’acquisto definitivo. Le parti, sottoscrivendo il compromesso, si cautelano per poter fronteggiare le problematiche che inevitabilmente possono sorgere durante una compravendita immobiliare. In questi casi si pone l’esigenza di modificare il già sottoscritto e registrato. Ciò è possibile, ed è piena espressione dell’autonomia contrattuale che la legge riconosce alle parti. La possibilità di correggere un compromesso, quindi, risiede nella logica stessa del preliminare.


Per modificare un contratto preliminare è necessario stipulare un’integrazione al preliminare stesso, in cui vanno specificate le variazioni apportate e i nuovi accordi eventualmente pattuiti. Anche l’integrazione, però, è soggetta a registrazione presso l’Agenzia delle entrate. Essa equivale a tutti gli effetti ad un nuovo atto da dichiarare a fini fiscali. Ne consegue che è necessario pagare nuovamente tutte le imposte precedentemente elencate.


Si consiglia quindi di valutare con estrema attenzione gli accordi da stabilire in sede di redazione del preliminare. Inoltre è bene avvertire il notaio di non registrare subito l’atto (che comunque va dichiarato entro trenta giorni) qualora si sia incerti su eventuali modifiche da apportare.


IN CONCLUSIONE

È possibile modificare un compromesso già registrato sottoscrivendo un’integrazione al preliminare. L’integrazione è soggetta anch’essa a registrazione, e sarà quindi necessario pagare nuovamente le imposte previste, ossia:

– imposta di registro in misura fissa (200 euro);

– imposta di bollo (16 euro ogni 4 facciate e comunque ogni 100 righe dell’atto);

– 0,50% dell’importo della caparra;

– 3% dell’importo dell’acconto sul prezzo finale.


Fonte articolo: Laleggepertutti.it

5 Consigli per vendere casa

Per chi sta pensando di vendere casa, l’estate è il momento giusto per raccogliere idee e informazioni, per poi lanciarsi da settembre in un’attività che richiede tempo e pazienza. 


A livello di commerciabilità le prospettive sono discrete visto che le compravendite stanno ripartendo. Secondo l'ultimo dato Istat, nel primo trimestre 2016 i rogiti notarili per trasferimenti immobiliari sono cresciuti del 17,9% rispetto allo stesso periodo 2015. Ecco i passi da seguire.

1. Valutare una piccola ristrutturazione 

Oggi c’è abbondanza di offerta, sia di nuovo sia di usato, a tutti i prezzi. Quando si mette in vendita un alloggio occorre allora guardarlo con occhi imparziali: c’è qualche elemento che scoraggia al primo colpo d’occhio? Potrebbe trattarsi di infissi ormai rovinati, intonaco troppo opaco, parquet eccessivamente usurato, piccole incrostazioni in bagno. Tutti aspetti che forse sarebbe meglio correggere, cercando di contenere la spesa, prima di mettere l’immobile sul mercato. L’immobile deve poi essere il più possibile "neutro" in modo che possa piacere a un numero ampio di persone.


2. Preparare i documenti 

Prima di iniziare la vendita è meglio raccogliere i documenti principali relativi all'immobile, indispensabili in sede di trattativa, ma anche utili per fare un punto sull’oggetto e stabilirne il prezzo corretto: atto di provenienza, pianta e visura catastale, certificazione energetica (obbligatoria e quindi eventualmente da far approntare da un professionista), documenti condominiali con indicazione dei millesimi e delle spese annuali (saldate), eventuale ipoteca o contratto d'affitto se l'immobile è locato, più altri incartamenti che comunque saranno utili in seguito, come garanzie e schemi di tutti gli impianti.


3. Decidere a chi affidarsi 

Si può tentare la strada della trattativa tra privati o affidarsi a un’Agenzia immobiliare. Il vantaggio è che l’Agenzia aiuta a pubblicizzare l’immobile e a selezionare il potenziale acquirente più adatto, a formare il prezzo corretto, organizza le visite degli interessati, segue passo dopo passo l'iter composto da proposta d’acquisto-preliminare di vendita-rogito. Per chi sceglie l'Agenzia, assicurarsi che si tratti di Agenti iscritti alle più comuni associazioni di categoria, come Fiaip, Fimaa o Anama.


4. Definire il prezzo 

Valutare correttamente l’immobile è essenziale. Per chi vuole un documento redatto dall’esterno, con una cifra scritta nera su bianco, si può chiedere a un valutatore professionista di redigere una vera e propria perizia dell’immobile, che costa alcune centinaia di euro. È un documento utile perché, oltre a indicare un prezzo di mercato, sintetizza lo stato di conservazione del bene e degli impianti. Le Agenzie immobiliari, invece, in genere offrono gratuitamente una valutazione di base. 
Ma anche se si procede da soli, non è così impossibile formare un prezzo. Tramite i principali portali di annunci occorre verificare la quotazione media al metro quadrato del proprio quartiere (si può fare ormai sui maggiori come Immobiliare.it, Casa.it, Idealista.it) e poi, per un dettaglio maggiore, verificare gli annunci delle abitazioni simili alla propria per ampiezza, numero vani, piano e altro dettagli. Molto utile anche una visita su www.borsinoimmobiliare.it, portale che fornisce una stima al metro quadrato incrociando diverse fonti (portali, Agenzia Entrate, Istat, Banca d'Italia) e sul sito Omi dell’Agenzia delle Entrate.
Occorre, in genere, prepararsi a trattare un po'. Se si resta inchiodati alla richiesta di partenza, i tempi si allungano. Oggi, in media, si calcola che per chiudere una trattativa si accordi uno sconto del 10-15% rispetto al prezzo pieno proposto in partenza.


5. Mettere l’abitazione in vetrina 

Chi compra, prima di visitare un immobile vuole sapere tutto: localizzazione il più possibile precisa, caratteristiche e, soprattutto, vedere in anticipo delle foto, sia interne sia esterne. Inutile barare. Se si sceglie di essere "evasivi", il potenziale acquirente rivolgerà l’attenzione altrove. Dunque, negli annunci pubblicati sui siti, bisogna essere esaurienti come informazioni e immagini. Con alcune accortezze. Fotografare gli ambienti nel momento della giornata di massima luce; se l'ambiente è piccolo, preferire qualche particolare al posto del campo lungo; ordinare le stanze e ritrarle il più possibile spersonalizzate, senza oggetti personali, quasi a riprodurre l'effetto di un catalogo. Tutti servizi che Iconacasa Franchising Immobiliare offre ai propri clienti.
Si può anche decidere di affidare in esterno, con un piccolo investimento, l'attività di preparazione alla vendita, definita "home staging". Si possono contattare singoli professionisti, spesso architetti.


Fonte articolo: Ilsole24ore.com

Il ciclo immobiliare spiegato con un modello dall'Ance

L'attuale fase del ciclo immobiliare, caratterizzata da una ripresa delle compravendite e allo stesso tempo da una riduzione dei prezzi delle abitazioni, può essere rappresentata dal "modello dell'esagono".


Si tratta di uno dei più conosciuti modelli in ambito immobiliare, detto anche "a nido d'ape" che mette in relazione valori delle case con transazioni.

 

Il modello suddivide il ciclo immobiliare in sei fasi, l'una successiva all'altra, incrociando le variazioni dei prezzi delle abitazioni e le transazioni.
Seguendo questo modello, l'Ance nel suo Osservatorio congiunturale, ha suddiviso l'andamento del mercato immobiliare dal 1997 ad oggi in sei fasi del ciclo a nido d'ape:


- 1997- 2006 una fase caratterizzata da un'evidente espansione del mercato sia in termini di abitazioni compravendute che nei prezzi. E' la fase di un mercato in crescita, nel quale la domanda è molto sostenuta ed incontra le aspettative dell'offerta.


- Dal 2007 una breve seconda fase con l'inizio della contrazione delle compravendite abitative accompagnate da prezzi che, seppure in rialzo, rallentano la crescita. Il contesto economico cambia: è la fase in cui le difficoltà di accesso al credito e prezzi elevati (soprattutto nelle grandi città) inducono una contrazione della domanda che non riesce a soddisfare le richieste dell'offerta (venditori).


- Dal 2008 proseguimento del calo sostanziale delle transazioni associato a una lieve ma continua diminuzione dei prezzi delle abitazioni. La crisi comincia ad avere i suoi effetti sulla disponibilità economica delle famiglie e domanda ed offerta preferiscono attendere una migliore comprensione del futuro economico per effettuare nuove scelte.


- Dal 2014 fase sei del ciclo del nido d'ape, nella quale, anche per effetto della riduzione dei prezzi, le compravendite di abitazioni hanno ricominciato a crescere. L'evoluzione allo step successivo fase 1 prefigura un mercato caratterizzato sempre da una dinamica crescente delle compravendite in un regime, a differenza della fase precedente, di prezzi che tendono a stabilizzarsi.


Fonte articolo: Idealista.it

Regole definitive sull'agevolazione "prima casa" e vendita della precedente

L'agevolazione per l’acquisto della “prima casa” spetta anche all’acquirente che già sia proprietario di un’altra abitazione (ovunque ubicata) acquistata con la medesima agevolazione, a condizione che quest’ultima sia ceduta entro un anno dal nuovo acquisto; il beneficio fiscale non spetta invece a chi compra una casa ubicata in un Comune nel quale il compratore stesso già abbia la proprietà di un’altra abitazione (per effetto di un acquisto al quale non venne applicata l’agevolazione “prima casa”), anche nel caso in cui essa venga alienata entro un anno dal nuovo acquisto.


In quest’ultimo caso, per avere l’agevolazione “prima casa” occorre anzitutto vendere la precedente “prima casa” e, una volta effettuata questa vendita, comprare una nuova “prima casa”.

 

È questa la definitiva conferma (contenuta nella circolare n. 27/E del 13 giugno 2016) che l’Agenzia delle Entrate fornisce sull’interpretazione da compiere relativamente all’assai complicato testo della norma della legge di Stabilità per il 2016 (articolo 1, comma 55) che appunto estende l’applicabilità dell’agevolazione “prima casa” (a talune condizioni) anche nell’ipotesi che il compratore effettui un nuovo acquisto essendo già titolare di un’altra abitazione.
Infatti, fino al 31 dicembre 2015, non poteva beneficiare dell’agevolazione “prima casa” né il compratore che fosse proprietario di altra casa nel medesimo Comune né il compratore che fosse proprietario di altra abitazione, ovunque ubicata, per il cui acquisto egli avesse beneficiato dell’agevolazione “prima casa” (in entrambi i casi il contribuente in questione era “costretto” a vendere prima l’abitazione preposseduta, se avesse voluto beneficiare dell’agevolazione “prima casa” in sede di nuovo acquisto).


Dal 1° gennaio 2016, invece, occorre distinguere:

- se il contribuente è già proprietario di un’altra abitazione, ovunque ubicata, acquistata con l’agevolazione “prima casa”, egli può compiere un nuovo acquisto agevolato, ma a condizione che la casa già di sua proprietà sia alienata entro un anno dal nuovo acquisto agevolato (o prima di esso);

- se il contribuente è già proprietario di un’altra abitazione, non acquistata con l’agevolazione “prima casa”, ubicata in un Comune diverso da quello nel quale si trova l’abitazione oggetto del nuovo acquisto, egli può compiere un nuovo acquisto agevolato senza dover alienare la casa già di sua proprietà (né prima né dopo il nuovo acquisto agevolato);

- se il contribuente è già proprietario di un’altra abitazione, acquistata con l’agevolazione “prima casa”, ubicata nel medesimo Comune nel quale si trova l’abitazione oggetto del nuovo acquisto, egli può bensì compiere un nuovo acquisto agevolato, ma a condizione che la casa già di sua proprietà sia alienata entro un anno dal nuovo acquisto agevolato;

- se il contribuente è già proprietario di un’altra abitazione, non acquistata con l’agevolazione “prima casa”, ubicata nel medesimo Comune nel quale si trova l’abitazione oggetto del nuovo acquisto, egli può compiere un nuovo acquisto agevolato solo a condizione che la casa già di sua proprietà sia alienata prima del nuovo acquisto agevolato.


La circolare 27/E si occupa anche del caso in cui il contribuente che abbia effettuato un acquisto agevolato con l’intento di alienare entro un anno la casa già di sua proprietà non riesca in questo intento. La legge, in questo caso, prevede l’obbligo di versare la differenza tra l’imposta ordinaria e l’imposta agevolata, i relativi interessi e una sanzione pecuniaria pari al 30% di detta differenza.
Tuttavia: prima della scadenza del termine annuale, presentando una apposita istanza, il contribuente può chiedere di versare la differenza tra l’imposta ordinaria e l’imposta agevolata (oltre agli interessi), evitando con ciò il pagamento della sanzione; dopo la scadenza del termine annuale, il contribuente può approfittare del ravvedimento operoso: con ciò deve sempre pagare la differenza tra l’imposta agevolata e l’imposta ordinaria, ma limita l’importo della sanzione.


Fonte articolo: Ilsole24ore.com

Ultime disposizioni sulla validità delle compravendite immobiliari

Oggi ci occupiamo di alcune recenti disposizioni e sentenze che aggiornano il settore delle compravendite immobiliari.


In particolare vedremo se la stipula del contratto preliminare è valido nei casi in cui:

- mancano i titoli edilizi;
- l'immobile grava di ipoteca o è stato pignorato;
- l'immobile grava di ipoteca o è stato pignorato e si voglia procedere al "rent to buy".



PRELIMINARE DI COMPRAVENDITA PRIVO DEI TITOLI EDILIZI

Non è nullo, ed è comunque eseguibile in forma specifica, il contratto preliminare di compravendita immobiliare che non rechi le cosiddette "menzioni urbanistiche", vale a dire quei contenuti, in ordine ai titoli edilizi in forza dei quali l’edificio promesso in vendita è stato costruito o ristrutturato, che è prescritto a pena di nullità per la stipula del contratto definitivo dalla legge 47/1985 e dal Dpr 380/2001.
È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza 9318 del 9 maggio 2016, in riforma della sentenza 195/2011 della Corte d’Appello di Lecce, andata in segno contrario.


Come noto, gli atti traslativi della proprietà di edifici devono contenere, a pena di nullità, talune menzioni o dichiarazioni: ad esempio, la attestazione che l’edificio è stato costruito prima del settembre 1967, la menzione dei titoli edilizi che hanno abilitato le costruzioni post 1967, la menzione delle domande di condono edilizio e dei relativi versamenti di oblazioni e oneri, eccetera. 

Quanto poi ai contratti di compravendita di terreni, occorre allegare ad essi il certificato di destinazione urbanistica e attestare, nel corpo del contratto, che le prescrizioni degli strumenti urbanistici non sono variate dalla data di rilascio di detto certificato.


Si pone dunque il tema se tutto questo apparato di dichiarazioni debba essere contenuto anche nel contratto preliminare, e ciò anche in vista del fatto che, in caso di inadempimento all’obbligo di stipula del contratto definitivo assunto con il contratto preliminare, il contraente non inadempiente può domandare al giudice (ai sensi dell’articolo 2932 del Codice civile) l’emanazione di una sentenza la quale tenga luogo del contratto definitivo che non è stato spontaneamente stipulato a causa dell’inadempimento di uno dei contraenti del contratto preliminare.


La risposta è negativa: la mancanza nel preliminare dei contenuti che sono prescritti per la validità del contratto definitivo non inficia la validità del contratto preliminare e la sua eseguibilità in forma specifica, in quanto ben può il contraente non inadempiente integrare, nel corso del giudizio, i dati utili al trasferimento immobiliare e che manchino nel contratto preliminare. 
In sede di giurisprudenza di legittimità è stato infatti più volte affermato che, per ottenere la sentenza di esecuzione in forma specifica di cui all’articolo 2932 del Codice civile, non è necessario che nel contratto preliminare siano inserite le dichiarazioni urbanistiche richieste, a pena di nullità del contratto definitivo di compravendita: in tal senso si sono espresse non solo le Sezioni Unite nella sentenza 11 novembre 2009, n. 23825, ma anche diverse sentenze delle sezioni semplici (a cominciare dalla 628/2003 per giungere alla 15947/2015, passando attraverso la 17028/2012 e la 28456/2013). La ragione è che (per utilizzare le parole delle Sezioni Unite) tali dichiarazioni non costituiscono un "presupposto della domanda, bensì una condizione dell’azione, che può intervenire anche in corso di causa e sino al momento della decisione della lite". 


Questo significa, in sostanza, che la sentenza di esecuzione in forma specifica può essere pronunciata anche nel caso in cui le dichiarazioni in questione non siano state inserite fin dall’origine nel testo del contratto preliminare, purché esse siano rese nel corso del giudizio, e comunque prima dell’emissione della sentenza che giudica sulla domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare. 


COMPRAVENDITA immobile PIGNORATO O SU CUI GRAVA ipoteca  

È vietato stipulare una compravendita immobiliare che ha per oggetto un immobile comprato in corso di costruzione, senza che sussista un titolo irrevocabilmente idoneo alla cancellazione dell’ipoteca o del pignoramento che gravino sull’immobile in questione (lo impone l’articolo 8 del Dlgs 122/2005): non si può quindi procedere al rogito per il solo fatto dell’avvenuta estinzione del debito a cui garanzia è stata iscritta l’ipoteca, in quanto il procedimento di cancellazione “automatica” dell’ipoteca, previsto dall’articolo 40-bis del Testo unico bancario (Tub), consente alla banca, nonostante l’avvenuta estinzione del debito, di domandare (nei 30 giorni successivi alla data di estinzione del predetto debito) la "permanenza" dell’ipoteca.
È senz’altro questo il principale chiarimento che deriva dai nuovi “orientamenti” in tema di diritto civile elaborati dalla Commissione di diritto civile del Comitato notarile del Triveneto e presentati a un recente convegno.

L’orientamento in questione fa dunque riferimento al Dlgs. 20 giugno 2005, n. 122, il quale contiene una serie di prescrizioni a tutela della persona fisica che acquisti da un costruttore un edificio (o sua porzione) da costruire o in corso di costruzione (ad esempio: la fideiussione a garanzia degli acconti e l’assicurazione postuma decennale): è una normativa che, dunque, non riguarda né i fabbricati già costruiti (pur se a venderli sia l’impresa costruttrice) né i terreni.


La predetta norma comprende, nel suo perimetro applicativo, anche la compravendita che abbia per oggetto un immobile già finito ed agibile, se però si tratti di un contratto che costituisce esecuzione di un precedente contratto preliminare (stipulato quando l’immobile era ancora da costruire o in corso di costruzione). A tal fine, l’esistenza di pagamenti eseguiti dall’acquirente quando ancora l’immobile si trovava in fase di costruzione (pagamenti che ora debbono risultare, per dichiarazione espressa delle parti, dall’atto di compravendita) costituisce – secondo i notai triveneti – un indizio rilevante circa l’esistenza di un accordo preliminare intervenuto tra il costruttore e l’acquirente.


Inoltre, la norma in questione comprende sia l’ordinario atto di compravendita ad "effetti traslativi immediati" (e cioè la compravendita per effetto della quale si ha l’istantaneo trasferimento della proprietà del bene compravenduto dal venditore al compratore) sia il meno frequente caso della cosiddetta vendita con "effetti traslativi differiti", e cioè nella quale il trasferimento della proprietà non si ha nel momento di stipula della compravendita, ma posteriormente: è il caso, ad esempio, della vendita del bene “futuro” o della vendita "con riserva della proprietà".


Ebbene, secondo l’orientamento del notariato triveneto, quando l’articolo 8, Dlgs 122/2005, vieta la stipula dell’atto di compravendita degli immobili in questione "se anteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell’ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull’immobile": la norma in questione deve ritenersi applicabile non solo alle ipoteche volontarie (e cioè quelle concesse a fronte di un finanziamento) ma, in via estensiva, anche alle ipoteche giudiziali (pure se iscritte in relazione per debiti non discendenti da un contratto di finanziamento).  Il divieto di stipula cessa se si abbia il perfezionamento di un titolo per la cancellazione o la restrizione dell’ipoteca oppure la suddivisione del finanziamento in quote di mutuo con frazionamento dell’ipoteca a garanzia di dette quote e con accollo da parte dell’acquirente della quota del mutuo così frazionato. 
Dato che quindi il procedimento di cancellazione dell’ipoteca disciplinato dall’articolo 40-bis Tub non avviene sulla base di un titolo irrevocabilmente idoneo alla cancellazione dell’ipoteca, in quanto la banca può comunque pretendere – come detto – la "permanenza" dell’ipoteca nonostante l’estinzione del debito, ogni qualvolta vi sia l’esigenza di stipulare una compravendita di un immobile di cui al Dlgs 122/2005, occorre ricorrere al procedimento ordinario di cancellazione senza potersi far luogo al procedimento abbreviato di cui all’articolo 40-bis Tub.

 

COMPRAVENDITA IMMOBILE PIGNORATO O IPOTECATO IN CASO DI RENT TO BUY 

Il divieto di stipula di un contratto di compravendita che ha ad oggetto un immobile ipotecato o oggetto di pignoramento, venduto dal costruttore e acquistato da una persona fisica quando non era ancora costruito o era in corso di costruzione (di cui all'articolo 8, Dlgs 122/2005), trova una particolare declinazione nel caso di contratto di rent to buy, vale a dire il contratto con il quale un soggetto ottiene il godimento di un immobile con l’opzione di acquisirlo in proprietà imputando a prezzo i canoni versati durante il periodo di godimento.


L’articolo 23, comma 4, Dl 133/2014, disciplina i contratti di rent to buy, e stabilisce che anche al contratto di rent to buy - nonostante non si tratti di un contratto traslativo della proprietà dell’immobile - si applica, in presenza di un’ipoteca (o anche di un pignoramento) sull’edificio che ne è oggetto, il divieto di stipula discendente dall’articolo 8 del Dlgs. 122/2005, qualora sussistano i presupposti applicativi di detto Dlgs 122, vale a dire che:

- il contratto abbia a oggetto un’abitazione in corso di costruzione nel momento in cui il contratto venne stipulato (evidentemente, nella forma di contratto preliminare, dato che appunto il rent to buy ha per oggetto immediato il godimento di un immobile); 
- il locatore sia l’impresa costruttrice; 
- il conduttore sia una persona fisica. 

In altre parole, ricorrendo questi presupposti vi è il divieto di stipula del contratto di rent to buy anche se esso attribuisce il solo godimento dell’immobile caso per caso considerato.
Come già accennato, nella maggior parte dei casi, l’immobile oggetto del contratto in questione è un edificio già completato nella costruzione e dichiarato agibile, per cui la norma che vieta la stipula del contratto di rent to buy trova applicazione nei casi in cui il rent to buy sia stato preceduto da un contratto preliminare perfezionato quando l’immobile era ancora in corso di costruzione e le parti si siano poi accordate di dare attuazione agli impegni assunti con detto preliminare appunto stipulando, in luogo del previsto atto traslativo definitivo, un contratto di rent to buy.
La disposizione in commento, inoltre, si presta a trovare applicazione anche nel caso di un contratto preliminare (perfezionato quando l’immobile che ne è oggetto era ancora in corso di costruzione) con il quale le parti si siano impegnate proprio alla stipula di un rent to buy ovvero nel caso di un rent to buy avente per oggetto un edificio ancora in corso di costruzione, e non ancora dichiarato agibile e, come tale, rientrante a pieno titolo nell’ambito di applicazione del Dlgs 122/2005.


Fonti articolo: IlSole24Ore, vetrina web

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