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Case di lusso: per le agevolazioni prima casa dal 13 dicembre solo il criterio catastale

Tornano a uniformarsi i requisiti oggettivi - relativi cioè alle caratteristiche dell'immobile - per ottenere l'agevolazione “prima casa”, a seconda che l'atto sia o meno imponibile a Iva.
Anche per gli acquisti soggetti a Iva, come già avviene dal 1° gennaio 2014 per quelli esenti o fuori campo (quindi soggetti a imposta proporzionale di registro), saranno escluse dal trattamento fiscale di favore le abitazioni di categoria catastale A1 (signorili), A8 (ville) o A9 (castelli e palazzi di eminente pregio storico-artistico). Il parametro di esclusione non sarà più dunque il fatto che l'abitazione sia considerata di lusso secondo i criteri fissati dal decreto del ministro dei Lavori pubblici del 2 agosto 1969.

La novità arriva con l'articolo 33 del decreto sulle Semplificazioni fiscali (Dlgs 175/14), che è stato pubblicato il 28 novembre in Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore il prossimo 13 dicembre. E interviene su una situazione che dall'inizio dell'anno aveva bisogno di esser riallineata.

La «parificazione»
Negli acquisti imponibili a Iva, il riferimento ai criteri previsti dal Dm 2 agosto 1969 – vigente ancora per pochi giorni - è quello a un'articolata casistica che, ad esempio, nel caso degli appartamenti taglia fuori dal bonus “prima casa” «le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)». Fino al 31 dicembre 2013, quelli stessi criteri valevano anche per gli acquisti non soggetti a Iva (da privati, enti o imprese esenti): per effetto dell'art.10 del Dlgs 23/2011 come modificato e integrato dal Dl Istruzione (art.26, Dl 104/2013 convertito dalla legge 128/2013) che, oltre a ritoccare le imposte di registro, ipotecaria e catastale, ha portato nel 2014 il nuovo requisito oggettivo della categoria catastale.
Dallo scorso 1° gennaio, nelle compravendite soggetta a imposta proporzionale di registro, l'agevolazione “prima casa” può quindi essere ottenuta per un immobile che ha le caratteristiche previste dal Dm 2 agosto 1969 ma che non è classificato come A1, A8 o A9. Dalla vicina entrata in vigore del Dlgs Semplificazioni, lo stesso accadrà per gli acquisti da imprese di costruzione o ristrutturazione entro cinque anni dalla fine dei lavori (o che esercitano comunque l'opzione Iva).

Le imposte agevolate sull'acquisto
L'agevolazione “prima casa” consiste in imposte inferiori alla norma. Per gli acquisti da privati (o enti o imprese esenti da Iva) si paga l'imposta di registro del 2% (anziché del 9%) sul valore catastale del fabbricato, indipendentemente dal prezzo di vendita e con un minimo di mille euro; più imposte ipotecaria e catastale in misura fissa di 50 euro ciascuna (non si pagano invece l'imposta di bollo e le tasse ipotecarie, pari a 320 euro). Per gli acquisti imponibili a Iva, è prevista invece un'imposta del 4% sul prezzo di vendita, al posto del 10% altrimenti previsto per gli immobili non di lusso, più imposte fisse (registro, ipotecaria e catastale) per 600 euro complessivi (200 euro ciascuna). L'agevolazione comprende le pertinenze, una sola però per ogni categoria C/2 (soffitta e cantina), C/6 (rimessa) e C/7 (tettoia chiusa o aperta).

I requisiti soggettivi
Oltre ai requisiti oggettivi, bisogna rispettare quelli soggettivi. L'acquirente deve infatti avere la residenza nel comune dove si trova l'immobile o impegnarsi a stabilirla lì entro 18 mesi dalla stipula dell'atto. Ma si può comprare, pur senza esservi residenti, nel comune dove si studia o lavora; e se ci si trasferisce all'estero per lavoro, la casa può trovarsi nel comune dove ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui si dipende. Se l'acquirente è un cittadino italiano che risiede all'estero, l'immobile può essere situato in qualsiasi località purché sia la “prima casa” sul territorio italiano.
Chi compra deve inoltre dichiarare di non deve essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione su un'altra casa nel comune dove si trova quella acquistata. Né titolare su tutto il territorio nazionale, neppure per quote o in comunione legale, degli stessi diritti (inclusa la nuda proprietà) su un'altra abitazione acquistata, anche dal coniuge, con l'agevolazione “prima casa”.
Ad ogni modo, comprare un immobile come prima casa non comporta per forza doverlo destinare a propria abitazione principale. Le due definizioni (“prima casa” e “abitazione principale”), ai sensi fiscali, non sono equivalenti: si può infatti fruire delle agevolazioni previste per la prima casa pur abitando (ad esempio: in affitto o comodato) in un immobile diverso da quello che si vuole acquistare.

La perdita del bonus
Così come si ottiene, il bonus si può anche perdere. Quando? Se viene presentata una falsa dichiarazione; se non si trasferisce la residenza entro il termine di 18 mesi; se l'immobile viene rivenduto o trasferito, anche a titolo gratuito, entro cinque anni dalla data di acquisto: in quest'ultimo caso, le agevolazioni possono essere mantenute se entro un anno dalla rivendita si compra un'altra casa da adibire ad abitazione principale. La perdita del beneficio fiscale significa dover versare l'imposta “risparmiata” (differenza tra quelle ordinaria e quella agevolata), aumentata di una sanzione del 30% oltre agli interessi.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2014-12-04/case-lusso-agevolazioni-prima-144819.php?uuid=AbptJujK

Saldo Tari, tutte le istruzioni per pagare e difendersi dalle sanzioni

In questi giorni molti contribuenti stanno ricevendo gli avvisi di pagamento della Tari, il nuovo prelievo sui rifiuti che sostituisce la Tares, ovvero la Tarsu o la Tia per i comuni che nel 2013 non hanno cambiato regime (si veda un esempio di compilazione di F24).

I termini
Diversamente dall'Imu e dalla Tasi, la disciplina della Tari demanda agli enti locali la decisione sulle scadenze di pagamento. Ad esempio il comune di Genova ha previsto tre rate per le utenze domestiche e cinque per le utente non domestiche, spalmate tra settembre 2014 e febbraio 2015, mentre il comune di Milano ha fissato il pagamento del saldo entro il 20 dicembre 2014. Per alcuni comuni (tra cui Bologna) il termine del saldo Tari coincide con il 16 dicembre, lo stesso previsto per l'Imu e della Tasi, una "tax day". Occorre pertanto attenersi alle scadenze stabilite dai singoli enti, contenute negli avvisi di pagamento.

La disciplina della tassa
Gli elementi essenziali della Tari sono rimasti sostanzialmente gli stessi rispetto al passato, se si esclude la maggiorazione di 30 centesimi a metro quadro (ora abrogata). Il soggetto tenuto al pagamento è chi occupa oppure detiene gli immobili a qualsiasi titolo e solo in caso di utilizzo non superiore a sei mesi (come per le locazioni estive) la tassa è posta in capo al proprietario. La superficie di riferimento resta quella calpestabile, mentre il passaggio al criterio dell'80% della superficie catastale partirà dopo che l'Agenzia delle Entrate avrà emanato un apposito decreto. Le differenze riguardano principalmente - specie per i comuni che nel 2013 sono rimasti alla Tarsu - l'utilizzo di nuovi parametri come il numero dei componenti del nucleo familiare e i coefficienti di produttività distinti per fasce d'utenza (domestica e non domestica), con quota fissa e variabile.

Le tariffe e le riduzioni
Le tariffe sono stabilite dai singoli enti in conformità al piano finanziario, utilizzando il metodo normalizzato (Dpr 158/99) e con possibilità di operare una flessibilità del 50% in più o in meno sui coefficienti di produttività, al fine di evitare brusche variazioni tariffarie. Si tratta comunque di un regime provvisorio destinato a far posto ad un nuovo regolamento tariffario statale che dovrà sostituire il Dpr 158, ormai non più attuale.
La tassa è ridotta in caso di disservizio, di ubicazione fuori dalla zona di raccolta, per le attività produttive di rifiuti speciali assimilati avviati al riciclo e per la raccolta differenziata delle utenze domestiche. Il comune può prevedere riduzioni tariffarie (abitazioni con unico occupante o ad uso limitato, abitazioni rurali, eccetera) sino al totale esonero, nonché ulteriori agevolazioni per situazioni di grave disagio sociale ed economico.
Nel complesso l'occupante dell'immobile dovrebbe pagare la Tari sulla base di tariffe determinate con criteri più flessibili e con un maggiore ventaglio di agevolazioni, nella logica del pareggio costi-ricavi. Tuttavia il passaggio alla Tari ha generalmente comportato un aumento delle tariffe, specialmente nei comuni che il 2013 sono rimasti alla Tarsu, dovuto a diversi fattori: 1) la copertura totale dei costi del servizio; 2) l'inserimento di ulteriori componenti dei costi (riscossione, eccetera); 3) l'applicazione del metodo normalizzato, che fa lievitare le tariffe di diverse utenze non domestiche (supermercati, fruttivendoli, eccetera).

La quota variabile delle utenze domestiche
Potrebbe anche trattarsi di errori commessi dagli enti, ad esempio nel calcolo della quota variabile delle utenze domestiche, che va computata una sola volta a prescindere dal numero delle pertinenze. Ipotizziamo di avere un'utenza dalla superficie complessiva di 150 mq.: appartamento (100 mq.), garage (30 mq.) e cantina (20 mq.). Consideriamo un nucleo familiare di 4 componenti a cui corrisponde una quota fissa di 1,2 €/mq. e una quota variabile di 45 euro, secondo il piano tariffario dell'ente. Applicando il Dpr 158/99 dovremmo avere una quota fissa pari a 180 euro (1,2 x 150 mq.) e una quota variabile di 45 euro, per un totale di 225 euro. Il comune potrebbe però aver moltiplicato la quota variabile per tre unità (abitazione e 2 pertinenze), falsando così l'importo finale che lievita a 315 euro. La quota variabile va invece computata una sola volta, essendo l'utenza domestica riferita alla medesima famiglia.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2014-12-03/tari1-tutte-regole-tassa-200342.php?uuid=Ably6ajK

Fermare il calo del mercato con la riqualificazione dell'immobile

Un patrimonio che sta perdendo di valore giorno dopo giorno e che potrebbe riprendere quota con la riqualificazione condominiale. Questa, in sostanza, l'idea che sta dietro l'iniziativa di Anaci (associazione di amministratori immobiliari) che punta a coinvolgere amministratori e condòmini per frenare la caduta dei prezzi premiando chi si impegna a migliorare le condizioni abitative. E incrementare le attività delle imprese del settore, già orientato alla ristrutturazione (si veda il Sole 24 Ore del 19 novembre scorso).

Esiste infatti un problema di rigenerazione e riqualificazione urbana: «È necessaria - dice il presidente Francesco Burrelli - una nuova forma mentis anche da parte della cittadinanza, che deve acquisire consapevolezza delle opportunità offerte dallo sviluppo tecnologico in campo edilizio e impiantistico». Per questo, insiste Burrelli «gli amministratori condominiali sono chiamati ad assumere un ruolo di guida favorendo la diffusione di informazioni e di una conoscenza più consapevole dei problemi dell'efficienza ambientale e della sicurezza nelle abitazioni».

Riqualificare l'immobile, quindi, vuol dire anche rivalutarlo: il risparmio energetico (che può arrivare al 60% dei relativi costi) e il miglioramento della qualità abitativa spingono la casa ai primi posti nella qualifica dell'appetibilità e bloccano la sua svalutazione. Una riqualificazione completa (non quindi solo energetica ma anche ambientale), dicono all'Anaci, può arrivare a costare 1 milione di euro (in un condominio di 80-100 unità immobiliari), che però si ammortizzano rapidamente grazie al risparmio energetico e alla rivalutazione economica.

Anaci ha già messo a punto il progetto Abitare Biotech, un protocollo tecnico e gestionale per gli amministratori di condominio per una maggiore valorizzazione degli edifici e conseguente incremento del rating immobiliare. Abitare Biotech viene proposto nel convegno di venerdì 5 dicembre alle 14.30 a Bologna (Cappella Farnese di Palazzo D'Accursio in piazza Maggiore 6): durante l'incontro verrà illustrato il nuovo sistema di monitoraggio degli edifici che prende avvio con il check-up dell'immobile; non una semplice diagnosi energetica ma un sistema che aiuta a fotografare lo "stato di salute" di ogni edificio, considerando gli otto settori chiave presenti: audit, design-for-all, sicurezza e conformità, energia, comfort e qualità dell'abitare, acqua e attrezzature comuni. Tra i vantaggi dell'applicazione del protocollo c'è un sito internet specifico, un repository dove condomini e amministratori possono facilmente archiviare e successivamente consultare tutti i documenti relativi al condominio, dal nuovo libretto di impianto per la climatizzazione ai dati relativi alla sicurezza dell'immobile: certificazioni della funzionalità degli impianti e più in generale dell'abitabilità dell'edificio come le dichiarazioni di conformità (Dm 37/2008) o di agibilità (Dpr 380/2001).

Un corso per tecnici professionisti abilitati alla diagnosi energetica degli edifici, alle imprese del settore riqualificazione, agli energy manager di patrimoni immobiliari pubblici e privati e alle Esco che operano nel settore da più di 5 anni, verrà presentato il 10 dicembre a Milano (info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/condominio/2014-12-01/fermare-calo-mercato-riqualificazione-192153.php?uuid=Ab63VviK

Come frazionare un grande appartamento: ventuno progetti a confronto su internet

 A volte può far comodo dividere un appartamento grande in due spazi più piccoli e funzionali. Proprio questa è la richiesta di un cliente di Roma che ha deciso di frazionare il suo appartamento in due bilocali composti da cucina, camera da letto matrimoniale e bagno. Pochi i vincoli posti agli architetti che si sono potuti sbizzarrire con moltissime idee: ben 21. Vista l'impossibilità di avere due entrate indipendenti, l'unico fattore da tener conto era quella di creare uno spazio di entrata con le porte dei piccoli appartamenti.

Il progetto vincente è di Yaap Studio di Milano. Il progetto dello studio milanese è molto interessante e “innovativo” come definito dallo stesso cliente. Questo ha permesso allo studio di ottenere un punteggio di ben 8.2, molto alto nella media dei vari punteggi di Cocontest. Ma vediamo da vicino quali idee sono state proposte da questo studio.

La semplicità è la parola d'ordine di questo progetto: le mura prevedono tinte chiare per rendere gli spazi meno opprimenti e dare maggior risalto alla luce naturale proveniente dalle finestre. I bagni sono molto semplici, sempre per dare una sensazione di ambiente più spazioso. Le due zone giorno sono state studiate molto attentamente e lo studio milanese è riuscito ad inserire sia la cucina, che una zona con divano, libreria e televisore in un unico ambiente.

Al secondo posto troviamo il progetto di una interior designer di Belgrado. Questa soluzione prevede un primo appartamento con gli ambienti totalmente al contrario rispetto alla soluzione dello Yapp Studio. Appena entrati nell'appartamento infatti ci si trova a destra il salone, di fronte il bagno ed a sinistra la camera da letto. È una soluzione sicuramente molto interessante perché divide molto bene gli spazi. Il secondo appartamento è sostanzialmente simile a quello del progetto vincente. Gordana Ninkovic però non è riuscita a vincere nonostante il punteggio molto alto (7.8).

Al terzo posto troviamo il progetto di Francesca Baghino con un ottimo frazionamento degli spazi, ma probabilmente non in linea con i gusti del cliente, che comunque ha mostrato il suo apprezzamento per la soluzione proposta.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/arredo-design/2014-11-28/come-frazionare-grande-appartamento-171157.php?uuid=Abz9p4hK



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