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Come scegliere l’affitto «giusto»

 Le varie formule per proprietari e inquilini senza trascurare la variabile fiscale.Se il balletto Ici-Imu-Tasi degli ultimi anni ha portato un’imposizione fiscale più pesante sugli immobili, destinata a diventare ancora più aggressiva con la rivalutazione delle rendite catastali, avere una seconda casa oggi è diventato economicamente impegnativo. Per attutire l’impatto di questi costi sul budget familiare ci sono però diversi modi che consentono anzi di ottenere un guadagno dalla seconda abitazione. La legge prevede diverse tipologie di contratti d’affitto su durate più o meno lunghe come il classico contratto a canone libero 4+4, il contratto d’affitto a canone agevolato 3+2, il contratto per studenti universitari (da sei mesi a tre anni) e il contratto per esigenze transitorie (da uno a 18 mesi). Ma c’è una formula particolarmente adatta all’affitto delle case di villeggiatura (o anche le seconde case nelle città che hanno flussi turistici o congressuali): i contratti brevi, sotto i 30 giorni, per finalità turistiche, che sono anche il modo migliore per poter continuare a sfruttare la seconda casa per esigenze personali e affittarla solo in alcuni periodi.

 

Ma quali sono le migliori opzioni per il proprietario che non voglia avere cattive sorprese, come danni in casa e, soprattutto, inquilini che non pagano? «Per il proprietario il problema della solvibilità del locatario è il leit motiv quando si stipula un contratto», osserva Priscilla Merlino, avvocato e socio junior dello studio Nunziante Magrone. «Non ci sono molti modi di aggirare il problema, se non recuperare il maggior numero di informazioni possibile sull’inquilino e chiedere i tre mesi di deposito cauzionale. Tuttavia, anche questi aspetti sono rapportabili al tipo di contratto e all’entità del canone. Se si fa un contratto a canone concordato, è più facile trovare un conduttore che possa permettersi di pagare l’esborso per l’affitto. Quando c’è maggiore incertezza si può optare per gli affitti brevi, mentre se si trova un inquilino che dà garanzie di solvibilità e paga bene può essere preferibile un contratto lungo come un 4+4», aggiunge Merlino. D’altronde, ci sono anche altri aspetti da considerare, come l’entità dell’affitto rispetto alle proprie aspettative di guadagno e i costi connessi a ciascun contratto, in particolare quelli fiscali. «Per le persone fisiche ci sono delle agevolazioni, come la possibilità di usufruire della cedolare secca, e i contratti agevolati 3+2 prevedono ulteriori vantaggi fiscali», spiega Merlino.
Occorre dunque vedere caso per caso. I contratti sotto i 30 giorni, per esempio, hanno un vantaggio sotto il profilo delle imposte indirette, perché non prevedono l’obbligo di registrazione che è invece dovuto sulle altre formule per la locazione: per la registrazione si pagano l’imposta di registro del 2% del canone d’affitto annuo, partendo da un minimo di 67 euro, e l’imposta di bollo (16 euro ogni quattro facciate scritte del contratto e, comunque, ogni 100 righe). Per esserne esentati non si deve superare la durata di 30 giorni per singolo contratto, mentre è concesso oltrepassare i 30 giorni durante l’anno se il periodo di locazione è spalmato su più contratti. Attenzione però: se si affittano per finalità turistiche più di tre case, si configura un’attività imprenditoriale per la quale è necessario aprire la partita Iva e ottenere una licenza.
Sul classico 4+4, che può applicarsi non solo all’affitto dell’intera abitazione, ma anche a quello di una o più stanze, c’è invece l’obbligo di registrazione. Mediamente, questi contratti prevedono un canone proporzionalmente più basso rispetto a quello che si può ottenere per gli affitti brevi, ma che essendo spalmato su un periodo lungo può dare guadagni maggiori.
Sia sul contratto breve, sia sul 4+4 si può optare per la cedolare secca, un’imposta pari al 21% del canone annuo che sostituisce l’Irpef, le addizionali, l’imposta di registro e l’imposta di bollo. Altrimenti, se non si vuole usufruire della cedolare, si porta in dichiarazione dei redditi il canone di locazione, ridotto al 95%, cui si applica l’aliquota Irpef ordinaria: una scelta che conviene a chi ha un reddito da lavoro più basso e molte detrazioni. Il discorso cambia leggermente per il 3+2: questo genere di contratto, che è sottoposto a condizioni concordate tra le associazioni degli inquilini e quelle dei proprietari a livello locale, prevede generalmente canoni più bassi rispetto a quelli che si possono ottenere con un 4+4 ed è quindi meno conveniente per chi si aspetta di guadagnare una cifra generosa con l’affitto dell’immobile. È però meno costoso a livello fiscale, sia nel caso in cui si opti per la cedolare secca, che in questo caso ha un’aliquota ridotta al 10%, sia nel caso in cui si scelga il regime Irpef, perché in dichiarazione dei redditi si porta il canone forfettariamente ridotto al 95% e ulteriormente abbassato del 30%. Se non si è scelta la cedolare, si paga anche l’imposta di registro (con una riduzione del 30% sulla base imponibile) e di bollo.

Fonte articolo:http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=LUNEDI&issue=20150126&startpage=1&displaypages=2

L’affitto breve rivitalizza il mercato

 Un appartamento sfitto, il desiderio di ricavarne un buon reddito e la disponibilità a gestire arrivi e partenze, quasi come avviene in un hotel. Sono questi gli ingredienti di base per lo “short rent”, l’affitto a breve termine che in genere va da una sola notte fino a una o due settimane. Quasi sempre sotto i 30 giorni. Visto che affittare per tempi lunghi oggi non conviene più poiché tra spese, manutenzione dell’appartamento e tasse varie, Imu e Tasi in primis, i ritorni sono scesi sotto il 2%, si cercano strade alternative per mettere a reddito seconde e terze case.La nuova frontiera, un trend iniziato a Milano con le ultime edizioni del Salone del Mobile ma mutuato dall’estero, è appunto quella dell’affitto a settimane o ancora meglio a notte. Una sorta di bed&breakfast in città che fa sempre più concorrenza agli hotel, strutture che da eventi come il Salone o il prossimo Expo 2015 pensano di ricavare grandi guadagni facendo lievitare i prezzi.

Secondo il network Solo Affitti l’effetto Expo 2015 a Milano si vede nelle zone centrali e in quelle ben servite dai mezzi pubblici. Quest’anno molti proprietari cercano di far coincidere la scadenza dei contratti con la fine di dicembre 2014 in modo da sfruttare il periodo successivo dell’Esposizione Universale per affittare ai visitatori che cercano soluzioni alternative agli hotel ma anche ai dipendenti delle aziende straniere che lavoreranno nei padiglioni di Expo. «Alla fine del 2014 – spiegano da Solo Affitti - i proprietari hanno temporeggiato a chiudere i contratti, aspettando l’inizio del 2015 per spuntare prezzi migliori, che potrebbero subire ulteriori aumenti rispetto ai livelli di mercato, nell’ordine del +10%-20% e con punte del 30%». Tra le altre tendenze curiose rilevate da Solo Affitti, le manifestazioni di interesse degli “affittacamere”, che puntano a prendere in locazione appartamenti con 4 /5 posti letto a canoni intorno ai 1.600 euro, per poi affittare le singole stanze anche a 800 euro mensili l’una durante il periodo dell’Esposizione Universale. «Stanno aumentando gli annunci anche sul nostro portale - dice Alessandro Ghisolfi, responsabile dell’ufficio studi di Casa.it -, annunci specifici per il periodo dell’Expo. I valori richiesti non si discostano molto dal canone giornaliero che viene già richiesto a Milano. L’Expo non ha fatto quindi lievitare i prezzi delle case, ma mi aspetto qualche ritocco verso l’alto nei prossimi mesi». Purtroppo alcuni esperti denunciano lo scarso coordinamento che non ha sponsorizzato su larga scala le bellezze italiane più o meno lontane da Milano.

Ma quanto costa inserire l’annuncio in uno dei portali dedicati all’affitto come Homeaway, Airbnb e ancora Booking? Homeaway.it, che conta un milione di annunci in 161 Paesi (50mila le case in Italia), chiede un abbonamento annuale a partire da 159 euro (più Iva). Booking.com chiede una percentuale di circa il 18% sul canone. Airbnb trattiene il pagamento fino a 24 ore dopo il check-in prima di inviarlo al proprietario, in modo da dare all’ospite il tempo di arrivare e verificare che tutto sia come previsto. Il viaggiatore paga dal 6% al 12% in base al totale della prenotazione - maggiore è il totale, minore sarà la percentuale. Agli «host», così il network chiama i proprietari, Airbnb addebita il 3% per ogni prenotazione completata. Halldis chiede al proprietario un canone corrisposto per ogni locazione, al quale Halldis applica un ricarico per l’affittuario. Sono previsti contributi una tantum all’attivazione del contratto da 150 a 300 euro per un servizio fotografico professionale e la creazione della scheda appartamento e una fee annuale per i servizi di gestione e prenotazione di 100 euro. Molti sono anche i siti specializzati nati ad hoc per l’evento. Solo Affitti ha elaborato un confronto tra quanto si ricava al giorno con i contratti liberi a medio-lungo termine, i classici quattro anni più quattro, e l’affitto breve durante l’Expo 2015. Per un monolocale che può ospitare 2 o 3 persone con il contratto classici si ricavano 16,6 euro al giorno, mentre con il contratto di short rent si ricavano 129 euro (43 euro in media per ospite). Nel caso del bilocale, con quattro o cinque posti letto, la cifra dello short rent sale a 168 euro a notte rispetto ai 23 euro che si ottengono con l’affitto classico. Nel caso del trilocale l’affitto sale a 30 euro al giorno con i contratti 4+4, cifra che va paragonata ai 233 euro che si ricavano affittando a notte (circa 38,8 euro a persona). «Al momento non abbiamo ancora ricevuto richieste di locazione per Expo - dice Chiara Grande di un’agenzia di Milano di Solo Affitti -, ma se i numeri relativi ai visitatori riflettono la realtà ci aspettiamo a breve un boom. Alcune richieste per il momento sono arrivati da parte di chi si occuperà dei padiglioni e vuole alloggiare vicino al sito Expo». Dulcis in fundo, questa soluzione non comporta alcun rischio di mancata riscossione dell’affitto, in quanto il pagamento viene effettuato anticipatamente. Dal punto vista fiscale si ricorre alla cedolare secca (l’aliquota è il 21% su quanto ricavato) per affitti sotto i 30 giorni. Per durate superiori si ricorre sempre alla cedolare ma va dichiarata la volontà al momento della registrazione del contratto.

Dal punto di vista di chi affitta, la scelta dello short rent parte dalla convenienza di prezzo. Ma molti lo preferiscono per la flessibilità, lo spazio maggiore pro-capite, la privacy garantita e una cucina a disposizione (per tenere sotto controllo il budget se ci si muove in famiglia). Secondo un’elaborazione di Casa.it a Milano in centro si pagano tra i 70 e i 150 euro al giorno per appartamenti con quattro posti letto, a Roma la forchetta è più ampia: da 120 a 300 euro. E’ importante segnalare che sia per i proprietari che per gli inquilini è meglio scrivere un contratto nel quale vengano riportati i termini della locazione e l’oggetto che viene affittato, con elenco di quanto contiene. Meglio mettere sempre tutto nero su bianco, servizi di pulizia compresi. Anche se sotto i 30 giorni il contratto non deve essere registrato (in genere per tempi superiori si registra il contratto online all’agenzia delle Entrate). Se si definisce l’accordo tramite una agenzia immobiliare, è bene assicurarsi di avere un contratto firmato tra l’utente e la società, che indichi chiaramente quello che si sta affittando e per quanto tempo. Anche quando si affitta direttamente dal proprietario bisogna assicurarsi che si firma un contratto di locazione. E chiedere sempre la ricevuta quando si paga. Mentre il proprietario deve inserire quanto ricavato nella dichiarazione dei redditi

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2015-01-21/laffitto-breve-rivitalizza-mercato-181851.php?uuid=AbZfxhzK

La domanda di mutui cresce del 15%. Secondo Crif 2014 di svolta con un picco a dicembre (+30%); le banche restano caute

 L’anno che ci siamo lasciati alle spalle consolida la ripresa nel campo dei mutui, con un vero boom a dicembre. Secondo l’ultimo barometro Crif anticipato a Casa24 Plus, il 2014 si è chiuso con +15% rispetto al 2013 come richieste di finanziamento per la casa (non solo elaborazioni di preventivi, ma vere e proprie istruttorie avviate) e l’ultimo mese dell’anno ha fatto registrare addirittura +30,6% su base annua.
È il primo dato positivo dopo tre stagioni sempre con il segno meno, di cui il 2012 era stato il vero annus horribilis con -41,8%. Alla base del trend in recupero ci sono soprattutto due fattori: il tasso variabile estremamente conveniente, scelto oggi in almeno il 60% dei contratti, e la componente sempre più pesante dei mutui di surroga (circa il 30% sul totale), importanti perché riguardano clienti con un profilo di rischio già verificato e dunque rappresentano un target appetibile per gli istituti. L’analisi conferma anche la tendenza alla riduzione del prezzo medio degli importi: 124.346 euro nel 2014, contro i 127.328 del 2013 (e un picco raggiunto a metà 2010 superiore a 140mila).

Si tratta naturalmente di una media, frutto di differenze territoriali marcate. L’importo è molto più basso in alcune regioni, come Basilicata (103.850 euro) e Umbria (106.756); sale nelle regioni caratterizzate dalla presenza di piazze “calde”, come Milano che porta la media lombarda a 132.590 euro, o Roma che spinge addirittura il Lazio a 145.392 euro. Mentre è senz’altro la componente delle seconde case di fascia alta a spingere il Trentino Alto Adige sul podio, con 153.909 euro di media.
«Restando al mercato della prima casa, che rappresenta la fetta di gran lunga maggiore, il trend in diminuzione degli importi è lo specchio di due fenomeni. Segue fedelmente il calo dei prezzi immobiliari – spiega Simone Capecchi, direttore Sales and marketing di Crif – e mostra l’attitudine dei clienti a limitare la richiesta al minimo indispensabile, allungando nel contempo la durata, così da avere rate sostenibili». In effetti, la classe di durata più ampia, quella 25-30 anni, è sempre la preferita con il 26,8% sul totale, mentre il 19,5% è tra 20 e 25 anni e il 22,5% tra 15 e 20 anni. Le classi di importo, invece, sono così distribuite: il 28% entro i 75mila euro, il 20,2% tra 75 e 100mila, il 28,7% tra 100 e 150mila e il 20,1% fino a 300mila. «Anche come età dei richiedenti si conferma la tendenza all’innalzamento dell’età, seppure con poche differenze rispetto all’anno scorso», dice ancora Capecchi. La maggior parte dei mutuatari (il 34,9%) ha fra 35 e 44 anni, mentre la fascia 25-34 anni copre il 27,4% e quella 45-54 anni il 21,8%. «Segno di un fenomeno ormai noto, per cui si entra tardi nel mondo del lavoro e, soprattutto, si raggiunge dopo diversi anni la stabilità reddituale richiesta dagli istituti per concedere il credito».
Ma che cosa ci aspetta per il 2015? Tutte le previsioni confermano una crescita delle erogazioni. Nomisma azzarda un +18% rispetto ai 24,5 miliardi del 2014. E secondo l’Abi, i clienti dovrebbero godere di spread ancora in discesa, che si attesteranno in media fra l’1,6% e il 2,1%. Il fatto, secondo Crif, è che il tema portante di quest’anno continuerà a essere la marcata avversione al rischio da parte degli istituti di credito. «Da un lato le banche dispongono di consistente liquidità da impiegare, ma dall’altro la situazione ancora incerta dell’economia suggerirà loro un approccio ancora molto selettivo – spiega il curatore del report –. In sostanza, la base della potenziale clientela resta limitata a coloro che dispongono della vecchia busta paga o di un famigliare che faccia da garante».
La strategia prudente delle banche è testimoniata anche dal tasso di default, che sostanzialmente rimane invariato ormai da due anni, con circa il 2% nel corso del 2013 e l’1,9% per tutto il 2014. Una rigidità, seppur comprensibile visti i paletti patrimoniali che gli istituti devono rispettare con la vigilanza unica targata Ue, che nei fatti non darà ancora grande impulso alle compravendite. Secondo le ultime stime di Tecnocasa, nel 2015 si passerà a 430-440mila transazioni contro le 420mila del 2014, in crescita quindi di pochi punti percentuali. Una maggior quota di finanziamenti sarebbe vitale per ridare slancio al settore, «ma oggi – spiegano ancora da Crif – solo il 40% circa degli acquisti è messo a segno tramite mutuo. Per il resto, gli italiani recuperano la liquidità attingendo al risparmio famigliare». Senz’altro andrà a vantaggio di chi cerca casa il calo delle quotazioni che prosegue quest’anno, che colpirà in misura minore il nuovo nelle grandi città, ma che sull’usato non centrale dovrebbe portare a un’ulteriore riduzione.

Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20150122&startpage=1&displaypages=2

Niente bonus mobili per chi compra la casa ristrutturata

Chi acquista un'abitazione interamente ristrutturata, beneficiando della detrazione Irpef del 50%, sembra non possa più arredarla usufruendo del bonus mobili e grandi elettrodomestici. Una Faq apparsa ieri nel sito delle Entrate, infatti, nell'elencare i lavori edili propedeutici al bonus mobili, si è dimenticata di elencare l'acquisto di case ristrutturate dell'articolo 16-bis, comma 3, Tuir. Sicuramente si tratta di una dimenticanza, che però crea incertezza a quei contribuenti che, ignorando i vari gradi di importanza delle fonti giuridiche, potrebbero focalizzarsi solo su questa interpretazione più recente, letta nel sito delle Entrate, tralasciando, invece, tutte le altre circolari e risoluzioni sul tema.
In contrasto con la prassi delle Entrate, poi, c'è anche la risposta che consente la detrazione Irpef al familiare, che sostiene le spese di ristrutturazione, anche se la convivenza nella casa da ristrutturare si concretizza solo alla fine dei lavori.

Mobili e interventi finalizzati al risparmio energetico
Prima di ieri, l'ultima posizione dell'agenzia delle Entrate sugli interventi di recupero del patrimonio edilizio che costituiscono il presupposto per la detrazione Irpef del 50% delle spese per l'acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, la circolare 21 maggio 2014, n. 11/E, risposta 5.1, aveva ammesso, con un interpretazione peraltro già restrittiva rispetto alla norma, solo gli interventi elencati nella circolare n. 29/E/2013, paragrafo 3.2, cioè quelli previsti all'articolo 16-bis, commi 1, lettere a), b) e c), e 3, Tuir: la manutenzione straordinaria (ordinaria, solo su parti comuni condominiali), il restauro e risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia, la ricostruzione o ripristino di immobili danneggiati da eventi calamitosi e l'acquisto di abitazioni facenti parte dei fabbricati completamente ristrutturati da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare.
Ieri, invece, nel sito delle Entrate una Faq, dopo aver detto che "l'installazione dell'allarme, pur dando diritto alla detrazione del 50% per interventi volti alla prevenzione di atti illeciti, non consente di beneficiare anche del bonus mobili", ha precisato che per la circolare n. 29/E/2013 "il bonus mobili non è collegato a tutti gli interventi, di cui all'art. 16-bis, TUIR, che consentono di ottenere la detrazione 50%, ma unicamente a quelli di: manutenzione ordinaria e straordinaria; restauro e risanamento conservativo; ristrutturazione edilizia; ripristino dell'immobile a seguito di eventi calamitosi". Ci si è dimenticati, quindi, che la suddetta circolare comprendeva anche l'acquisto di abitazioni in fabbricati interamente ristrutturati da imprese di costruzione o ristrutturazione e da cooperative edilizie (articolo 16-bis, comma 3, Tuir). Per questi, la Legge di Stabilità 2015 ha esteso da 6 a 18 mesi il periodo entro cui effettuare l'acquisto "dalla data di termine dei lavori".

Familiare convivente
La detrazione Irpef sulle ristrutturazioni edilizie spetta anche ai familiari conviventi del proprietario, dell'inquilino, del comodatario o del titolare di un diritto reale (uso, usufrutto, abitazione) sull'immobile oggetto dell'intervento (circolare n. 121/E/1998, paragrafo 2.1; risoluzione n. 136/E/2002, in vigenza della normativa in vigore fino al 2011, confermate dalla relazione al decreto legge n. 201/2011 anche dopo il 2011). Il bonus spetta, però, solo se il familiare sostiene le spese dell'intervento e se contemporaneamente la convivenza nell'abitazione da ristrutturare (risoluzione 12 giugno 2002, n. 184/E) esiste già al "momento in cui si attiva la procedura finalizzata all'esercizio della detrazione" (risoluzione 6 maggio 2002, n. 136/E), che, da quando non vi è più la Comunicazione al centro operativo di Pescara, coincide con il momento "in cui iniziano i lavori" (risposta dell'agenzia delle Entrate al convegno organizzato dall'Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari, Anaci, tenutosi a Padova il 4 luglio 2011, si veda Il Sole 24 Ore dell'8 agosto 2011). L'inizio dei lavori si certifica con una "dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà" (articolo 47, dpr 28 dicembre 2000, n. 445), se la normativa non prevede alcun titolo abilitativo per lo specifico intervento agevolato al 36-50% (provvedimento 2 novembre 2011, n. 149646, punto 1 e circolare n. 19/E/2012).
Da ieri, invece, secondo una Faq del sito internet delle Entrate, senza verificare alcuna condizione relativa alla convivenza "preventiva" nella casa da ristrutturare, la moglie può detrarre le spese che sostiene per i lavori su una casa che il "marito sta ristrutturando". Anche in questo caso, la risposta delle Entrate sembra vaga e poco utile per modificare interpretazioni più rigide della stessa agenzia, applicate da anni con scrupolo dai contribuenti.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2015-01-20/niente-bonus-mobili-compra-204008.php?uuid=AbNHB9yK

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